Home page 

Biblioteca on-line

Chronology

 
"Trattato di Psichiatria Forense" di Ugo Fornari (UTET, 4.a ed., 2008)

 

 

 

Recensioni bibliografiche

 

  

 

 


Recensione di Metello Corulli

 

Novità - News



 



 

 

Rivista Frenis Zero

 

Metello Corulli è psicoterapeuta, dirige la Comunità terapeutica psichiatrica "Il Porto" di Moncalieri (TO) e la rivista on-line www.terapiadicomunita.org

    

   

Maitres à dispenser

 

IL LIBRO:

Ugo Fornari, "Trattato di Psichiatria Forense", 4.a edizione, UTET, Torino, 2008,  pagg. 1134, € 78,00.
 

 

 

 

 

Foto scattata nel 2008 da Marta Sarlo nell'O.P.G. di Aversa

 

                

   

 

 

 

Nella presentazione, l’ autore cita  una frase del 1872: <<Non è dato all’ uomo di scendere negli abissi dell’ umana coscienza e dire con sicurezza in quali condizioni di mente e d’ animo versasse un individuo quando commise un misfatto>>.   Sono passati oltre cento anni, ma l’ invito di Antonio Verga, illustre freniatra italiano ( il termine freniatria verrà sostituito con “psichiatria” nel  corso della fine dell’ ottocento ) resta valido ed importante, come un invito all’ umiltà, alla consapevolezza che dietro ai fatti ci sono delle persone, della cui vita è estremamente complesso ricostruire, descrivere, comprendere, interpretare, valutare…

Ugo Fornari ha iniziato nel 1962 a frequentare il manicomio femminile  di Via Giulio 22 a Torino,  dove vi erano  “ristretti” 1200 pazienti  ( 200 acuti, 200 lungodegenti, 200 psicogeriatrici, 200 cronici…), in un' epoca in cui la Direzione dell’ ospedale invitava i medici ad entrare in reparto il meno possibile, per non disturbare i pazienti che dovevano “riposare”  nel  letto, quasi sempre contenuti con i mezzi in uso all’ epoca.   Nel ’64 egli  inizia a fare gruppi di discussione con le infermiere e  l’ argomento degli incontri è relativo alla condizione dei pazienti, ma la Direzione dell’ ospedale lo richiama presto (“smettila di montare la testa alle infermiere…”) e lo  invia a Savonera, in un  reparto di donne lungodegenti.  Un giorno resta dolorosamente colpito da una donna che piange disperata, in un altro settore, perché ha ucciso il proprio bambino, in un periodo di depressione delirante.

E’ così iniziato il percorso di studio e di ricerca di questo autore, che lo ha portato gradatamente a staccarsi dall’ ospedale psichiatrico ed a cercare di comprendere il complesso intrecciarsi tra malattia mentale, delitto, consapevolezza o inconsapevolezza, responsabilità, codici culturali e sociali che normano la vita della collettività….

Specializzatosi in medicina legale con gli insegnamenti di una persona squisita come il prof. Portigliatti Barbos con uno studio sul suicidio allargato, vince un concorso universitario, nel 1970 è docente  in Antropologia criminale, dal 1988  in Psicopatologia forense. Tutta la sua carriera universitaria si è svolta presso l’ Università di Torino.

Nel corso dei suoi studi di psichiatria clinica, si avvicina alla psicoanalisi, fino a diventare analista didatta della Società  adleriana, ma già nel 1968 un magistrato, Luciano Violante, gli affida il primo lavoro peritale: una donna denuncia di essere stata spogliata dei suoi beni e nello stesso tempo è complesso valutarne la capacità decisionale. Da allora, in quaranta anni di attività peritale, il prof. Fornari ha effettuato oltre 2.000 perizie, 420 delle quali relative ad omicidi attuati o tentati.

 

Fin dalla prima edizione del suo testo di studi, quella del 1984, che prese il nome di Compendio, il prof. Fornari ha delineato il suo approccio all’argomento: quello pragmatico, che si rifà ai problemi concreti che il perito si trova quotidianamente a dover affrontare nella sua attività di  interazione con il  magistrato.

