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Rivista "Frenis Zero" - ISSN: 2037-1853

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Recensioni Bibliografiche

 

  "PSICOANALISI CON BAMBINI E ADOLESCENTI: TRA INTERVENTI 'PROCEDURALI' E IMMEDESIMAZIONE"

 

 

  Resoconto di Luca Mazzotta del seminario organizzato a Milano  il 20 marzo 2010 dall' A.S.P. (Associazione Studi Psicoanalitici) con R. Barbieri e R. Goisis.

  

 

 

Giuliana Barbieri Psicologa, Psicoanalista, Membro Ordinario SPI, ha iniziato la propria esperienza di terapeuta infantile lavorando in un Servizio di Igiene Mentale, proseguendo poi questa attività privatamente. Al lavoro individuale con i bambini ha affiancato l’interesse per il lavoro con i genitori, approdando ad una modalità di lavoro che ha definito Intervento Psicoanalitico Contestuale. Questo è tuttora un suo campo di indagine privilegiato, in cui la messa a punto di un assetto teorico-tecnico – che coniuga l’approccio psicoanalitico con i contributi dell’Infant Research – consente di realizzare una modificazione del mondo interno del bambino attraverso trasformazioni dinamiche dell’ambiente di accudimento.

P. Roberto Goisis Medico Psichiatra, Psicoanalista, Membro Ordinario SPI, esperto qualificato IPA nell’analisi di bambini e adolescenti. È stato responsabile della Unità Didattica Adolescenti del Centro di Psicologia Clinica del Comune di Milano diretto da G.C. Zapparoli Lì ha iniziato la collaborazione con T.L.Senise Professore presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano. Già Coordinatore dell’Osservatorio di Psicoanalisi del Bambino e dell’adolescente del C.M.P. Cesare Musatti. Responsabile dello Spazio Cinema del sito web della SPI. Relatore in vari convegni e congressi nazionali ed internazionali. Ha pubblicato differenti contributi su riviste e libri. E' stato redattore della rivista "Adolescenza" ed è membro della redazione di Psychomedia. Curatore con altri di Il contributo della psicoanalisi alla cura delle patologie gravi in infanzia e in adolescenza, (2000); autore con G. Gorla di Uno spazio per Tommaso Senise. L'attualità di una metodologia di intervento con gli adolescenti, (2002) e con S. Bonfiglio Senise di Essere adolescenti oggi, Quaderni del Centro Milanese di Psicoanalisi n° 12 (2009).

 

 Luca Mazzotta è psicologo, psicoanalista in formazione presso l'Istituto di training dell'ASP (Associazione Studi Psicoanalitici, membro IFPS). Vive e lavora a Milano, dove esercita privatamente. E' socio fondatore del "Centro di Aiuto Psicologico ONLUS" ( www.aiutopsicologico.it ) di Inverno e Monteleone (PV).

 


 

Il lavoro clinico con bambini e adolescenti offre la possibilità di verificare e mettere in discussione continuamente i propri strumenti di lavoro, la prassi clinica e le sue fondamenta teoriche. È soprattutto nel lavoro con bambini ed adolescenti che si osserva come non sia semplicemente il passato ad influenzare il presente ma quanto, attraverso il presente, sia possibile descrivere un passato dotato di senso, comprensibile, accettabile e tollerabile. È dunque necessario, per l’analista, per il paziente e per il suo ambiente, costruire un presente in grado di garantire un contenimento e prospettare un cambiamento possibile rispetto alle vicende che hanno portato alla consultazione.

Se, come sosteneva Winnicott, “non esiste una cosa come un bambino”, sottolineando così l’importanza dell’ambiente di accudimento e spostando l’attenzione clinica sul ruolo giocato dagli oggetti reali come elementi che plasmano il mondo interno, risulta chiaro in che modo l’atteggiamento mentale del terapeuta debba essere quanto mai flessibile nel focalizzarsi sui bisogni e sulle interazioni reali. Il lavoro clinico, dunque, va oltre la coppia analitica ed esercita la sua azione sull’intero ambiente di accudimento del bambino. Un intervento psicoanalitico che può (e spesso deve) estendersi al contesto allargato di vita del bambino: genitori, nonni, tate, insegnanti ecc.

