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IMPLICAZIONI CLINICHE E PSICOTERAPEUTICHE DELLE NEUROSCIENZE. 

 

di Anne Alvarez

 

 

Maitres à dispenser

 

 

Trascrizione e traduzione di  Giuseppe Leo della relazione di Anne Alvarez dal titolo originale "On clinical relevance" presentata il 4 settembre 2004 al 5° Congresso Internazionale di Neuro-Psicoanalisi (Roma, Università Cattolica del Sacro Cuore, 2-5 settembre 2004).

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Anne Alvarez si è formata come psicologa clinica negli anni intorno al 1950  in Canada e negli Stati Uniti. È poi diventata Psicoterapeuta Psicoanalitica del bambino e dell’adolescente presso la Tavistock Clinic di Londra. È membro dell’Associazione britannica degli Psicoterapeuti Infantili. È anche Membro Onorario dell’AIPPI (Associazione Italiana di Psicoterapia Psicoanalitica Infantile), dell’ Associazione Francese di Psicoterapia Psicoanalitica Infantile, e membro dell’Associazione per la Psicoanalisi Infantile di Boston (USA). Attualmente è Primario Psicoterapeuta per l’Infanzia e l’Adolescenza del Dipartimento Infantile e della Famiglia della Tavistock Clinic di Londra e Direttrice del Progetto di Ricerca sull’Autismo presso la stessa sede di Londra.  

 

  Foto: un momento del congresso (4 settembre 2004) con Anne Alvarez e Douglas Watt (seduti al tavolo) e Mark Solms (di spalle).

 

                      Rivista Frenis Zero Dopo i ringraziamenti agli organizzatori del congresso, Anne Alvarez passa a definire il tema del suo intervento. <<Quello che mi è stato chiesto oggi di discutere sono le implicazioni cliniche dei risultati della ricerca neuroscientifica. Ovviamente se seguissimo il modello dualistico di Solms e Turnbull che suggeriscono che possiamo assumere due prospettive  differenti ma ugualmente valide per i fenomeni mente-cervello, potremmo sostenere che non ci sono implicazioni cliniche, e che le implicazioni cliniche derivano semplicemente da risultati clinici, dalla ricerca clinica. >> Tuttavia, Anne Alvarez esprime il proprio ottimismo sul fatto che in realtà la clinica possa beneficiare delle scoperte delle neuroscienze.

<<Ci sono tre modi possibili>> sostiene l'Alvarez <<per cui la clinica potrebbe beneficiare della ricerca sul cervello. Prima di tutto, il ricevere il sostegno e la conferma di ciò che già pensiamo a livello clinico, ed a livello teorico di ciò ne siamo abbastanza convinti, che cioé una gran parte della nostra vita mentale non è consapevole, che alcuni dei cosiddetti meccanismi di difesa, ad es., la mania e l'isolamento, corrispondono a  modelli di risposte identificabili nel cervello come ipereccitabilità e dissociazione, che i traumi infantili e la carenza di cure parentali producono non soltanto danni emotivi ma anche cognitivi ed anche un ritardo dello sviluppo complessivo. La conferma principale di ciò, così come abbiamo sentito in questi due giorni, consiste nell'importanza delle emozioni e dell'inconscio per la consapevolezza e per la conoscenza, quindi c'è qualcosa di più di una conferma, cosa che a noi clinici naturalmente fa piacere, che cioè a livello di neuroscienze si verifichino ipotesi formulate nella clinica>>. 

<<In secondo luogo1, osservando i dati clinici che vengono arricchiti ed amplificati in questo modo dalla ricerca. Per esempio, i lavori di Damasio sembrano aiutarci a capire meglio che c'è una base 'cerebrale' che ci permette di descrivere quello che sentiamo, di descrivere l'atto di 'cacciare' un pensiero, di trovarlo, di gestirlo, di riuscire a mantenerlo, o anche di descrivere il sentirsi cacciato da un pensiero senza che questo abbia il nostro permesso, oppure l'allontanarsi da questo pensiero. Damasio insiste in questa memoria autobiografica, in questa consapevolezza 'estesa'(...).  Questo è molto vicino alla teoria del pensiero di Bion. 

