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 "NOTE SULLA STORIA ITALIANA DELL'ANALISI LAICA"

 

di Giancarlo Gramaglia

 

Il presente saggio è tratto da AA.VV., "Cortesie per gli ospiti", Quaderno de "Il Laboratorio di Formazione e di Lettura Psicoanalitica" (1997), pag. 141.

Giancarlo Gramaglia è psicoanalista, vive a Torino e coordina il Laboratorio di Formazione e di Lettura Psicoanalitica (indirizzo web: www.psicoanalisitorino.net ).

Proponiamo all'interno del sito dell'A.S.S.E.Psi. una prima parte di questo saggio, mentre la versione integrale comparirà in un prossimo numero della rivista telematica "Frenis Zero. Scienze della Mente Filosofia Psicoterapia Creatività".

 

 

 

 

 


 

 

Gli antecedenti [1]

 

 

 

Freud fin dall’Interpretazione dei sogni prende le distanze dalla medicina e dalla psicologia sperimentale in modo netto ed avanza con decisione verso un nuovo dominio disciplinare che supera il piano concettuale duale teorico-sperimentale per fondare una nuova ragione sulla pratica psicanalitica.

La scoperta della nuova ragione pratica ha avvio con la crisi del pensiero sano, e consente a Freud di fare le sue invenzioni e scoperte nel pensiero malato dell’uomo.

La stessa crisi è rintracciabile in quanto disagio, sia nel dominio filosofico sia nella civiltà di fine secolo: nella reazione idealista alla scienza, nella distruzione della ragione, nel romanticismo e nel misticismo, effetti che sono tutt’ora presenti nella nostra società, e che sono riassumibili nel detto del pensar male.

Quando Freud fonda la sua disciplina, cogliendo le situazioni di crisi nell’universo del pensiero dell’uomo sofferente, è consapevole d’introdurre una rottura con i modelli dei pensieri dominanti ed anche una rottura con le istituzioni. Ma per introdurre questa rottura Freud ha bisogno, e in una certa misura di servirsi e di organizzare delle istituzioni che consentano alla sua opera di sopravvivere.

Quali istituzioni? Il problema è che le istituzioni che portano avanti la sua opera contengono quella crisi che lui stesso andava denunciando: cioé anche le istituzioni portano con sè l’impianto malato che Freud ci ha fatto conoscere attraverso il suo lavoro. Il lavoro psicanalitico non è ancora governato dalle leggi che Freud ha individuato.

Occorre allora che quel qualcosa, che è il lavoro freudiano, possa essere governato dalle leggi che la psicanalisi è andata scoprendo e da esse ne sia regolato.

 
                 Rivista Frenis Zero

 

 In Italia

 

 

Il 23 settembre del ‘39 l’impegno di diffusione della psicanalisi venne ancor meno perché alle difficoltà della II guerra mondiale sopravvenne la morte di Freud. In Italia, dopo alcuni anni in cui un minimo di diffusione ci fu, quasi tutto tacque.

Dopo la seconda guerra mondiale nel nostro paese seguì un periodo d’instaurazione della psicanalisi, dove non ci fu nemmeno la consapevolezza del problema dell’istituzionalizzazione della psicanalisi.

E’ possibile arrivare a conoscere alcuni nodi attorno a cui la storia psicanalitica italiana si è andata costituendo e trasformando attraverso le resistenze alla psicoanalisi che - perlomeno fino agli anni settanta in Italia - si erano manifestate in forme rigide e stereotipate dando luogo a raggruppamenti psicoanalitici altrettanto chiusi, elitari e troppo spesso incompetenti.[2]

         La Società Psicoanalitica Italiana (SPI) fondata da Weiss rimane fino agli anni '70 il riferimento principale del discorso freudiano in lingua italiana; altresì proprio nei medesimi anni la SPI non è in grado di sviluppare quella chiarezza concettuale necessaria che permetterebbe di riconoscere l'invenzione di Freud, ma tira a campare dall'alto della sua posizione di potere.

  Foto: Edoardo Weiss

E' sufficiente rileggere la conclusione della relazione di Merendino, membro SPI del Centro Psicoanalitico di Roma, intervenuto all'AIHP nel '94 a Berlino,  per avere un'idea della confusione che è regnata sovrana nella SPI per vent'anni: e non poteva essere diversamente proprio perché era un'istituzione articolata con modalità superegoiche e mistificanti, facilmente rintracciabili nello statuto societario .

<<La difficile situazione attuale della Società [SPI] è purtroppo il risultato di ciò che da anni si è giocato e si continua a giocare non alla luce del sole ma dietro le quinte e spesso per iniziative individuali e individualistiche, non comunicate precedentemente agli altri. E' tutto vero ciò che è stato detto nelle nostre ultime assemblee del CPR [Centro Psicoanalitico di Roma], ma è anche tutto falso a causa di ciò che non è stato detto, che è stato ancora una volta tenuto sotto silenzio e che forse non era dicibile, ma che sta alla radice del malessere nostro e della paralisi umana e operativa che affligge la nostra comunità. Il "degrado etico e psicologico" di cui parla il prof. Servadio io lo vedo nella mancanza di trasparenza tra noi, nel fatto che, per anni, sono serpeggiate tra noi ideologie politiche e tattiche, inimicizie personali e gruppali, senza che di ciò si facesse mai parola nelle nostre assemblee, non solo, ma con la copertura ipocrita ufficialmente sostenuta che tutto andava bene e forse meglio che altrove. Io vedo questo degrado nel malcostume di non dirci le cose apertamente, nel non informarci vicendevolmente, nello scavalcarci a vicenda, nel continuare a ignorare che siamo una comunità in cui tutto, il bene e il male, dovrebbe essere condiviso e responsabilmente supportato - come avviene nell'analisi personale. E continuiamo a ignorare che le conseguenze degli interventi solipsistici ricadono su tutti. Sembra proprio che nessuno di noi abbia mai fatto un'analisi personale o abbia condotto analisi personali, tanto lontani tra loro sono talvolta l'agire e il pensare, la coscienza e l'inconscio[3].>>

