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"AMARCORD".

 

 

di Leonardo Ancona

 

Maitres à dispenser

 

 

Leonardo Ancona è nato a Milano il 2/5/22, laureato in Medicina a Milano (1946) e ivi specializzato in Malattie Nervose e Mentali (1951). Ha vinto nel 1950 il concorso di Assistente Ordinario per la Psicologia, alla Università Cattolica del Sacro Cuore (U.C.S.C.) di Milano e nel 1954 ha ottenuto la Libera Docenza in Psicologia. Dallo stesso anno al 1958, Incaricato di Psicologia alla U.C.S.C. Nel 1958 ha vinto il concorso per la cattedra di Psicologia (primo ternato); straordinario di Psicologia nella U.C.S.C. dal 1958, confermato nel 1961, ordinario nella stessa Università (Facoltà di Lettere) fino al 1965. Trasferito alla sede romana della U.C. (Facoltà di Medicina) è stato ivi Ordinario di Psicologia fino al 1973, di Psicologia Clinica sino al 1978 e di Clinica Psichiatrica in seguito, sino alla sua uscita di ruolo, nel 1992. Dal 1959 è stato Direttore dell'Istituto di Psicologia, prima a Milano fino al 1965 poi a Roma fino al 1978 poi dell'Istituto di Psichiatria e Psicologia, sempre nella U.C.S.C e Direttore della Scuola di specializzazione in Psicologia e di Psichiatria.

Ha pubblicato 8 volumi e ha curato come Editor una diecina di testi di Psicologia e di Psichiatria.

    News del 2003              Si ringrazia sentitamente il Prof. Leonardo Ancona per aver concesso la pubblicazione di questo suo articolo sul sito web dell'A.S.S.E.Psi.

 

Recensioni dalla stampa 2003   

 

                      Rivista Frenis Zero

Fermo per un istante il mio girovagare quotidiano, rallento il respiro e mi guardo all'indietro, lungo la ormai non breve strada percorsa... si perde lontano lontano, ma nel suo incerto e vago contorno si fanno salienti alcuni avvenimenti che hanno segnato l'itinerario della mia vita sino ad oggi; ognuno passato eppur sempre presente per essersi inserito in una trama priva di discontinuità, insieme professionale ed esistenziale.

E allora li racconto.

All'inizio ad attirarmi fu la Psichiatria, e non ne so esattamente il perchè. La scarsa esperienza che ne avevo avuto durante gli anni universitari e di specializzazione in verità era stata devastante: era quella del manicomio. 

 

 Foto di Stéphane Malysse scattata nel manicomio di Bahia (Brasile)

Un luogo dove la speranza era morta, i ricoverati piuttosto che malati erano oggetti, qualche volta gioco, più sovente dramma, comunque un campo di relitti a consumazione, nei casi migliori di recuperi non certo programmati e rinviati all'origine solo nell'attesa di un immancabile ritorno, nei casi peggiori di esseri in agitazione, da contenere con la forza dei mezzi fisici e dei quali non ci si assumeva responsabilità morale, ma solo giudiziaria. Dei cosiddetti <<sudici>> poi non ci si occupava affatto, perchè il compito era assegnato agli infermieri, generalmente uomini forti e scaltriti, molto poco corrispondenti alla loro designazione sanitaria.

Poi, onnipresente, l'inconfrontabile <<odore dei matti>>. 

  

Foto di Stéphane Malysse scattata in un manicomio di Bahia (Brasile)

E non potevo nemmeno confrontarmi con la professione extra-moenia, che non esisteva; per quanto celebrato sul piano della produzione scientifica o letteraria il Direttore dell'Ospedale Psichiatrico Provinciale (di Milano), non aveva né avrebbe mai avuto un solo paziente privato...

Eppure la Psichiatria mi attirava, ne intuivo una realtà sottostante, o trascendente, che produceva uno scotoma del presente: era il desiderio di entrare in comunicazione con la vita più intima di quei sofferenti, attraverso la porta aperta del loro dissesto mentale: un desiderio che si poteva trasformare in poesia, come era successo a Tobino.

Fu Gemelli che al nostro primo incontro, nel 1947, mi mise d'un tratto a contatto con una realtà da me non avvertita, dicendomi con bruschezza: <<lascia stare la Psichiatria, qui in Italia l'hanno distrutta e per impararla ti manderò negli Stati Uniti; dove è altra cosa. Ma per ora rimani con me, in Psicologia, e vedi di farti le ossa dal punto di vista scientifico>>.

  Foto: Padre Agostino Gemelli

Rimasi; e ci restai perchè degli Stati Uniti non si parlò più. Ma l'intuizione di Gemelli, anch'egli in origine psichiatra e già allievo di Kraepelin, era corretta. Perché per approdare ad una Psichiatria autentica l'orientamento di base aveva da essere psicologico. 

