Anni 80-90

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Gli anni Ottanta e Novanta

§Il 1° gennaio 1980 entrò in vigore la riforma sanitaria, che estese a tutti i cittadini l'assistenza pubblica e provocò in seguito continue polemiche per l'ampliamento della spesa pubblica e per il degrado della sanità. Il 6 gennaio a Palermo venne assassinato il presidente della regione Sicilia, il democristiano P. Mattarella. (Soltanto nel 1989 i giudici sarebbero riusciti a scoprire il legame tra mafia e terrorismo nero nell'attentato.) Il dibattito politico inoltre era monopolizzato dall'intervento dell'URSS nella crisi afgana e dal conseguente boicottaggio americano verso l'Unione Sovietica. In febbraio si tenne a Roma il congresso della DC, che vide due schieramenti contrapposti: Zaccagnini, Andreotti e le sinistre, sostenitori della linea del confronto con il PCI; dorotei, fanfaniani e Forze Nuove di Donat Cattin, che unificarono le loro mozioni in un documento ("preambolo"), contrari a ogni intesa con il PCI. La vittoria dei "preambolisti" spaccò in due la DC: Piccoli succedette a Zaccagnini nella carica di segretario e Forlani assunse la presidenza del partito. La nuova direzione democristiana cercò di instaurare un rapporto privilegiato con i socialisti e il presidente del Consiglio Cossiga rassegnò le dimissioni (20 marzo), visto il cambiamento nel quadro politico della maggioranza. In aprile Cossiga formò il nuovo governo, sostenuto dalla coalizione DC-PSI-PRI.

All'inizio di maggio le rivelazioni dei terroristi pentiti, il brigatista P. Peci e l'esponente di Prima linea R. Sandalo, avviarono un processo che rapidamente portò al declino il terrorismo di sinistra. Sandalo accusò inoltre il leader democristiano Donat Cattin di aver favorito la fuga all'estero del figlio Marco, esponente di Prima linea stessa, sfruttando indiscrezioni ricevute dallo stesso Cossiga. Donat Cattin si dimise dalla carica di vicesegretario della DC, mentre Cossiga venne scagionato dalla commissione inquirente, che considerò infondata l'accusa del terrorista pentito. A maggio intanto un piccolo gruppo terroristico assassinava a Milano il giornalista W. Tobagi, vicino al PSI, e in giugno veniva ucciso a Roma da terroristi di destra il giudice M. Amato, che conduceva le indagini sulle "trame nere". Le elezioni amministrative di giugno fecero registrare l'avanzata del PSI, che veniva ad assumere sempre più il ruolo di ago della bilancia nel precario equilibrio tra i partiti. In luglio la FIAT presentava un piano di risanamento, che prevedeva un massiccio ricorso alla Cassa integrazione e ai licenziamenti. L'opposizione dei sindacati si scontrava con la reazione dei quadri intermedi, che accettavano il piano dell'azienda. Fu questa la prima grave sconfitta dei sindacati dopo un ventennio di vittorie. La pausa estiva venne funestata dal più grave degli attentati attribuiti all'estrema destra: la strage alla stazione ferroviaria di Bologna, nella quale, il 2 agosto, persero la vita 85 persone e 147 rimasero ferite. Alla fine di settembre, dopo la bocciatura in parlamento dei decreti economici, il secondo governo Cossiga rassegnava le dimissioni. Pertini affidò il compito di formare il governo a Forlani, che era il democristiano a godere delle maggiori simpatie del partito socialista. Il 18 ottobre Forlani formò un quadripartito DC-PSI-PSDI-PRI. Mentre il PCI si arroccava in una posizione di intransigente opposizione, Craxi portava il PSI all'accordo con il PSDI di P. Longo allo scopo di dar vita a un polo socialista. A introdurre attriti nella maggioranza fu questa volta il tema dell'aborto, sul quale anche il papa Giovanni Paolo II intervenne ripetutamente, in vista anche dei tre referendum (due del movimento per la vita e uno dei radicali) chiesti contro la legge del 1978. A movimentare ancora lo scenario politico fu lo scandalo dei petroli, che coinvolse i vertice della guardia di finanza, l'ex segretario di A. Moro, S. Freato, e numerosi petrolieri.

Il 23 novembre il paese venne sconvolto dal terremoto in Campania e in Basilicata: 3.000 furono i morti, 8.000 i feriti, 150.000 i senzatetto; interi paesi vennero distrutti. Governo e apparato dello Stato diedero non buona prova nei soccorsi, tanto che lo stesso presidente Pertini denunciò la scarsa efficienza dello Stato. In tale occasione Pertini venne attaccato con l'accusa di esorbitare dalle sue funzioni e di esprimere una tendenza al presidenzialismo. In dicembre la DC ricucì la propria unità interna con l'elezione di De Mita alla vicepresidenza. Le confessioni dei pentiti portavano intanto all'arresto di numerosi esponenti del terrorismo di sinistra, ma le Brigate rosse davano ancora segno di vitalità con il rapimento del giudice D'Urso.

Il 1981 si aprì con i problemi economici (inflazione e deficit della bilancia dei pagamenti) sul tappeto. Scarsa risonanza ebbe, nel mutato clima politico, la sentenza della corte d'appello che, in marzo, assolse tutti gli imputati della strage di piazza Fontana. In aprile il congresso di Palermo del PSI proclamò direttamente segretario Craxi, che si liberò in tal modo degli avversari interni al partito. In aprile inoltre esplose lo scandalo della P2 di L. Gelli, che travolse il governo Forlani (maggio).

Intanto dall'inizio dell'anno divampava la polemica sul terrorismo in seguito all'intervento di Pertini, il quale aveva dichiarato che la centrale del terrorismo si trovava all'estero, lanciando in tal modo accuse non molto velate all'URSS. Il 13 maggio in piazza San Pietro, a Roma, il papa Giovanni Paolo II subì un attentato a opera del terrorista turco Ali Agca, che nel dicembre successivo accusò i servizi segreti bulgari di aver organizzato l'attentato. Strumentalmente le parole del terrorista turco vennero poi accolte da diverse forze politiche; ma la conclusione del processo portò all'assoluzione degli imputati bulgari. L'attentato al papa precedette di qualche giorno una consultazione referendaria. Il 17-18 maggio gli Italiani furono chiamati alle urne per pronunciarsi sull'abrogazione di alcune norme della "legge Cossiga" e della legge sull'aborto. La campagna referendaria non ebbe i toni accesi di quella sulla legge che aveva introdotto il divorzio (1974) e il responso delle urne (respinte tutte le richieste) evitò ulteriori tensioni nel quadro politico.

