Il finanziamento delle chiese in alcuni paesi europei

A. Le forme basilari del finanziamento

Nei paesi considerati il finanziamento delle chiese presenta tre forme basilari. Queste forme esistono allo stato puro solo concettualmente; nella realtà, esse si intersecano e completano a vicenda.

1. Sistema della libera offerta. Questo sistema è tipico delle situazioni di separazione fra stato e chiesa (es. Francia, Paesi Bassi) o delle situazioni in cui una chiesa è decisamente minoritaria. In questo sistema sono i singoli fedeli a decidere se contribuire, a stabilire l'ammontare, e talvolta la destinazione, del loro contributo.

2. Sistema del contributo ecclesiale. Questo sistema è tipico delle situazioni di collaborazione fra stato e chiesa. La chiesa fissa autonomamente l'ammontare del contributo dei propri fedeli e lo incassa direttamente attraverso propri organi. Lo stato le presta assistenza legale (tribunali) in caso di mancato versamento del contributo. Oggi, di fatto il contributo viene fissato in modo puramente indicativo e si rinuncia all'assistenza dello stato per il suo ricupero forzoso. In Francia, ad esempio, si indica come contributo l'1-3% del reddito o l'equivalente allo stipendio di 1-3 giornate di lavoro; in Inghilterra e Galles, una somma equivalente a un decimo del reddito.

3. Sistema del contributo obbligatorio (tassa del culto). Questo sistema è tipico delle situazioni di collaborazione e mutua assistenza fra stato e chiesa. L'ammontare del contributo è rigidamente fissato sulla base della dichiarazione dei redditi e viene riscosso dallo stato, all'occorrenza in modo coercitivo.

A parte le forme indicate, il finanziamento delle chiese avviene anche sotto forma di proventi derivanti dai loro investimenti in beni mobili e immobili, spesso ingenti, da collette straordinarie, organizzate nel corso dell'anno e, in alcuni paesi (per es. l'Italia) dai cosiddetti "diritti di stola" (stipendi per la celebrazione delle messe o offerte "consuetudinarie" per la celebrazione di battesimi, matrimoni, funerali).

B. I finanziamenti nei paesi considerati

1. Austria

In Austria non esiste chiesa di stato. Le associazioni religiose che soddisfano certi criteri sono considerate associazioni di diritto pubblico. Fra la Chiesa cattolica e lo stato austriaco non esiste alcun concordato. Il rappresentante legale del patrimonio della diocesi è il vescovo e il rappresentante legale del patrimonio della parrocchia è il Consiglio parrocchiale.

Il sistema di finanziamento della chiesa austriaca è semi-statale. La chiesa incassa direttamente, a livello diocesano, il contributo dei propri membri (1,15% del reddito). Lo stato le presta assistenza per l'incasso forzato in caso di inadempienza (attualmente, circa 18.000 casi all'anno, su un totale di circa 30.000 abbandoni della chiesa). Sono previste riduzioni del contributo per le famiglie e per altre persone disagiate.

Il contributo obbligatorio rappresenta circa l'80% delle risorse finanziarie della chiesa. L'altro 20% è rappresentato da offerte e collette (a livello diocesano, ma soprattutto a livello parrocchiale), redditi da immobili, sovvenzioni dello stato o dei comuni per particolari iniziative.

L'allocazione delle risorse disponibile è gestita dal consiglio diocesano, formato da 5 sacerdoti e 10 laici nominati dal vescovo, in parte su proposta del consiglio pastorale. Il 10% dei contributi dei fedeli incassati dalle diocesi ritorna alle parrocchie. Il resto va in stipendi (circa il 55%), in spese per gli edifici di culto e del personale ecclesiastico, per gli uffici e le istituzioni diocesani, per le scuole e le istituzioni formative e in contributi sovradiocesani.

Le associazioni religiose giuridicamente riconosciute vengono trattate tutte allo stesso modo e ugualmente esentate dal pagamento delle imposte associative.

Gli stipendi degli insegnanti di religione e del personale delle scuole private sono pagati dallo stato. Lo stato elargisce dei contributi anche alle istituzioni caritative (asili, case di riposo, cronicari, ecc.), nonché ai cappellani militari, ecc.).

