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LA CURA IN PSICOANALISI.

 

di Anne-Marie Sandler

 

 

Maitres à dispenser

 

 

Resoconto di  Giuseppe Leo della relazione di Anne-Marie Sandler dal titolo originale "What is cure in psychoanalysis" presentata il 23 ottobre 2004 ad un seminario organizzato dal   Centro Studi di via Ariosto a Milano.

 

 

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Anne-Marie  Sandler, nata a Ginevra, è stata per un allieva ed assistente di Jean Piaget. Giunta in Inghilterra, intraprese il training di psicoanalisi infantile con Anna Freud, completando poi il training anche con pazienti adulti alla British Psychoanalytical Society, nella quale è tuttora analista didatta. E' stata presidente della British Psychoanalytical Society, nonché della European Psychoanalytical Federation, e vice-presidente della International Psychoanalytical Association. E' stata anche Direttore dell'Anna Freud Centre. Molti dei suoi lavori sono stati scritti in collaborazione con suo marito, Joseph Sandler, recentemente scomparso. Tra essi ricordiamo il libro Internal Objects Revisited (1998).   

 

  Foto: un momento del seminario.

 

                      Rivista Frenis Zero
                       
Recensioni bibliografiche 2003
 

 

 

 

 

Il 'topic' centrale della relazione tenuta dalla dottoressa Sandler riguarda il concetto di 'cura' in psicoanalisi. Esso differisce notevolmente da quello di 'cura' in medicina: in questa lo scopo della cura è eliminare i sintomi e la sofferenza che essi causano. In psicoanalisi, invece, concepiamo i sintomi come importanti ed utili segnali esterni di processi patologici interni al paziente. Perciò, lo psicoanalista non cerca di eliminare i sintomi, ma di comprendere ciò che essi rappresentano. La loro scomparsa o attenuazione potrà rappresentare un prodotto secondario del lavoro analitico. 

La cura in senso psicoanalitico deve svilupparsi attraverso la graduale scoperta della modalità con cui quel determinato paziente è dominato da un apparato di desideri inconsci contraddittori. <<Gradualmente otterremo qualche indizio della forza e della forma dei conflitti interiori dei nostri pazienti e del bilanciamento tra le loro spinte libidiche ed aggressive. Lentamente>> continua la Sandler <<a partire dal materiale portato in seduta, speriamo di scoprire insieme al paziente cosa è accaduto nel corso del suo sviluppo. Ci sforziamo di comprendere cosa abbia impedito che sane e solide strutture interne venissero costruite nel suo interno, cosa abbia distorto la sua capacità di soddisfazione libidica e cosa abbia impedito la costruzione di oggetti interni abbastanza buoni>>.

Questa graduale comprensione, aggiunge la relatrice, spesso determinerà nel paziente il ristabilirsi di una sana curiosità, della vitalità e della capacità di sperimentare una gamma ampia di sentimenti. 

Freud scisse nel 1904 che <<scopo del trattamento non sarà altro che il recupero del paziente alla vita pratica, il ristabilirsi della sua capacità di condurre una vita attiva e della sua capacità di godimento>>. In altre parole, ciò significa essere capace di lavorare e di amare.

Analizzando e cercando di capire meglio ciò che 'funziona' nel trattamento analitico, per il paziente lo sforzo sarà quello di rilassarsi e di lasciare che i propri pensieri e sentimenti vengano espressi in modo il più 'veritiero' possibile attraverso le libere associazioni. Per il terapeuta lo sforzo sarà quello di comprendere, mediante la sua attenzione liberamente fluttuante, le esperienze inconsce del paziente nel corso delle sedute. <<La somma dei desideri, delle speranze, delle ansie, delle disillusioni, della rabbia e dei rancori del paziente diverrà meglio compresa nel puntuale monitoraggio del transfert e controtransfert. E', credo, nel qui ed ora della seduta che il terapeuta può al meglio far esperienza ed afferrare la tendenza del paziente ad attualizzare i propri conflitti inconsci>> afferma la Sandler.