Dopo il rifiuto di Forlani, Pertini affidò l'11 giugno il compito di formare il governo a G. Spadolini, primo laico della storia repubblicana a ricoprire la carica di presidente del consiglio alla testa di un pentapartito DC-PSI-PRI-PSDI-PLI. La seconda parte dell'anno fu caratterizzata dall'emergenza morale, legata allo scandalo della P2, nel quale risultarono coinvolti uomini politici e militari, e dall'emergenza economica, con la svalutazione della lira del 3% (in aggiunta a una precedente del 6% in marzo) nell'ambito dello SME. In ottobre il governo fece cadere su Comiso la scelta per l'installazione dei missili Cruise della NATO. In politica estera inoltre il governo decise la partecipazione di un contingente dell'esercito italiano alla forza di pace incaricata di controllare l'applicazione degli accordi fra Egitto e Israele nel Sinai. Alla fine dell'anno il problema del terrorismo si ripresentò, oltre che con le dichiarazioni di Ali Agca, con il rapimento del generale della NATO J. Dozier da parte delle Brigate rosse. Alla fine di gennaio 1982 la liberazione dell'ostaggio a opera di reparti speciali, seguita dalla confessione di alcuni arrestati, indebolì irreparabilmente la struttura organizzativa delle Brigate rosse. In aprile un'altra polemica avvelenò il clima politico relativamente al rapimento e alla liberazione dell'esponente democristiano della Campania C. Cirillo (1981) per gli oscuri legami, non del tutto ancora chiariti, tra terrorismo, camorra e mondo politico. In maggio De Mita venne eletto segretario della DC, raccogliendo vasti consensi nel partito. Egli si propose di superare la divisione in correnti e di ridare alla DC la leadership nel paese. Le elezioni amministrative del 7 giugno premiarono il PSI e i partiti laici, dando l'impressione di un vasto consenso dell'elettorato all'azione del primo governo a direzione non democristiana. Nello stesso mese la Confindustria decise la disdetta unilaterale dell'accordo che regolava il meccanismo della scala mobile. Sempre in giugno una drammatica svolta fecero registrare le vicende legate alla loggia massonica P2 di Gelli: a Londra venne trovato il corpo senza vita di R. Calvi, il quale guidava uno dei maggiori istituti di credito privati in Italia, il Banco Ambrosiano, messo in liquidazione poco dopo. Il crollo del Banco Ambrosiano coinvolse esponenti della finanza vaticana e contrappose a lungo poi la magistratura italiana e il Vaticano, che negò l'estradizione dei suoi uomini coinvolti nello scandalo appellandosi ai patti lateranensi.

In agosto Spadolini fu costretto a dimettersi, ma riuscì a formare il suo secondo governo. Questo però fu subito indebolito dalle polemiche legate alla decisione di inviare un contingente militare in Libano e all'uccisione del generale Dalla Chiesa da parte della mafia. Il governo fu accusato di aver negato al generale gli aiuti richiesti e di aver sottovalutato il pericolo mafioso malgrado l'assassinio di magistrati e uomini politici. La risposta del governo si concretò nella nomina del prefetto E. De Francesco ad alto commissario per la lotta alla mafia. Polemiche scoppiarono inoltre tra i diversi ministri sulla politica economica e in novembre il leader repubblicano rassegnò nuovamente le dimissioni. Nei primi giorni di dicembre fu il democristiano Fanfani a formare il suo quinto governo, con la partecipazione di DC, PSI, PSDI, PLI e con l'appoggio esterno del PRI. Fanfani si propose di portare a termine la legislatura e di prendere provvedimenti immediati contro la crisi economica: contenere l'inflazione con tagli all'istruzione, alle finanze e alla difesa e con aumenti dei contributi nel settore sanitario. Ottenuta la fiducia, il 30 dicembre vennero emanati i provvedimenti già delineati. Malgrado i conflitti interni alla maggioranza e la protesta per la stretta fiscale, Fanfani riuscì a riportare un successo con la trattativa sul costo del lavoro condotta con la mediazione del ministro del lavoro Scotti. Sull'accordo, firmato nel gennaio 1983, anche l'opposizione comunista dimostrò un moderato assenso. Subito dopo, però, la Confindustria e i sindacati si scontrarono sul piano di applicazione dell'accordo. Il 20 aprile ebbe luogo uno sciopero generale dell'industria e due giorni dopo il PSI decise di considerare conclusa l'esperienza del governo. Alla fine del mese Fanfani rassegnò le dimissioni e, vista l'impossibilità di dar vita a un nuovo governo, all'inizio di maggio Pertini decise lo scioglimento delle camere e le elezioni anticipate. Queste ebbero luogo il 26-27 giugno e segnarono un crollo della DC, la flessione del PCI, l'avanzata dei partiti laici e socialisti. In luglio Pertini affidò a Craxi il compito di formare il governo. Questi presentò ad agosto alle camere il suo governo, sostenuto dalla coalizione pentapartitica DC-PSI-PSDI-PRI-PLI, con un programma che si prefiggeva il risanamento dell'economia. In politica estera veniva confermata la scelta atlantica del paese e veniva garantita l'installazione dei "Cruise" a Comiso. Craxi conferì all'azione governativa efficacia e rapidità attraverso la creazione di un consiglio di gabinetto e l'ottenimento di alcune modifiche al regolamento della camera. Dopo un iniziale successo consistente nell'approvazione della legge finanziaria nei tempi previsti dalla costituzione, Craxi vide bloccata la legge sul condono edilizio. L'attenzione del governo venne tuttavia polarizzata fino alla fine dell'anno sulla politica estera, in particolare sul problema dell'installazione dei missili. Dopo l'invio di un messaggio da parte del leader sovietico J. Andropov, che auspicava un ruolo di mediazione da parte dell'Italia, a Craxi (fine agosto), questi avviò una serie di consultazioni, senza però mettere in discussione le decisioni già prese. Il problema dei missili condizionò anche la politica interna a causa delle manifestazioni pacifiste che si tennero in varie città italiane tra ottobre e novembre. Contro la proposta del PCI, che chiedeva nel dibattito parlamentare di congelare l'installazione dei "Cruise", il 16 novembre il parlamento approvò la linea del governo. Contemporaneamente esplosero le polemiche, anche in seno alla maggioranza e al governo stesso, sulla presenza del contingente italiano in Libano. Maturò in questo periodo il progetto di un graduale ritiro dal Libano del contingente stesso. L'anno si chiuse con il fallimento del vertice dei paesi della CEE, tenutosi ad Atene il 4 dicembre.