  Foto: W.R. Bion

La distinzione di Damasio tra il processo di sentire in termini emotivi e il processo di secondo ordine, quello del conoscere che noi sentiamo un sentimento, non è soltanto una convinzione teorica: ci sono dei siti cerebrali (che Damasio chiama 'strutture cerebrali di secondo ordine') che verrebbero attivati durante queste attività di secondo ordine. Esiste una gerarchia all'interno di queste strutture.

Il terzo possibile beneficioconsiste nell'apprendere cose che sono assolutamente nuove per noi, e non sono descritte nè anticipate nella teoria psicoanalitica. 

Prima di tutto, la difficile ed inquietante complessità dovuta al fatto che ogni neurone è influenzato attraverso i neurotrasmattitori da sinapsi multiple. Uno psicoanalista di Los Angeles, che è anche un genetista,  ha sottolineato che nella genetica moderna la nozione di linearità è antiquata, ed il codice genetico è influenzato dal contesto in cui l'ambiente cellulare si sviluppa. I modelli genetici non sono assolutamente semplici. Mi piace pensare che i clinici, lavorando in un contesto clinico,  possano avere un simile livello di complessità. Per es. i pensieri sui sentimenti di quello che avviene nell'incontro analitico: normalmente, grazie a Dio, essi sono molto più complessi delle teorie psicoanalitiche, talvolta possono ricevere credibilità molto più dei nostri modelli. Il paziente spesso stimola e mette a dura prova i nostri modelli. 

Questo senso di complessità ha un valore, perché le teorie troppo semplicistiche possono produrre dei danni, delle cattive tecniche cliniche. Lo stesso psicoanalista di Los Angeles, citando Leboyer, sostiene che l'insuccesso, la mancanza di risultati convincenti nella genetica psichiatrica possa essere attribuita in parte ad una comprensione fenotipica scarsa delle condizioni stesse. La situazione è peggiore nella psichiatria infantile: dobbiamo identificare queste caratteristiche sub-cliniche cioé degli stati molto elementari, non solo a livello cognitivo ma anche affettivo, che sostengono i disturbi della psiche infantile. Quando ad es. abbiamo un bambino con disturbo della condotta, nessuno descrive un bambino arrabbiato come un bambino che è pieno di odio, o un bambino che ha un grosso senso di amarezza: vi sono delle grosse distinzioni che comportano delle grosse differenze nel trattamento.>>

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<<Aggiungerei>> dice l'Alvarez <<un quarto beneficio. Oltre  a studiare le implicazioni neuroscientifiche dei risultati clinici, in seguito darò un modello  di interventi con diversi livelli di patologia che sono stati messi a punto in ambito clinico e spero che i neuroscienziati un giorno ne capiranno le implicazioni. Ma ci sono una serie di questioni a cui dobbiamo rispondere. La prima questione importante è quella del tipo di patologia e della patologizzazione progressiva. Ad esempio, e questa è una questione di sviluppo, evolutiva, nel momento in cui una risposta regolatoria adattiva iniziale progressivamente si diffonde, diventa difensiva, poi c'è un punto in cui diventa una ripetizione, e poi ancora diventa perversa dal punto di vista psicoanalitico. (...) Gli stessi rituali autistici, gli stessi pensieri compulsivi di un bambino nevrotico possono avere centinaia di diverse motivazioni, talvolta un vecchio comportamento può acquisire una nuova motivazione sana che non riusciamo a indovinare. Ma il comportamento è soltanto un indizio. 

La seconda questione riguarda il ritardo nello sviluppo della personalità che spesso accompagna la patologia. La maggior parte dei bambini traumatizzati, che hanno subito un abuso sessuale,  soffrono di uno stato di abbandono ('neglect'). (...) l'abbandono, la carenza di cure determina molti più danni per il cervello di un bambino rispetto ad un trauma. (...) Altre ricerche su bambini che hanno madri depresse hanno riscontrato delle alterazioni in sede frontale sinistra. 