Entro un certo tetto i contributi a scopi fini religiosi o caritativi sono deducibili dalle tasse.

A livello sovradiocesano, le diocesi finanziano le istituzioni della conferenza episcopale, gli organismi ecumenici e il Vaticano (obolo di s. Pietro).

A finalità caritative interne e internazionali viene destinato circa il 10% dei contributi raccolti dalla chiesa. Gli aiuti ai paesi del Terzo Mondo sono assicurati da diocesi, parrocchie e congregazioni missionarie. Gli aiuti ai poveri e agli emarginati interni passano normalmente attraverso le Caritas diocesana e parrocchiale.

2. Belgio

In Belgio, la religione cattolica è finanziata dallo stato su base parrocchiale e in proporzione al numero dei residenti nella parrocchia (anche se i praticanti sono mediamente solo il 10%). I finanziamenti statali coprono i sussidi-stipendi del clero e le spese di gestione degli edifici e delle attività religiose.

I fabbricati della chiesa non sono sottoposti ad alcun controllo finanziario e ad alcuna richiesta amministrativa. La legge obbliga i comuni ad appianare i loro eventuali deficit. Esiste una notevole sperequazione finanziaria a livello di parrocchie: alcune sono molto ricche e altre molto povere.

Lo stato finanzia anche le capellanie militari (personale ed edifici) dei diversi culti riconosciuti; provvede ai fondi pensione per il clero, gli assistenti pastorali laici, i professori di religione.

Le congregazioni religiose cattoliche possiedono un consistente patrimonio mobiliare e immobiliare che sfugge persino alla conoscenza delle cancellerie vescovili.

Gli altri culti ricevono dei sussidi in base del numero dei loro fedeli (ma, globalmente, non più del 2% della somma ricevuta dalla Chiesa cattolica).

3. Francia

A parte tre dipartimenti (Mosella, Alto Reno e Basso Reno, dove vige un regime concordatario), in Francia non esiste chiesa di stato. Lo stato "non riconosce e non finanzia alcun culto". Le risorse finanziarie delle chiese provengono dalle offerte e donazioni spontanee dei fedeli, dalle collette domenicali, dagli stipendi per le messe, dalle offerte legate alla celebrazione di battesimi, matrimoni, funerali, dalle rendite di beni mobili e immobili e dal "contributo per la chiesa", fissato indicativamente a 1-3% del reddito o all'equivalente di 1-3 giornate di lavoro. Il versamento e l'ammontare di questo contributo è libero ed è riscosso in genere dalle parrocchie, che ne trattengono una parte in accordo con la diocesi.

Anche se la legge vieta il finanziamento dei culti, lo stato si comporta in modo elastico e pragmatico e finanzia di fatto certe realtà religiose: cappellanie (personale e strutture) dell'esercito, degli ospedali, delle prigioni); edifici di culto di importanza storica o turistica; pensione di vecchiaia e previdenza malattie dei ministri di culto; certe manifestazioni religiose comportanti dei risvolti civili; certi programmi religiosi radiofonici e televisivi...

Determinate istituzioni educative possono concludere dei contratti di associazione con lo stato, il quale paga gli stipendi degli insegnanti, in cambio di certe assicurazioni. Anche le università cattoliche ricevono delle sovvenzioni da parte dello stato, sempre in cambio di certe assicurazioni.

Le associazioni religiose, al pari di quelle a finalità umanitaria o cultuale, godono di un trattamento fiscale di favore (esenzione dalla tassa fondiaria, dalle tasse di successione, ecc.). Fino a un certo livello, i contributi destinati alle associazioni di pubblico interesse (comprese le chiese) sono detraibili dalle tasse.

Le diverse chiese godono di un identico trattamento in materia di finanziamento pubblico.

I beni della chiesa sono amministrati, a livello diocesano, da vescovo e, a livello parrocchiale, dal parroco. Sia a livello diocesano che a livello parrocchiale, si vanno diffondendo i consigli degli affari economici, con una crescente partecipazione dei laici.

