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MODIFICAZIONI NOSOGRAFICHE E PSICOANALISI.

 

di Giovanni Gozzetti

 

 

Maitres à dispenser

 

 

Resoconto di  Giuseppe Leo della relazione di Giovanni Gozzetti  presentata il 19 marzo 2005 alla giornata di studio "Luoghi e forme del paesaggio interno/esterno" (Venezia, Isola di S. Servolo, 19 marzo 2005), organizzata dal C.I.S.P.P. (Centro Internazionale Studi Psicodinamici della Personalità).

 

 

    News del 2003             

 

Recensioni dalla stampa 2003 Giovanni Gozzetti è  Libero docente in Psichiatria, Vice  Presidente della Società italiana per la psicopatologia, Direttore della rivista “Psichiatria generale e dell’età evolutiva”( Editrice Garangola, Padova).

                      Rivista Frenis Zero Il titolo originale della relazione presentata da Giovanni Gozzetti alla giornata di studio di S. Servolo del 19.03.2005 è stato "Modificazioni nosografiche e psicopatologiche e loro rapporto con il sapere psicoanalitico", intendendo il relatore tracciare un 'excursus' storico sulle modificazioni che la nosografia psichiatrica ha visto nel corso del XX e XXI secolo, per poi prendere in considerazione  i rapporti che essa ha intrattenuto con gli sviluppi della psicoanalisi.

Gozzetti, però, richiama l'attenzione, quasi ad anticipare le considerazioni della seconda parte della relazione, che la nosografia utilizzata da Freud era sostanzialmente kraepeliniana (ad es. nel parlare del caso del cancelliere Schreber, Freud utilizza il concetto di 'paranoia' nel senso indicato da Kraepelin). 

  Foto: Emil Kraepelin

Una nosografia 'psicoanalitica' nasce soltanto riguardo alle nevrosi. Per Gozzetti, ad es., Freud è stato lo studioso che ha dato il maggior rilievo alla nevrosi ossessiva-fobica, attribuendone la psicopatogenesi al meccanismo della rimozione, mentre per Janet invece era basata sulla scissione. Il concetto di rimozione viene a Freud da Griesinger, il cui Trattato di Psichiatria (1845) fu molto studiato da Freud. <<Le modificazioni nosografiche >> si chiede Gozzetti <<in quale contesto culturale e scientifico sono avvenute?>>. Ma bisogna premettere che in psichiatria ci sono solo sindromi, o raggruppamenti di sintomi arbitrariamente tracciati per fini pratici, o provenienti dalla tradizione  come in alcuni esempi di derivazione greca (fobia, mania, melanconia), ma non c'è mai la stabilità dei fenomeni di natura. Su questa base si muovono gli attuali sistemi classificatori nordamericani (l'ultimo è il DSM-IV), sviluppati sulla base di una relazione commissionata dall'Associazione Psichiatrica Americana al filosofo empirista logico Karl Hempel sul consenso delle definizioni operative che costituiscono criteri di inclusione e di esclusione diagnostica. Questo avvenne dopo che Szasz scrisse un libro dal titolo provocatorio, "Il mito della malattia mentale". Il noto epistemologo e psichiatra, di recente scomparso, George Lanteri-Laura scriveva a proposito dei Manuali statistico-diagnostici che si trattava all'origine di strumenti indispensabili per condurre rigorosamente sperimentazioni con la pretesa di essere a-teoretici ed inevitabilmente pluricentrici. La loro genealogia risalirebbe a Kurt Schneider, ma l'assurdità, per Gozzetti, risiederebbe nella pretesa di utilizzare i Manuali statistico-diagnostici come manuali di psichiatria clinica. Anche in ambito forense, la gran parte delle diagnosi psichiatrico-forensi viene fatta sulla base del DSM. <<Ma in psichiatria>> aggiunge Gozzetti << una certezza di conoscenza non c'è mai, ed ogni volta bisogna forgiarsi gli strumenti conoscitivi per avallare quello che dice ed aver pazienza di farlo, perchè altrimenti con la certezza di conoscenza si dà per dato di fatto quello che non lo è, e quello che è un dato di fatto viene a fregare un paziente. Metterlo in una prigione diagnostica così ristretta, è già fargli un dispiacere grossissimo. Mi ricordo al Pronto Soccorso dell'Ospedale di Padova, se una diagnosi veniva scritta da un tirocinante, quella gli rimaneva scritta fino alla morte! Coi computers si ripeteva e non cambiava più.>>