Il 1984 si aprì con la battaglia tra governo e opposizione sul problema del costo del lavoro. Il 15 febbraio il governo emanò un decreto che prevedeva il taglio della scala mobile, alcuni provvedimenti fiscali e misure antinflazionistiche. Su tali provvedimenti si registrò una spaccatura tra le confederazioni sindacali e all'interno della CGIL tra socialisti e comunisti. Scioperi e manifestazioni ebbero luogo in diverse città e a quella di Roma del 24 marzo parteciparono più di un milione di lavoratori. Il decreto decadde per l'ostruzionismo del PCI e il governo lo ripresentò con alcune modifiche, ottenendone infine l'approvazione da parte del parlamento in giugno. In febbraio intanto il governo Craxi firmò con la Santa Sede il nuovo concordato, considerato inizialmente un successo del governo, ma portatore in seguito di polemiche relative specialmente all'insegnamento religioso nelle scuole. Il 20 febbraio rientrò il contingente italiano dal Libano e nello stesso tempo il governo si mostrò favorevole a una moratoria sul problema dell'installazione dei missili, provocando reazioni diplomatiche da parte degli Stati Uniti e della Germania Occidentale. In maggio venne rese nota la prerelazione di T. Anselmi sui risultati dei lavori della commissione parlamentare d'inchiesta sulla P2. Il documento identificava tra i membri dell'organizzazione il ministro del bilancio P. Longo. Questi il giorno dopo rassegnò le dimissioni insieme agli altri ministri socialdemocratici. Craxi respinse le dimissioni ed espresse solidarietà a Longo, suscitando un'ondata di polemiche. Nel frattempo aveva luogo la campagna per le elezioni europee di giugno. I temi della campagna furono tutti incentrati sulle questioni interne: l'Europa risultò essere la grande assente. La vigilia delle elezioni, poi, venne funestata da un avvenimento drammatico: la morte del segretario del PCI E. Berlinguer, colpito da un ictus cerebrale durante un comizio a Padova. Sul responso delle urne pesò quindi l'emotività del momento e il PCI realizzò il sorpasso sulla DC, sia pure di stretta misura. A uscire sconfitti furono i partiti intermedi, mentre il PSI rimase deluso dal mancato avanzamento. Nelle successive elezioni regionali in Sardegna, il 24-25 giugno, la DC recuperò il ruolo di partito guida. L'esito delle elezioni europee rese necessaria una verifica del programma di governo da parte dei leaders del pentapartito. La verifica si concluse alla fine di luglio con il pieno accordo su tutti i punti. De Mita però richiese l'impegno del PSI a estendere agli enti locali, nei quali fosse stata numericamente possibile, la formula del pentapartito. Il governo Craxi, nel quale Romita aveva preso il posto di Longo, poté proseguire la sua opera, malgrado polemiche continue. L'anno si chiuse con un grave atto terroristico, la strage sul rapido Napoli-Milano del 23 dicembre.

La prima metà del 1985 fu caratterizzata da tre momenti elettorali: le elezioni amministrative del 12 maggio, che fecero registrare il netto recupero democristiano e il rientro del sorpasso comunista; il referendum abrogativo del provvedimento sui tagli della scala mobile (9 giugno), che assicurò la vittoria del governo; le manovre dei partiti per la successione a Pertini nella carica di presidente della repubblica. Su questo punto le preferenze si concentrarono sul democristiano Cossiga, che il 26 giugno venne eletto al primo scrutinio. Il governo Craxi si gloriava inoltre dei successi in campo economico, ma in luglio dovette fronteggiare il cosiddetto "venerdì nero" della lira e operare poi il riallineamento della lira alle altre monete europee. In ottobre Craxi dovette dimettersi in seguito alla crisi aperta dai repubblicani sull'atteggiamento del governo nella questione dell'Achille Lauro (la nave da crociera fu sequestrata da terroristi arabi, che uccisero anche un passeggero americano; dopo il loro rilascio, l'aereo su cui erano stati imbarcati i terroristi fu fatto atterrare da caccia americani nella base NATO di Sigonella, in Sicilia, ove fu rifiutata dal governo l'estradizione di un membro dell'OLP). In seguito a un chiarimento in seno alla maggioranza la crisi rientrò e Craxi ottenne la fiducia del parlamento, che gli consentiva di battere ogni record di durata.

Nel marzo 1986 gli Stati Uniti decisero di dar luogo a manovre navali nel golfo della Sirte per cercare un confronto armato con la Libia. Si vissero momenti di grande tensione, che interessarono l'Italia (nei cui porti si riforniva la flotta americana), specialmente dopo il lancio di due missili in direzione di Lampedusa da parte di Libici. Nel maggio successivo l'attenzione dell'opinione pubblica si accentrò sul disastro di Cernobyl, che riportò il dibattito sulla sicurezza delle centrali nucleari. Il 27 giugno 1986 il governo Craxi rassegnò le dimissioni in seguito alla bocciatura di un decreto-legge sulla finanza locale da parte della camera dei deputati. Craxi stesso formò il successivo governo, basato sulla coalizione pentapartitica, dopo un tacito accordo sull'alternanza con la DC.

