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SPAZIO E TEMPO TRA FENOMENOLOGIA E PSICOPATOLOGIA. 

Seminario con Bruno Callieri ed Eugenio Borgna.

 

Recensioni bibliografiche 2003 Resoconto di Giuseppe Leo del seminario tenutosi a Lecce il 2 e il 3 aprile 2004 dal titolo "Aspetti fenomenologici e psicopatologici del tempo", organizzato nell'ambito del Dottorato di Ricerca in "Etica e antropologia.Storia e fondazione" (Prof. M. Signore) del Dip. di Filosofia e Scienze Sociali dell'Università di Lecce.
    News del 2003               

Nella foto: B.Callieri, M.Signore, E. Borgna.

 

Recensioni dalla stampa 2003   Eugenio Borgna è libero docente di clinica delle malattie nervose e mentali all’Università di Milano e  primario del servizio di psichiatria all’Ospedale Maggiore di Novara - c.so Mazzini 18 - 28100 Novara - tel. (0321) 3733440.

Bruno Callieri è Ordinario  di Psichiatria e Clinica Neuropsichiatrica all'Università di Roma "La Sapienza".

                      Rivista Frenis Zero Nota: in azzurro è riportato il resoconto degli interventi di Callieri, mentre in verde quelli di Borgna.
                       Maitres à dispenser

Bruno Callieri esordisce preannunciando che, nonostante il titolo del seminario menzioni solo il tempo, egli tratterà dello spazio, lasciando a Borgna di occuparsi successivamente della fenomenologia e della psicopatologia del tempo. Lo  spazio per Callieri è qualcosa che accompagna l'uomo, il suo Affekt sin dai suoi mesi inconsci nel grembo materno: la vita vissuta dello spazio dovrebbe superare la intenzionalità oggettivante husserliana per cogliere la matrice oscura della soggettività, la sua 'paticità'. Aprirci allo spazio vissuto significa confrontarci a questa vita vissuta che ha la struttura della via (il riferimento è allo 'homo viator'), il suo qui-ora, dal pre-neonato fino al decrepito ottantenne, ha la struttura della via, si costituisce mediante un da-dove ed un verso-dove. Questa spazialità vissuta, incarnata agli inizi da questo spazio occupante un capezzolo all'interno della bocca del lattante, si esplica in un da-dove ed in un verso-dove. Questa spazialità è intessuta dalla decisione antropologica che io non sono rinchiuso nella pelle del mio corpo (qui Callieri si riferisce ad Anzieu ed a certi lacaniani). Esserci (Dasein) significa essere-qui-ed-essere-là. Sono qui dove occupo uno spazio anche interno (Inner-raum), ma sono anche là, là dove arriva il mio sguardo e la mia presa (presa orale oppure presa di una mano accarezzante, afferrante o avvolgente, o anche presa dello sguardo). 

 

J.L. Nancy ha parlato di 'se toucher par les yeux', dove lo spazio si allarga e si restringe fino a combaciare (cum-baciare). E qui si pone, per Callieri, il problema che allo psicopatologo suscita il contatto interpersonale: la modulazione della distanza spaziale. Essa, studiata dalla prossemica, implica lo spazio di una percezione vissuta tra due interlocutori, tra due amanti, tra medico e paziente, ma anche all'interno dello spazio pubblico (dove vige l'impersonale si- si fa, si è, ecc.). Bisogna, quindi, tenere presente lo spazio vissuto come modulatore dei rapporti interpersonali.

"Les amants". Opera grafica di Giuseppe Leo (metà anni '80)

 Callieri poi fa un riferimento a Martin Buber ed al suo concetto di 'Zwischenheit', per introdurre uno 'spazio-del-tra' che unisce e separa ed apre l'orizzonte dello spazio pubblico (altro riferimento è allo Hoffentlichkeit di Arendt). Lo spazio personale per Callieri è prolegomeno ad ogni modulazione temporale: senza lo spazio alcun tempo è concepibile.

Anche concetti relazionali come 'amicizia' implicano una col-leganza, e quindi un termine spaziale. Quando siamo vicini al paziente, lo spazio domina sovrano nel nostro parlare, nell'estrinsecarsi delle sue locazioni. Anche il termine privacy rinvia a qualcosa di spaziale. Dall'altra parte c'è l'estraneo, l'estraneo che sta là, lontano (altro rimando spaziale).

