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2.03.2006 

 

<<IO SO QUEL CHE TU PENSI>>.

 

di Vittorio Gallese

 

 

 

 

            

 

In occasione dell'uscita nelle librerie del libro di GiacomoRizzolatti e C. Sinigaglia "So quel che fai. Il cervello che agisce e i neuroni specchio" (Cortina, Milano, 2006, pagg. 218, euro 21), "Il Sole 24 ore" di domenica 26 febbraio 2006 (supplemento culturale) ha dedicato ai 'mirror neurons' un'edizione speciale di "Scienza e Filosofia", la rubrica fondata nel 1986 da Ludovico Geymonat. Delle tante implicazioni filosofiche ( nei campi dell'estetica, della bioetica, della neuroetica e della neuroeconomia), oltre che delle neuroscienze e della clinica psichiatrica, che la scoperta dei neuroni specchio presenta hanno trattato una serie di brillanti articoli, tra cui abbiamo scelto quello di Vittorio Gallese (uno dei neurofisiologi del gruppo di Parma che è stato tra i protagonisti di queste importantissime ricerche) che per gentile concessione ha acconsentito alla riproduzione del suo testo.

 

 

    

Recensioni dalla stampa 2003

 

 Ciò che maggiormente contraddistingue la specie umana è l'incredibile sofisticazione delle modalità d'interazione sociale. Trascorriamo i primi anni della nostra vita letteralmente ad apprendere come interagire con gli altri. Lo sviluppo cognitivo dell'individuo appare fin da subito dipendere dall'intersoggettività. A partire dai primi mesi di vita i meccanismi imitativi giocano un ruolo molto importante nello sviluppo delle nostre competenze sociali. Madri e neonati stabiliscono sistematicamente attività coordinate durante le quali i loro movimenti, le loro espressioni facciali, e la loro intonazione vocale si sincronizzano.

 

 

 

                 Rivista Frenis Zero Questi comportamenti permettono a madre e figlio di stabilire una consonanza affettiva che sembra svolgere un ruolo importante nel successivo sviluppo di modalità di relazione più sofisticate che includono l'uso del linguaggio. Nel corso del nostro sviluppo cognitivo apprendiamo a non limitarci a registrare il comportamento altrui ma impariamo progressivamente a comprenderlo attribuendo stati mentali.

Nonostante la centralità di questi processi nel definire la natura umana, la nostra conoscenza dei meccanismi neurofisiologici che li sottintendono era fino a non molti anni fa del tutto approssimativa, per non dire nulla. Secondo i modelli della scienza cognitiva classica, azione e percezione costituiscono processi indipendenti e del tutto periferici rispetto alla cognizione. I nostri sistemi sensoriali registrerebbero i dati del mondo esterno che sarebbero poi interpretati e compresi dai sistemi cognitivi. Il sistema motorio secondo questo modello non rappresenterebbe che un mero strumento per tradurre in movimenti le risposte che il sistema cognitivo ha elaborato.

La scoperta dei neuroni mirror nel cervello della scimmia da parte del gruppo di Parma e la successiva dimostrazione dell'esistenza di un sistema mirror per il riconoscimento dell'azione anche nel cervello umano ha radicalmente mutato il nostro modo di concepire il rapporto tra azione, percezione e processi cognitivi, inserendosi nell'ambito di una più vasta esplorazione delle funzioni cognitive del sistema motorio, così bene illustrata dal libro di Rizzolatti e Sinigaglia. In particolare questa scoperta ha messo in evidenza per la prima volta un meccanismo neurofisiologico capace di spiegare molti aspetti della nostra capacità di entrare in relazione con gli altri, quali la nostra capacità di comprendere il significato delle azioni altrui, di imitarle, e di afferrare le intenzioni che ne sono alla base. Grazie ai neuroni mirror, l'osservazione di un'azione induce nell'osservatore l'attivazione dello stesso circuito nervoso che ne controlla l'esecuzione. Osservare un'azione induce quindi nell'osservatore l'automatica simulazione di quella stessa azione: questo meccanismo consente una forma implicita di comprensione delle azioni altrui. Vari studi hanno dimostrato che questo vale non solo per azioni dirette verso oggetti come afferrare una tazza o calciare un pallone, ma anche per azioni comunicative. E' stato inoltre dimostrato che l'ascolto o la lettura di frasi che descrivono azioni determina l'attivazione degli stessi centri motori che normalmente presiedono all'esecuzione di quelle stesse azioni. 