Il 1987 si aprì con l'ammissione da parte della corte costituzionale dei cinque referendum proposti da socialisti, radicali e altre forze politiche, relativi alla responsabilità civile dei giudici, alla commissione parlamentare inquirente e (tre) all'installazione di centrali nucleari. Il governo però viveva ormai la sua agonia nella polemica sull'alternanza e il 3 marzo Craxi rassegnò nuovamente le dimissioni. La contrapposizione tra Craxi e De Mita impedì ad Andreotti prima e a Scalfaro poi di formare il governo. Infine Cossiga affidò l'incarico al presidente del senato Fanfani, che diede vita a un governo minoritario democristiano, che non ottenne la fiducia della camera: il 28 aprile, al fine di pervenire a elezioni anticipate, gli stessi democristiani si astennero. Cossiga respinse le conseguenti dimissioni di Fanfani e sciolse il parlamento, indicendo elezioni anticipate. La campagna elettorale ebbe subito toni molto accesi e in essa intervennero, dopo un lungo disimpegno, le autorità religiose e lo stesso pontefice, che si pronunciarono a favore della DC. Alle polemiche per l'intromissione del Vaticano nelle vicende italiane si aggiungeva il risentimento del PSI, che si attendeva altro compenso dal Vaticano dopo la firma del secondo concordato. Le elezioni del 14-15 giugno fecero registrare la sconfitta del partito comunista e l'avanzata delle due maggiori forze di governo (DC e PSI). Nel parlamento faceva il suo ingresso una forza nuova, che da un decennio si andava affermando in Europa e minacciava di tagliare trasversalmente i partiti tradizionali (i Verdi). Nel PCI il dibattito sulla sconfitta portò all'elezione di A. Occhetto a vicesegretario unico. All'apertura della decima legislatura N. Iotti venne confermata alla presidenza della camera e G. Spadolini fu eletto a quella del Senato. Il 9 luglio il governo Fanfani rassegnò le dimissioni e alla fine del mese G. Goria presentò il suo governo basato sulla coalizione pentapartitica. Appena formato, il governo Goria decise di non accettare l'invito americano a partecipare alla missione nel Golfo Persico. L'attentato subito da un mercantile italiano in settembre spinse il governo a cambiare opinione e a mandare, seppure tra polemiche, una piccola flotta nel golfo. In ottobre il parlamento approvò una mozione sull'insegnamento religioso nelle scuole, che rifletteva l'intesa raggiunta da Goria con il Vaticano; ma le polemiche, invece di placarsi, divamparono ancor più. L'8 novembre, seguendo le indicazioni di quasi tutte le forze politiche che temevano uno scontro su argomenti così sentiti, il corpo elettorale si espresse a favore delle proposte referendarie. L'affluenza alle urne fu però molto bassa (62,5%). Subito dopo Goria rassegnò le dimissioni per contrasti con il PLI, ma in breve la polemica ebbe termine e Goria poté ripresentarsi al parlamento e ottenerne la fiducia. Il 25 novembre le confederazioni sindacali conseguirono il successo di uno sciopero generale, indetto unitariamente, dopo anni di polemiche e sconfitte, sull'equità fiscale e altri temi. A preoccupare il governo non erano però tanto le richieste delle confederazioni sindacali, quanto l'esplosione di scioperi autonomi delle diverse categorie non più controllate dalle indebolite confederazioni. In particolare il traffico aereo e ferroviario fu spesso paralizzato.

Il 16 dicembre si concluse a Palermo il maxiprocesso alla mafia, con numerose condanne. Il processo fu reso possibile dalle rivelazioni dei pentiti. La risposta della mafia fu costituita da una serie di attentati, in uno dei quali rimase vittima l'ex sindaco di Palermo, Insalaco (12 gennaio 1988). Poco dopo la magistratura incriminò quattro ex sindaci e tre assessori per i maxiappalti del comune di Palermo. In febbraio Goria, dopo l'ennesima sconfitta in parlamento, rassegnò le dimissioni, ma Cossiga le respinse motivando la sua decisione con la necessità di pervenire all'approvazione della legge finanziaria. Questa arrivò in porto il 10 marzo e subito dopo, prendendo a pretesto gli attacchi del PSI alla decisione di portare a termine la centrale nucleare di Montalto di Castro malgrado i referendum, Goria rassegnò le dimissioni. Nel frattempo tre uomini del governo, Nicolazzi, Darida e V. Colombo, venivano coinvolti nello scandalo della "carceri d'oro". Il primo era inoltre costretto a dimettersi da segretario del PSDI e veniva sostituito da Cariglia. Cossiga intanto affidò al segretario della DC., C. De Mita, l'incarico di formare il governo. De Mita ottenne la fiducia del parlamento in aprile dopo aver concordato con i leaders della coalizione pentapartitica un vasto programma di riforme. Le elezioni amministrative parziali (maggio e giugno) fecero registrare un calo del PCI e il successo della DC e del PSI. De Mita intanto compì viaggi all'estero nei paesi della CEE e negli Stati Uniti, dove ebbe colloqui con Reagan. In giugno il governo decise di accogliere in una base dell'Italia meridionale, in seguito individuata in Crotone, i bombardieri F16 della NATO non più accettati nelle basi spagnole. Il governo De Mita venne ben presto indebolito dai contrasti tra i partiti della coalizione, specialmente tra il PSI e la DC, e dalle lotte tra le diverse correnti democristiane. Nella formazione degli schieramenti in vista del XVIII congresso democristiano la sinistra democristiana, e con essa De Mita, si trovò in minoranza, schiacciata dall'alleanza moderata tra seguaci di Donat Cattin, andreottiani, forlaniani e il nuovo centro, l'alleanza popolare, che raggruppava le diverse anime dorotee. Il congresso, tenutosi a Roma nel febbraio 1989, portò alla segreteria del partito Forlani, mentre a De Mita venne assegnata la carica (simbolica) di presidente del partito, da lui abbandonata nel febbraio 1990 per divergenze con la segreteria. La sconfitta di De Mita finì per ripercuotersi sul governo, che in maggio, subito dopo i congressi del PRI e del PSI, fu costretto alle dimissioni. Cossiga, considerata la scarsa chiarezza del quadro politico, incaricò il presidente del senato di compiere un giro esplorativo, al termine del quale non si pervenne ad alcuna conclusione. In effetti sia la DC sia il PSI e i partiti intermedi (PRI PLI), uniti nella federazione laica, erano in attesa di risultati elettorali capaci di sconvolgere il quadro politico. Si aspettava infatti la scomparsa del PSDI e inoltre il crollo del PCI. Le elezioni in alcuni comuni, anche importanti, in maggio e l'11-12 giugno in Sardegna facevano infatti prevedere una grossa perdita da parte del partito comunista, che da un anno aveva quale segretario A. Occhetto. Le elezioni europee del 18 giugno, invece, stravolsero le aspettative: il PSDI non venne assorbito dal PSI, il PCI perdette consensi rispetto al 1984, ma recuperò rispetto alle politiche del 1987 e quindi il tanto atteso crollo comunista non ebbe luogo. A crollare furono invece le speranze della federazione laica, mentre la DC subì una lieve perdita e il PSI non riuscì a raggiungere la soglia del 15%, dai suoi dirigenti considerata quale obiettivo minimo. Ad avanzare furono invece i Verdi, benché divisi in due liste, e le formazioni politiche a carattere regionalistico (al Nord), che raccolsero consensi nell'area moderata e sotto certi aspetti razzista. Aumentarono inoltre le astensioni e le schede bianche e nulle. Il risultato allontanò il rischio di elezioni anticipate. De Mita, però, vide fallire il tentativo di costituire il suo secondo governo e il 7 luglio rimise il mandato. Cossiga affidò l'incarico ad Andreotti, che il 23 successivo presentò il suo sesto governo, sostenuto dalla coalizione pentapartitica. Oltre alle polemiche sulla crisi di governo e sulla soluzione della stessa, il 1989 fu interessato dagli scandali, come quello che coinvolse la Banca Nazionale del Lavoro; dall'inchiesta sul giallo di Ustica (il DC-9 abbattuto nel 1980), durante il quale vennero alla luce i tentativi di nascondere la verità da parte dei vertici dell'aeronautica militare; dalla questione della mafia, con l'attentato (non riuscito) al giudice Falcone (giugno) e le lettere anonime, attribuite a un altro giudice del pool antimafia, soprannominato "il corvo"; infine dalla profonda crisi di identità del PCI, che avviò un processo di rifondazione, e dalle divisioni all'interno della DC.

