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FRENIS  zero 

Psicoanalisi applicata alla Medicina, Pedagogia, Sociologia, Letteratura ed Arte

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     "PRIMAVERA TUNISINA"

 

 

 

   di Lidia Tarantini

 

 


Lidia Tarantini  è psicoanalista, membro dell'AIPA (Associazione Italiana di Psicologia Analitica), della SIPS (Società Italiana di Psicologia Scientifica) e dell'IAAP (International Association for Analytical Psychology). Fa parte di un gruppo di studio e di ricerca sul Gioco della Sabbia, applicato alla terapia analitica dell'adulto. Tra le sue pubblicazioni ricordiamo i libri: Lo sguardo che ascolta. Immagine e parola nell'interpretazione analitica (1996); E' come se. Immagini e pensieri nella stanza analitica (Borla, Roma 2002). Collabora con numerose riviste specializzate, italiane ed estere, ed in particolare con la "Rivista di Psicologia Analitica" (per cui nel 2004 ha curato un numero speciale dedicato al dialogo della psicoanalisi con l'Islam) e con i "Cahiers Jungiens de Psychanalyse".

 

            

 

 

  

 

Rivista "Frenis Zero" - ISSN: 2037-1853

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EDIZIONI FRENIS ZERO

 "Psicologia dell'antisemitismo" di Imre Hermann

Author:Imre Hermann

Editore/Publisher: Edizioni Frenis Zero 

ISBN: 978-88-903710-3-5

Anno/Year: 2011

Pages: 158

Prezzo/Price: € 18,00

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"Id-entità mediterranee. Psicoanalisi e luoghi della memoria" a cura di Giuseppe Leo (editor)

Writings by: J. Altounian, S. Amati Sas, M. Avakian, W. Bohleber, M. Breccia, A. Coen, A. Cusin, G. Dana, J. Deutsch, S. Fizzarotti Selvaggi, Y. Gampel, H. Halberstadt-Freud, N. Janigro, R. Kaës, G. Leo, M. Maisetti, F. Mazzei, M. Ritter, C. Trono, S. Varvin e H.-J. Wirth

Editore/Publisher: Edizioni Frenis Zero

ISBN: 978-88-903710-2-8

Anno/Year: 2010

Pages: 520

Prezzo/Price: € 30,00

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"Vite soffiate. I vinti della psicoanalisi" di Giuseppe Leo 

Editore/Publisher: Edizioni Frenis Zero

ISBN: 978-88-903710-0-4

Anno/Year: 2008

Prezzo/Price: € 18,00

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OTHER BOOKS

"La Psicoanalisi e i suoi confini" edited by Giuseppe Leo

Writings by: J. Altounian, P. Fonagy, G.O. Gabbard, J.S. Grotstein, R.D. Hinshelwood, J.P. Jiménez, O.F. Kernberg, S. Resnik

Editore/Publisher: Astrolabio Ubaldini

ISBN: 978-88-340155-7-5

Anno/Year: 2009

Pages: 224

Prezzo/Price: € 20,00

 

"La Psicoanalisi. Intrecci Paesaggi Confini" 

Edited by S. Fizzarotti Selvaggi, G.Leo.

Writings by: Salomon Resnik, Mauro Mancia, Andreas Giannakoulas, Mario Rossi Monti, Santa Fizzarotti Selvaggi, Giuseppe Leo.

Publisher: Schena Editore

ISBN 88-8229-567-2

Price: € 15,00

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Accendo la TV e inaspettatamente vedo un luogo a me molto noto, quasi familiare, una Avenue della città di Tunisi, anzi “l’Avenue” per eccellenza, Avenue Bourghiba.  Ho passeggiato tante volte in questa strada, godendomi il sole tiepido della primavere tunisina, ma quella che vedo oggi sullo schermo è un’altra primavera. La strada è piena di gente, piena in modo inverosimile, come non l’ho mai vista. Uomini, donne, bambini sulle spalle dei padri, uomini in divisa e, ai lati, carri armati con sopra giovani che sventolano bandiere e fiori. E’ la festa della libertà ritrovata, della libertà e della dignità. Queste le due parole che sento ripetere in francese e in arabo al microfono dei giornalisti presenti, ripetute con quella gioia e quell’entusiasmo che solo  la sensazione di essere protagonisti di un momento storico può dare. Sappiamo tutti cosa sta succedendo a Tunisi in questi giorni : in modo del tutto imprevisto e  in pochi giorni, in Tunisia tutto sta cambiando. Quella che sembrava  immodificabile, quella dittatura strisciante, camuffata da democrazia, sostenuta ipocritamente dall’occidente, è caduta e si è dileguata come la sua personificazione, Ben Ali.