Cresce il numero delle parrocchie che pubblicano resoconti consuntivi e anche bilanci preventivi. Nel 1990 la Chiesa cattolica ha pubblicato per la prima volta il suo bilancio nazionale.

Le maggiori spese della chiesa sono quelle riguardanti il personale (circa 20.000 persone).

Le comunità si interessano poco alle questioni economiche, che restano in mano al clero. I fedeli non sanno in genere né da dove vengono né dove vanno i soldi. Nella gestione delle risorse ecclesiali c'è ancora poca trasparenza e democrazia.

Certe diocesi aiutano le diocesi più povere. Nonostante le apparenze e una convinzione piuttosto diffusa nell'opinione pubblica, la chiesa cattolica francese è povera. Essa finanzia anche il Vaticano attraverso l'obolo di s. Pietro (10 milioni di franchi).

In Francia, l'attività umanitaria e le iniziative di solidarietà non entrano in linea di principio nel bilancio della chiesa in quanto tale e questo perché la legge francese limita la sua attività al campo puramente cultuale. Comunque certe diocesi hanno creato dei servizi di solidarietà a favore sia dei poveri ed emarginati interni sia delle necessità delle chiese povere del Terzo Mondo e dei paesi in via di sviluppo.

4. Germania

In Germania non esiste chiesa di stato. Le chiese cattolica, protestante e vecchio-cattolica e la comunità ebraica sono "associazioni di diritto pubblico". E' tuttora in vigore il concordato stipulato nel 1933 fra Hitler e la Santa Sede. Per le chiese di cui sopra lo stato si incarica della riscossione della "tassa del culto", all'occorrenza anche in modo forzato mediante procedura giudiziaria.

Le risorse della Chiesa cattolica provengono per circa l'80% dalla tassa del culto, per circa il 10% da proventi dei beni patrimoniali, per circa il 10% da sovvezioni pubbliche e per circa 1% da collette.

Lo stato tedesco mantiene certe istituzioni centrali (per esempio, vescovo militare e cappellani militari), paga gli stipendi dei vscovi, dei professori di teologia, degli insegnanti di religione nelle università e nelle scuole pubbliche e private. Gli stipendi di eductori-educatrici degli asili infantili, del personale di molti ospedali, delle case di riposo, dei consultori sono assicurati da un finanziamento misto, con un'elevata partecipazione da parte dello stato. Anche i costi del mantenimento degli edifici di culto, dei monumenti religiosi ecc., sono spesso sostenuti dallo stato.

Le chiese libere e le altre associazioni religiose minori (es. islam) non ricevono alcun finanziamento dallo stato. A volte sono loro stesse a non volerlo.

Le chiese godono di certi vantaggi fiscali (per esempio, esenzione dal pagamento della tassa fondiaria, delle spese inerenti a processi civili). I contributi dati alle chiese sono deducibili dalle tasse.

Le risorse finanziarie sono gestite, a livello diocesano, da un consiglio degli affari economici diocesano, composto da membri in parte eletti e in parte nominati dal vescovo e da esperti e, a livello parrocchiale, dal consiglio amministrativo, composto con gli stessi criteri del consiglio diocesano.

La partecipazione dei laici varia da diocesi a diocesi, ma in genere è assicurata.

In linea di principio, il controllo sulla gestione delle risorse della chiesa è possibile, ma i bilanci non sono sempre dettagliati e trasparenti. Le decisioni veramente importanti sono prese a livello diocesano senza alcun coinvolgimento dei comuni fedeli.

L'opinione pubblica non si interessa di queste faccende; i partiti politici ne stanno alla larga per timore di di alienarsi i loro elettori.

La Chiesa cattolica tedesca finanzia con una certa generosità gli organismi sovradiocesani, gli organismi internazionali e le chiese dei paesi poveri. Nella diocesi di Limburg, ad esempio, nel 1992 l'11% delle spese ha riguardato strutture sovradiocesane e soprattutto progetti nel Terzo Mondo.

Dei poveri ed emarginati, sia interni che internazionali, si occupa in genere la Caritas, la quale riceve notevoli sovvenzioni dallo stato e costituisce una sorta di multinazionale della carità. In genere, opera bene.