Ma come differenziare (e qui la Sandler cita Leon Grinberg) un'esperienza che è autenticamente terapeutica, emotivamente e cognitivamente significativa da un'altra che solo le assomiglia, ma che in realtà è pseudo-terapeutica? Sedondo la Sandler, quest'ultima esperienza può accadere quando il terapeuta o il paziente, separatamente o insieme in maniera collusiva, sono tentati di evitare la natura dolorosa dello 'insight'. Aggiunge la Sandler: <<Non c'è alcun dubbio che l'impresa analitica sia ambiziosa, che richieda molto sia al paziente che al terapeuta e che abbia i connotati di un'immensa sfida. Ciò mette in risalto dal mio punto di vista la necessità fondamentale per tutti noi di esser guidati da costrutti teoretici chiari e comprensivi che ci sosterranno nel momento in cui esploreremo specifiche e complesse fantasie e comportamenti nei nostri pazienti>>.

La Sandler affronta poi il problema dei molteplici indirizzi psicoterapeuitici che oggi si richiamano alla psicoanalisi e delle domande a cui ogni differente approccio risponde in maniera diversa. Ad esempio: cosa è un atteggiamento psicoanalitico che aiuta e perché lo è? Quali tipi di interpretazioni sembrano essere quelle che favoriscono maggiormente il cambiamento? Qual è  il ruolo soggiacente del transfert e del controtransfert nel lavoro analitico e come esso può aiutare nell'indurre il cambiamento? Fino a che punto è importante la personalità dello psicoanalista per un esito soddisfacente di un'analisi? E quali sono i criteri che guidano il contenuto delle nostre interpretazioni e del nostro scegliere i tempi (timing) per esprimerle? Cosa speriamo di raggiungere attraverso la nostra tecnica e perchè pensiamo che ciò sarà di aiuto al paziente? <<Mi sembra>> aggiunge la Sandler <<che abbiamo da affrontare il compito urgente di cercare di confrontare e definire in modo più chiaro cosa precisamente guidi i nostri variegati approcci e come concepiamo che le nostre interpretazioni, i nostri riferimenti (frame) terapeutici e la nostra  comprensione porteranno cambiamenti nel paziente>>.

Un tentativo di spiegare il perché ci possiamo riconoscere l'un l'altro come psicoanalisti o come terapeuti psicoanaliticamente orientati, nonostante i differenti 'backgrounds' teorici di provenienza, può aver a che fare, secondo la Sandler, con il nostro convincimento condiviso che come terapeuti concepiamo la cura come qualcosa che apporta una maggiore libertà rispetto a modalità patologiche di gestione della sofferenza psichica, una maggiore libertà rispetto a costrizioni interne ed una maggior libertà nelle relazioni con gli altri. <<Credo>> afferma la Sandler <<che un aspetto cruciale di un buon trattamento sia per il paziente l'esser capace di interiorizzare un atteggiamento analitico, che gli permetterà di sviluppare un reale interesse per il lavoro della propria mente. In questo senso, direi che il processo psicoanalitico è interminabile>>.

Secondo la Sandler, la psicoanalisi o una terapia psicoanaliticamente orientata si costruisce con qualcosa di più che non le sole interpretazioni verbali. Ricorda un lavoro di strachey del 1934 "The mutative interpretations", in cui egli sosteneva che certi tipi di comportamenti da parte del terapeuta possono essere dinamicamente equivalenti all'atto del dare delle interpretazioni 'mutative', ed in particolare il fatto che il terapeuta non si comporti come l'oggetto arcaico. Dice Strachey: <<E' difficile stimare quale percentuale di cambiamenti terapeutici che accadono durante un trattamento possano esser dovuti ad implicite interpretazioni 'mutative' di questo genere>> (pag. 286). Dopo Strachey, molti autori come Melanie Klein, Anna Freud, Ogden e Joseph Sandler hanno stabilito che la nozione di interpretazione necessita di essere notevolmente estesa per comprendere molto di più della sua sola espressione verbale. 

  Foto: Joseph Sandler

E continua la Sandler: <<Oggi riconosciamo che c'è un gran numero di cose, che accadono implicitamente in una terapia ma che sono una parte molto importante di essa. Questa affermazione non svaluta in alcun modo il ruolo centrale ricoperto dall'interpretazione verbale che è l'effetto finale e spesso un qualche tipo di tentativo per esprimere a parole cosa è stato sperimentato nella relazione tra terapeuta e paziente. L'interpretazione verbale è solo, in ultima analisi, uno strumento di lavoro necessario. E' ciò che più facilmente possiamo descrivere, parlarne tra colleghi e ciò con cui il paziente può più agevolmente essere o non essere d'accordo. Eppure, dobbiamo ricordare che è solo l'aspetto più visibile di ciò che accade>>.