   Foto: Anne Alvarez

(...) E' importante ricordare che i bambini normali non soltanto riconoscono i volti, ma li studiano. Cosa succede se alcuni bambini non lo fanno? Come possiamo facilitare la crescita per questi neuroni quasi atrofizzati? Qui,  le questioni cliniche e tecniche sono collegate a questioni teoriche che riguardano i processi di introiezione e di internalizzazione. Gli psicoanalisti hanno studiato i processi di introiezione per molti anni, ma adesso, con l'aiuto della ricerca sul cervello, potremmo assisterli con nuovi studi riguardanti i processi di introiezione, per vedere come facilitarli. Come trasformare una povertà di associazione in una ricchezza di associazione, come possiamo liberare la mente per poter aiutare queste menti a sentirsi meno esposte a certe esperienze, più liberi  nella capacità di vedere, di ascoltare, di lavorare con le idee? Molti nostri pazienti non hanno limiti solo a livello di 'Ego', ma anche di 'Es'; abbiamo sentito parlare del "Sè implicito" e del "Sè sinaptico", ma potremmo anche sentire qualcosa di più sull'"oggetto implicito" e sull'"oggetto sinaptico". Ci sono altre strutture oltre ai 'neuroni-specchio' ('mirror-neurons'), che sono coinvolti nello sviluppo di queste relazioni con l'oggetto?

E ora vi illustrerò alcune delle osservazioni cliniche. Nei primi 25 anni del mio lavoro nella psicoterapia infantile molti dei miei pazienti erano bambini lievemente 'borderline' o nevrotici, ma due erano gravemente paranoidi con personalità 'borderline' ed avevo particolari difficoltà con queste due questioni tecniche. Trovavo che l'interpretazione col bambino paranoide lo rendeva più malato, più violento e più disperato. La mia interpretazione del bambino autistico Robin non riusciva a raggiungerlo. E ho passato i successivi 20 anni a preoccuparmi di questi due problemi. Parlerò della fase in cui Robin non era raggiungibile più oltre nella mia esposizione. Ora vorrei parlare della fase in cui era più accessibile. Da adolescente riusciva a  viaggiare da solo, a prendere la metro, e venire nel mio studio. Ed ora aveva accesso ai sentimenti. Ma nel caso in cui ci fosse stato un ritardo nella metro o se lui fosse partito in ritardo, e fosse stato uno-due minuti in ritardo rispetto all'inizio della seduta, avrebbe suonato il campanello in una condizione di agitazione totale, ed aprendo la porta, mi trovavo questo ragazzone aggressivo, quasi coi pugni contro di me. Prendeva delle lezioni di pugilato, e quindi la faccenda era piuttosto preoccupante.

Primo Levi, nella "Ricerca  delle radici" (1981), spiega perché vi include alcuni dei consigli di Gateman il quale dice che nel lavorare con le sostanze infiammabili bisogna fare molta attenzione.  (...) Il fuoco deve essere estinto con degli asciugamani umidi, ma non dobbiamo metterci dell'acqua. Per mesi, quando Robin veniva da me, io usavo l'acqua. E quindi non riuscivo a risolvere i suoi problemi ed anzi  accendevo maggiori fiamme nelle sue idee. (...) Gli avevo detto: <<Tu sei così preoccupato ed arrabbiato per il ritardo del treno e pensi che questo sia un mio problema, sia colpa mia, ma non è così! Io non ho causato il ritardo>>. E continuava comunque a venire. Questo tentativo che io facevo era a scopo integrativo, ma sapevo che la sua mente non era pronta per questo contatto. Dopo qualche mese, in maniera empatica gli ho detto: <<Sei molto arrabbiato oggi!>> Questo ha aiutato un pochino, ha allentato la tensione abbastanza. Pochi mesi dopo poi, quindi imparo lentamente, gli ho detto, senza guardarlo nel volto ma guardando altrove tra me e lui: <<E' molto  irritante quando i treni fanno ritardo>>. Questa frase lo ha aiutato. Dei colleghi di San Francisco mi hanno detto di aver imparato a non usare mai la parola 'tu' con una persona psicotica paranoide (...) ed Anna Freud ha detto, parlando dei processi di identificazione primaria, che se non abbiamo costruito una casa, non possiamo cacciare una persona fuori da questa casa.

 

 

 Joseph Sandler ha detto che  non si può cacciare nella cantina una persona se non si ha una casa. Io direi che se costruiamo una casa, dobbiamo iniziare dalle fondamenta. Quindi l'evoluzione storica nella teoria della tecnica, da Freud alla Klein fino a Bion, dall'alto in basso per così dire, può essere capovolta per determinati obiettivi clinici. Spero che in ciò vi siano delle implicazioni neuroscientifiche importanti. I miei schemi di lavoro analitico derivano, come ho detto, da questi insuccessi clinici nel trattare e nello studiare questi bambini gravemente danneggiati. Questi bambini non sono in grado di gestire questi pensieri spaziali, temporali e causali in quello che Bruner chiama il pensiero a due vie. 

