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 LEGGERE LA FOLLIA IN GUERRA

1915 – 1918

Con illustrazioni originali di Ettore Pecci[i] e un profilo

del  65° Reggimento di Fanteria[ii]


 
di Andrea Scartabellati

 

Foto tratta dalla Sezione Fotografica 65° Fanteria

Scultore R. Monti

 

 

Nota:  

E’ assolutamente vietato senza l’esplicita autorizzazione

della direzione dell’Archivio dello Stato di Cremona

copiare e riprodurre le immagini a corredo del presente lavoro .

Le infrazioni saranno perseguite a norma di legge

 

(dal primo capitolo: <<Leggere la guerra attraverso il manicomio. Osservare e comprendere un lato del fenomeno vasto e articolato del conflitto italiano al di fuori dei comuni canoni storiografici non affrontandolo in campo aperto, bensì scegliendo di percorrere una via minima che, attraverso la riscoperta delle centinaia di testimonianze della e sulla vita dei soldati alienati (o creduti tali), spinga il lettore ad assumere una peculiare prospettiva. (...) Come archeologi del tempo, è questo l’itinerario di rinvenimento della memoria bellica che invito il lettore a compiere fino all’ultimo rigo, scorrendo le carte tratte dallo spoglio delle cartelle cliniche dei combattenti ricoverati nel Manicomio Provinciale di Cremona tra 1915 e 1918.>>)


 

Indice:

 

 

 

            

 

 

1 – Frammenti e testimonianze dalle carte manicomiali (clicca qui )

 

 

2.1  – Fonti medico-psichiatriche   (clicca qui)  

 

2.2  – Fonti giudiziario-militari e amministrative (clicca qui)

 

 

 

2.3 – Testimonianze personali (clicca qui)  

 

 

3 – La concretezza del potere, la straordinarietà del quotidiano

 

4 – Inventari biografici dall’universo follia

 

NOTE

 