Nel 1990 il governo dovette affrontare il "caso Gladio": durante un'inchiesta della magistratura emerse infatti l'esistenza in Italia di una struttura segreta paramilitare, appunto denominata Gladio, creata negli anni Cinquanta dai servizi segreti italiani e statunitensi, il cui scopo era la realizzazione di una rete di resistenza qualora si fosse verificata un'invasione da parte dei paesi del Patto di Varsavia. In realtà da altri documenti e testimonianze l'operatività della struttura sarebbe scattata anche in caso di una legittima vittoria elettorale delle sinistre; a ciò si aggiunse la scoperta di depositi clandestini di armi, l'arruolamento di civili addestrati militarmente, alcuni dei quali provenienti da gruppi neofascisti, e la complicità di Gladio nella "strategia della tensione" dei decenni precedenti culminata in stragi e progetti di svolte autoritarie nella politica italiana. Il presidente Cossiga difese strenuamente l'organizzazione clandestina e le polemiche, malgrado la chiusura ufficiale di Gladio nel dicembre 1990, si protrassero a lungo con richieste di messa in stato d'accusa di Cossiga stesso che proseguì comunque nel suo interventismo politico caratterizzato da un forte ampliamento dei poteri presidenziali a scapito di quello parlamentare e dei partiti. D'altronde negli anni Novanta crebbero esponenzialmente la critica e la sfiducia dei cittadini nei confronti dei partiti. Le elezioni regionali del 1990 videro l'affermazione, oltre che dei Verdi, delle Leghe regionaliste (che ottennero il 4,8% dei voti) e soprattutto della Lega Lombarda. La crisi dei partiti tradizionali fu bene evidenziata dalla trasformazione, avvenuta nel 1991, del PCI in Partito dei democratici di sinistra (PDS), a cui non aderì una minoranza facente capo a Armando Cossutta e Sergio Garavini, che formò il partito di Rifondazione Comunista. Achille Occhetto, fautore della trasformazione, venne eletto primo segretario del PDS. Nel frattempo nell'Italia sociale saliva il dissenso contro l'intervento militare, alla cui forza multinazionale partecipava anche l'Italia, nel Kuwait invaso dall'Iraq. Nel corso di una verifica di maggioranza il governo Andreotti fu costretto a dimettersi; lo stesso presidente del consiglio dimissionario fu incaricato di formare un nuovo esecutivo a cui però non parteciparono i repubblicani (aprile). Una rilevante svolta nel sistema elettorale italiano fu data dalla consultazione referendaria del giugno successivo, dalla quale nacque la preferenza unica nelle elezioni alla camera. Iniziò così un non ancora terminato processo di riforme sia in materia elettorale sia costituzionale che vide impegnato non solo il parlamento, ma la società tutta con interventi referendari e d'opinione. Il 1991 si chiuse con una grave conflittualità sindacale e con l'accrescersi della tensione internazionale per i diversi problemi etnici e nazionalistici nei vicini Balcani.