Questa linea di fondo ha trovato il suo progressivo sviluppo nelle successive edizioni del Trattato, prima di Psicopatologia e di psichiatria Forense (1989), poi solo  di Psichiatria forense (1997, 2008).  Contemporaneamente alla crescita ed all’ ampliamento culturale del testo, nel corso degli anni vi sono state rilevanti modifiche nelle normative giudiziarie – di cui parleremo in seguito –  anche nei trattamenti sanitari a carattere psichiatrico e psicologico come nella attività psicodiagnostica, tanto che il presente Trattato è completamente nuovo.

I temi fondamentali della imputabilità e della pericolosità sociale per quanto riguarda l’autore di reato; della capacità decisionale in ambito vittimologico e civilistico; della deontologia e della responsabilità professionali in riferimento a un corretto operare da parte degli operatori della salute mentale, dei periti e consulenti hanno trovato in questo ultimo testo  spazi sempre più ampi di approfondimento, specie per quanto riguarda le attuali impostazioni cliniche e valutative. In esse Fornari ribadisce con forza e articolato argomentare l’importanza, piuttosto che della nosografia psichiatrica – anch’ essa mutata nel corso degli ultimi venti anni -, dell’analisi del funzionamento mentale di soggetti autori o vittime di reato e delle persone che prendono decisioni aventi rilevanza giuridica per sé e/o per altri, nonché i principi deontologici che devono guidare l’operato quotidiano di tutti coloro che hanno il compito di prendere delicate decisioni nei confronti delle persone le cui problematiche psicopatologiche hanno debordato in comportamenti di rilevanza legale.

Il Trattato è pertanto  frutto di oltre venti anni di lavoro peritale, dell’ insegnamento dei periziati e dei colleghi, dell' esperienza di dibattito e scontro nel foro tra periti, magistrati e avvocati. Un documento di grande ricchezza culturale che probabilmente può interessare maggiormente gli addetti ai lavori, come i periti ed i magistrati,  sebbene i temi della sofferenza e  della pericolosità sociale, della loro valutazione e delle strategie di interventi  dovrebbero essere temi che interessano ed incuriosiscono  anche cultori di altre discipline, sociologi e filosofi, o politici e credenti…

 

Nel corso di una recente intervista, Ugo Fornari ha raccontato della  curiosità provata nello studiare i reati di impeto e di passione, e della difficoltà emotiva nel corso delle perizie sugli autori di reati sessuali sui minori, il dubbio sulla reale esistenza del vizio di mente nei casi di autori di reati gravi, la difficoltà nel comprendere la rilevanza ai fini clinici e quella ai fini giuridici: <<… storie da narrare, più che soggetti da valutare,… ti senti, vedi i pezzi della nostra storia, ti immedesimi, ti identifichi, … e molto più che i reati della criminalità organizzata, soddisfanno o tormentano delle curiosità: entri in un mondo che non ti appartiene>>.

Il trattato inizia con un exursus storico sul tema della responsabilità e della imputabilità, il sorgere e lo sviluppo degli studi criminologici e psichiatrico–forensi, sebbene l’ excursus storico, a partire dal diritto penale romano, si amplii anche con un excursus sul diritto contemporaneo internazionale. Il nostro Paese è quello che può vantare il più antico codice penale al mondo, nel quale un approccio normativo e categoriale cerca di integrarsi con un approccio funzionale.

Ma la parte centrale del volume è dedicata alla perizia penale (oltre trecento pagine), mentre le parti successive sono dedicate alla consulenza tecnica dello psichiatra nell’ ambito del diritto civile e nel diritto canonico.  

Nel  corso del volume è segnalata la collaborazione di molti colleghi: per citarne alcuni, Daniela  Leotta per gli aspetti legati alle demenze,  Roberto Mutani per quelli relativi alla fisiologia del sonno, Stefano Jourdan sul consenso informato e sulla deontologia, Franco Freilone che ha integrato il capitolo sul test psicodiagnostico…  Tra gli allegati sulla appendice storica, interessantissimo è il capitolo che chiude il volume, curato da Filippo Bogetto e Paola Rocca,  un articolo sul tema estremamente problematico della libertà e del determinismo nell’ elaborare pensieri, decisioni, comportamenti.

Il tema più generale resta quello di poter comprendere come possano coniugarsi due codici culturali, o due vertici osservativi che si argomentano su piani diversi: il linguaggio psichiatrico e psicologico e quello giuridico.