La psichiatria contemporanea, nonostante i buoni propositi ed una maggiore coerenza epistemologica, si porta dietro questa vecchia eredità storica che risale a svariati autori dei secoli passati. Gozzetti cita ad esempio Boissier de Sauvage che era anche botanico. Nella sua storia la psichiatria ha portato avanti una serie di sindromi la cui nosografia è simile a quella della botanica. Quindi la psichiatria, ad un livello implicito,  ha un presupposto ontologico naturale. Tutti gli psichiatri dicono di seguire questo relativismo americano, però alla fine credono che il disturbo abbia una natura ontologica. Lo vedono come un'essenza. 

Per quanto riguarda la diagnosi, gli psichiatri più illuminati hanno sempre dato un'importanza maggiore agli aspetti psicopatologici o psicologici rispetto a quelli somatici. Perfino Kraepelin, ricorda Gozzetti, dovette rinunciare per il numero di errori accumulati a far diagnosi di paralisi generale attraverso la sola sintomatologia psichica. Quindi gli aspetti psicologici o psicopatologici da soli non ci permettono di fare una diagnostica sicura. Georges Canguilhem asseriva che la psichiatria è un esempio per tutta la medicina di cautela e di mancanza di posizioni dogmatiche. E' interessante notare che gli psichiatri contemporanei hanno operato nella loro disciplina una rettificazione ed una messa a punto dei concetti di normale e di patologico di cui medici e fisiologi non sembra si siano curati di trarre una lezione. 

In psichiatria, in psicopatologia ed in psicoanalisi i termini adoperati spesso non sono altro che metafore. Dissociazione, atimia, frammentazione del sè, chiusura autistica, autismo, linguaggio circostanziato, vischiosità, per fare degli esempi (alle volte creati dagli stessi pazienti, come "perdita dell'evidenza naturale", famoso termine coniato da Blakenburg fu creato dalla sua paziente Anne Rau), ma anche molte delle definizioni della psicoanalisi hanno un significato metaforico. Resnik cita sempre il transfert, dal tedesco Uebertragung che vuol dire 'passare di là'. 

  Foto: Salomon Resnik

<<Il campo psichiatrico è sempre minato>>, continua Gozzetti, <<quando non se ne accetta la natura ed i limiti conoscitivi, e si vorrebbe competere in precisione con le altre specialità mediche>>. Mentre le malattie somatiche nella loro presentazione sintomatica mantengono nelle varie epoche storiche inalterata la loro presentazione clinica, la schizofrenia ad es, almeno a partire dal 1965 ha perduto almeno un terzo della sua sintomatologia. La forma catatonica, che conoscevamo fino al 1965, costituisce un esempio in tal senso: statisticamente fino a quella data il 40-50% degli schizofrenici presentava sintomi di accompagnamento di tipo catatonico. <<Poi non li abbiamo più visti>>, ammette Gozzetti <<tranne in pazienti provenienti da civiltà diverse, sono pazienti che oggi troviamo esclusivamente in psichiatria transculturale>>. 

 

<<Ci sarà pure un motivo>> continua Gozzetti <<per aver perso dei sintomi, come è successo con l'isteria. Non è che oggi non ci siano personalità di tipo isterico, ma tutta la gamma di sintomatologia motoria dell'isteria è stata perduta. E perchè abbiamo perduto tutta la gamma motoria della catatonia? Io non so rispondere, ma sono convinto che sia l'una che l'altra sono degli artefatti di 'coping' che nascondono quello che Freud ha cercato di svelare. Dobbiamo vederli come artefatti, e non come sintomi: parlare di artefatti e non di sintomi vuol dire fare un'operazione di comprensione psicoanalitica, o quanto meno psicodinamica se non siamo degli analisti, per cercare di capire il meccanismo con cui le cose si sono verificate>>.