  Foto: Jerome Bruner

L'ipotesi che il bambino avesse un Io e un Sè, al cui Io potessi riferirmi, era falsa. L'evoluzione storica dei livelli di interpretazione deve essere ampliata e forse potrebbe essere capovolta, e dobbiamo includervi delle considerazioni psicopatologiche. Quindi Freud nel 1905 ci ha insegnato a sviluppare delle interpretazioni esplicative circa il collegamento tra parti della persona rimosse e le difese. La Klein ci ha insegnato a fare un altro tipo di interpretazione esplicativa con  la rilocalizzazione delle interpretazioni sulla scissione ('splitting') della nostra personalità o sulle parti proiettate della personalità. "Stai cercando di liberarti di un sentimento proiettandolo, ma in realtà questo sentimento ti appartiene". Al terzo livello,  Bion, Winnicott, Joseph (...) hanno invitato a fare delle interpretazioni più descrittive, più 'contenitive', a sintonizzare i commenti, a rispettare i paradossi.  

  Foto: D.W. Winnicott

   Con i pazienti molto gravi, in cui il senso del Sè e dell'oggetto è atrofizzato, ho suggerito un quarto livello di lavoro che comportava una tecnica attiva molto più importante che è un  richiamo a ciò di cui la persona ha bisogno. Con alcuni pazienti autistici, con alcuni pazienti 'svuotati' e poveri, è come se la loro capacità di interesse fosse stata atrofizzata, e quindi dobbiamo pensare che in questo caso è come se ci trovassimo di fronte al malnutrimento e all'inedia che sono condizioni molto diverse dalla fame.

Alcuni di noi hanno trovato che vi sono dei rituali molto attivi e che è scoraggiante cercare di allontanare questi bambini autistici dai loro rituali. Se si cerca di fare in modo da stabilire questo rapporto (terapeutico), ci sono delle tecniche attive che dovrebbero essere introdotte, prima di tutto perchè c'è un deficit di sviluppo della parte della personalità non autistica, ma anche perchè c'è un potere terribile della ripetitività, delle abitudini, dei comportamenti ripetitivi degli autistici. Sono potentemente attaccati e perversamente eccitati da questi comportamenti. Anche il terzo livello3 per questi bambini non può essere raggiunto. C'è un livello di eccitabilità o troppo basso o troppo alto e c'è il problema di come raggiungere il bambino con un giusto livello di intensità, di ritmo, di velocità nella voce ad esempio, e questo è qualcosa di molto importante anche per i nostri pazienti che stanno bene. Forse dobbiamo  anche pensare al modo di parlare di questi bambini, ovvero parlare con questo linguaggio da bambini, oppure utilizzare un tono di voce particolare per riuscire a raggiungere parte del cervello di questi bambini che non può essere raggiunta con un linguaggio normale. Quindi i primi due livelli dell'interpretazione, di Freud e della Klein, hanno a che fare con l'interpretazione 'a due parti', e partono dal presupposto di una capacità di un pensiero a due binari da parte del paziente. 