Il primo sembra fondarsi sulla complessità della storia personale  di un soggetto, il secondo sulla complessità delle norme della vita collettiva. Non si tratta certamente di entrare in un fraintendimento per il quale desideri e comportamenti, anche i più “ bizzarri” – qualora si verifichino in una condizione connotata come malattia o incapacità di comprensione – possano essere giustificati o ritenuti innocenti; è invece importante comprender come due punti di vista, così profondamente diversi,  fondati su presupposti culturali e tecnici così distanti, possano trovare una modalità di incontro e di dialogo.

Mentre tutto il volume è praticamente dedicato a questo argomento, vi è una breve parte di circa quaranta pagine, sulla quale vorrei soffermarmi,  dedicata alla storia di questo difficile “dialogo”: Vecchi e nuovi orizzonti della psichiatria forense. Le scienze umane e il sistema della giustizia.

In questo interessante capitolo del volume, l’ autore delinea quattro fasi dei difficili, ma anche costruttivi rapporti, tra psichiatria, scienze umane e sistema della giustizia, rapporti che sono andati incontro a profonde modificazioni nel corso degli ultimi cento anni.

L’ ingresso dei freniatri nel foro della giustizia, in inizio Ottocento,  è stato caratterizzato da una forte conflittualità, quasi come se i primi volessero sottrarre alle pene alcuni autori di gravi reati. Ed in effetti, gli studi sulla monomania e sulle frenopatie volevano sottrarre alla pena di morte i soggetti che non erano stati consapevoli di quanto stavano per compiere o avevano compiuto. Ma la conflittualità tra giuristi, penalisti, amministratori della giustizia e periti non era soltanto dovuta alla differenza di prospettive culturali: il modo di costruire la perizia ed argomentare dei periti era estremamente personale.

Per dieci anni, dopo l’Unità di Italia, si svolsero I convegni degli scienziati italiani, che certamente hanno costituito nella storia della nostra cultura un momento estremamente importante: questa è stata l’ epoca nella quale è andata costituendosi una maggiore organizzazione e sistematizzazione metodologica del lavoro peritale, l’ epoca nella quale i freniatri lavorano per sottrarre il malato di mente alla pena di morte ed alla carcerazione, ma accettano di collaborare al controllo sociale, promuovendo la nascita del manicomio criminale. L’accordo tra psichiatri e sistema della giustizia viene coronato nel 1930 dal Codice Rocco che introduce la nozione di “socialmente pericoloso” (art. 203 codice penale) e il sistema delle “ misure di sicurezza” (art. 215).

Le prime tre cattedre di antropologia criminale vengono istituite ufficialmente a Torino, Roma e Genova solo nel 1963 e gradatamente porteranno il lavoro peritale degli psichiatri ad abbandonare l’ approccio positivista e craniometrico per accedere ad una attenzione maggiormente legata alla storia personale del soggetto, ed alle caratteristiche strutturali e funzionali della personalità.

Ma nuovi orizzonti si sono aperti ancora molto recentemente con la sentenza della Corte Costituzionale del luglio 2003 che ha dichiarato incostituzionale la esclusiva possibilità di internamento in Ospedale psichiatrico giudiziario di un soggetto prosciolto per vizio totale di mente: si è pertanto aperta la possibilità di cercare soluzioni alternative che possano favorire la reintroduzione sociale di un soggetto che ha purtroppo coniugato la propria sofferenza con una pericolosità sociale.  La dichiarazione di illegittimità dell’ art. 222 del codice penale ha così consentito al giudice di adottare, in luogo del ricovero in ospedale psichiatrico giudiziario, una diversa misura di sicurezza sociale e terapia personale. Ed un nuovo mutamento culturale importante è stato introdotto con la sentenza della Corte di Cassazione del 2005 che ha dichiarato la possibilità, ai fini del riconoscimento totale o parziale di mente, che rientrino nel concetto di infermità anche i gravi disturbi di personalità, a condizione che il giudice ne accerti la gravità e l’ intensità – tali da escludere o scemare grandemente la capacità di intendere e/o volere – e vi sia un nesso eziologico con l’ azione criminale.

Il Trattato del professore ed amico Ugo Fornari ci aiuta pertanto a comprendere gli aspetti tecnici di un incontro e dialogo tra due discipline, aspetti della storia passata,  interrogativi e problemi per il futuro.