Claudio Baraldi conclude il corso di formazione del Centro studi.
Giovedi 4 ottobre si è concluso, con la conferenza-dibattito tenuta dal prof. Claudio Baraldi e moderata dal dott. Filippo Sani, il corso di formazione del centro studi intitolato: "Adolescenti: qualcosa è cambiato".
In verità è proprio cambiato qualcosa, a livello di studi scientifici, sugli adolescenti: nell'avvicinarsi ad essi, non si perdono di vista gli adulti. La prospettiva teorica dalla quale si muove Baraldi è essenzialmente legata all'approccio sistemico in ambito sociologico. All'interno di questo quadro teorico di riferimento l'adolescenza è vista come sistema di rappresentazione sociale in relazione continua con l'ambiente sociale più allargato (adulti, scuola, mass-media, lavoro, religione, ecc..). Questo significa, come ha sottolineato il sociologo di Modena, che l'adolescenza più che una naturale disposizione organica dell'individuo si configura come processo di definizione sociale.
L'adolescenza è tale in quanto definita
culturalmente dall'ambiente sociale di riferimento. Allora, una prima rilevante
considerazione riguarda il rischio di banalizzare il discorso sull'adolescenza,
magari etichettandola negativamente solo perché se ne evidenziano gli
elementi problematici. Per prevenire i fenomeni di devianza, bisogna ridimensionare
l'idea negativa che abbiamo di questa particolare fase della vita dei ragazzi.
L'adolescenza, troppe volte, è stata vista in modo mostruoso, ma non
è un'età a rischio. Vi sono, però, dei singoli adolescenti
che sono a rischio. Quando un fatto di cronaca nera interessa un adolescente,
non bisogna chiedersi che cosa c'è che non va nella gioventù;
piuttosto bisogna chiedersi che cos'è che non va in lui o nella sua
famiglia. La franchezza con cui il prof. Baraldi ha affrontato l'argomento
è stata pari alla padronanza scientifica dimostrata; i presenti hanno
avuto più di un motivo di speranza e di riflessione. Insomma ci si
è sentiti rassicurati e anche un po' spiazzati, perché alcuni
dei pensieri comuni sull'adolescenza si sono rivelati, alla prova degli studi
fatti, solo dei luoghi comuni. Il sistema-adolescenza si alimenta e sopravvive
grazie alla comunicazione interpersonale. I gruppi adolescenziali, siano essi
formali che informali, si nutrono di relazioni orizzontali tra pari età.
Questo, ha sottolineato Baraldi, è l'elemento insostituibile da cui
prendere le mosse per affrontare qualsiasi lavoro di prevenzione al disagio
giovanile e di promozione all'agio e al benessere individuali. L'adolescente
è a suo agio quando c'è comunicazione affettiva in famiglia
e comunicazione sul piano umano a scuola. Se il rapporto si istituzionalizza,
va in crisi. Ciò è riscontrabile anche nei gruppi formali: parrocchiali,
sportivi, politici ecc. I gruppi informali, per certi versi, sembrano più
sicuri. In essi si sviluppano dei meccanismi di autodifesa, registrati da
studi molto circostanziati, che risultano ben più efficaci della prevenzione
che si può fare con un intervento esterno: ad esempio la droga pesante
è sparita dai gruppi informali, quando agli inizi degli anni Ottanta
del secolo scorso era un vero e proprio flagello.
In questa nuova ottica, che cosa devono fare gli enti pubblici per prevenire
efficacemente? Innanzitutto dovrebbero sostituire l'approccio assistenzialistico
con quello di promozione delle risorse presenti sul territorio. Le politiche
giovanili in ambito territoriale devono affrontare il lavoro di coordinamento
delle realtà sociali che esprimono risorse umane. Queste premesse consentono
anche di programmare le politiche a favore dei giovani in una prospettiva,
per esempio, che non promuova per forza la costituzione di centri di aggregazione,
dove si pratica l'assistenza gratuita, e dove non c'è possibilità,
per l'adolescente, di una rinascita autonoma. Bisogna invece che gli enti
pubblici creino dei luoghi dove si possano praticare delle occasioni multiple
di contatto, senza la presenza ossessiva di educatori, che spesso intervengono
in modo del tutto sbagliato, obbligando i ragazzi a formulare improbabili
riflessioni sulla vita. Gli educatori si limitino a organizzare e a dialogare:
tanto i "nuovi adolescenti" sono impermeabili a operazioni di altro tipo.
Piuttosto Baraldi ha fornito un modello che vorrebbe esportare, quello della
"Villa" di Campogalliano (MO), dove si riuniscono in modo spontaneo, 18 dei
28 gruppi informali degli adolescenti che vivono nel territorio comunale.
Gli adulti si limitano a montare e smontare palchi, tribune, amplificazioni
per teatro, conferenze, concerti e altre attività che i giovani di
quel comune organizzano in modo autonomo: essi danno così un senso
pieno alla propria vita. E' stata l'esperienza di prevenzione più positiva,
dati alla mano, che il prof. Baraldi abbia avuto. Chissà... Forse sarà
proprio questa prospettiva di confronto permanente tra giovani a permettere
d'innescare un reale percorso di promozione all'agio giovanile. Il centro
studi "Lorenzo Milani", con certezza, approfondirà i temi sviluppati
in questo corso di formazione che s'è rivelato, in realtà, un
seminario di studi sull'adolescenza.
Guido Carletti - Presidente del Centro Studi "Lorenzo Milani"