[i] Ettore Pecci nacque a Roma il 01 Giugno 1891. Arruolato nel 65° Reggimento di Fanteria di stanza a Cremona, prese probabilmente parte alla prima fase della Campagna di Libia e certamente entrò in contatto con i reduci delle battaglie. Il 29 Luglio 1912, mentre si trovava nella città lombarda, a seguito di uno scontro con non meglio precisati “giovinastri” fu arrestato e rinchiuso nel comparto osservazione del locale Manicomio dalle autorità di Pubblica Sicurezza. Una settimana dopo, e cioè il 06 Agosto 1912 veniva dimesso. L’esito dell’osservazione era: “Non riconosciuta pazzia”. Abile disegnatore, del Pecci sono conservate nella cartella clinica (Fondo Ospedale Psichiatrico Provinciale di Cremona, b.89, c.c. 2082) numerose illustrazioni, a pastello e generalmente di tema guerresco-patriottico, che in parte riproduco in bianco e nero di seguito grazie all’autorizzazione concessami dalla dott.ssa Bellardi, direttrice dell’Archivio di Stato di Cremona. Dello stesso Pecci, sono infine custodite due lettere, una indirizzata al direttore del Manicomio di Cremona e l’altra alla madre. I - “Illustrissimo signor Direttore, con il cuore affranto dal dolore per la mia povera vecchia madre, la vengo a chiedere, con questo mio misero scritto, una grazia. Come il nostro Signore, potrebbe ridonare la vita ad un morto, così anche lei potrebbe ridonare ad un cuore così giovane, quella vigoria, quella forza, quel non soché, che potrebbe giovare ad un povero figlio, che bramerebbe di correre in aiuto alla sua propria madre, e di toglierla dalla squallida miseria in cui è gettata. Ma si figuri Illustrissimo, anche lei avrà una madre, ho perlomeno l’avrà avuta; cosa avrebbe sofferto il suo povero cuore, se aveste visto ho avesse saputo che la sua cara mamma si fosse trovata nelle sofferenze? Non so immaginarlo neanch’io il dolore che avrebbe provato, e le lagrime che avrebbe versato, come le ho versate io, e le verso tutt’ora, e le verserò fin tanto non mi sarà dato, di poter far felice la mia povera vecchierella, che mi attende con le braccia a perte a tutti i momenti. Pensi Illustrissimo, che facendo opera di carità come questa, potrebbe ricevere miglioni, e miglioni di preghiere per il buon vivere di lei e della sua cara famiglia. Mi raccomando Illustrissimo, lo faccia per quanto vuole bene ai suoi figli, ascolti questa mia misera preghiera, la esaudisca, pronunci quella parola che per me potrebbe essere un balsamo, e alla mia povera madre, che ora conta 59 anni, le potrebbe ridonare la vita. Dunque, in lei confido, in lei ho tutto le mie speranze, e nelle sue mani ho deposto la mia vita, la mia sorte. Guardì! Per mia sfortuna, nella visita medica del giorno 11 di questo mese, fui fatto inabile al servizio di guerra, almeno se mi avevano fatto abile, ero più contento, perché almeno andavo, se potevo, a trovare la morte da me, per dar termine ai miei dolori, e così quando che sarei stato morto, non avrei pensato più a nulla.  