Gozzetti passa poi ad esaminare cosa è cambiato in Italia dopo (o in coincidenza con ) la riforma psichiatrica <<per il cambiamento dello spirito del tempo e per i cambiamenti strutturali dei rapporti tra malato e curante>>. I più importanti cattedratici tedeschi, che hanno lavorato molto sui sintomi base della schizofrenia, come Huber e Gross, hanno esposto la loro opinione in questa maniera, stupefacente come sincerità pur non essendo affatto degli psicoanalisti: <<La psicopatologia clinica non cerca di confrontarsi con l'immenso campo delle variazioni della vita psichica, creando nozioni comparabili al modello medico di malattia, etichettando gli individui con termini che sembrano simili a diagnosi (simili , non diagnosi). Lo sforzo di separare  distinte forme di psicosi endogene, quali indipendenti unità morbose, ricorda una caccia al fantasma>>. Gozzetti dice che questa affermazione è lapidaria ma anche vera, e invita tutti a ricordarla nell'umiltà con cui dobbiamo lavorare, perchè, aggiunge, <<noi siamo dei clinici e non dei nosografi, e la clinica, come si faceva una volta, si fa col singolo caso. L'aiuto psicoanalitico è un aiuto alla clinica. Sono convinto che alla radice del cambiamento vi sia il riconoscimento ed il sensibile uso dell'affettività>>. 

Ciò era stato visto da pochi illuminati clinici del passato, addirittura anche per la schizofrenia.  Gozzetti ricorda che nel 1949 Jacob Wyrsch1 dedica un capitolo del suo libro "La persona dello schizofrenico" al sentimento di iperaffettività e scriveva:<< Bisogna essere accecati dalla teoria per non vedere negli schizofrenici cronici il manifestarsi di rapporti affettivi e sentimentali autentici >>. Il presupposto kraepeliniano che ci rimane nella testa della dementia praecox ci occulta ancora l'apprezzamento dell'affettività e dei sentimenti. <<Se non fosse che li abbiamo sperimentati>> continua Gozzetti <<anche in coincidenza della riforma, quando ci siamo trovati a vedere i pazienti, alle volte in pericolo di vita, senza più un luogo di contenimento. Cos'è che li conteneva, dove c'erano delle persone preparate ad aiutarli? Era il rapporto affettivo. E' questo ancora il vincolo in virtù del quale il paziente viene a visita>>. 

Dunque si sono ridotte o scomparse sindromi come quella catatonica, sono cambiate le depressioni, che erano state sistematizzate nel 1959 in occasione della scoperta dell'imipramina e degli anti-Mao da Kielholz. 

Il modo di manifestarsi del disturbo mentale ed il suo contenimento e cura hanno spesso tra di loro un  rapporto simmetrico, di specularità. Gozzetti richiama a questo proposito il ruolo dell'agitazione, quindi della motorietà, nella psichiatria di Wernicke e dei suoi allievi, come Leonard, clinico a Berlino nella Repubblica Democratica Tedesca. Il vecchio ospedale psichiatrico, luogo destinato a contenere l'agitazione, assicurava spazialmente la concezione nosografica, basata sulla motorietà, intanto con la divisione maschi/femmine, poi con reparti per malati di gravità differenziate, per tranquilli, per agitati, per semi-agitati, a cui si aggiungevano gli infettivi ed i tubercolotici. 