L'anno successivo vide grandi svolte politiche ed economiche: innanzitutto la firma del trattato di Maastricht richiese il rispetto di rigidi parametri economici e quindi una politica finanziaria particolarmente attenta e diversa rispetto alla gestione deficitaria dei decenni precedenti; inoltre nel mese di febbraio ebbe inizio l'inchiesta della magistratura denominata "mani pulite" che in pochi mesi mise in ginocchio la classe politica italiana. L'indagine, volta a scoprire la corruzione e il finanziamento illecito all'interno dei partiti, travolse infatti esponenti di primo piano e coinvolse praticamente tutti i raggruppamenti: in particolare il partito socialista di Craxi (che cercherà rifugio all'estero per non essere arrestato) fu annientato e la democrazia cristiana cercò invano di riformarsi al suo interno dividendosi poi con il passare degli anni in partiti diversi. Ad aumentare il disorientamento la DC si trovò coinvolta non solo in inchieste sulla corruzione ma anche su sospette connessioni alla mafia nella persona di alcuni suoi esponenti di spicco, tra i quali anche Andreotti che qualche anno dopo sarà rinviato a giudizio per concorso in associazione mafiosa e mandante dell'omicidio del giornalista Mino Pecorelli. In questo clima si svolsero le elezioni legislative (aprile), i cui risultati sconvolsero la scena politica: di fronte al forte calo della DC e del PDS, di contro la Lega Nord, guidata da Umberto Bossi, ottenne l'8,5% dei voti. Il mutamento portò al cambio di governo e alle dimissioni anticipate di Cossiga. La scena politica era quindi particolarmente in movimento quando, il 23 maggio, Giovanni Falcone, uno dei magistrati maggiormente impegnati nella lotta alla mafia, venne ucciso con la moglie e tre uomini della scorta, in un attentato a Capaci, vicino a Palermo. Per superare il grave colpo inferto al cuore delle istituzioni, l'elezione del democristiano Oscar Luigi Scalfaro quale nuovo presidente (avvenuta due giorni dopo) sembrò una ripresa di solidità da parte dello Stato; nel mese successivo nacque un nuovo governo quadripartito (DC, PSI, PLI, PSDI) guidato dal socialista Giuliano Amato. Ma l'attacco mafioso non era ancora terminato e il 19 luglio un'altra strage uccise a Palermo il giudice Paolo Borsellino e la sua scorta. Mentre l'Italia veniva scossa dalle proteste sociali per l'onerosa manovra finanziaria in atto (volta al contenimento delle spese pubbliche), la democrazia cristiana abbandonava A. Forlani (inquisito per corruzione) e sceglieva come segretario Mino Martinazzoli.

I primi mesi del 1993 ebbero come protagonista l'inchiesta di "mani pulite" che con i suoi effetti portò alle dimissioni di cinque ministri in carica e alla richiesta di autorizzazione a procedere contro 75 parlamentari. Un ulteriore avanzamento delle riforme si ebbe in aprile con l'approvazione elettorale di otto referendum, i più importanti dei quali riformavano in senso maggioritario l'elezione dei senatori e abolivano il finanziamento pubblico dei partiti. Il risultato referendario sottolineò così l'insofferenza del paese nei confronti di un sistema politico corrotto e asfissiato dalla burocrazia e dal clientelismo; Amato si dimise e a capo del nuovo governo fu nominato Carlo Azeglio Ciampi, governatore della Banca d'Italia, che si pose come obiettivo il risanamento economico e il completamento della riforma elettorale. Nel giugno successivo le elezioni amministrative parziali evidenziarono ulteriormente il crollo della DC e del PSI., e il clamoroso successo della Lega Nord, che tra l'altro conquistò il comune di Milano. L'esecutivo proseguì comunque nella sua opera dando inizio alla privatizzazione delle grandi aziende pubbliche e firmando un importante accordo con i sindacati sul costo del lavoro; fu introdotto il sistema maggioritario uninominale con la correzione proporzionale del 25% dei seggi. Nel periodo estivo la tensione raggiunse l'acme con il coinvolgimento di ex ministri dell'interno in uno scandalo suo fondi neri dei servizi segreti e con lo scoppio di alcune bombe, attribuite a Cosa Nostra, a Roma, Firenze e Milano. La fine dell'anno vide il formarsi dei "club di Forza Italia", promossi dal Silvio Berlusconi, imprenditore in diversi settori operativi, che volle rappresentare la destra conservatrice avvicinando l'MSI di Gianfranco Fini che nel frattempo aveva assunto una direzione più centrista e che poco dopo cambierà la propria denominazione in Alleanza nazionale. La democrazia cristiana, valutati i risultati elettorali, dapprima nominò una commissione inquirente, poi, nel 1994, si sciolse e nacquero il partito popolare, il centro cristiano democratico e, in seguito, i cristiani democratici uniti.

Nel gennaio 1994 Ciampi si dimise da presidente del consiglio e furono indette elezioni anticipate fissate per il 27 marzo. In vista delle consultazioni sorsero, malgrado il logico bipolarismo atteso, tre grandi formazioni: il Polo delle libertà e del buon governo formato da Forza Italia, CCD, liberali dell'unione di centro, Lega Nord e Alleanza nazionale; il Polo progressista, composto da PDS, Rifondazione comunista, Verdi, Rete, PSI, Cristiano-sociali, Rinascita socialista e Alleanza democratica; il Polo di centro, comprendente PPI, Patto Segni di Mario Segni e PRI. Le consultazioni (marzo 1994), svoltesi con il nuovo sistema, videro la vittoria del Polo delle libertà (che ottenne la maggioranza assoluta alla camera e quella relativa al senato), un risultato dignitoso del Polo progressista (213 seggi alla camera e 122 al senato) e la grave sconfitta del Polo di centro. Berlusconi fu così incaricato di formare il nuovo governo, che entrò in carica nel maggio successivo avendo, per la prima volta nella storia repubblicana italiana, un ministro dell'Interno non democristiano (il leghista Roberto Maroni). Il 12 giugno si svolsero le elezioni per il rinnovo del Parlamento europeo che confermarono la forza della coalizione di governo. In seguito alle sconfitte elettorali si dimisero il segretario del PDS Occhetto (sostituito da Massimo D'Alema) e quello del PSI Ottaviano Del Turco (il partito si scioglierà ufficialmente pochi mesi dopo).

