Sammichele di Bari — Centro Studi di Storia Cultura e Territorio

GLI ANTICHI MESTIERI

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Disegno di Carmela Vittore

Testo di Maria De Palma

 

IL MASTRO DELLE FORCHE E DELLE BOTTI

 

In un paese di antica tradizione agricola non sono mancati numerosi artigiani del legno abili nella produzione di attrezzi che supportassero il lavoro nei campi. Costruiva aratri e, nel periodo della carratura”, i furcuatère per caricare sui carri le gregne o i verrèdde, un artigiano originario di Gioia del Colle: Capodiferro. Fabbricava anche pale di legno pe ventelà u grane. In seguito operò mèste Giuanne u Scièse. La bottega “nel portone di Vittore”. Anch’egli costruiva strumenti in legno per i lavori nei campi. Gli artigiani, in genere, si fornivano di legname sul luogo di produzione, il bosco; lo acquistavano dai boscaioli dopo un’attenta selezione motivata, soprattutto, dal tipo di attrezzo da realizzare. A Giuanne u Scièse è dovuta l’invenzione della forche senza cime: il cavallo legato o valanzine con le catene, per arare il terreno tra i ceppi della vite senza danneggiare le piante. Non ultimo di una famiglia di falegnami operanti a Sammichele già dalla metà dell'ottocento, Stèfene u Pepièdde era anch'egli specializzato nella costruzione di aratri, i forche, di cime per aratri e, soprattutto, di botti. I costruttori di botti, prima della vendemmia, venivano impegnati dai massari nel controllo della loro tenuta, soprattutto delle più grandi, destinate alla conservazione del vino. Per questo durante i mesi estivi erano in giro per le masserie a provvedere alla riparazione delle doghe che al caldo si scollavano. Riempivano, allora, le fessure apertesi tra di esse, a seconda della loro larghezza, con fili di fibra tessile o con sottili lamelle di legno appositamente create; indi riportavano i cerchi che le tenevano unite nella giusta posizione. Stèfene u Pepièdde, che ha operato a Sammichele nei primi decenni del novecento, fino agli anni quaranta, aveva la sua casa bottega all'inizio della via di Turi, poco prima della curva che porta in piazza; il suo lungo banco di lavoro, a ridosso dell'attuale casa Savino, sul quale egli era sempre intento a lavorare d’ascia, e le numerose cime di aratri, allineati sui muri della stessa casa, erano ben note alla gente di Sammichele.