Nella psicosi acuta quando si fa più grave compare una catastrofe psichica vissuta dal paziente come fine del mondo, in cui lo spazio ed il tempo cozzano l'uno contro l'altro. La fine del mondo è la proiezione nello spazio della frammentazione dell'io, e specialmente dell'apparato di coscienza e di senso-percezione. Lo psicotico odia la realtà perchè non ha elaborato la separazione e distrugge  la sua funzione di contatto con la realtà. L'impulso a spingersi dentro e contro gli oggetti e vivere identificazioni multiple continue è il tratto distintivo della psicosi acuta che si accompagna in conseguenza di queste proiezioni ad uno svuotamento del sé. La catatonia ed il negativismo sono già delle difese nella psicosi acuta, ma anche per impedire di entrare in contatto o di perdersi negli oggetti.

Nella psicosi cronica si manifesta un adattamento attraverso il mantenimento delle scissioni e la ospitalizzazione delle parti del sè frammentato o nella famiglia o nell'ospedale. Quando questo sistema parassitico di delega delle funzioni psichiche agli altri funziona,  il paziente è istituzionalizzato. <<Il  cammino verso la cronicità è come un viaggio che va dal corpo vivente al corpo inanimato>> Gozzetti cita questa frase di Henry Ey. Resnik afferma che il paziente fa il vuoto dentro di sé, non più attraverso le identificazioni proiettive tumultuose come nelle psicosi acute, ma  con un'allucinazione negativa della realtà psichica. Quando questo vuoto interiore viene proiettato nel mondo, la realtà diventa vuota e il mondo è senza contenuto. Il tempo nell'autismo si è fermato, non c'è successione, come dice Minkowski. 

  Foto: E. Minkowski

Le caratteristiche di questo mondo schizofrenico possono definirsi come la tendenza progressiva alla pietrificazione, sia del pensiero che si spazializza nel geometrismo morboso, un pensiero che perduta la dialettica oscilla nel simmetrico, o in un movimento circolare che va a ribadire la chiusura come nelle stereotipie  e nel manierismo. Tutta la strategia del paziente opera per impedire il confrontarsi delle parti scisse sia per il timore della rinuncia alla perdita di aspetti di sè idealizzati e onnipotenti sia perchè ogni riunione  delle parti scisse si manifesta con una crisi psicotica. Ogniqualvolta la scissione si attenua, il paziente entra in quello stato che Rosenfeld ha chiamato ' stato confusionale', che non ha a che vedere con un disturbo di coscienza. 

  Foto: H. Rosenfeld

Se per esempio in maniera inopinata il terapeuta fa un'interpretazione di tipo edipico, allora il paziente può avere una specie di forzatura da parte del terapeuta a cercare di riparare in maniera prematura la scissione. Rosenfeld dice che quando si fa questo la persona si trova in una specie di ambiguità tra una figura scissa ed un'altra figura scissa e vien fuori quello che lui chiama 'stato confusionale', per dire che c'è qualcosa di 'non messo a fuoco'. Se il paziente psicotico arriva a pensare che tu pensi a qualcosa di sessuale, può per esempio distrarsi, andare cogli occhi in giro a cercare un'allucinazione in qualche angolo della stanza, ha un atteggiamento interrogativo e di ascolto che in qualche maniera possiamo chiamare 'confusionale'. E' una metafora, naturalmente. 

Gozzetti afferma che è propria convinzione che il motivo per cui abbiamo molta paura e trasmettiamo questa paura a tutte le istituzioni psichiatriche sia la paura della crisi. Agiamo in psichiatria quando, sotto l'azione dei parenti, siamo sempre molto preoccupati che il paziente proprio perchè è da noi dia di matto, che abbia una crisi. Agiamo in maniera tale che il paziente non abbia una crisi. E gli impediamo di avere una crisi misurata nell'unico luogo dove potrebbe averla. La crisi del paziente che potrebbe essere un momento di lucidità o un punto di luminosità rispetto alla notte lunare della cronicità è un qualche cosa che mette in moto i nostri terrori, tanto che la situazione farmacologica eccessiva e ancor più certi ricoveri molto brevi sono spesso delle modalità con cui ci sbarazziamo delle nostre paure. Quando il paziente comincia a congelare l'affettività, è sempre stato un doppio obiettivo del malato da una parte e di molta psichiatria dall'altra. E non senza motivo, perchè il suo contenimento proteggeva entrambi dall'ammalarsi o dall'aggravare la malattia, dal momento che fin dal primo '800 il suo eccesso è sempre stato considerato una delle cause dei disturbi. E qui Gozzetti si riferisce ad una metafora che adopera anche Resnik, <<quello che oggi chiameremmo trauma è sovente un eccesso di emotività e, col linguaggio di Esquirol (1803), di passioni. La passione è contagiosa e paurosa.>> 

