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Chronology

 

 LEGGERE LA FOLLIA IN GUERRA

1915 – 1918

Con illustrazioni originali di Ettore Pecci e un profilo

del  65° Reggimento di Fanteria


 
di Andrea Scartabellati

 

Foto tratta dalla Sezione Fotografica 65° Fanteria

Scultore R. Monti

 

 

 

 

 

 

 

            

 

 

 

 

 

2.1  – Fonti medico-psichiatriche

 

 Redatte dai tre clinici che s’alternarono durante il conflitto alla direzione del manicomio – l’antropologo Giuseppe Amadei (1854-1919), da Lombroso considerato tra i migliori discepoli; lo psichiatra aggiunto Giorgio Pardo, la cui reggenza interinale dell’asilo verrà stroncata da un’inchiesta segreta della Deputazione Provinciale; ed il neuropsichiatra Renato Rebizzi (1879-1942), allievo delle celebre scuola fiorentina di Eugenio Tanzi ed Ernesto Lugaro[i] – tra le fonti alienistiche si rinvengono soprattutto anamnesi, diagnosi, frettolose perizie ed improbabili diari terapeutici. E’ merito di queste carte, lungo il binario obbligato di un’induzione positivista alla ricerca della causalità patologica all’interno delle griglie biologico-organicistiche, consentire al lettore di ritrovare lo spettro oggettivizzante la storicità delle malattie mentali. Auto-erigendosi sopra un meccanismo di accumulazione che incrosta progressivamente quelle che sono soltanto presunzioni o false notizie relative all’ammalato di regola non verificate o dall’incerta provenienza, e nella cornice di un pessimismo sociale che appartiene a pieno titolo all’intelligencija positivistica[ii], anamnesi, diagnosi e perizie permettono di dimensionare la cifra caratterizzante di un’interpretazione psichiatrica generata dal solido intreccio di determinazioni scientifiche e valutazioni morali. Paradigmatico il caso del fante del 40° Reggimento, C. G. da Altavilla Irpina, accolto a Cremona per «costituzione paranoica in soggetto affetto da deficienza morale ed intellettuale». Voci solo supposte nella comunicazione dell’Ufficio Maggiorità dell’Ospedale Militare di Cremona del 30 luglio 1917, divengono certezze ed elementi omni-esplicativi nell’esame psichiatrico del “Riassunto Anamnestico e diagnosi” di due settimane dopo, controfirmato dal direttore del manicomio senza che, in realtà, abbiano avuto luogo accertamenti degni di tal nome[iii].

Una cifra interpretativa ed una peculiare pratica della psichiatria, quelle sopra ricordate, in auge non solo a Cremona. Le direzioni degli asili di Como, Verona, Reggio Emilia, Collegno-Torino, Bologna, Volterra, Crema, Voghera-Pavia, Alessandria, Brescia, Aversa, Cuneo-Racconigi, Udine; le sezioni comando dei reparti neuro-psichiatrici militari di Imola e Como, e la sovrintendenza del Centro Militare di 1a  Raccolta di Reggio Emilia - istituito frettolosamente organizzato dopo la rotta di Caporetto con lo scopo preciso di fungere da filtro per tutti quei combattenti che, idonei alle fatiche della guerra, erano riusciti a «sfuggire all’osservazione dei Consulenti e dei reparti avanzati, restituendoli alle truppe»[iv] - sono altrettanto solerte nel condividere un vocabolario ed un empirismo inquinato da stereotipi e moduli parascientifici che consentono oggi di dimensionare il quadro di una psichiatria italiana sostanzialmente concorde e compatta nella trattazione del problema dei folli di guerra. D’altro canto, in pagine e pagine di materiale archivistico, l’unica rilevante frizione rintracciabile tra alienisti riguarda lo scontro a distanza che oppose Renato Rebizzi al direttore del manicomio di Brescia, Seppilli. Concordi nel denigrare una magistratura militare che procedeva a tentoni tra imbarazzi, ripensamenti e scelte singolari, a dividerli fu l’antico problema della competenza delle spese per il sostentamento dei dementi. Premesso che «al sottoscritto non fanno più meraviglia certe decisioni del Tribunale di Guerra», con una certa rudezza tagliava corto Rebizzi coll’esimio collega: «non poteva la Provincia di Cremona mantenere un bresciano per risparmiare una seccatura al Direttore del Manicomio di Brescia»[v].