   Foto: Melanie Klein

Inoltre, ho appreso a mie spese che in alcuni pazienti psicotici che sono finiti per cadere nell'antico 'pattern' perverso, ogni tentativo da parte mia di menzionare la perversione passata poteva mandarlo vicino al limite di questa perversione passata. Quindi è necessario rafforzare una 'concentrazione' debole, non renderla ulteriormente indebolita. So che ci sono stati altri clinici che hanno fatto dei commenti su questo problema tecnico. Perchè le interpretazioni esplicative non funzionano in certi momenti? Ho visto che un paziente chiudeva gli occhi quando cercava di rimanere in contatto. Ma come capirlo veramente, come pensare a questo aspetto, e come collegarlo ad altri problemi che stavo affrontando? E' come se fosse una sorta di scissione ('splitting') che non mi era del tutto chiara. Sono stata aiutata da uno studio classico di Jerome Bruner, uno studio piuttosto vecchio su qualcosa che chiama 'il pensiero a due binari', ovvero la capacità di avere un qualcosa di riserva che egli assimila alla capacità di 'pensare tra parentesi'. Che diventa tra l'altro molto difficile quando si invecchia. Se voi vi fermate e volete aprire una parentesi, quando siete un pochino più anziani, rischiate di non riuscire a richiuderla. Comunque è affascinante vedere sviluppare questa capacità in bambini autistici, e precedentemente psicotici, ed anche in bambini cronicamente depressi. Bruner ha osservato che i bambini normali sviluppano un nuovo stato di 'attenzione ad un binario' in cui possono o solamente prendere il latte o possono solamente guardare, mentre a quattro mesi sono in grado di fare entrambe le cose insieme, succhiare il seno materno e guardare il suo viso allo stesso tempo. Nei primi mesi di vita i lattanti aprono gli occhi oppure prendono il latte, poi cominciano a farlo in maniera alternata, e poi esiste un terzo stadio in cui sono in grado di prendere il latte guardando il viso della madre. (...) Per Bruner ciò è analogo al fermarsi ed al mettere un'orecchietta ad un libro per riuscire a ritrovare la pagina dove si è arrivati. Bruner non la chiama 'integrazione', ma 'coordinamento della mente'. Ci sono esempi di interazione genitore-bambino molto ricca sul piano emotivo che ha portato due bambini a sviluppare una forte capacità di partecipare ad entrambi i modelli nella parte 'anteriore' della propria attenzione, e di restare in contatto con gli eventi nella parte 'posteriore'. 

Possiamo imparare qualcosa sui passi necessari per riuscire a superare  quella scissione ('splitting') e arrivare ad un'integrazione, e non affrettare troppo i passi per non farne saltare alcuno? Un pensiero clinico: questi pazienti non riescono a tenere alzato il braccio, magari potreste voi tenere il braccio di questa persona,  prima di capire che questo braccio è danneggiato. Questo è mio ma non è più mio. Va bene, ma questa era un'altra parentesi! Molti dei nostri pazienti non sono in grado di pensare due cose contemporaneamente o addirittura in sequenza fino a quando non sono in grado di pensare ad una sola cosa in maniera più approfondita. Per loro l' esperienza ha la priorità sul motivo dell'esperienza o addirittura su chi è alla base dell'esperienza. Per loro la semplice esplorazione delle qualità che circondano un aspetto dell'oggetto, ad esempio la sua lucentezza oppure la mia voce che può essere anche più alta, può essere sufficiente se è necessario che si sviluppi la loro mente.

 Vale la pena notare che anche un'interpretazione di transfert immediato, se il paziente si sta lamentando di come qualcuno a scuola tratta qualcun altro, può comprendere quattro pensieri allo stesso tempo. Ovvero, lui, io, tu ed io. Anche se è qualcosa di immediato, non è mai sbagliato portare un paziente nel passato. Dovrei dire che sebbene io stessi indicando diversi livelli di malattia che corrispondono ai quattro livelli, naturalmente i pazienti non rimangono immobili in queste categorie chiare.

Ora vorrei utilizzare il mio tempo a disposizione per parlare del livello di 'descrizione', oppure di 'contenimento'. Il terzo livello di lavoro comprende la descrizione oppure la sintonia empatica o il contenimento di fronte al problema di aiutare quei pazienti che sono appena in grado di approfondire un pensiero. E credo che questo sia pertinente sia per gli stati psicotici più gravi sia per le situazioni 'borderline', ed anche per le persone che devono riprendersi da traumi cronici o gravi, ma anche con alcuni pazienti apparentemente nevrotici che non sono in grado di sperimentare il sentimento di ciò che accade dentro essi stessi. Talvolta avete un perfetto paziente, e talvolta egli non rallenta per sperimentare le cose. 