Basta Ill.mo come ripeto, in Lei ho riposto la mia vita, il mio tutto, e in lei tengo ferma la mia fiducia, dunque, per non annoiarlo tralascio, facendole i miei anticipati ringraziamenti e fiducioso di lei mi dico suo umile e devoto servo. Pecci Ettore. Cremona 19 – 2 – 1912”. II – “Cremona 4-8-912. Cara mamma Forse tu chi sa a che addebiterai il mio lungo silenzio. Da quando ti ho scritto da casa della Lina, non ho potuto più scriverti, e ne ottenere alcuna tua risposta, ma tutto a causa di una disgrazia successami la notte del giorno 28 di Luglio, dalla quale ora ti metterò alla luce di tutto. Il giorno 28 domenica, dopo di avere fatto una gita in bicicletta in un paese ad alcuni chilometri da Cremona, da dove ne fui di ritorno la sera circa le ore 9 3/4, andetti a casa, posai la macchina e mi recai a mangiare, dopo mangiato mi recai a fare na passeggiata per prendere un caffè, in un negozio di mia conoscenza, da quando ero militare. Gustata che ebbi la consumazione, restai a parlare con degli amici, verso un’ora un poco tarda entrò in questo caffè una donna la quale da più di un anno è amante di un mio compagno di Roma, un tal Farinelli, il quale si trova tutt’ora in Tripolitania, anche io conosco questa donna, ma per parte di questo mio amico. Ora quando questa donna entrò, si fermò a ragionare, ma quando fu circa mezzanotte, ora di serrare l’esercizio, si uscì in compagnia e si andava ragionando. Strada facendo, passammo in una via, per nome via Astenio, passando davanti ad un caffè e in osteria uscivano una combine di circa 15 o 16 giovinastri, che di tutto avevano intenzione buona, fuori che di farsi i fatti loro. uscendo da questo esercizio cantavano gridavano, in quel frattempo, destino infame, mi incontrai a passare di li, e questi con un gran urtone mi si precipitarono a dosso a me e la donna che veniva in mia compagnia. certo chi è, che in quel momento non avrebbe reaggito? io non guardai il numero di tanti, e menai un pugno al primo che mi piombò sopra, non feci attempo a ritirar la mano che furono tutti sopra a me. Fui tempestato di pugni calci e fui fatto segno anche a qualche colpo di coltello, tanto è vero, che la giacca nuova marone è stata forata da 4 o 5 colpi, che ho fatto rammendare ma che sono ancora visibili, tutto ho dovuto alla mia sveltezza e alla mia energia, se non ricevei qualche coltellata. Ma svelto come una freccia entrai nel Caffè afferrai una bottiglia dei gazzosini e la scagliai contro quei forsennati, ma poi vedendo che non avevo altro mezzo di difesa, fuggii nell’interno del caffè, che conduce a l’osteria, e loro mi seguivano minacciandomi, combinazione vuole trovo sopra un tavolo un coltello, e allora mi scagliai per difendermi, e allora vedendomi con il coltello fuggirono, ma non potei raggiungere alcuno, tornai a casa. La mattina seguente, fui arrestato e invece di andare in carcere, fui portato al Manicomio, col dire che quella sera ero diventato pazzo, perché non è come ho detto io, ma bens’ senza alcuna causa, mi misi a minacciare i passanti con questo coltello, perché colto dalla pazzia. Questo è quello che i giornali anno pubblicato. Ma presto uscirò, e potrò portare le mie ragioni innanzi alla giustizia. Tralascio perché non ho più spazio, e tralasciando invio saluti a mio fratello baci alle nipotine, e tu ricevi mille baci da tuo figlio Ettore, quello che mi raccomando nessuno sappia che sono al manicomio. Non rispondere fin quando ti farò sapere se sto al carcere”.