5. Inghilterra e Galles

In Inghilterra e Galles, la Chiesa di Inghilterra (anglicana) è chiesa di stato. I vescovi di questa chiesa vengono nominati dal primo ministro. Non esiste alcun concordato fra la Santa Sede e il Regno Unito, anche se recentemente sono state stabilite reciproche relazioni diplomatiche.

Le altre chiese (quindi anche quella cattolica) sono considerate e trattate alla stregua di ONG (organizzazioni non governative). Le loro relazioni con lo stato sono regolate da norme specifiche e lo stato non intende interferire nella loro attività interna.

Lo stato continua a versare delle somme alla Chiesa cattolica come risarcimento dei beni di quest'ultima trasferiti in passato alla Chiesa di Inghilterra.

Tutte le chiese (compresa la Chiesa di Inghilterra) dipendono dalle libere offerte settimanali dei loro membri (in genere, poca cosa), dai contributi obbligatori (in genere, un decimo del reddito nelle chiese evangeliche, meno in quella cattolica), dal finanziamento pubblico, da altre fonti di reddito (terreni, investimenti; meno nel caso della Chiesa cattolica, che è stata riammessa legalmente solo nel 1829).

In Inghilterra, nessuna chiesa riceve finanziamenti governativi diretti. Lo stato contribuisce comunque in vari modi al finanziamento delle attività delle chiese: mantenimento e restauro di edifici considerati di interesse storico; sussidi all'educazione cattolica e alla conservazione degli edifici scolastici attraverso alcune scuole di stato cattoliche (nella percentuale del'85%); stipendi versati ai sacerdoti e ai religiosi impegnati come cappellani nelle prigioni e nelle forze armate; salari di determinati impiegati nelle case per l'infanzia tenute da cattolici; un bonus del 29% per le charities cattoliche (ordini religiosi, ONG cattoliche con finalità caritative: alloggi, alleviamento della povertà, Terzo Mondo).

Tutte le confessioni religiose, sia chiese cristiane che organizzazioni religiose non cristiane, godono di un identico trattamento da parte dello stato, eccetto forse la comunità musulmana che lotta da tempo per vedere riconosciuto il suo diritto al finanziamento statale delle proprie scuole (nella misura dell'85%).

I contributi dei fedeli non sono deducibili dalle tasse, ma in certi casi (esempio lasciti in caso di morte) le donazioni alle charities godono di un trattamento fiscale di favore.

L'attività delle charities è rigidamente supervisionata dalla Charity Commission, che controllavaluta l'impiegno dei fondi raccolti. La Commissione non esercita tuttavia lo stesso rigido controllo sull'operato delle chiese, dando in qualche modo per scontata l'esistenza di validi sistemi di controllo al loro interno.

A livello nazionale, le risorse finanziarie sono gestite dalla Conferenza episcopale mediante comitati controllati esclusivamente dai vescovi. La Conferenza finanzia le conferenze nazionali e internazionali, i consigli ecumenici, il Consiglio ecumenico delle chiese, le pubblicazioni volte a far conoscere la religione cattolica, due giornali cattolici e, in una misura che non è dato conoscere, la Santa Sede (obolo di s. Pietro).

Sia a livello nazionale che a livello parrocchiale le comunità cristiane finanziano le chiese del Terzo Mondo, le missioni, i progetti di sviluppo o direttamente o attraverso agenzie specifiche. I fondi destinati a questi scopi vengono raccolti separatamente da quelli destinati al mantenimento della parrocchia e della diocesi.

Ogni diocesi (non le parrocchie) ha lo statuto giudirico di charity. Le sue risorse sono amministrate dal vescovo con il suo consiglio, e anche indipendentemente da esso.

A livello parrocchiale, il vescovo agisce attraverso il parroco che lo rappresenta. I parroci amministrano i beni della chiesa personalmente o si fanno aiutare da consiglieri, a volte persone scelte al di fuori della parrocchia o addirittura non cattoliche. I parroci tendono in genere a scegliersi persone fedeli e in linea di principio favorevoli alle loro decisioni in materia di gestione dei fondi.

I fondi per i poveri e gli emarginati sono raccolti in genere a livello delle parrocchie attraverso particolari collette. Ma normalmente le parrocchie e le diocesi fanno attenzione alle loro necessità e alla possibilità di pagare i loro non di rado ingenti debiti.