  Foto: W.R. Bion

Qui siamo in debito al concetto di contenimento di Bion ed alle idee di Joseph relative al contenimento delle identificazioni proiettive. Ed anche alle idee di Winnicott sul rispetto del paradosso nell'area transizionale, nel senso che egli voleva dire di non identificare l'oggetto transizionale troppo in fretta come se appartenesse all'oggetto o al Sè. (...) "C'è qualcosa che non va con questo braccio" senza dire a chi appartiene. I concetti di condivisione di stato mentale offerti dagli evoluzionisti come Stern sono comunque pertinenti. La distinzione di Damasio tra le pulsioni ed i sentimenti è anch'essa importante. Io qui penso di affrontare un'area che si trova in qualche modo tra il sentimento e lo stato della mente dove so che il sentimento è il mio. E questo potrebbe essere collegato con l'idea del professor Gainotti degli 'schemata'. Penso di esplorare l'essere del sentimento. Secondo me il concetto più utile è quello di Bion di 'funzione alfa', funzione della mente che rende i pensieri pensabili e presta significato all'esperienza. E' simile all'utilizzo di Fonagy dell''auto-funzione riflessiva', ma Bion si riferisce a pensieri-simboli, non a quelli più complessi. 

   Foto: Peter Fonagy

Ed io credo di parlare di qualcosa del tipo 'proto-riflessivo', ma non la chiamo 'pre-riflessione', credo che sia 'proto-riflessione'. A questo terzo livello di lavoro clinico vi sono delle situazioni in cui è meglio evitare la questione di chi sta facendo queste esperienze. (...)

Faccio riferimento a questa adolescente nevrotica (...) che aveva tutti questi sogni .... ma questa ragazza aveva anche tutta una serie di  sintomi psicosomatici. Mentre lavoravo con lei, non riuscivamo a capire i suoi sintomi psicosomatici, abbiamo quindi dovuto rallentare perché dovevamo cercare di capire quei sintomi ma in realtà non ci prendevamo il tempo necessario. In altri casi il sentimento di ciò che accade manca non a causa di un'imitazione attiva, al contrario il sentimento è ciò che non coordina, vi è spesso una povertà di associazioni, un senso di vuoto, ed in genere difficoltà di apprendimento. Questo potrebbe essere il risultato di una dissociazione cronica  o di una depressione cronica. (...) Cosa succede quando non ci sono interconnessioni multiple e vi sono delle 'directories' meno specifiche con modalità specifiche? Io penso che vi sia un sottotipo di narcisismo dove gli oggetti vengono percepiti come stupidi, ma non sono svalutati. A loro viene dato poco valore, ma non vengono trattati con disprezzo. Quindi potrebbe esserci un deficit del Super-Io, dell'Io e dell'Es. 

Adesso vorrei portare due esempi clinici del lavoro a questo terzo livello. In questo primo esempio, è il caso di una 'funzione alfa' che dà una cosa che si chiama 'auto-risonanza'. Io pensavo che fosse un esempio di identificazione proiettiva, ma non lo è. Forse può avere a che fare coi 'neuroni-specchio' ('mirror-neurons')? Poi dite voi cosa ne pensate. Questo ragazzino, David, aveva avuto un'infanzia molto difficile. Era stato maltrattato ed aveva un ritardo di sviluppo. All'inizio non sapeva giocare, però piano piano ha iniziato. Un giorno ha chiesto al terapeuta di giocare con lui rappresentando una persona che tossisce e si strozza. David era nato prematuro ed aveva avuto delle crisi respiratorie, che lo avevano condotto ad una degenza ospedaliera nei primi anni di vita. Nel suo gioco lui ed il terapeuta tossivano e poi iniziavano a soffocarsi. David insisteva nel voler esprimere ogni singolo dettaglio, e fortunatamente il terapeuta si è prestato e riusciva a farlo molto bene. Quando il terapeuta, ricordandosi la storia ha detto: "Oh, povero bambino!". E David ha detto:"No!". Il terapeuta sembrava essere con David prima che David fosse pronto a sentirsi con lui, e certamente prima che fosse pronto a sentire per lui. Forse l'identificazione deve precedere l'empatia, e l'empatia deve precedere la solidarietà. Infatti, questo viene da un'altra persona. Forse David prima aveva bisogno di identificare il trauma, di rendere pensabile l'impensabile. Cosa significa soffocare e poi morire? Come ci si sente? La precisione della scenetta era per lui estremamente importante. (...) questo non è un esempio di identificazione proiettiva, perchè sia il bambino che il terapeuta dovevano svolgere ciascuno la propria parte, era un duetto non un monologo, ed era il duetto che forniva la 'funzione alfa' e la risonanza. (...) Io sono d'accordo con Gina Taley quando dice che dobbiamo integrare entrambi i lati della nostra mente-cervello. In alcuni di questi casi ci dobbiamo concentrare per un certo tempo sulle caratteristiche prosodiche-musicali. I livelli inferiori dell'Io, quelli del 'proto-Io', non sono soltanto relativi alle azioni, ma anche all'elaborazione di esperienze. Inoltre sono relativi al raggiungimento della stabilità e dell'identità degli  stati emotivi. (...)

