Diritto Giustiniano al Diritto Longobardo

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Dal diritto giustinianeo al diritto longobardo

La legislazione giustinianea, pur essendo destinata a tutto l'Impero, non ebbe applicazione in Italia sotto la dominazione gotica. Solo al termine della guerra gotica, nel 554, su petizione del pontefice Vigilio I, Giustiniano emanò un decreto (Pragmatica sanctio) con il quale estese a tutta l'Italia le sue leggi e ne impose l'osservanza. Esse rimasero però in vigore per poco tempo, poiché nel 568-569 l'invasione longobarda ne rese difficile l'applicazione nella parte d'Italia occupata, mentre la stessa complessità delle leggi romane ne rese inattuale l'applicazione anche nei territori rimasti sotto la dominazione bizantina. Si aprì allora in Italia il periodo della legislazione barbarica: a un'attività normativa già i Barbari s'erano dati specialmente durante la dominazione gotica ma tale legislazione aveva sempre trovato applicazione nei riguardi dei Germani e delle poche controversie in cui fossero parti un germano e un romano. Di tale attività normativa, che in parte ebbe luogo in Italia e in parte altrove, ma che influenzò quasi completamente l'assetto giuridico italiano, sono testimonianza la Lex Romana Visigothorum (v. BREVIARIO DI ALARICO ), la LexRomana Burgundionum la Lex Romana Utinensis e l'editto di Teodorico. Si tratta di complessi di norme la cui sostanza è in parte almeno barbarica; esse rispecchiano per lo più le vecchie tradizioni dei Barbari, mentre la lingua usata, il latino, tende a snaturare il rigore originario dei concetti che vengono costretti nelle più vicine fra le categorie del diritto romano. Le leggi romane dei Barbari, proprio per la loro rozzezza, trovarono vasta applicazione, perché più facile da applicare di quelle romane, dato il generale decadere della cultura che caratterizza l'alto medioevo.

Un'influenza più profonda ebbero le tradizioni giuridiche longobarde, nella redazione in latino che di esse fece fare Rotari nel 643; lo stanziamento di nuclei di Longobardi in varie zone italiane e il permanere fra essi di usi germanici per lungo tempo ebbe influenza snaturante nei riguardi della tradizione romana. Anche dal dominio franco si ebbe una qualche conseguenza sul piano giuridico: i capitolari franchi applicati in Italia e oggetto di qualche raccolta contenevano quasi sempre norme di diritto pubblico, ma non mancavano in essi anche aspetti privatistici. Il periodo barbarico, contraddistinto dall'adozione del principio della personalità della legge, vide regnare sul territorio italiano e coesistere le più disparate norme. Se pure in linea di principio ognuno doveva utilizzare la propria legge nazionale, e pertanto i Romani avrebbero dovuto servirsi della legge romana, i Longobardi della longobarda e così via, l'adozione di una determinata legge nazionale divenne ben presto uno degli espedienti per il raggiungimento di finalità che la propria legge originaria non consentiva. Così, sempre più le donne longobarde si professarono romane, per uscir dalla tutela che il diritto longobardo imponeva loro. Su questo diritto longobardo non mancò neppure una pur modesta attività di giuristi; la scuola di Pavia e quella di Mantova ci hanno lasciato qualche operetta di modeste finalità scientifiche e più apparenti finalità pratiche. In particolare nell'opera dei giuristi pavesi si distinguono due fasi, la prima intesa all'interpretazione del diritto longobardo secondo il ricordo dei vecchi usi germanici, la seconda tendente a utilizzare il diritto romano. Nel XII sec. il diritto longobardo era già in netto declino in tutta l'Italia settentrionale; restava in vigore solo nei ducati meridionali ove ancora sarebbe stato ricordato da Federico II come diritto comune di alcune collettività.