Addentrandoci nella psicopatologia, nella derealizzazione il paziente  guarda le sue stesse mani come se no fossero reali, egli perde il senso dello esserci qui, della prossimità interpersonale e del creare sani confini. Se non riusciamo a mantenere dei confini, ci diffluiamo, perdiamo il nostro Io che intanto c'è poiché c'è un Tu pronto alla lontananza e alla vicinanza.

                                                                                                        Un'opera tratta dalla mostra "Musica per organi caldi" (Udine, Galleria 3G, 2003)

 

Nello sguardo lo spazio misteriosamente può allontanarsi. Anche l'uso della voce costruisce uno  spazio vissuto: i multiformi aspetti prosodici della voce, invitanti o rifiutanti, sono creatori di contiguità o di allontanamento. C'è poi la spazialità legata all'abitare, in quanto l'uomo è l'essere che abita (wohnen), si abita vicino e si abita lontano. C'è lo spazio intersoggettivo, questo spazio-del-tra che anche certi fenomenologi giapponesi1 hanno saputo cogliere. Questo spazio intersoggettivo si desertifica nel melanconico. Per gli psichiatri lo spazio vissuto può diventare un lettino in cui sono confinati certi malati, per cui conquistare uno spazio di 30 cm e scendere dal letto costituisce una conquista incredibile. Conquistare lo spazio significa coltivare la speranza, e ciò è vivificante e rassicurante. 

  Fotogramma dal film "La casa dei folli" di Konchalovsky

C'è poi lo spazio interno che è di una misteriosità totale anche per chi sa, come per gli anatomopatologi che studiano l'interno del cadavere, le cose che stanno dentro la pelle.

 

A questo punto tocca a Borgna introdurre il discorso sul tempo. Per Borgna c'è un'intuizione fondamentale di Heidegger, che ha nel cuore il senso di cosa significhi fare una filosofia che travalichi i confini della nostra individualità per essere gettati nel cuore della vita: questa intuizione consiste nel fatto che <<ciascuno di noi vive solo se si confronta permanentemente col mondo che è un mondo di cose ma anche di persone>>. Noi siamo immersi nel tempo, non riusciamo a staccarci da esso. S. Agostino ha operato una straordinaria destrutturazione del tempo, differenziando il tempo matematico, quello dell'orologio dal tempo interiore, vissuto che appartiene ai segreti del nostro cuore. Cogliere le radici psicologiche interiori del tempo, rifacendosi alle "Ricerche logiche" (1901) di Husserl, significa dare spazio ad una psichiatria che fa della soggettività dei pazienti il proprio campo d'indagine. Al contrario, le psichiatrie dell'oggettività e della reificazione negano il significato della vita interiore, ritenendo che la semplice registrazione automatica di una vita psichica schiacciata come vita neuronale possa essere considerata come unica forma di conoscenza degli infiniti arcipelaghi della vita psichica. 

  Elettroshockterapia

Questo riduzionismo stava già a fondamento della psichiatria all'inizio del XIX secolo, quando Griesinger dichiarava che <<i disturbi psichici sono disturbi cerebrali>>, introducendo una frattura decisiva. Se Griesinger invece avesse detto <<i disturbi psichici corrispondono a disturbi cerebrali>> oppure <<accompagnano quelli cerebrali>>, in qualche modo egli avrebbe colto degli aspetti problematici, ma non avrebbe ucciso gli spazi dell'interpretazione dialettica tra vita affettiva e quella che è il correlato della vita biologica. <<Guai alle psichiatrie che si riducono a laboratori anche luminosissimi di pensiero astratto ma che non si confrontano con chi sta male!>> dice Borgna.2 Poi, Borgna fa un rapido excursus su alcuni esponenti di spicco della scuola fenomenologica. Se per quanto riguarda lo studio delle emozioni il contributo di Max Scheler è stato fondamentale, egli però non aveva il rigore di un Husserl oppure la genialità contaminatrice di un Heidegger. Binswanger, attraverso una tumultuosa aggregazione alle diverse fasi che la fenomenologia ha attraversato, all'inizio si è agganciato alle 'Idee per una filosofia pura' (la prima delle grandi opere teoriche di Husserl)3. Binswanger ha avuto il merito di cercare di interpretare gli abissi di angoscia e di disperazione che si nascondono nelle persone che stanno male. Kurt Schneider, dal canto suo, ha promosso quel recupero di significato psicologico che possiamo cogliere persino in quella vita psicotica che siamo abituati a cogliere come portatrice di insignificanza.