<<Nel colloquio, quando l'altro da me a cui mi rivolgo, mi interpella a sua volta con la parola o col mutismo, c'è in questi modi di espressione qualche cosa che mi chiama fin dentro le mie proprie viscere. E' proprio per questo che lo psichiatra o lo psicoanalista è tentato di sottrarsi alla prova trasferendolo nell'oggettivo, dove comandano i concetti, dove fanno occasione di un gioco patetico senza prendere su di sè il momento patico vero. Per evitare il dolore patico si comincia a ragionare. Io alle volte critico>> dice Gozzetti <<l'eccessivo uso di giochi metapsicologici, come una modalità con cui facciamo una conversazione ragionativa ed allontaniamo questa paura che ci porta il paziente.>> Per Gozzetti,  Resnik ha profondamente analizzato l'influsso delle passioni all'origine della psicosi in una ripresa dei concetti di Esquirol. Resnik ha insegnato ed insegna di evitare il trasferimento dal patico al concettuale, alla pura meccanicistica teoria, assegnando costantemente un primato al vissuto ed in particolare al tempo vissuto (nell'accezione di Minkowski), a ciò che mettendo calore al trascorrere del tempo scongela la psicosi. Il  pathos contiene profonde verità che il terapeuta deve sforzarsi di assumere, perchè proprio in un pathos intenso che origina la visione delirante del mondo. <<E' da un pathos così vibrante ed eloquente>> (citazione di Resnik) <<che la prosecuzione della sofferenza perde un'energia calorica, si devitalizzano e si congelano per diventare indifferenza onnipotente ed apatia>>. <<L'espansione del pathos , il dilatare fuori misura delle passioni ( concetto che richiama il "Des Passions" di Esquirol) imprime>> dice Resnik <<al paesaggio significati fantastici mostruosi>>. Il mondo viene invaso dal pensiero psicotico che impone le sue forme e le sue ideologie. Questa trasformazione del paesaggio, invaso dall'intonazione delirante che i tedeschi chiamano Wahnstimmung,  una voce (Stimme) sospesa, un grido lacerante e muto come l'"Urlo" di Munch, è mirabilmente espressa da Buechner nel romanzo "Lens". <<Dunque lei non sente nulla>> dice <<non sente la voce terribile che grida per tutto l'orizzonte e che di solito chiamano silenzio? Da quando sono in questa valle silenziosa la sento sempre, non mi lascia dormire.>> 

Per Gozzetti, la nozione antropologica di paesaggio ha un grande interesse anche fenomenologico. Merleau-Ponty, richiamandosi a Strauss ed a Minkowski, conviene che noi viviamo in due spazi contemporaneamente, il paesaggio e lo spazio geografico. 

   Foto: M. Merleau-Ponty

Possiamo abitualmente oltrepassare l'orizzonte del paesaggio per giungere allo spazio geografico, abbandonare il nostro mondo privato idios kosmos per il mondo generale koinos kosmos. Nella psicosi quello che non si conosce di se stesso, lo si ritrova fuori nel paesaggio. Il sentimento, lo scheletro viene immesso fuori nel paesaggio. Il ritrarsi autistico, o  il ritrovarsi l'omonimo fuori, sono due modi di risolvere narcisisticamente l'incontro con la diversità intollerabile. <<Oscillare tra dentro e fuori, negare l'altro per un desiderio di indistinzione, e pur non riconoscendo lo smarrirsi dentro, attenuare l'impatto col mondo facendo un'evanescente parata di fantasmi, di scheletri astratti delle cose, di ombre da caverna platonica, (...) >> afferma Gozzetti <<ha il senso, quando tutto questo è condiviso, di un viaggio del terapeuta al seguito del viaggio psicotico. Viaggio che ha bisogno di una guida che conosca (...) il labirinto, il deserto del pensiero, risposta iniziale a continuare avventure (come ha scritto Resnik parlando di sè e del suo lavoro)>>. Resnik lungo tutta la sua opera in tema di psicosi parla di migrazione di anima errante, di 'psicosi metempsicosi'. Sono metafore in cui manifesta una singolare concezione dell'uomo che si congiunge alla filosofia presocratica e a Heidegger. 