Secondo la Sandler, l'atteggiamento analitico può essere descritto come una 'visione doppia', che da una parte fa sì che il terapeuta guardi al dettaglio di quella seduta, ma che allo stesso tempo comporta uno sguardo più ampio alla vita del paziente ed alla vita del trattamento. Ed il segnale che il trattamento non sta andando bene consiste nel fatto che si è incagliato in una secca di cui il terapeuta non è consapevole oppure da cui non è capace di tenersi a galla. <<E' precisamente il lavoro psichico che il terapeuta fa per tirarsi fuori dalla secca, che sarà curativo. In tal senso noi aiutiamo i pazienti non ad essere 'congelati' nel tempo ed in particolari modalità di pensiero in modo tale che essi possano giungere a conoscere le parti della loro mente che essi non conoscevano prima>>. 

Quindi la Sandler cerca di affrontare la questione di ciò che rende 'curativa' una data interpretazione. Questa non può essere indipendente da entrambi i protagonisti né dalla storia del trattamento. E' chiaro che però in ogni trattamento ci sono interpretazioni meno capaci di aiutare il paziente, ed altre che invece sembrano toccarlo, che sembrano promuovere un movimento. <<Ciò che mi sembra importante>> aggiunge la Sandler <<è che tutte le interpretazioni, quelle buone quanto quelle che lo sono meno, divengano parte dell'analisi, iniziando ulteriori associazioni ed ulteriori interpretazioni. Vorrei osare dicendo che non c'è la giusta interpretazione in sé che sia curativa, ma piuttosto è lo sforzo di avere la migliore comprensione e la migliore interpretazione che è curativo>>.

Successivamente, Anne-Marie Sandler esamina la questione della 'fluttuazione'  che molti terapeuti sperimentano tra la speranza che la terapia possa alleviare i più gravi disturbi psichici e, dall'altra parte, il disperare che il processo analitico, essendo così lento ed essendo spesso i pazienti non pronti a tollerare il cambiamento, possa fare ciò. 

Freud nei suoi primi scritti si dichiarava ottimista sul fatto che la psicoanalisi potesse liberare l'intera personalità del paziente ed offrirgli nuove possibilità di maturazione e di consapevolezza. Invece, in "Analysis Terminable and Interminable" si può notare un senso di pessimismo - o di realismo- circa l'esito dell'analisi. in tale lavoro Freud discute le limitazioni della psicoanalisi, affermando che il suo esito dipende dall'intensità, determinata costituzionalmente, delle pulsioni del paziente, della gravità dei traumi infantili e del grado di distorsione dell'Io prodotto dalle difese. Inoltre, parla del complicato equilibrio tra derivazioni dell'istinto di morte e delle forze libidiche, che può produrre severe resistenze al cambiamento. Ma egli sottolinea parimenti l'importanza delle caratteristiche dell'analista, delle sue doti di sensibilità e conoscenza, e  del confronto psichico tra paziente ed analista. <<Uno dei fattori più importanti>> aggiunge la Sandler <<nello spiegamento dell'efficacia del terapeuta è ovviamente la sua apertura nell'apprendere dal paziente nel corso del lavoro. A mio parere solo attraverso il fare l'analisi che saremo capaci di ottenere nuovi insights ed arrivare a nuove formulazioni analitiche che a loro volta porteranno a nuove comprensioni sul trattamento>>. 

Ma anche il criterio diagnostico, per la Sandler, deve guidarci nella previsione degli esiti. E' chiaro che dobbiamo distinguere, da una parte, i pazienti con patologia nevrotica, o con disturbi del carattere o con problemi sessuali o di aggressività, da quelli, dall'altra, affetti da disturbi borderline oppure che sono stati gravemente traumatizzati, o ancora che soffrono di ripetuti episodi psicotici. Questi pazienti più gravemente disturbati probabilmente non hanno mai avuto alcun periodo della propria vita che possa definirsi di sviluppo psichico normale.

 

 

 

 

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Editor del sito web e responsabile editoriale: Giuseppe Leo