Un mio paziente, Samuel, dopo il trattamento finalmente mostra le sue emozioni primarie in maniera chiara. Tuttavia, nonostante guardi il terapeuta più spesso alla fine del trattamento, la durata di ogni sguardo non è aumentata. Aveva otto anni quando abbiamo smesso il trattamento, aveva ancora questo sguardo molto temporaneo,   che sembrava quello di un bambino di tre mesi (che dura pochi secondi). Questa mancanza di durata dello sguardo che cosa comporta nei processi introiettivi (...)? Quanti anni sono necessari per avviare questi processi atrofizzati? 

Questo è il mio ultimo esempio: è un esempio di contenimento delle identificazioni proiettive. Gli psicologi evoluzionisti ed i ricercatori sul cervello iniziano a manifestare interesse a questo concetto dell'identificazione proiettiva, poichè offre un ponte tra la psicologia di un individuo e la psicologia di due individui. E' spesso considerata un tipo scissione ('splitting'), ovvero la scissione dei sentimenti intollerabili o di parti intollerabili del Sè. "E' il braccio di mio fratello che non funziona". La descrizione tuttavia si è spostata (...) dall'idea che una parte della personalità di un individuo potrebbe appartenere a qualcun altro, come ci ha insegnato la Klein, all'idea di essa come una forma primitiva di comunicazione potente, come dice Bion, che è qualcosa di molto simile ad un'azione. E' importante notare che questo processo è diverso dal concetto dello 'attunement' emotivo o quello che Stern chiama 'stati mentali condivisi'. Qui 4 l'esperienza non è condivisa, non è come avviene con David. (...) Schore quando parla dell'elemento di 'attunement' nell'identificazione proiettiva, parla di conversazioni tra sistemi limbici. Tuttavia il sistema limbico qui deve fare molto anche per conto dell'altro per un certo periodo di tempo. La condivisione interviene sicuramente dopo che la comunicazione (...) è stata ricevuta ed elaborata. Joseph ha sottolineato la necessità che l'analista contenga queste esperienze in se stesso a volte per lunghi periodi senza restituire la proiezione al paziente. Sono stata molto colpita dalla relazione del Prof. Feinberg quando ha parlato di 'proiezione adattattiva' che in qualche modo è collegata anche al desiderio. 

Una bambina disabile e deformata, condannata a vivere su una sedia a rotelle, è diventata disperata (...) quando è passata dalle elementari alle medie. Questa è una cosa molto comune. Dopo alcuni mesi di terapia, ha iniziato a chiedere alla terapeuta di sedersi su una sedia e poi di mettere dello scotch sulla terapeuta, in modo che lei non potesse alzarsi. (...) Questa ragazza aveva la colonna vertebrale molto storta e quindi si alzava la maglietta e faceva vedere a tutti quanti che aveva la spina dorsale a questo modo. Il gioco per cui la terapeuta veniva legata era un solo gioco, perchè lei effettivamente poteva alzarsi, però il tono era molto serio. Chiaramente questa figura rappresentava la bambina, ma dal punto di vista clinico era importante che la terapeuta esplorasse questo in sè stessa senza restituire la proiezione nei primi stadi. Questi pazienti sono diversi da persone che hanno subito un danno due giorni prima, sono persone che passano la vita in questa situazione, quindi per loro non è una situazione nuova. Questa paziente non solo voleva, aveva bisogno, io direi, di provare l'identità di essere una persona sana, mentre vedeva qualcun altro che faceva esperienza di disperazione ed amarezza per suo conto. Non voleva che fosse così, pensava  fosse giusto che fosse giunto, a questo punto, il turno di qualcun altro. E qui è davvero molto importante il discorso della grammatica. C'è chi dice che la grammatica del cervello è molto importante. Io penso che qui vi sia un imperativo morale, che è molto diverso, ovvero qualcuno dovrebbe (e qui è l'imperativo morale) essere per una volta nei suoi panni. Questo senso biologico... il mio corpo DEVE essere, non VOGLIO che sia, non DESIDERO che sia, ma DOVREBBE ESSERE (imperativo morale) un corpo sano. Nel caso di questa ragazza, secondo me, questa non è una regressione, secondo me è un raggiungimento dell'evoluzione e cioè l'essere in grado di giocare con la fantasia per dire di come ci si sente quando si è sani, e per dire che le persone che sono sane stanno molto meglio rispetto a quelle che sono distrutte da un handicap. Il senso di ciò che è giusto è  molto diverso da ciò che è semplicemente un desiderio. Quindi il gioco è iniziato in maniera sadica, ma man mano che le settimane passavano  diveniva sempre più simbolico, ed alle volte diveniva addirittura divertente. Quindi restituire la proiezione in modo prematuro avrebbe soltanto aumentato la sua già non sopportabile frustrazione e disperazione, ed avrebbe impedito quella che poi è stata la lenta esplorazione di verità dolorose. Nei casi in cui c'è stata una povertà di contenimento o di 'attunement' empatico, questo dovrebbe continuare per mesi o per anni. La mia impressione clinica è di un processo che sembra quasi quantitativo, possiamo vedere che diminuisce nei mesi, ed io chiedo agli studiosi di studiarlo da un punto di vista neurologico per riconoscerne le differenze rispetto all'esperienza condivisa. Mi scuso solo per darvi così tanto lavoro!