<<L'anima parte da un luogo vicino come il corpo e da un mondo>>, dice Gozzetti, <<  che solo in parte ci è familiare e per altri aspetti ignoto  e fugacemente noto, in cui si mescolano ai nuclei psicotici in modo magmatico e sorgivo fonti originarie di creatività, sgomenti cosmici e atmosferici primigeni, aspirazioni di elevazione o fusione col Numinoso, e ancora momenti o prolungati allontanamenti, isolamenti dal vincolo intersoggettivo e religioso, oppure, fuori del pensiero comune, un'esplorazione di territori sconosciuti e dialetticamente in bilico tra l'apertura della scoperta e l'onnipotente isolamento narcisistico (...)>>. 

"Parabola delle Vergini Saggie e delle Vergini Folli" di William Blake

L'accesso a questo mondo nebuloso e ambiguo richiede un allargamento del campo di indagine, un potersi muovere tra metodi ed 'epistemi', un accettare l'errare e il rischio di errare in modo che quelli che ora sono i nostri approcci ermeneutici più in voga, come psicoanalisi e fenomenologia, trovino un accostamento e talora una penetrazione reciproca senza ricorso a teoresi di tipo  distintivo e difensivo. Resnik dice:<<L'espansione e proiezione nello spazio,  che nelle fasi catastrofiche può arrivare all'intero cosmo, si rallenta nel successivo percorso schizofrenico in un peregrinare alla ricerca di un luogo dove trasmigrare, come un punto fisso per  intentare una possibilità. In altre parole, dopo la crisi o naufragio 'a nave affondata' (citando Jaspers) marinai e passeggeri devono abbandonarla cercando un luogo di salvezza. In tal modo lo psicotico, che non può tollerare di vivere il proprio corpo (...) abbandona la barca come per proiettarsi nell'Universo. L'individuo dolente, perseguitato diventa anima errante vuota e senza corpo, alla ricerca di un altro corpo o non luogo o di un luogo ideale. Il proprio luogo, la propria casa si ripete e prende tutto il corpo nel quale lo schizofrenico non può vivere perchè avverte che è tomba>>. Per Resnik è 'soma'-'sema'. <<Heidegger>> Gozzetti cita ancora Resnik <<parla di ethos con cui intende non solo le regole di vita, ma anche il fondamento della vita umana associata>>. <<Ogni corpo>> dice Resnik <<ha un luogo, ha il suo luogo (..) La psicoanalisi dovrà entrare in contatto con il luogo sacro, col corpo vivo dell'individuo in crisi>>.

Gozzetti richiama 'Essere e Tempo' in cui Heidegger diceva, schematicamente, che il 'da' del 'dasein', il 'ci' dell'esser-ci , nell'aprirsi alla spazialità è sempre in situazione. La presenza umana non è una cosa, un oggetto materiale che non ha nè passato nè futuro ed è continuamente presente. La sua stoffa è il tempo della vita. E l'esistenza occupa i limiti di un intervallo di tempo, vive in un mondo individuale proprio insieme con altre esistenze e soprattutto è qui al Mondo come per caso. E' proprio nell'esser gettato della presenza (...)  che si manifesta l'essere creaturale dell'uomo. Heidegger in 'Essere e Tempo' dice: <<La presenza ha di per se stessa deciso liberamente se vuole o non vuole venire in esistenza. La presenza non ha posto il fondamento del suo essere, essa in quanto gettata, è determinata, vale a dire circondata, afferrata>>. La psichiatria raccoglie queste parole, ma c'è qualcosa che essa ha imparato riflettendo su queste parole, per Gozzetti. Ne ha parlato Blakenburg , ma anche Cargnello, ed è il fatto che lo schizofrenico non è capace a digerire dentro di sè questo aspetto e cioè di non essere lui il fondamento del proprio essere. E Blakenburg dice:<<Se in fenomenologia c'è qualcosa che è simile alla negazione ed alla rimozione della psicoanalisi è questo rigetto del rinunciare ad essere il proprio fondamento>>.