Praticamente nel giro di pochi giorni il popolo tunisino ha scoperto cosa vuol dire prendere in mano la propria storia, la possibilità di tornare a sperare , fare progetti, parlare, confrontarsi senza paura,di permettere al proprio pensiero di volare alto.

Negli anni in cui sono andata regolarmente in Tunisia per lavoro, dal 2002 al 2007, ho potuto constatare personalmente quanto la lunga abitudine a non sentirsi liberi di comunicare il proprio pensiero si fosse insinuata in modo sottile, come un veleno assorbito a piccole dosi , trasformando quella che è una naturale caratteristica, soprattutto delle donne, cioè  discrezione e   delicata timidezza, in strane forme di reticenza. Questa abitudine a non-dire era diventata una sorta di status esistenziale, un grigiore, una tristezza diffusa. La sensazione che, comunque, non c’era nulla da fare,  toglieva la voglia di fare progetti, perchè la censura li avrebbe bocciati, spegneva la voglia di scrivere, perchè un lettore istituzionale avrebbe deciso della possibilità della pubblicazione. Protestare apertamente e opporsi comportava la prigione.

Rassegnazione. Questa era la parola che mi veniva in mente quando pensavo alle tante persone che per cultura e intelligenza avrebbero potuto proporre nuovi progetti, avere idee di cambiamento, iniziare un percorso di trasformazione. La conclusione a cui si arrivava  dopo un primo accendersi di entusiasmo era sempre la stessa : tanto è inutile, il progetto verrà bocciato o stravolto, meglio rassegnarsi e rinunciare.

Certo, c’erano piccole zone”felici”che sfuggivano a questo destino, qualche personalità della cultura o del mondo universitario che riusciva  a esprimersi liberamente, quasi per miracolo, o per una inspiegabile “disattenzione” degli organi di controllo, ma rischiavano in proprio e comunque il loro pensiero e la loro creatività restavano seminascosti negli interstizi di un pensiero omologato e conforme.

Questo è stato il contesto in cui, per circa cinque anni, ho lavorato come terapeuta-analista con un gruppo di quasi tutte donne, impegnate a vario titolo nel sociale. Dopo una analisi personale con me avrebbero voluto creare una Associazione Junghiana di psicoterapia. Avrebbero voluto, appunto.

Solo una settimana fa, dopo la Rivoluzione dei gelsomini,  finalmente ricevo una mail in cui mi si chiede di aiutarle a stilare una Statuto e un Regolamento per la tanto attesa Associazione. Ora finalmente il progetto a lungo pensato e coltivato potrà trovare in modo per diventare operativo. Sono felice.

 

Ripenso a quegli anni passati con loro nella stanza dell’analisi, in un bell’ immobile di stile arabo, bianco e celeste, vicino a Cartagine, in riva al mare. Mi chiedo cosa abbia rappresentato la mia presenza lì, presenza di una donna straniera che veniva dal mondo libero dell’occidente e provo a ripensarla ora, alla luce dei fatti straordinari che stanno cambiando la loro società.