     

Fotogrammi dal film "Diario di una schizofrenica"(1968) di Nelo Risi.

 

Nelle esperienze psicotiche si smascherano con una trascendenza ed una chiarezza sbalorditiva trame di significato che sono state profeticamente intuite dalla filosofia. 

C'è un fluire continuo tra la tristezza patologica e quella ordinaria. Ma quali sono i sintomi della melanconia? Ci sono melanconie in cui la tristezza non emerge perché questa ultima è un'emozione 'debole' e ci sono melanconie così profonde che non evidenziano una tale emozione debole. Il primo segno di una tristezza è questa metamorfosi nell'esperienza soggettiva del tempo, quando siamo tristi c'è il deformarsi del tempo interiore. Quando la tristezza diventa un'emozione fondamentale, la dimensione del futuro viene recisa, viene cancellata. 

Per Heidegger senza futuro noi non esisteremmo. Questa tesi non è stata verificata se non da chi ascolta un melanconico e tocca con mano questa dimensione amputata del tempo.

  Dalla mostra di Bill Viola "The passions" (Londra, National Gallery,2003)

<<Se sappiamo rendere attente le 'antenne'>> dice Borgna <<la percezione radicale assoluta dell'altro avviene nei primi istanti in cui la conoscenza di una persona avviene (come hanno anche affermato psicoanalisti come Kotta). Il tempo della conoscenza può essere rapidissimo tanto da incenerire le dimensioni di passato, presente e futuro, e da far nascere la profonda radice personale che caratterizza ciascuno di noi>>.

Nel melanconico c'è un presente zoppicante, zigzagante, continuamente divorato dal passato. Cresce la mancanza di ogni ipotesi, di ogni orizzonte che apra il cuore alla speranza (per Pascal:<<Noi non viviamo, ma speriamo di vivere>>). Nella malinconia noi non viviamo perché non riusciamo a sperare nella vita.

L'esperienza maniacale, che si situa agli antipodi della precedente, comporta una perdita assoluta di ogni ombra, implica una gioia panica bruciata nel presente, senza passato né futuro né speranza, tutte dimensioni falcidiate da un vivere puntiforme nel presente. Anche la scompensazione psicotica ci fa pensare al fatto che quando siamo sommersi dalla felicità e dalla gioia corriamo il rischio di chiudere le finestre delle monadi che noi siamo senza lasciarle aperte al futuro.

Nell'esperienza schizofrenica (descritta anche da Rilke e da Hoffmanstahl) presente, passato e futuro formano un miscuglio terrificante, caotico per cui la linearità del pensiero (che si conserva nella melanconia) viene colpita al cuore e distrutta.

A questo punto, Callieri accenna all'esperienza psicotica che a noi psichiatri ci fa restare 'interdetti', senza parole.

 

La totale destorificazione del presente in essa si accompagna ad una contestuale trasformazione dell'esperienza vissuta dello spazio cosicché il vicino ed il lontano perdono autonomia e significato. Gli spazi si appiattiscono, si livellano, quello che noi chiamiamo 'spazio esterno' nello psicotico transita facilmente in 'spazio interno'. Il coinvolgimento spaziale è radicale, sentito momento per momento, in una spirale di permeabilità senza confini. Il confine (Grenze), il limite è contemporaneamente invito all'oltrepassamento ma anche invito al rinchiudersi. Il ritiro dalla realtà consiste nella perdita dello spazio antropologico (non è uno spazio fisico, né uno spazio medico, ma coinvolge lo anthropos). Questa dimensione spaziale coinvolge ogni progetto mondano.

                                                        Dalla mostra "Me & More"(Luzern, Kunstmuseum, 2003)

Accanto al tempo figé ci sono spazi fissati, pazienti che ripetono per ore ed ore gli stessi spazi, come se ci fosse un'orbita interiore da seguire, è uno spazio senza prospettive.

Un'altra immensa dimensione di distorsione dell'esperienza spaziale (che diventa anche temporale) è quella del fobico. Nei fobici lo spazio sembra fatto 'a fisarmonica', sembra enorme e poi si restringe improvvisamente, verso il basso o verso l'alto (per Binswanger: perdita della prospettività). Lo spazio può espandersi (ex-stasis) oppure rinchiudersi verso il basso. C'è nel fobico una perdita dello stare: quando io sto, sto fermo. Questo spazio  diventa friabile,  non è compatto,  non mi dà più sicurezza.