 
ii] Cenni storici del 65° Reggimento Fanteria. Il 65° Reggimento Fanteria fu costituito il primo agosto 1862 a San Maurizio (Torino) e andò a formare col gemello 66° Reggimento la Brigata “Valtellina”. Dislocato a Genova nello stesso anno, il Reggimento concorse con uno dei quattro battaglioni (a rotazione) all’attività di repressione del brigantaggio, operando tra Lentini – Niscemi – Palma - Sciacca – Cattolica – Castelvetrano – Marsala e Bagheria. Nel 1866, in vista della mobilitazione per la guerra contro l’Austria, il 65° Fanteria fu trasferito nel Cremonese, da cui mosse prendendo parte ai combattimenti - con i reggimenti della Brigata “Brescia” – inquadrato nella Va Divisione (Generale Sirtori). Il 12 agosto 1866, in conseguenza dell’armistizio, prende alloggiamento a Treviso. Nel novembre, tuttavia, muove per raggiungere di nuovo le province meridionali, accasermandosi a Eboli. Negli anni 1867 – 68 – 69 il 65° Fanteria porta valido contributo alla repressione del brigantaggio.  Nel 1870 due battaglioni sbarcano a Pizzo ed inquadrati nella colonna al comando del Colonnello Millon prendono parte attiva al soffocamento dei moti insurrezionali scoppiati nelle Calabrie. Nel 1885 il 1° ed il 2° battaglione del Reggimento, rinforzati con uomini del 3°, partono in settembre per la Sicilia per un nuovo turno di P. S. (Canicattì e Girgenti). Nel 1887 la 3a compagnia del Reggimento è destinata alla formazione del 5° battaglione Cacciatori d’Africa e parte col corpo di spedizione S. Marzano, partecipando alla occupazione del Piano di Saati. Numerosi volontari, nel 1896, raggiungono l’Eritrea alla ripresa delle ostilità. Ad Adua 47 fanti del 65° perdono la vita, mentre altri muoiono nei combattimenti di M. Mocram e Tocruf. Durante la guerra Italo-Turca (1911 – 1912) il 65° Fanteria concorre alla mobilitazione, impegnando 24 ufficiali, 26 sottufficiali e 1.503 soldati di truppa. Nei combattimenti – esclusi i deceduti per malattia – perdono la vita 18 soldati. Allo scoppio della conflagrazione europea il Reggimento è di stanza a Cremona. Al principio del 1915 raggiunge la destra dello Iudrio, fra Castel del Monte e Janich, inquadrato nella 7a Divisione (IV Corpo d’Armata). Il 24 maggio il Reggimento assalta le deboli resistenze austriache del Monte Korada. Tra il 3 ed il 18 giugno ha l’ordine di impegnare e offendere le fanterie nemiche attestate sulla riva sinistra dell’Isonzo. Il 21 giugno è trasferito a Tolmino, ed in concorso col 66° Fanteria attacca il 4 luglio le formidabili posizioni nemiche di Santa Lucia. L’azione si rivela impossibile a causa dell’eccezionale sistema difensivo austro-ungherese. Oltre 250 uomini del 65° Fanteria sono così messi fuori combattimento. Dopo un breve periodo di relativa calma alla fronte, il 14 agosto si riprende l’attacco all’altura di Santa Lucia. Fino a settembre il Reggimento si dissangua, realizzando solo lievi progressi sul campo. Iniziatasi il 18 ottobre la terza battaglia dell’Isonzo, la lotta sulle alture di Santa Lucia si riaccende più violenta che mai, raggiungendo il 21 ottobre intensità inconsuete. Le difficoltà date dai reticolati nemici che si ripresentano intatti ad ogni assalto ed il dominio assoluto del terreno da parte del nemico fanno che sì che il reggimento, nonostante i tenaci sforzi, non ottenga altro che successi locali e parziali. Il 26 novembre l’attacco viene nuovamente ripreso e protratto fino al 2 dicembre quando, riconosciuta la impossibilità di una azione fatta con i mezzi comuni, si mette mano ai lavori di approccio e di rafforzamento. Dal 10 al 19 marzo 1916 il Reggimento torna alla carica, ma anche le difese nemiche sono state riapprontate e migliorate. Al termine del ciclo operativo, il 65° Fanteria lamenta 23 ufficiali morti, 57 feriti e 2 dispersi; e 229 uomini di truppa deceduti, 1.612 feriti e 25 dispersi. Il 26 marzo, dopo ben dieci mesi di prima linea, il Reggimento riceve il cambio. Sosta dapprima a Cividale, quindi a Brescia per 12 giorni di riposo, da ultimo raggiunge le Giudicarie dietro ordine del Comando Supremo messo in allarme dalle pressanti richieste trasmesse dal generale Brusati (Ia Armata) circa un’imminente offensiva nemica. Il 27 aprile è di nuovo in linea sul tratto P. Eroina – Cima Palone – M. Mellino, dove compie il proprio dovere con abnegazione e morale elevatissimo. Il 13 ottobre giunge l’ordine di raggiungere il basso Isonzo. Il 28 ottobre è a Vermegliano – settore di Doberdò – inquadrato nella 33a Divisione. Durante la nona battaglia dell’Isonzo costituisce l’ala destra della III a Armata con