Si è spesso parlato, per lo più negandola, della funzione sociale dell’analisi, della possibilità che questo mestiere, così artigianale e così privato, abbia una qualche incidenza e valore collettivo. Certamente abbiamo spesso avuto la sensazione, chiusi in due in una stanza, di essere un pò fuori dal mondo, soprattutto quando nel mondo accadono fatti che sembrano chiamarci tutti a un impegno concreto, immediato, quasi urgente. Forse ci siamo anche chiesti il senso e il valore del lavoro che stavamo portando avanti con tanta fatica. Ripensando a quello che abbiamo costruito insieme , le mie pazienti tunisine ed io, mi sembra di poter dire che il contatto con la loro sofferenza psichica, spesso legata alle situazioni di vita, ci abbia permesso di elaborare una visione del mondo in cui gli aspetti negati e espulsi  dalla ideologia sociale vincente, acquistavano invece il significato di vere e proprie energie trasformative che andavano valorizzate e protette, in attesa di tempi migliori. La strada che imboccavano andava spesso in direzione opposta rispetto a quella che la società, in quel momento, indicava come quella della riuscita e del successo, una strada contro-mano, una strada a perdere, in discesa, e per questo la sensazione era che i nostri discorsi e le nostre conclusioni fossero sempre un pò scandalose, pericolose, dalla parte di tutto quello che la società avrebbe voluto far dimenticare, negare, nascondere o almeno anestetizzare.  Ma in quella stanza si poteva, ci sentivamo protette.

La sofferenza, in analisi, produce coscienza , ma una coscienza problematica, aperta, aporematica, che non si accontenta di risposte date e prefabbricate, ma che pretende di generare libero pensiero.

Quante “rivoluzioni” abbiamo fatto e disfatto, immaginato e sperato con le mie pazienti ! A partire dalla famiglia, dai rapporti coniugali, dai rapporti di lavoro, con i colleghi, con i datori di lavoro , con le autorità. E in queste fantasie creative la sofferenza trovava in parte sollievo. Il rischio però c’era ed era quello che questo allargamento della coscienza portasse paradossalmente a una sorta di immobilismo, di ulteriore rassegnazione, ad un accontentarsi pensando che quello che si era capito fosse la sola cosa importante e non si potesse sperare di più. Una sorta di “inflazione” da analisi. Al mondo reale si sostituiva quello ideale costruito nella stanza analitica. Poi, fuori, nulla cambiava, ma in fondo non era importante. Il rischio, a volte ci pensavo, poteva essere quasi quello di un delirio a due come sola uscita da situazioni di inguaribile disperazione e rassegnazione.

 

La primavera tunisina, la Rivoluzione dei gelsomini è stata per me, tra le altre cose, anche una risposta a questi dubbi e a questi interrogativi. Ho provato una grande gioia nel pensare che quello che per anni abbiamo elaborato insieme, quelle conquiste di un pensiero libero e non impaurito, quei progetti, quelle possibili trasformazioni, non erano fantasie consolatorie , pillole psichiche, psicofarmaci verbali, ma semi autentici che aspettavano il tempo propizio, la primavera, per germogliare, con una rapidità e un entusiasmo autentici. La lunga gestazione, il lungo rimaner segrete e protette, ha dato loro la forza dell’impellenza. Non si può aspettare oltre, il tempo è venuto.

Questo mi dicono le mail delle mie pazienti che in questo momento non chiedono altro che di trasformare in  cambiamenti reali molte di quelle ipotesi , di quelle intuizioni folgoranti, di quelle convinzioni profonde che le lunghe ore di analisi con la straniera avevano permesso di far nascere e di venir condivise. Attraverso le loro parole mi sembra di poter dire che il  lavoro che abbiamo fatto insieme ha avuto una incidenza positiva non solo rispetto ai loro personali equilibri intrapsichici, ma anche, grazie a una maggiore sintonia interna, ha permesso loro, oggi, di  sentirsi  parte viva e attiva di eventi storici di straordinaria importanza, forieri di profonde e autentiche trasformazioni. Inch’Allah. 

   

 

 

 

 

 

 
 
 
 
   

 

 

 

 

 

 

   

 

 
 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

   
 
 

 

   
   
 

 

   
   
   
 

 

   
   
   
   
   
 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 
   
 

 

 

 

 

 

 

 

 
 
 
 
 
 
 
 
 
 


 

 

 

 

 

 

 

 

 

   

 

 

 

 

 

Responsabile Editoriale : Giuseppe Leo

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