Per Resnik lo psicotico non può accettare quello che Heidegger chiamava l'effettività, l'essere nel mondo come per caso, gettato dentro, non può tollerare di vivere il proprio corpo (...) e diventa un'anima errante. <<Il carattere migratorio>> dice Resnik <<che dev'essere lacerato, tagliato fuori dalla scissione (Spaltung), appare come il dramma mitico nella psicosi>>. L'io smarrito si lancia perpetuamente nel mondo, cercando un nuovo rifugio, un nido. Così dalla morte imminente rinasce un altro uomo in un altro modo. La proiezione erratica, il paesaggio (...) lontano configura l'identificazione proiettiva patologica che caratterizza la fuga da sè e la ricerca di una nuova vita. 

<<TUTTO CIO' CHE E' PSICOSI E' SPAZIO>> afferma Gozzetti <<TUTTO CIO' CHE E' MELANCONIA E' TEMPO>>. Quando pensiamo all'esistenza psicotica pensiamo ad un ALTROVE, non pensiamo ad un altro tempo.Orlando per riprendere il senno deve andare sulla Luna. C'è sempre qualcosa di molto lontano. Anche Don Chisciotte è una persona che si sposta continuamente in cerca di avventura nel paesaggio. Per Resnik il PAESAGGIO ha un particolare rilievo. Una sua paziente, Eleonora,  ha un'esperienza illusoria-allucinatoria del sole, che improvvisamente impallidisce per far apparire in cielo una scintilla onnipotente e magica che illumina la città. Il mondo per Eleonora appare come un paesaggio diverso e strano, pieno di distorsioni e di deformazioni.

Dal punto di vista spazio-temporale  e dal punto di vista della polarità della percezione si osserva una regressione dalla cognizione allo- ed etero-centrica a quella auto-centrica. Per Gozzetti è molto interessante il modo di procedere di Resnik, perché adoperando concetti  attinti da sé e dalla storia della psichiatria francese raggiunge i più sofisticati studi della più grande psicopatologia tedesca (Conrad ed altri) ed anche francese (Grivoire). Grivoire ha dei concetti molto importanti, simili a quelli di Conrad: come ad es. l' anastrophé (essere al centro) di Conrad, è chiamata da Grivoire 'centralité'. L'interpretazione psicoanalitica che Resnik dà è quella di un fenomeno inconscio di identificazione proiettiva dispersiva o disseminata. Tale dispersione di frammenti di realtà psicotica trasforma la realtà geografica e storica, cioé il PAESAGGIO. 

 

Il mutamento del paesaggio non coinvolge soltanto il delirante, ma anche la cultura psichiatrica e psicopatologica. In tal modo la visione e la concezione dei disturbi psichici si è adeguata dando rilievo sempre di più. Se da un lato c'è il DSM che ha tutto un gioco di definizioni, dall'altro c'è un continuo rilievo ( Gozzetti cita la scuola di Vienna e quella di Berna che sono 'dinamiche', senza essere psicoanalitiche)  a quel momento particolare della storia psicoanalitica e psichiatrica  del '900 che è stato l'incontro tra Bleuler e Freud. 

