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Il pomeriggio...

 

 

Vagone di un treno, interno-giorno. Un uomo anziano e una giovane donna conversano seduti l'uno di fronte all'altro. Piano sequenza con carrello laterale: il regista ci mostra la varia umanità presente sugli altri scompartimenti del treno. La discussione è filosofica, il "professore", così verrà chiamato per tutto il film l'anziano signore, si interroga sulla causa ultima delle umane sofferenze: sul finestrino del treno, reso opaco dall'usura e dalla polvere, disegna un triangolo, simbolica rappresentazione di Dio, incarnazione divina delle sofferenze umane. Al centro del triangolo compare la sagoma di un personaggio che aspetta sulla passerella che costeggia i binari: il suo nome è Tandara, cittadino rumeno, e tutto il film si svolgerà nella sua poco rassicurante casa di campagna.
Oggi, in Romania, centinaia di ragazzi vivono di espedienti per le strade e nelle fogne di Bucarest, "tirando" di colla e rubacchiando qua e là; oggi, in Romania, decine di piccoli imprenditori del nordest italiano aprono stabilimenti o piccoli insediamenti produttivi, attratti dal bassissimo costo della mano d'opera locale; e sempre oggi, in Romania, viene pubblicata un'enciclopedia nella quale compaiono i nomi degli oltre 1700 torturatori del regime comunista di Ceausescu, dei quali, solo uno ha deciso di raccontare la propria terribile esperienza. Quest'unico superstite della barbarie è Tandara, quello che aspetta sui binari, un uomo sulla sessantina, dalla corporatura robusta e dall'aria schiva madai modi gentili ed accoglienti; l'uomo e la donna del treno sono, rispettivamente, un ex prigioniero politico vittima delle torture ma pacificato con il passato e con i suoi carnefici, e una giovane giornalista.
Il film, attraverso una narrazione caratterizzata dal sostanziale rispetto delle tre unità tragiche della Poetica di Aristotele, tempo, luogo e azione, descrive l'angosciata confessione della vita di questo "torturatore". Il regista Lucian Pintilie, già premiato a Venezia nel '98 per il film Terminus paradis, mette in scena il racconto degli orrori commessi dal protagonista nella propria vita a partire dall'infanzia, con l'educazione ricevuta in collegio e l'assassinio del padre autoritario e manesco. Nel rievocare episodi e personaggi cruciali del proprio passato questi ultimi si materializzano nel presente, in un'atmosfera onirica e visionaria, come accadeva al professor Isak Borg de Il posto delle fragole di Bergman. Ma fin dal principio la confessione presenta dei problemi: il registratore non funziona, Tandara parla troppo in fretta o troppo lentamente descrivendo i fatti in maniera a volte molto evasiva, la moglie di Tandara interviene per chiedere di smettere di torturare suo marito, il figlio tossico e alcolizzato lo minaccia assieme ad un gruppo di tifosi della nazionale di calcio che gli intimano di interrompere la confessione urlando slogan di stampo neo-fascista ed ultra-nazionalistico… Problemi che sembrano voler rappresentare metaforicamente, l'inerzia e le innumerevoli difficoltà che incontra oggi una nazione come la Romania nel fare, una volta per tutte, i conti con il proprio imbarazzante passato.
Ma il passato di Tandara, che è quello di un intero popolo, viene solo raccontato, evocato, assolutamente mai mostrato; e questa, a mio giudizio, sembra essere la scelta registica più interessante e significativa dell'intero film. A Pintilie non interessa (come invece interessava molto al Bechis di Garage Olimpo, ad esempio) ricostruire sul set i luoghi e le situazioni delle sevizie compiute dal protagonista: "L'orrore, afferma Pintilie, può solo tradursi in parole, il cui potere di attivare l'immaginazione è infinito". Ciò che gli preme maggiormente è scavare nell'animo del "torturatore" e metterne in luce da una parte la debolezza, la componente più oscura, quella che l'ha fatto divenire orribile strumento nelle mani del regime, e dall'altra, la mai del tutto rimossa umanità, che l'ha fatto pentire e che l'ha spinto a questa lucida quanto disperata confessione. 
Ma invisibili non sembrano essere solo i particolari delle torture; tale, a tutt'oggi, mi risulta essere il film stesso, presentato all'ultimo festival di Venezia e ancora non acquistato da nessun distributore italiano.

Gianluca Casadei
Cooperativa Fuorischermo - Cinema&Dintorni

TITOLO: L'APRES-MIDI D'UN TORTIONNAIRE - Il pomeriggio di un torturatore
Dal romanzo La strada per Damasco di Doina Jela
Regia e Sceneggiatura : Lucian Pintilie
Fotografia: Calin Ghibu
Scenografia e Costumi: Gloria Papura
Montaggio: Nita Chivulescu
Suono: Andrei Pap
Romania/Francia 2000
Con: Gheorghe Dinica, Radu Beligan, Ioana Macaria

 

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Aggiornato il: 01 novembre 2001