  Foto: Emil Kraepelin

Iniziò allora per me un lungo, sofferto travaglio, reso più complicato, se non addirittura assurdo, dal fatto che contemporaneamente al mio inoltrarmi nella Psicologia, nell'aspetto sperimentale insegnatomi da Gemelli e a me assolutamente sconosciuto, esercitavo la mia formazione medica in Neurologia; questa si declinò prima come allievo della Scuola di specializzazione di Milano e qui diplomato nel 1950, in seguito come tirocinante e poi assistente, di chi me ne fu vero Maestro, Lucio Micheli, nell'Ospedale Resnati di Milano.

Alla sua scomparsa diventai io il responsabile del servizio, con l'incarico di assistenza e cura di malati dell'ambulatorio e anche di quelli ricoverati in reparto di Medicina.

Il guaio fu che la mia strada non era la Neurologia, un campo in cui comunque ero diventato francamente competente e provetto, ma la Psicologia cui mi spingeva la <<vis a tergo>> promanante da Gemelli; che mi inviò infine in Nord-America con una borsa Rockfeller. Ma non per la Psichiatria, per la Psicologia Sociale.

La mia confusione giunse così al colmo: con un sofferto rivolgimento mentale ero in qualche modo riuscito a fare il difficile salto dalla Neurologia alla Psicologia di laboratorio, una acrobazia perché quella di Gemelli non era pura psicofisiologia, come tale in continuità con la Neurologia, ma era una ricerca sulla <<soggettività>>, pertanto trascendente il dato organico. Non ancora consolidato in questa dimensione, ricevevo l'impatto sconcertante con una psicologia nord-americana per la quale non avevo la minima base epistemologica.

Dico di più: l'impatto fu con la Dinamica di Gruppo di tipo Lewiniano, una frontiera avanzata della Psicologia Sociale, e di essa un massimo di astrazione, come veniva elaborata al Group Dynamic Center di Ann Arbour (Michigan).

In un anno intenso di permanenza (1952-1953) in questa scuola riuscii a fare solo quanto mi fu possibile, cioé una mera traduzione di quella psicologia sociale nella psicologia individuale che avevo appreso a Milano; e scrissi, al ritorno in Italia, un libro riduzionistico di Psicologia Sociale nel quale sferrai un deciso attacco ai metodi della Dinamica di Gruppo. un peccato di gioventù, perché a quel momento non avevo capito niente di ciò che avevo ricevuto in Michigan.

Tuttavia quella esperienza aveva pur significato qualcosa, soprattutto per uno stage di 4 mesi, fatto alla fine dell'esperienza di Ann Arbor, allo Swarthmore College di Pennsylvania, dove Wertheimer insegnava una dinamica di gruppo ben diversa da quella lewiniana, comprendente cioé non solo il campo sociale ma anche il soggetto in esso immerso.

  Foto: Wertheimer

L'esperienza Nord-Americana coincise comunque, a Milano, con l'abbandono delle pure ricerche di laboratorio per indagini più ampie, declinate sulla motivazione in vari campi, sulla relazione, sulla Personalità. Mi avviavo così gradualmente, e inconsapevolmente, verso la Psicologia Clinica e mi si proponeva inevitabilmente la necessità di un secondo salto acrobatico: quello dalla psicologia della coscienza alla Psicoanalisi.

Un'operazione, questa, già da me temuta, combattuta e negata con tutte le forze, anche con attacchi violenti e gratuiti verso una disciplina che pure era una componente fondamentale della Psicologia generale... in un Congresso Nazionale della Psicologia Italiana, a Chianciano nel 1954, fui talmente tracotante nei confronti della Psicoanalisi che Cesare Musatti, Presidente della sessione, mi tolse d'un botto la parola e mi obbligò a tornarmene a posto.

  Foto: C. Musatti

Ma questa metanoia alfine si verificò: fu determinante al proposito la introduzione al nuovo campo che ebbi in Canada da Noel Maillox, nel 1956-57, poi la analisi didattica fatta a Roma con Ignacio Matte Blanco, dal 1967 al 1974. 

  Foto:  Ignacio Matte Blanco

Mailloux era un domenicano, Direttore dell'Istituto di Psicologia dell'Università di Montreal, uno psicologo clinico analizzato da Zilboorg e promotore molto efficace della Psicoanalisi nel suo ambito di insegnamento e di azione: un merito riconosciutogli come tale e con gratitudine dalla Psicoanalisi istituzionale (I.P.A.) in occasione del suo Congresso Internazionale svoltosi a Montreal.

  Foto: G. Zilboorg

                       
Recensioni bibliografiche 2003 (fine prima parte - continua)
 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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