  Foto: E.Bleuler

Bleuler ad es. coniò il termine di 'autismo' ricavandolo dallo 'autoerotismo' di Freud, ma depurandolo da ogni riferimento sessuale. In questo modo Bleuler ha trasformato completamente un principio gerarchico, mettendo la schizofrenia come diagnosi più tipica, mentre invece al giorno d'oggi, per Gozzetti, questa preminenza del delirante, dello schizofrenico non c'è più, ma quello che ha la preminenza è l'AFFETTIVO. Il delirio è riconosciuto come derivante dall'affettività. <<Se il delirio è derivante dall'affettività>> precisa Gozzetti <<come io penso, siamo in un'area PSICODINAMICA, PSICOANALITICA>>. 

Il principio gerarchico per Jaspers può essere illustrato con un'immagine: i sintomi morbosi sono sovrapposti come piani, uno sopra l'altro. Sopra stanno i sintomi nevrotici, poi quelli maniaco-depressivi, quindi quelli processuali schizofrenici, ed infine quelli organici, come la demenza. Invece, dopo l'incontro della psichiatria con Freud si ha un capovolgimento totale, con una conferma di ciò che Griesinger diceva nel 1845, coniando il concetto di 'PSICOSI UNICA', su cui ha lavorato Resnik così come il suo maestro Pichon Riviere. 

Comincia con la depressione da intendersi come lutto non elaborato, così che i vari aspetti della fenomenologia clinica corrisponderebbero a modi distinti di soluzione tra i quali il delirio, in cui l'incapacità di elaborazione della depressione impedisce che possa essere assunta e far sì che sia rigettata-progettata nella realtà. La malattia mentale vera e propria come lutto non elaborato è quel grande principio che viene dalla scuola argentina e che è stato elaborato da Resnik.

<<Se facciamo una fenomenologia spicciola>> dice Gozzetti <<possiamo individuare nell'incontro col paziente l'elemento che ha fondato una nuova psichiatria>>. Jaspers nel 1913 afferma che lo psichiatra compie non solo un'osservazione indifferente come nella lettura di una misura, ma nell'atto di scrutare un'anima deve comprendere, deve esserci in lui come l'immedesimazione nell'altro che consiste nel tentativo di autotrasformarsi , pari a quello dell'attore che si identifica nel personaggio pur restando se stesso, deve assumere l'atteggiamento di un ascoltatore attento che non intende esercitare violenza sull'altro, e resta fondamentalmente obbiettivo senza farsi influenzare. <<Il palpitare della propria anima all'unisono con le vicende altrui>> dice Gozzetti << favorisce l'obiettivazione critica di tale esperienza da parte dell'osservatore. Commozione non è tuttavia conoscenza, ma fonte di intuizione che fornisce il materiale indispensabile per la conoscenza. Impassibilità e commozione procedono uniti, e non possono contrapporsi, mentre la fredda osservazione di per sè non vede nulla di essenziale>>. Jaspers , pur avendo fatto delle critiche molto forti alla psicoanalisi, tuttavia quello che dice  sulla comprensione, non può diventare  psicoanalitico (qui Gozzetti riprende un lavoro postumo di Lanteri-Laura), se la relazione, pur così commovente, così partecipante, come l'ha descritta Jaspers,  non ha in sé il gioco transfert-controtransfert. Il transfert ed il contro-transfert sono anche due elementi inconsci, e derivano da elementi inconsci della mia vita di terapeuta e dalla mia vita di paziente. 

 

 

 

 

                        Note bibliografiche:

 

1) Wyrsch J. La personne du schizophrène, PUF Paris 1955, pp. 98-114

Recensioni bibliografiche 2003 Giovanni Gozzetti sul web:

"MODESTE RIFLESSIONI SU “COMPRENSIONE, ERMENEUTICA E SCHIZOFRENIA" ( http://www.associazioneaion.it/a10_1.html  )

LA NASCITA DEL DELIRIO  ( http://www.associazioneaion.it/a02_5.html  )

La nascita della psicosi in adolescenza. Una Introduzione Critica e Epistemologica, con divagazioni  ( http://www.associazioneaion.it/a09_1.html  )

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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