Il governo Berlusconi fu caratterizzato da una forte tensione sociale e da numerosi e ciclici conflitti, anche all'interno della stessa coalizione, specialmente sui temi della giustizia (emersero proposte di amnistia o di soluzione politica nei confronti dei corrotti) e delle telecomunicazioni (in cui risultava evidente il possibile inquinamento nelle scelte per gli interessi personali del capo di governo in questo settore). Proprio quest'ultimo argomento spinse infine la Lega a dissociarsi e a uscire dalla maggioranza provocando così la caduta del governo Berlusconi (dicembre 1994). Respinta l'ipotesi di nuove elezioni, Scalfaro assegnò l'incarico a Lamberto Dini, uscente ministro del tesoro, che formò nel gennaio 1995 un esecutivo di tecnici con un programma incentrato su quattro punti: manovra economica aggiuntiva, pari opportunità di accesso all'informazione in campagna elettorale, nuova legge elettorale per le regioni, riforma pensionistica). Nei mesi seguenti Berlusconi fu indagato per falso in bilancio e corruzione; l'economista Romano Prodi, già presidente dell'IRI, annunciò il proprio ingresso in politica proponendosi come leader della nascente coalizione di centro-sinistra, denominata in seguito "Ulivo"; il magistrato inquirente di "mani pulite" Antonio Di Pietro, ormai popolarissimo, lasciò la magistratura e molti cercarono di averlo nella propria formazione in vista delle elezioni anticipate che ormai si stavano annunciando. Nel frattempo la volontà di un accordo elettorale con il Polo delle libertà proposto da Buttiglione provava una spaccatura all'interno del suo partito e, dopo alcune vicende anche giudiziarie, i popolari si divisero: il neonato CDU di Buttiglione con il Polo delle libertà e il PPI guidato da Gerardo Bianco con la coalizione di centro sinistra. Il 23 aprile si svolsero così le elezioni amministrative che videro il successo del centro- sinistra (9 regioni su 15 e 65 province su 76), mentre le votazioni per 12 referendum, svoltesi l'11 giugno con un'affluenza particolarmente bassa (57%)., rappresentarono una vittoria per il centro-destra e in particolare per Berlusconi, che per il risultato di uno dei referendum poté mantenere le tre reti televisivi di sua proprietà. L'opera del governo Dini intanto era proseguita: l'Italia avanzava nella sua faticosa marcia vero il raggiungimento dei parametri economici richiesti per entrare nella futura Unione Europea e, alla fine del 1995, i quattro obiettivi che si era proposto furono raggiunti. Dini si dimise nel gennaio 1996 e, dopo un fallito tentativo di Antonio Maccanico di formare un nuovo governo, Scalfaro sciolse le camere e furono indette nuove elezioni per il 21 aprile. Dalla consultazione primaverile uscì vittoriosa la coalizione di centro-sinistra dell'Ulivo (PDS, PPI, Lista Dini e Verdi), guidata da Prodi, che si aggiudicò 284 seggi alla camera e 157 al senato. Tra le evoluzioni degli altri partiti si evidenziò maggiormente l'evoluzione secessionistica imboccata dalla Lega Nord di Bossi che, ribattezzando in Padania le regioni italiane settentrionali d'Italia e auspicando una loro "liberazione" da Roma, acutizzò il conflitto con lo Stato con manifestazioni e azioni dimostrative di indipendenza. Il 18 si insediò il governo Prodi, che poté valersi dell'appoggio esterno di Rifondazione comunista: per la prima volta dal 1948 la sinistra partecipò direttamente al governo, tra cui Giorgio Napolitano all'Interno; Ciampi, Dini e Di Pietro assunsero rispettivamente i dicasteri economici, degli Esteri e dei Lavori pubblici. Le elezioni amministrative successive confermarono sostanzialmente i risultati del 21 aprile e il lavoro del governo Prodi si concentrò nella prosecuzione del risanamento economico iniziato da Amato e proseguito da Ciampi e da Dini; lo sforzo fu coronato dal successo nel marzo 1998 con l'ammissione dell'Italia nell'Unione economica europea. Per tutto questo periodo, tuttavia, la maggioranza si trovò ciclicamente divisa per le posizioni intransigenti di Rifondazione Comunista, in particolare sulle questioni economiche legate all'approvazione delle leggi finanziarie e su quelle relative agli interventi militari italiani nelle vicine situazioni di crisi (Albania). Durante l'estate, inoltre, sorse una certa tensione per una serie di avvertimenti di tipo terroristico (pacchi postali contenenti ordigni esplosivi) messi in atto nei confronti di persone legate, chi nel dialogo chi nella repressione, con il movimento degli squatter. Tale movimento, nato con lo sviluppo dei centri sociali, raccoglie in sé differenti anime, da quella politicamente e socialmente impegnata a quella ecologica, a quella pacifista, a quella anarchica violenta. In autunno i rapporti all'interno della coalizione di governo si fecero sempre più tesi a causa delle contestazioni di Rifondazione comunista alla legge finanziaria; le stesse contestazioni però accentuarono anche i contrasti all'interno di Rifondazione tra la linea del presidente Cossutta, più disposto alla mediazione, e quella intransigente del segretario Bertinotti. La spaccatura si fece irrimediabile con la decisione di Bertinotti di sfiduciare il governo Prodi nel voto di approvazione della finanziaria e quella opposta dei cossuttiani di votare a favore. Uscito da Rifondazione comunista, Cossutta ha fondò un nuovo raggruppamento, il Partito dei comunisti italiani. Nonostante l'appoggio di questi ultimi il governo non ottenne la fiducia e Prodi dovette dimettersi. Fu così designato D'Alema, leader dei Democratici di sinistra (nuova denominazione del PDS) che formò un secondo governo di centrosinistra allargando la maggioranza alla neonata Unione democratica per la Repubblica di Cossiga (24 ottobre). La nuova coalizione (DS, PPI, Rinnovamento italiano, UDR, PDCI, Verdi, SDI), che aveva sollevato molte polemiche nei partiti all'opposizione in quanto alle precedenti elezioni Cossiga e i suoi sostenitori erano stati eletti nelle file del Polo delle libertà e non nell'Ulivo, ha poi avuto, nella sua composizione, un'influenza anche in varie giunte regionali all'interno delle quali sono mutati gli schieramenti. Alle elezioni amministrative di dicembre il centrosinistra ha mantenuto le sue posizioni, ma il dato più rilevante è stata l'indifferenza dei cittadini con un'astensione che ha registrato una flessione del 9% rispetto al primo turno. In ambito internazionale il governo