 

         Dopo il 1970 l'effetto Lacan in Italia - come ho avuto modo di definirlo più volte - ha prodotto alcune sane riproduzioni per scissione tra le istituzioni stereotipate, frantumandole in piccoli gruppi ed operando scollamenti: concetti sui quali Lacan ha sviluppato diversi lavori che ricalcano anche la logica del cartels.

Negli anni settanta il campo psico si modifica: però la Società Psicoanalitica Italiana non è in grado di difendere né di forgiare, rilanciandolo, il marchio freudiano. Basti pensare all’ottusità con cui vengono accolti proprio i lavori di Lacan. E ciò avviene proprio nel momento in cui la SPI è riconosciuta dall' International Psychoanalytical Association (IPA) in quanto Istituto per formare analisti didatti.  Guidata dal presidente Fornari la SPI si avvicina sempre più alle opere della Klein e di Bion, mentre nel suo interno iniziano a scoppiare le crisi di potere[4]. L’arroccamento della SPI è stato proporzionale all’assenza del suo discorso relativo alla psicoanalisi. Basti pensare che la più importante operazione  del pensiero di Freud in Italia, le sue Opere Complete  edite da Paolo Boringhieri, non sono né promosse né sostenute dalla SPI.

E più in generale le tensioni politico-sociali nell'ambito psico, attorno agli anni ‘70, sono tali che vengono mescolate con la psicoanalisi diverse aree: dalla psicologia analitica junghiana alla psicologia americana, passando perfino per l'antipsichiatria, pur di non riconoscere l'inconscio freudiano. Viene perso ogni rigore: per esempio che la psicoanalisi sia portatrice in primo luogo di un discorso etico, fondato nelle leggi scoperte ed inventate da Freud, diventa una questione  superata.

In Italia il peso della cultura diffusa anglo-americana non è di poco conto: si afferma e si espande sempre di più una certa sottocultura psicologica e psichiatrica che viene a gestire il campo delle istituzioni psico conquistando un potere accademico e statuale notevolissimo.

 
                  Maitres à dispenser 

 

(fine prima parte)

 

 

 

 

 

 

 

 

 NOTE:

 [1] In questo testo, Cortesie per gli ospiti, la IV parte  Documenti è dedicata alla storia della psicanalisi laica. Il merito va al direttore della rivista e dell’omonima associazione Alain de Mijolla, il quale ha pubblicato nel 1990 La Revue internationale d’hisorie de la psychanalyse n° 3, edita da PUF. Materiale molto attuale per conoscere gli antecedenti. E’ essenziale vedere della stessa rivista  il n° 5: L’engagement sociopolitique des psychanalystes, edito da PUF nel 1992; inoltre di Harald Leupold-Löwenthal, der Laie, Verlag Internationale Psychoanalyse, MÜnchen und Wien, 1990; e di A. Ballabio, G. B. Contri, M. Contri, La questione laica, Edizioni Sipiel, Milano, 1991 - primo testo articolato in lingua italiana sul laico che mette in luce per la prima volta la problematica imprescindibile per la psicanalisi.

 

[2]Giancarlo Gramaglia, Congresso di Londra 1990: “Alcune note a proposito della psicoanalisi e degli psicoanalisti in Italia durante le due guerre (1915-1945) e i loro rapporti socio-politici con il potere”, riportato nella Revue d’histoire de la psychanalyse n. 5, P.U.F., Parigi, p. 129-145.

Congresso di Bruxelles 1992: “La protostoria italiana della psicanalisi”, in: Gramaglia, Discorsi/Scritti di Psicoanalisi, Torino, 1995, p. 87-96.

Congresso di Berlino 1994: “In concetto di scissione nella storia della psicoanalisi”, in: Gramaglia, Ibid, p. 135-140.

[3]Conclusione dell’intervento del 24 luglio ‘94 di Rosario Merendino al congresso AIHP sul tema, Le scissioni nella storia della psicoanalisi. “Alcune considerazioni personali sulle cause della crisi evolutiva della Società Psicoanalitica Italiana e della insufficienza funzionale dei suoi organismi attuali”. Il testo è del 1991, ed è stato letto e presentato ai diversi organi societari della SPI.

[4]Crisi che porterà all'espulsione di Armando e Fagioli. Congresso di Berlino AIHP 1994: relazione tenuta da Antonello Armando, Freud died in 1971. The manner, antecedents and significance of the ousting of two members from the SPI and IPA, in 1976.