6. Italia

In Italia non esiste chiesa di stato, ma la Chiesa cattolica gode di un'indiscussa condizione di privilegio. Mentre fra lo stato e la Chiesa cattolica esiste un concordato, rinnovato nel 1984, fra lo stato e le altre confessioni cristiane esistono delle intese costituzionali.

La maggior parte delle risorse finanziarie della Chiesa cattolica proviene dal finanziamento pubblico, laddove le altre confessioni cristiane dipendono maggiormente dal libero contributo dei loro fedeli, avendo scelto di non usare il contributo statale per le spese interne dell'organizzazione religiosa.

A livello nazionale, la Chiesa cattolica riceve ogni anno una quota pari all'otto per mille dell'IRPEF (imposta sulle persone fisiche), sulla base delle scelte operate dai contribuenti in sede di dichiarazione dei redditi. Nel 1997, la percentuale delle scelte è andata per il 73% (pari a oltre 1400 miliardi di lire) a favore della Chiesa cattolica, per il 19% a favore dello stato e per il 7% complessivamente a favore delle altre confessioni cristiane.

Inoltre, la Chiesa cattolica riceve annualmente sotto varie forme contributi statali per oltre 1000 miliardi di lire: stipendi degli insegnanti di religione nelle scuole statali; stipendi per cappellani militari, ospedalieri e carcerari; finanziamenti a livello diocesano e parrocchiale sotto forma di sovvenzioni occasionali per l'edilizia religiosa e altre attività pastorali o sociali. Le libere offerte dei fedeli sono piuttosto modeste (40-45 miliardi di lire) rispetto al gettito dell'otto per mille.

Le offerte destinate alle diverse istituziioni religiose sono detraibili dalla tasse fino a un tetto massimo di 2 milioni di lire.

Le attività assistenziali (ospedali, centri assistenziali, case di riposto...) assicurate dalle organizzazioni religiose beneficiano di finanziamenti pubblici sotto forma di convenzioni con le istituzioni pubbliche, nazionali e locali.

Lo stato non finanzia direttamente le scuole private e quindi neppure quelle confessionali (permesse dalla costituzione "senza oneri per lo stato"). Ma di fatto le scuole private sono sovvenzionate in vari modi dallo stato attraverso le regioni e i comuni.

A livello nazionale, la gestione dei fondi è assicurata dalla Conferenza episcopale attraverso Ufficio centrale per il finanziamento del clero, che stipendia sacerdoti e vescovi e gestisce, mediante altri uffici, la parte di fondi destinati all'assistenza in Italia e all'estero, alla costruzione di nuove chiese e alle attività pastorali.

A livello diocesano, la gestione è assicurata dal vescovo attraverso l'Ufficio diocesano, coadiuvato a volte da un consiglio economico,

In assenza di bilanci dettagliati e pubblici a tutti i livelli la gestione è praticamente insindacabile. I rari bilanci sommari presentati da certi vescovi e parroci mirano quasi esclusivamente a "piangere miseria" e a stimolare una maggiore generosità da pare dei fedeli. Questa mancanza di trasparenza è tipica della Chiesa cattolica, poiché le altre confessioni cristiane rendono pubblici i bilanci e coinvolgono le rispettive comunità nella gestione degli affari economici.

La Chiesa cattolica sovvenziona la Santa Sede attraverso le curie diocesane più ricche, gli ordini e le congregazioni religiose e l'obolo di s. Pietro. Le altre confessioni contribuiscono a finanziare nei limiti delle loro possibilità gli organismi sovranazionali e il Consiglio ecumenico delle chiese.

Il coinvolgimento a favore dei paesi del Terzo Mondo è sentito e diffuso in tutte le chiese. La Chiesa cattolica destina a tale scopo quasi un terzo delle somme annuali erogate dallo stato sotto forma di otto per mille e un altro terzo alle attività assistenziali interne, in particolare attraverso la Caritas. A livello nazionale, diocesano e parrocchiale esistono motli gruppi di volontariato impegnati nell'assistenza ai poveri e agli emarginati.