D'Alema, che ha continuato sulla linea di integrazione in ambito europeo, ha dovuto far fronte al problema della lotta per l'indipendenza del popolo curdo, divenuto all'improvviso questione internazionale e in particolare europea. Nel novembre 1998 infatti, è entrato in Italia Abdullah Ocalan, leader curdo del PKK, che ha chiesto asilo politico. Mentre la Turchia ne reclamava l'estradizione in quanto ricercato con l'accusa di terrorismo (ma non ne garantiva un processo equo escludendo la pena di morte), l'Italia si è trovata in un impasse diplomatico e il problema è stato poi risolto con l'allontanamento clandestino di Ocalan dal territorio italiano. Nel frattempo le forze politiche italiane si erano contrapposte anche al loro interno su tale problema con questioni di principio e di legalità. L'anno nuovo ha visto il governo procedere su vari fronti, dalla discussione dei progetti di legge sulla fecondazione assistita, sui trapianti, sulla parità di trattamento tra scuola pubblica e privata alla firma del patto sociale, ai provvedimenti per fronteggiare la sempre più ampia immigrazione clandestina e contro l'aumento della violenza e della piccola criminalità nelle città, agli interventi per trovare risposta alle proteste degli agricoltori che si ritengono danneggiati dal piano agricolo comunitario. A marzo Prodi è stato designato presidente della Commissione europea. La primavera 1999 è stata ricca di appuntamenti elettorali: in aprile il referendum sull'abolizione o il mantenimento della quota proporzionale (25%) dei seggi alla camera è risultato nullo per il non raggiungimento del quorum necessario; il 13 maggio i parlamentari hanno eletto Ciampi nuovo presidente della Repubblica e, infine, l'elezione dei rappresentanti europei ha visto un netto avanzamento del centro-destra europeo. A turbare un clima politico interno relativamente tranquillo è intervenuto l'assassinio il 20 maggio di Massimo D'Antona, consigliere del governo al ministero del lavoro, artefice del patto sociale ed esponente del sindacato; la gravità del fatto consiste nella rivendicazione dell'agguato siglata dalla Brigate Rosse con un lungo documento che ha ricordato i modi e la tempestività degli anni di piombo. L'Italia inoltre si è trovata in prima linea nell'azione di guerra che la NATO ha messo in atto contro la Iugoslavia sia per l'appoggio alla stessa sia per l'importante sostegno logistico dato dalle basi in territorio italiano. Più volte su tale problema si sono sviluppate dinamiche all'interno della maggioranza che hanno fatto temere una crisi di governo, evitata però dal voto in Parlamento con mozioni e prese di posizione non sempre chiare. Rispetto alla questione balcanica l’Italia ha dato un apporto particolarmente significativo anche dal punto di umano, con la missione Arcobaleno (poi sottoposta ad inchiesta per il sospetto che sugli aiuti umanitari siano avvenute appropriazioni indebite non denunciate ma favorite dai responsabili della stessa), e con la partecipazione delle forze armate italiane dopo la fine delle operazioni in Kosovo alla missione di pacificazione dell’ONU (KFOR). Il delicato equilibrio della maggioranza ha continuato a caratterizzare anche gli ultimi mesi del 1999 aprendo una nuova crisi, in dicembre, legata alla votazione della finanziaria e alla definizione del premier in vista delle politiche del 2001; i continui dissapori tra i partiti dell’ampia coalizione, in particolare del gruppo del Trifoglio (con riferimento F. Cossiga) e socialisti in primis, hanno portato alle dimissioni di D’Alema, subito reincaricato da Ciampi a formare un nuovo esecutivo. La nuova maggioranza ha visto l’inserimento dei Democratici e l’appoggio esterno del Trifoglio con una lista dei ministri per buona parte riconfermata; il rientro della crisi non ha però alzato il grado di consenso popolare nei confronti di un governo litigioso e spesso diviso su questioni fondamentali e anche la figura del leader, che aveva spesso goduto di maggior apprezzamento della coalizione, ha iniziato ad offuscarsi. Negli ultime mesi del 1999 (ottobre) si era inoltre conclusa la vicenda giudiziaria di G. Andreotti con l’assoluzione dal processo che a Palermo lo aveva visto coinvolto per collusione mafiosa; la sentenza pubblicata alcuni mesi dopo lo ha dichiarato assolto per insussistenza del fatto specificando l’insufficienza delle prove a suo carico ma confermando in numerosi punti fondamentali l’impianto accusatorio. I primi mesi del 2000 sono stati segnati da una lunga campagna elettorale in vista delle amministrative di aprile, con la conferma o meno di alleanze sia a destra sia a sinistra; significativa per la prima il rinnovato accordo, nonostante i passati dissapori, tra il Polo delle libertà e la Lega Nord, mentre per la seconda da rilevare il nuovo cambiamento di fronte dello SDI che ha lasciato il Trifoglio per allearsi con i DS e la conferma dei Democratici. La sconfitta della coalizione di centro-sinistra nelle consultazioni del 16 aprile ha provocato una nuova e più profonda crisi nel governo D’Alema, e quest’ultimo, definitosi responsabile di tale crollo di consensi, ha dato le dimissioni, in questo caso irrevocabili. L’incarico di formare l’esecutivo è andato, nuovamente tra scontri e polemiche (come l’uscita di Di Pietro dai Democratici) a G. Amato, che ha in parte riconfermato i ministri del governo uscente con l’inserimento di alcuni tecnici come T. De Mauro all’istruzione e U. Veronesi alla sanità. Circa un mese dopo gli Italiani sono tornati alle urne per 7 referendum ed esprimersi su: rimborso delle spese elettorali, abolizione della quota proporzionale, elezione del CSM, separazione della carriera dei magistrati, incarichi estragiudiziali dei magistrati, disciplina dei licenziamenti, trattenute sindacali. I referendum fortemente sostenuti dai radicali, hanno sollevato pareri contrastanti all’interno delle due coalizioni; il leader di Forza Italia, S. Berlusconi, ha caldamente invitato a disertare le urne e così è stato fatto, la consultazione non ha ottenuto il quorum. Forte dell’affermazione alle amministrative, considerata una vittoria anche il fallimento dei referendum, l’immagine di Berlusconi è tornata a godere di grande popolarità. Il centro-sinistra ha cercato di far fronte alla situazione basandosi soprattutto sui successi dell’operato governativo, confermati da una notevole ripresa economica.