A proposito poi dell'esperienza di panico, Callieri ha scritto e pubblicato nel 1996 una "Rassegna storica del concetto di ansia e di angoscia". Successivamente, in un articolo del 1997 sul "Giornale italiano di psicopatologia", prendendo spunto dal libro di Hillman, Callieri ha affermato che il panico non è da mitizzare, in quanto non è che un'esperienza particolare di angoscia che ci permette di esperire sulla nostra pelle un incontro col nulla, con una nientificazione interiore. Il panico è qualcosa che va riscattato dalla sua semplicistica patologizzazione: tutti siamo vulnerabili al panico però proprio perché tutti siamo esistenti e precari (Sartre: <<il nulla è il trascendere che incontra sempre l'esperienza dell'esser trasceso>>), le impennate paniche  potrebbero farci per un attimo luce sulle tenebre (pre-categoriali) in cui  ci troviamo (chiarificazione dell'esistenza che Jaspers chiamò esperienza salvifica nella sua 'Metafisica').

   Karl Jaspers

A questo punto ci chiediamo: come vivificare lo spazio tra medico e paziente. In tale incontro sia lo spazio che il tempo si trasformano diventando uno spazio ed un tempo comune, uno spazio ed un tempo misterioso che è il nostro. Il tempo dell'incontro è intriso di cambiamento non solo per il paziente ma è un rinnovarsi anche dentro di noi terapeuti. E' un tempo nuovo dell'esperienza psichica, è il tempo che interrompe la rigidità della ripetizione, che ci consente di costruirci una nuova memoria. <<Noi e i nostri pazienti dobbiamo esperire un'altra cosa>> dice Callieri. Callieri fa poi incidentalmente un accenno al transfert ed all'opera di Freud in cui questi commenta l'opera letteraria Gradiva. <<L'ora della Gradiva è il tempo del transfert. Quando si verifica questa esperienza del transfert, si ha un ordito che viene a tramare degli incroci di tempo (il suo ed il mio), oppure ci sono quegli improvvisi ritorni al passato (l'ora panica o l'ora sospesa)>> afferma Callieri.

 

Il tempo sospeso è fatto di momenti che ci mostrano che quando parliamo di tempo, in realtà parliamo di tempi polivalenti che sono nella stessa persona ma che in rapporto al contatto che questa persona ha con l'altro battono col ritmo che è scatenato dall'altro (l'immagine prodotta da Callieri è quella di tanti cuori che battono nello stesso petto, nella stessa persona).

Borgna riprende il filo dall'esperienza del tempo vissuto.. Per Binswanger l'esperienza maniacale è la vera follia in quanto in essa si verifica quella nientificazione ontologica dell'essere che la separa radicalmente dal nostro modo comune di essere. Nella noia, invece, (Borgna cita la Montagna incantata di Thomas Mann) sopravvive il presente, che non cambia vertiginosamente come accade nell'esperienza maniacale. Un'altra citazione letteraria usata da Borgna è quella di Dostojewsky il quale, prima che la crisi convulsiva lo precipitasse nel silenzio dell'angoscia definitiva, parla di questa eternizzazione del tempo (ne parlava anche Musil).

 

Note:

1 Callieri si riferisce soprattutto a Shimoda che scrisse un libro nel 1969 (tradotto in tedesco) in cui veniva studiata la personalità premorbosa di un individuo che si preparava a questo <<affondamento pre-categoriale in questa navigazione nel mondo>>. A Shimoda si deve il concetto di 'statotimia'. Le parentele tra la fenomenologia giapponese  e quella occidentale sono diverse: è significativo che un filosofo come Kuki partì dalla sua Kyoto per andare in Germania a rendere omaggio ad Heidegger con il quale, per Callieri, la comunanza più significativa consisterebbe nell'accento posto sullo spazio intersoggettivo, sullo spazio-del-tra. La scuola fenomenologica giapponese è tuttora poco nota in Occidente: ad Yves Pellicier va il merito di essere stato tra i pochi psichiatri ad occuparsene, promuovendone delle traduzioni in francese. Per Callieri si può affermare che la 'perdita dello stare'  i giapponesi la hanno conosciuta  (si pensi ad Hiroshima) molto prima di noi occidentali che abbiamo dovuto aspettare il fatidico 11 settembre 2003.La perdita dello stare tocca il pre-categoriale. E' la pedita del terreno (Grund) sotto i piedi, dell'essere 'piazzato' che si configura in modo diverso a seconda che ci troviamo di fronte a giovani membri di una tribù africana oppure ad abitanti dell'America Centrale, per cui a noi arrivano delle 'deformazioni di esistenze' per cui, secondo Callieri, dobbiamo abituarci sempre a sentirci sollecitati, abbiamo sempre delle spine che ci vengono da una parte o dall'altra del nostro mondo.