Le chiese evangeliche destinano alle attività assistenziali la maggior parte delle somme derivanti dal finanziamento pubblico, oltre alle risorse raccolte direttamente.

Questi finanziamenti sono proporzionati e raggiungono in genere lo scopo, anche se una parte si perde (necessariamente?) nei rigagnoli burocratici della gestione di questi fondi.

7. Paesi Bassi

Nei Paesi Bassi non esiste chiesa di stato. Non esistono concordati fra lo stato e le chiese (compresa quella cattolica). Vige una totale libertà di religione e le chiese sono tutte ugualmente soggette alle leggi dello stato (nessun favoritismo e nessuna discriminazione).

Le risorse finanziarie delle chiese provengono esclusivamente dalle libere offerte dei fedeli (nessun contributo ecclesiale obbligatorio e nessun contributo pubblico).

Lo stato finanzia le istituzioni e le attività di interesse generale (quindi anche le scuole private, fra cui l'Università cattolica di Nimega e Tilburg e l'Università libera di Amsterdam, richiedendo ovviamente certe condizioni ed effettuando certi controlli), il restauro di chiese antiche e monumenti, le strutture di pubblica utilità, anche religiose (es. la costruzione di una moschea-centro socioculturale, nel quadro della sua politica delle minoranze).

I contributi versati alla chiesa (come quelli versati ai partiti e ad associazioni filantropiche) sono fiscalmente deducibili.

Non esiste alcuna gestione delle risorse finanziarie delle chiese a livello nazionale. Ler risorse sono gestite a livello diocesano-provinciale (consiglio del vescovo) e a livello locale (consiglio parrocchiale, caritas, diaconia). Questi consigli sono formati essenzialmente da laici, che hanno capacità decisionale.

Le parrocchie cattoliche versano contributi al vescovo per le spese generali e anche al Vaticano (obolo di s. Pietro). I meccanismi e l'ammontare di questi contributi non sono noti.

Per i poveri e gli emarginati, interni e internazionali, esistono, a livello nazionale, numerose istituzioni caritative e assistenziali e, a livello locale, le caritas.

Sia i fedeli che l'opinione pubblica si interessano poco delle questioni finanziarie. A parte qualche eccezione nel caso della Chiesa cattolica, la gestione delle risorse delle chiese è sufficientemente democratica, per cui non si richiedono particolari riforme.

8. Scozia

Anche se la Chiesa di Scozia (presbiteriana) è considerata "chiesa nazionale", fra lo stato e le chiese (compresa quella cattolica) non esistono concordati.

Le risorse finanziarie della Chiesa cattolica provengono dalle libere offerte dei fedeli e dalle rendite dei beni mobili e immobili posseduti dalla Conferenza episcopale o dalle singole diocesi.

La diocesi e la parrocchia hanno lo status di charity, per cui possono ottenere dallo stato un bonus sulle donazioni regolari, quando il singolo contribuente sottoscrive un accordo garantendo di offrire annualmente una determinata somma alla chiesa.

Nel 1918 lo stato ha nazionalizzato gli edifici scolastici delle scuole cattoliche, assumendosi l'onere di finanziare le scuole private cattoliche (edifici, insegnanti, materiale didattico) richieste localmente da un certo numero di genitori. Le autorità ecclesiastiche conservano certi diritti in queste scuole (adeguatezza dell'insegnamento religioso, nomina degli insegnanti...).

In genere le chiese sono trattate tutte allo stesso modo. Esiste una qualche disparità di trattamento solo nei riguardi delle comunità musulmane.

La gestione delle risorse è controllata dal clero (vescovo e parroco), a volte con un certo centralismo e una certa segretezza. Comunque sia i fedeli che l'opinione pubblica si interessano poco delle faccende economiche delle chiese. Sono rari i consigli degli affari economici sia a livello diocesano che a livello parrocchiale. Là dove esistono, i consiglieri sono scelti in genere in base alla loro provata "lealtà" nei riguardi del vescovo o del parroco. La pubblicazione dei resoconti è lasciata spesso al buon volere del vescovo o del parroco. Sono sommari e contengono quasi sempre le informazioni che i loro estensori ritengono possano "interessare" i fedeli.