Questo nuovo modo di intendere l’intervento ha le sue basi teoriche nelle scoperte dell’infant research, che hanno evidenziato l’importanza dell’ambiente esterno, convalidando così le brillanti intuizioni di Anna Freud.

È necessario, quindi, all’interno di un intervento psicoanalitico su di un bambino, saper rivitalizzare le competenze dei genitori. Ma quali competenze? Abbiamo molto spesso a che fare con l’assenza di competenze, nel senso di competenze “implicite”, procedurali. Spesso il vissuto portato dai genitori alle prese con una situazione problematica relativa al loro bambino è “non so più cosa fare”. È un vuoto procedurale, oltre che psichico, che emerge, un vuoto del non saper “fare”. Oltre ai classici interventi volti a favorire una maggiore consapevolezza di sé, è necessario dedicarsi all’acquisizione di competenze relazionali che, per qualche motivo, non sono mai state apprese dai membri della coppia genitoriale. Soprattutto nei primi anni di età il cambiamento non avviene tramite una comprensione esclusivamente simbolica, ma anche e soprattutto attraverso un’acquisizione procedurale delle competenze. Poter utilizzare allo stesso tempo interventi verbali/simbolici e interventi “procedurali” ha lo scopo di “far accadere” qualcosa in seduta (Barbieri).

Spesso lo scopo finale è quello di portare il genitore ad una immedesimazione col bambino, in modo tale da poter cogliere nel figlio aspetti di sé, spesso negati.

Winnicott, precedendo i tempi della ricerca infantile delle neuroscienze e delle scienze cognitive, già nel 1941 descrive l’esperienza reale che offre ad una bambina in presenza della sua mamma: le permette di mordergli concretamente il dito. La bambina, dopo assaggi esitanti in sedute precedenti, osa affondare i propri dentini nel dito di Winnicott. Dopo questa esperienza il quadro sintomatico si risolve. La bambina esperisce la propria aggressività come esprimibile e non distruttiva e Winnicott, a proposito della possibilità concreta di mordere o, come per altri bambini, di prendere l’abbassalingua, commenta: “l’esperienza di osare desiderare e prendere l’abbassalingua, ed impossessarsene, senza in realtà alterare la stabilità dell’ambiente immediatamente circostante rappresenta una specie di lezione oggettuale che ha un valore terapeutico per il bambino. [...] per tutto il periodo dell’infanzia, questo genere di esperienza non conduce semplicemente ad una rassicurazione temporanea: un’esperienza felice che si somma ad un’atmosfera stabile ed amichevole ha per effetto l’instaurarsi nel bambino della fiducia nelle persone del mondo esterno, e del suo sentimento generale di sicurezza. Si rafforza pure la fiducia del bambino nella bontà delle cose e dei rapporti dentro di sé. Questi piccoli passi verso la soluzione dei problemi centrali si compiono nella vita quotidiana del bambino di pochi mesi e di pochi anni, ed, ogni volta che il problema viene risolto, qualcosa si aggiunge alla stabilità generale del bambino, e si rafforza la base del suo sviluppo emozionale”.

Questo, come molti altri passaggi nei lavori di Winnicott, è particolarmente interessante perché apre ad una dimensione della mente, intuita allora clinicamente e confermata ora dalle neuroscienze, che consente alla psicoanalisi di intervenire e favorire cambiamenti non solo attraverso il piano simbolico delle parole, ma anche attraverso il piano procedurale delle esperienze.

L’intervento psicoanalitico contestuale si avvale di tutti questi contributi e si propone come una modalità di lavoro che contestualizza l’intervento psicoanalitico direttamente all’interno della matrice relazionale bambino-genitori, che lavora anche con il contesto allargato di vita del bambino collaborando con le figure per lui significative e cerca di mettere continuamente in dialogo i contributi della psicoanalisi con i contributi delle discipline limitrofe.

