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Il 27 gennaio del 1945 le truppe sovietiche penetrano nel campo di concentramento di Auschwitz e liberano gli internati dalla cieca follia nazista; il 27 gennaio del 2003 si celebra in tutta Italia la terza Giornata della Memoria, momento di riflessione e di approfondimento della Shoah, il martirio del popolo ebraico, una ferita ancora aperta nel cuore della vecchia Europa. Il cinema, da sempre, guarda alla Storia e ai suoi protagonisti, reali o fittizi, come ad una sorgente inesauribile di fatti, personaggi e contesti dai quali trarre materia di narrazione e rappresentazione. Una rappresentazione del reale che per lo statuto stesso nel mezzo cinematografico è, comunque, da intendersi non come ri-produzione della realtà ma come produzione di una nuova realtà, la risultante tra una scelta estetica soggettiva (quella dell'uomo dietro la macchina da presa) e le immagini in movimento riprese dalla mdp. Di tutta la Storia (con la esse maiuscola), il cinema mostra da sempre una particolare attenzione nei confronti della Shoah, forse perché rappresenta il massimo archetipo del concetto di colpa individuale e collettivo; e nel 2002 il repertorio cinematografico sull'Olocausto si è arricchito di due ulteriori capitoli - Amen di Costa Gavras e Il pianista di Roman Polanski - e di tre nuove e paradigmatiche icone del dolore: Kurt Gerstein , chimico e ufficiale "pentito" delle SS, Riccardo Fontana, il giovane gesuita, di pura invenzione letteraria, vicino a Pio XII e Wladyslaw Szpilman, brillante pianista polacco sfuggito alla deportazione. Due film sui quali vale la pena soffermarsi per i notevoli elementi di originalità che presentano.
Dal punto di vista stilistico è interessante, da subito, rilevare come caratteristiche portanti la secchezza (quasi freddezza in Amen) e la natura assolutamente anti-retorica dell'impianto narrativo. I fatti, e gli stati d'animo vissuti dai protagonisti sono descritti in maniera asciutta, quasi senza enfasi per meglio coglierne il senso profondo dell'assurdo: l'assurdo di una crudeltà scomposta, cieca e brutale, che si scatena apparentemente senza una motivazione logica. La brutalità omicida degli aguzzini nazisti, ne Il pianista per esempio, che esplode senza preavviso, senza lasciare dietro di sé strascichi evidenti, magari semplicemente per una domanda mal posta.
Gianluca Casadei |
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