2 Come risposta critica a queste posizioni di Borgna, definite come 'antiscientifiche, si veda su questo sito web la recensione di Corbellini al libro 'Le intermittenze del cuore'. 

3 A proposito delle influenze di Husserl sugli psichiatri fenomenologici, Borgna afferma che, a suo parere, le "Ricerche logiche" di Husserl hanno avuto un peso fondamentale, mentre la svolta trascendentale di Husserl  risulta euristicamente meno significativa nel fornire strumenti per comprendere chi sta agonizzando o naufragando. Le "Ricerche logiche" sono state il fondamento epistemologico di Jaspers e della sua "Psicopatologia generale": gli snodi fondamentali del pensiero di Jaspers risalgono alle "Ricerche logiche". Il primo Husserl ha consentito anche a Binswanger di scrivere una relazione sulla Phenomenologie, presentata a Zurigo nel 1922, in cui si applicavano ai fenomeni psichici gli spunti tratti da Husserl: ad es., la destrutturazione del 'tempo dell'orologio' senza giungere alla stratificazione del tempo ontologico, del tempo interpretato non più coi criteri descrittivi delle "Ricerche logiche" ma coi criteri trascendentali a cui Binswanger a lungo è stato estraneo. Blankenburg, invece, si richiama non allo Husserl delle "Ricerche logiche", ma alla ricerca trascendentale e parla di intuizione come conoscenza, come sonda di quei diaframmi invisibili che separano la vita mia da quella degli altri, che si esprimono nella forma più drammatica nei confini di chi precipita nella mania, nella melanconia o nella schizofrenia che fanno rinascere quelle mura dell'autismo, concetto che fu una grande intuizione di Binswanger, formulato sulla scia del primo Husserl. Poi, Binswanger ha abbandonato queste illuminazioni husserliane (quelle contenute nel suo lavoro sulla Phenomenologie), ed è stato quindi 'stregato' da Essere e tempo di Heidegger, per poi tornare a Husserl ma allo Husserl 'trascendentale' nei suoi due libri Delirio e Malinconia e mania, opere che per Borgna sono imperfette, in cui la preoccupazione teorica spegne la palpitante ricerca dei primi lavori. Binswanger ha fatto sua la tesi di Heidegger per cui la fenomenologia è una ricerca disperata sostenuta da intuizione (non da razionalizzazione) di che cosa si nasconda nell'esistenza, negli stati affettivi (Stimmung). Stimmung che è un termine che nella sua radice conserva l'immagine della torcia (Stimme) che si accende. Però Heidegger ha duramente contestato Binswanger rimproverandogli di aver colto solo le strutture superficiali (antropologiche) in questa archeologia metodologica, fraintendendo il telos che in Heidegger è un telos ontologico. Merito comunque inalienabile di Binswanger, per Borgna, è stato quello di aver messo in crisi il concetto di normalità psichica e di avere affermato che esperienze psicopatologiche e normali sconfinano tra di loro, che l'esperienza del tempo vissuto, inoltre, ha umanizzato (antropologizzato) la tesi dell'intersoggettività per cui ogni esistenza è gettata nel mondo. Senza il primo Husserl, senza Jaspers, Binswanger non avrebbe però trovato radici teoriche per respingere le psichiatria che si fondano sul concetto di follia come 'tumore individuale' senza relazione con l'ambiente e con gli altri.

 

 

 

Alcuni articoli di Callieri e Borgna apparsi sul WEB:

Recensione di "Noi siamo un colloquio" di E.Borgna

Intervista ad E.Borgna sulla 'riforma' della l.180 (sito web S.I.P. Sez. Puglia e Basilicata)

Articolo di Callieri ed Abbate "Transessualismo maschile. Aspetti psicodinamici e fenomenologici" in Giornale Italiano di Psicopatologia,Vol.5,dicembre 1999,numero 4.

"Dal corpo della psicosomatica all'antropologia della corporeità" di B. Callieri (IV Giornate ascolane psichiatriche 8-10 maggio 2003)

 

 

 

 

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