 

 

                       
Recensioni bibliografiche 2003
 

 

 

 

 

Precisazione:

Dato che il testo della relazione è stato trascritto mentre veniva esposto oralmente da Anne Alvarez, non tutto è stato possibile trascrivere. Al posto delle lacune, inevitabili durante una presentazione orale, abbiamo posto il segno grafico (...). Ci scusiamo inoltre per qualsiasi altra mancanza e/o incompletezza, unicamente dovuta al dover tradurre e trascrivere la relazione nel corso della sua presentazione.

Note del curatore:

(1) Qui l'Alvarez si riferisce al secondo modo in cui la clinica potrebbe beneficiare delle ricerche delle neuroscienze.

(2) Sempre nel senso del beneficio che la clinica può trarre dalle ricerche delle neuroscienze

(3) Qui l'Alvarez si riferisce al terzo livello delle tecniche di interpretazione, già menzionate, per come si sono evolute nella storia della psicoanalisi.

(4) Qui, nell'identificazione proiettiva.

 

 

Curriculum vitae Mrs. Anne Alvarez

 

45 Flask Walk

London.N.W.3 1HH

 

 

Date of birth. 1/1/1936: Toronto . Canada.

Have dual nationality for Britain and Canada.

 

 

ACADEMIC AND PRPFESSIONAL QUALIFICATION:

  1. B.A. honours (First Class) Psychology. University of Toronto, Canada, 1957. Victoria college Travelling Fellowship to do post-graduate work.
  2. M.A. Clinical Psychology. Indiana University, u.s.a. 1959.
  3. I am registrated by the Ontario Board of Examiners in Psychology and the Canadian Health Service Providers in Psychology as able to practice in Canada as Clinical Psychologist.
  4. Qualification as Child Psychotherapist, Tavistock Clinic, London , 1955 and Member of Association of Child Psychotherapist,. 1965.

       5.  Postgraduate Diploma M.A. in Psychoanalitic Studies.

 

EMPLOYMENT

1988-present: Principal Child Psychotherapist , Child and Family Dep’t. Tavistock Clinic, London, with special responsibility for teaching psychoanalytic theory, child development, and therapeutic technique.

Special interest: therapy of Psychotic, borderline condition and Autism and Therapeutic intervention in Infancy.

 

I  published many papers,  on Psychoanalitic Theory and  psychotherapy in Childhood.

 In the last 20 years I   presented   and I am presenting lectures outside the Tavistock , in U.SA. in Europe and in Italy.

 

BOOK.

Live Company: Psychotherapy with Autistic, Borderline, Deprived and Abused Children. Routledge. London. July 1992, published in Italy by Asrolabio- Ubaldini, Rome, 1993 and in Brazil 1993 by Arte Medica. Porto Allegre

 

 

 

 

Copyright- 2004 A.S.S.E.Psi.- Ce.Psi.Di.

Editor del sito web e responsabile editoriale: Giuseppe Leo