Le voci, più uniformi che discordi degli psichiatri, non esauriscono l’attivismo della componente medica. Cospicue sono anche le comunicazioni della sanità militare dalla zone di guerra, e numerosi i certificati rilasciati dagli ospedali della riserva di Soresina, Cremona, Piacenza, Livorno, Cervignano e Udine. Non mancano le note dei medici condotti, i quali, in virtù di un grado di superiore familiarità con gli ammalati, come nel caso dei medici di Gussola e Solarolo Rainero - località entrambe in provincia di Cremona - e Montecarlo San Salvatore (Lucca), sembrano almeno superficialmente esprimere una differente attenzione per la sorte dei ricoverati, svolgendo una funzione di vera e propria intermediazione tra la direzione manicomiale e le famiglie degli sfortunati combattenti[vi].

Nella scia lunga e dolorosa nel tempo delle ingiurie del conflitto, emblematici, infine, di una visione della malattia mentale ancora troppo distratta dalla presunta pericolosità sociale del folle, i resoconti degli ufficiali sanitari dei comuni di Piadena (nel 1940), Grumello Cremonese (1940) e Casteldidone (1942), comandati a sorvegliare annualmente atti e contegno degli ex ricoverati a più di vent’anni dalla conclusione delle ostilità. Evidentemente, per la cultura burocratico-amministrativa il riflesso pavloviano che induceva ad associare follia e criminalità (potenziale) era ancora lontano dall’estinguersi.

Come monofonica appare dall’interno la voce della psichiatrica, così è un’illusione attendere accenti od inflessioni nuove, rispetto alle infermità, al loro decorso, cause e cura, dalla spoglio della documentazione scientifica prodotta dai medici non specialisti delle patologie mentali. All’opposto, queste carte permettono di graduare con estrema precisione l’influenza omologante del paradigma psichiatrico di marca lombrosiano-positivista. E’ attraverso le ricostruzioni fattuali ivi avvalorate che, una corporazione sanitaria sollecitata da un conformismo buono per evitare guai e scocciature, esprime il tentativo più organico  - e comune anche a questurini, sindaci e fin anche familiari dei folli – d’individuare precedenti mnesici ed ereditari, stranezze biografiche od eventi topici in grado, come incipit lavici riemersi nelle vicissitudini della guerra, di comprovare retroattivamente ma definitivamente la futura carriera morale del malato mentale.


 

NOTE:

[i] Il giudizio di Cesare Lombroso su Giuseppe Amadei (Cavriana 1854 – Brescia 1919) può essere letto in A. Boschi, Il Manicomio di Cremona, in “La Provincia”, 21-22 giugno 1903. Un breve ricordo di Renato Rebizzi (Lecce 1879 –Milano 1942), nel necrologio pubblicato nella “Rivista Sperimentale di Freniatria”, LXVI, 1942, p.187. La vicenda qui solo menzionata del dott. Giorgio Pardo, allontanato dal Manicomio con l’accusa di aver abusato di alcune ricoverate, sarà oggetto di un mio prossimo studio.

[ii] M. Salvati, Cittadini e governanti, Roma Bari 1997, p.32. Per un approfondimento, S. Manente, A. Scartabellati, Ipotesi e tracce per lo studio di una biografia di gruppo tra scienza e identità della politica (1894-1927), in “Teorie & Modelli”, n.2, 2005, pp.83-105.

[iii] Cartella clinica n. 39.

[iv] E. Riva, Il Centro Psichiatrico Militare di 1a Raccolta, in “Rivista Sperimentale di Freniatria”, a. XLIII, 1919, p.319.

[v] Cartella clinica, n. 123, comunicazione del 26 gennaio 1918.

[vi] Cfr. cartelle cliniche nn. 112 e 135.

 

 

 

 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 

 

 

    

 

 

 
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