compiti essenzialmente dimostrativi. Tra il 31 ottobre ed il 1 novembre il Reggimento occupa le trincee a monte Sei Busi, dando il cambio ai pochi superstiti della Brigata “Macerata”. Da qui, alle ore 13 del 02 novembre, si lancia all’attacco delle munitissime posizioni nemiche. Con slancio ed eroismo il reggimento raggiunge l’obiettivo: le posizioni di quota 208 sono conquistate. In venti minuti il reggimento perde 26 Ufficiali fra morti e feriti ed 836 uomini di truppa. Il 50% circa della forza è messo fuori combattimento. Alla metà di gennaio del 1917 il 65° si trasferisce nel Trentino, ed il 5 marzo entra in linea sul Pasubio alle dipendenze della XLIVa Divisione, occupando le posizioni sul “Panettone”, che mantiene fino alla notte del 3 luglio 1917. Due giorni dopo il Reggimento raggiunge Redipuglia, alla dipendenze della LXIa Divisione. Dopo un periodo di riposo, il 17 agosto il reggimento torna in linea. Il 19 agosto, col 66° Fanteria, il Reggimento è inquadrato nel 23° Corpo d’Armata del generale Diaz, con l’ordine di assaltare i ruderi di Selo e di Stari Lokwa dove sono dislocate nidi di mitragliatrici nemiche. Il 21 agosto alle ore 13 comincia la battaglia. Il 2° ed il 3° battaglione del reggimento si lanciano in avanti. Cinque ore dopo, alle 18, la linea dello Stari-Lokwa viene raggiunta. Tuttavia, una pronta e violentissima reazione nemica si inizia. Quasi tutti gli ufficiali e buona parte della truppa si sacrifica sul posto, fedele al motto reggimentale tratto da D’Annunzio: Per Se Fulget. Tra morti e feriti oltre mille uomini restano sul campo nell’azione del 21 agosto. La ricorrenza negli anni successivi del combattimento di Selo diverrà occasione della festa reggimentale. Nella notte del 24 dello stesso mese ciò che resta del Reggimento riceve il cambio, ed inizia l’opera di riordino dei battaglioni. Il 4 settembre il 65°, dando il cambio alle truppe del 78° Fanteria, occupa le posizioni di Flondar. Nella mattinata stessa, nel momento delicato del passaggio di consegne, il nemico sferra un pesantissimo attacco. La lotta è violentissima ed il 2° battaglione del Reggimento è quasi completamente distrutto. La scontro si svolge furibondo specie attorno e dentro la galleria ove gli uomini non si arrendono. La difesa cessa solamente quando il deposito delle munizioni della galleria salta in aria, seppellendo uomini – italiani e austriaci – ed armi. Nella giornata del 4 settembre il Reggimento denuncia la perdita di quasi il 70% degli effettivi. Il 10 settembre, ridotto a circa 300 uomini, il 65° Fanteria scende a Villa Raspa per ricostituirsi. Il 29 dello stesso mese viene dislocato in Val d’Ampola alle dipendenze della VIa Divisione, ove trascorre un periodo di relativa calma fino al marzo 1918. Il 1 maggio il Reggimento entra in linea nel tratto Lavanek – M- Melino (Val Camonica), mentre il 26 luglio passa in riserva nei pressi di Bagolino (Val Caffaro). Il 10 settembre inizia un nuovo trasferimento, raggiungendo il 16 la periferia di Vicenza agli ordini della VIa Divisione. Il 22 ottobre il 65° Fanteria si schiera sul monte Cengio. Nell’ambito dell’offensiva finale del Regio Esercito, ha il compito di mantenere una costante pressione nel settore di Coma Tre Pezzi. Appena il felice esito delle nostre operazioni sul Montello e sul Grappa si ripercuote anche sulla fronte Astico – Altipiani, che comincia a sgretolarsi, il Reggimento si lancia in avanti verso i nuovi confini d’Italia. Il 2 novembre è a Spitz di Rotzo, il 3 a Casotto, il 4 a Carbonara. Alle ore 15 del 4 novembre ha catturato circa 1800 prigionieri ed ingente bottino di guerra. Il 6 è a Trento, l’8 a Gadino, il 10 a Franzfeste, il 13 a Freinfelde, il 20 a Steinach, il 22 a Pactch e nei giorni successivi raggiunge Hall e Insbruck. Dai documenti ufficiali, risulta che il Reggimento nella guerra europea ebbe 83 ufficiali e 1402 uomini di truppa morti sul campo, e circa 6.000 feriti, molti dei quali decedettero in seguito negli ospedali territoriali o furono costretti a subire pesantissime amputazioni. E’ doveroso poi ricordare che uomini del 65° Reggimento concorsero alla formazione dei reggimenti 99° e 279° e alla costituzione del 18° Reparto d’Assalto. Decorato di Ordine Militare d'Italia, il reggimento, costituito come detto il 1° agosto 1862 si scioglie il 31 maggio 1943 in Tunisia. (Da: Cenni storici del 65° Reggimento Fanteria, Mario Casarola Editore, Piacenza s.d. [1925], pp.5 – 25).
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 

 

 

    

 

 

 
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