                  Maitres à dispenser Circa quindici anni di ricerche hanno consentito di delineare un nuovo approccio al problema dell'intersoggettività ponendo al centro di essa il sistema sensorimotorio, dando così un contributo decisivo all'affermarsi del paradigma della cosiddetta "embodied cognition". Nella stessa ottica va inquadrata la recente proposta di Gallese e Lakoff circa il ruolo svolto dal sistema sensorimotorio nello strutturare aspetti fondamentali del pensiero come i concetti. Va aggiunto che questo approccio ha anche sollevato alcune riserve soprattutto da parte di chi continua a ritenere che l'intersoggettività e più in generale il pensiero astratto siano mal conciliabili con meccanismi nervosi propri di regioni cerebrali atorto o a ragione ritenute cognitivamente "meno nobili", quali appunto il sistema sensorimotorio. Filosofi della mente come Pierre Jacob e scienziati cognitivi come Gergely Csibra e Rebecca Saxe hanno recentemente obiettato sul ruolo del sistema mirror nella cognizione sociale, sostenendo che esso possa al massimo consentire di predire le conseguenze delle azioni altrui, ma certamente non di attribuire agli altri stati mentali come le intenzioni. Ciò che contribuisce a rendere questo dibattito appassionante, è senza dubbio il fatto che i termini della contesa possono essere verificati empiricamente grazie a esperimenti scientifici.

I risultati di due esperimenti recentemente pubblicati da Marco Iacoboni, Giacomo Rizzolatti e collaboratori sull'uomo e da Leonardo Fogassi e collaboratori del gruppo di Parma sulla scimmia, sembrano dare ragione alle tesi dell'"embodied cognition". Entrambi questi studi infatti dimostrano che il sistema dei neuroni mirror non si limita a codificare quale tipo di azione viene osservata, ma anche perché l'attore sta eseguendo quella determinata azione, cioé l'intenzione che ha promosso l'esecuzione dell'azione. Questi risultati, pienamente consonanti con l'ipotesi del ruolo centrale dell'"embodied simulation" nell'intersoggettività, suggeriscono che non vi siano aree nel cervello specificamente deputate a codificare le intenzioni altrui, ma che questa attribuzione avvenga in modo automatico grazie all'analisi degli aspetti motori dell'azione e del contesto in cui essa avviene. Siamo certamente molto lontani da una piena spiegazione neurofisiologica dei processi alla base dell'intersoggettività, ma questi e altri risultati sembrano suggerire che stiamo imboccando la strada giusta. Non dobbiamo però guardare al dibattito tra neuroscienze cognitive e filosofia come a uno scontro teso all'eliminazione di uno dei due contendenti. La costante dialettica tra scienze umane e neuroscienze costituisce un utilissimo stimolo per il progresso delle nostre conoscenze sulla mente. Un maggiore dialogo tra queste discipline è quindi non solo auspicabile, ma necessario. Va a questo proposito sottolineato che il primo libro a tutt'oggi pubblicato sui neuroni mirror, presentato in queste pagine, sia stato scritto dal neuroscienziato che li ha scoperti e da un filosofo.

Lo studio del sistema mirror che continua in Italia e nel mondo si configura oggi come un'eccitante sfida scientifica volta a comprendere aspetti cruciali della natura umana come linguaggio, empatia e disturbi di socializzazione dell'autismo infantile, economia ed etica, creatività artistica ed estetica. Questa scoperta tutta italiana dimostra, assieme a molte altre, come il nostro Paese abbia le risorse intellettuali per condurre una ricerca scientifica d'avanguardia. E' importante sottolinearlo non solo per non cedere all'imperante pessimismo sulle sorti culturali del nostro Paese, ma anche per programmare un futuro di maggiore valorizzazione e potenziamento della ricerca scientifica italiana.