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RECENSIONI BIBLIOGRAFICHE

 

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1.01.2006 

 

Recensione di Riccardo Dalle Luche del libro di Kimura Bin "Scritti di psicopatologia fenomenologica" (trad. ital. di Arnaldo Ballerini).

 

 

 

 

 

 

Kimura Bin: Scritti di psicopatologia fenomenologica Giovanni Fioriti, Roma, 2005 25€

 

 

    

Recensioni dalla stampa 2003

 

La traduzione dall'edizione francese del 1992 di questa raccolta di articoli dello psicopatologo giapponese Kimura Bin, per iniziativa eroica e solitaria di Arnaldo Ballerini, è allo stesso tempo quanto di più attuale e di meno attuale può proporre l'editoria psichiatrica. Di più attuale perchè Kimura Bin, psichiatra per caso (dopo aver partecipato alla traduzione di Schizophrenie di Binswanger), ma poi formatosi a Heidelberg, è un antesignano di quella globalizzazione culturale oltre che economica che sta contrassegnando l'inizio di questo secolo e che ne marcherà sempre più l’evoluzione; di più inattuale perchè la complessa unione di cultura fenomenologica e cultura zen che Kimura Bin attua alla ricerca di un modello della coscienza, della riflessività e dell'identità dell'Io (vero nucleo della specificità psicopatologica delle psicosi) è quanto di più arduo possa essere proposto allo psichiatra italiano medio, allo studente in particolare. Presuppone infatti una conoscenza delle basi husserliane e heideggeriane della fenomenologia-anni '70 (e dei relativi linguaggi) cui sovrapporre come in filigrana  concetti, termini e modi di pensare di filosofi orientali come Dogen e Nishida.

 Come tutte le imprese ardue, la lettura di questi scritti, che nascondono dietro pagine sibilline veri gioielli di intuizioni cliniche, richiede dunque una particolare disposizione all'apprendimento e una forte passione. Impegnarsi in queste pagine non risponde affatto a un esercizio di esoterismo o ad una fascinazione per l'esotismo. Piuttosto deve far pensare come le culture possano integrarsi, al di là delle divergenze iscritte nella loro storia e nel loro linguaggio, nella comune ricerca dell'essenza  dei disturbi psicopatologici. Vediamo come Kimura, ad esempio, introduca col concetto di Aïda (traducibile come "relazione globale fra l'Io e l'Altro" o come "distanza formale da sè e dagli altri") un corrispondente sia del "tra(zwischen)" interpersonale di Buber, sia della dilettica tra l'essere in sè e per sè di Sartre, sia dell'"Io-Tu" di Nishida, per definire la struttura originaria della costituzione del mondo e dell'altro (la mondanizzazione-Weltlichung binswangeriana) che, venendo meno, apre la strada alla tragedia scrizofrenica dell'usurpazione della mente e dello spazio privato da parte dell'altro (consegna al mondo-mondificazione-Verweltlichung secondo Binswanger/Cargnello). E’ la compromissione dell’ Aïda, così come si rivela nel momento critico dell’apertura al mondo rappresentato dall’adolescenza, a dare origine ai disturbi fondamentali schizofrenici della coscienza dell’Io e dell’incapacità basica di relazionarsi rispetto all’altro, di cui lo schizofrenico, prima o poi, diviene preda passiva. Analoghe considerazioni si applicano agli studi di Bin Kimura sulla temporalità depressiva, psicotica e borderline (è questo forse, cronologicamente, il primo studio fenomenologico su questa categoria diagnostica) nei quali genialmente lo studioso nipponico traspone la terminologia sociopolitica Lukacsiana.

Nella postfazione offerta da Kimura per l'edizione italiana ("Verso una psicopatologia della prima persona", un articolo del 2002) l'Autore, ormai professore a Kyoto, s'interroga, confrontandosi con il neuroscienziato Chalmers, se la psicopatologia classica oggi non sia altro di "una tecnica fuori moda di tracciare mappe, che fu adoperata per descrivere minuziosamente e rilevare accuratamente le esperienze e i comportamenti patologici dei pazienti psichiatrici".  La domanda va ovviamente intesa in chiave autoironica. Proprio la ricerca degli ultimi anni  ha dimostrato quanto sia vano cecare i correlati neurobiologici di comportamenti, criteri operativi, dimensioni psicologiche e “sintomi” intesi in senso puramente fenomenico. Il salto delle neuroscienze dalla neuropsicologia alla clinica psichiatrica non può avvenire senza gli apporti fondamentali della psicopatologia più raffinata che “vede” o, meglio, “intuisce”, al di là del sintomo descrivibile dei malati, quel carattere essenziale, transfenomenico, fondamentale, da cui discendono tutti gli altri aspetti di una determinata tipologia clinica. Di questo lavoro preliminare, che, come per ogni fenomenologo, si fonda sulla lunga ed estenuata frequentazione e disposizione al’osservazione e all’ascolto ateoretico dei malati, l’opera di Bin Kimura è un’eccezionale  testimonianza.

 

 

 

 

                 Rivista Frenis Zero
                  Maitres à dispenser                                                        Riccardo Dalle Luche