Allo stesso modo, anche nel lavoro terapeutico con gli adolescenti, l’analista deve cercare di mantenere un assetto flessibile e spontaneamente controllato, per potersi permettere di alternare interventi di contenimento, supporto e chiarimenti insieme a caute ricostruzioni della storia (sin troppo recente o addirittura attuale) personale del paziente. Nulla può essere dato per scontato, nessun assetto terapeutico o modello teorico può essere considerato a-priori quello più efficace.

Come porsi quindi nei confronti di un adolescente? L’immedesimazione è il concetto chiave, come movimento psichico nettamente distinto da una inconscia identificazione o una conscia - ma non sempre immediata possibile e disponibile - empatia. L’immedesimazione è un’operazione mentale conscia e preconscia, transitoria, il più delle volte concordante con parti del Sé, e presuppone nell’analista il riconoscimento e la protezione dell’individualità e della separatezza dell’oggetto, il quale viene prima introiettato e poi restituito. In definitiva essa è la parte attiva e intenzionale di un processo più articolato e complesso il cui esito finale ed armonico è l’empatia, raggiungibile solo dopo aver sperimentato la più ampia disponibilità osservativa. Qualcosa di totalmente differente, ovviamente, sia dall’analista sospettoso (Nissim Momigliano), che dal caricaturale analista che pretende di essere empatico a tutti i costi, al di là del livello del suo coinvolgimento inconscio nelle vicissitudini di transfert e controtransfert, rischiando così di perdere libertà associativa, assetto neutrale e capacità di sospensione e di attesa riguardo agli sviluppi naturali della sua relazione interna ed esterna con il paziente, e con il processo psicoanalitico nel suo complesso.

<<È del tutto naturale e opportuno cercare di comprendere l’esperienza del paziente e di stabilire un rapporto di buon lavoro psicoanalitico con lui anche attraverso tentativi attivi e intenzionali di immedesimazione, ma la vera empatia non è una marcia che si può ingranare a comando, è una condizione complessa che richiede spazio e sospensione per immedesimazioni articolate con le varie aree i vari livelli interni del paziente>> (Bolognini).

Si tratta quindi di essere disposti ad affrontare insieme all’adolescente un viaggio affettivo condiviso (Stern) oltrepassando una semplice (inconscia) identificazione ma non dirigendosi necessariamente e frettolosamente verso una “empatia a tutti i costi” che, in particolare nel caso di pazienti adolescenti, potrebbe far vivere, senza una possibile elaborazione, fantasie di sopraffazione, soffocamento e impossibilità di trovare la propria unicità ed il proprio spazio affettivo nella mente dell’altro e nel mondo.

Dunque nuove riflessioni e nuove aperture a strumenti clinici, utili a far crescere bambini, adolescenti e... psicoanalisti, poiché è spesso dall’analisi di bambini ed adolescenti che si apprende il funzionamento della mente. Gli ingredienti specifici della terapia con bambini e con adolescenti, il ruolo della realtà esterna e dell’agire, la relazione reale, la posizione soggettiva dell’analista, la duttilità del setting che, nei casi gravi, impone scelte diverse dall’usuale stanza d’analisi, non sono più considerate un ostacolo all’instaurarsi di un processo psicoanalitico inteso come un processo di soggettivizzazione. Si configurano invece come strumenti squisitamente psicoanalitici se vengono scelti (e non semplicemente agiti) dall’analista nell’ambito di una teoria metapsicologicamente fondata. Strumenti clinici che stanno diventando, teoricamente e tecnicamente, sempre più importanti anche per le terapie degli adulti.

 

 

 

 

 

 

 

 

 


 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

                                                     

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

        

 

 

 

 

 

 
 

 

 

 

 
 

 

 

 

 

 

 

 

 

Responsabile Editoriale : Giuseppe Leo

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