Per i poveri e gli emarginati si raccolgono fondi in una particolare domenica dell'anno. I fondi sono destinati direttamente agli scopi per i quali vengono raccolti; a volte, soprattutto in passato, hanno subito una ritenuta del 28% per scopi non del tutto chiari.

Esiste un Fondo di aiuto internazionale per l'assistenza e il finanziamento di progetti nei paesi in via di sviluppo e per l'aiuto alle chiese dei paesi poveri. Le somme erogate in materia sono comunque ben al di sotto dell'impegno espresso a parole dalle chiese.

9. Svizzera

In Svizzera non esiste chiesa di stato. Le chiese (compresa quella cattolica) sono associazioni di diritto pubblico. In materia di rapporti stato-chiese ogni cantone possiede un proprio regolamento, votato dalla popolazione del cantone.

In tre cantoni esiste una netta separazione fra stato e chiesa. Negli altri, lo stato riscuote la tassa del culto per conto della chiesa (nel cantone di Ginevra, il contributo per il culto è libero). La tassa del culto è riscossa in base alla dichiarazione dei redditi e rappresenta mediamente il 5-6% delle imposte versate.

Nel cantone di Zurigo, ad esempio:

- lo stato riscuote la tassa del culto solo per la chiesa riformata, la chiesa cattolica e la chiesa cristiana cattolica, non per le altre chiese;

- le chiese, le fondazioni e le istituzioni senza scopo di lucro sono esentate dalle tasse;

- ogni comunità ecclesiale riceve un piccolo contributo dallo stato;

- i contributi versati alle chiese riconosciute e agli enti di beneficienza sono deducibili dalle tasse;

- le scuole cattoliche, le istituzioni giovanili, i cappellani degli studenti, i cappellani degli ospitalieri, ecc. non ricevono finanziamenti dallo stato, ma si finanziano con la tassa del culto;

- le organizzazioni non cristiane non ricevono finanziamenti pubblici.

La Conferenza episcopale svizzera e le diocesi attuano una certa perequazione finanziaria e finanziano gli organismi sovradiocesani e internazionali.

A livello parrocchiale, il consiglio della fondazione, che possiede e amministra gli edifici ecclesiastici, le tasse del culto e le offerte, è costituito secondo il Diritto canonico (è composto dal parroco e da laici nominati dal vescovo su proposta del parroco). I suoi bilanci vengono in parte pubblicati.

Il consiglio economico della comunità cristiana amministra i fondi della comunità: paga gli stipendi degli impiegati della chiesa (parroco, organista, cuoca, ecc.) e decide quanto versare alle istanze superiori (conferenza episcopale, istituzioni sovradiocesane, Roma). I membri del consiglio economico sono eletti dalla comunità, alla quale sottopongono annualmente i bilanci in vista della loro approvazione.

La Svizzera raccoglie annualmente fondi (quaresima) per i poveri, gli emarginati, gli interventi a favore delle chiese povere e dei paesi del Terzo Mondo. Nel 1994, sono stati raccolti fondi per 23000 000 franchi, 13644 000 dei quali sono andati a progetti all'estero.

Le risorse finanziarie delle chiese sono destinate a diminuire stanti le minori entrate della tassa del culto in seguito a riduzione degli stipendi, disoccupazione e abbandoni delle chiese.

C. Problemi emergenti

1. Austria

Si lamenta il dispendioso apparato di riscossione delle tasse da parte della chiesa. Alcuni preferirebbero delegare la raccolta allo stato; altri preferirebbero un diverso sistema di prelievo, ad esempio il 2% sulle entrate fiscali dello stato (un sistema simile a quello italiano).

Si criticano, in particolare, la fissazione del contributo (1,15%) e il perseguimento giudiziario in caso di inadempienza.

Alcuni gruppi hanno presentato una Proposta di riforma del sistema di finanziamento della chiesa basata su tre richieste fondamentali:

- rinuncia a ogni forma di contributo forzato (libertà religiosa);

- possibilità di effettiva destinazione del proprio contributo, in base ai principi della perequazione delle risorse e della sussidiarietà, per ovviare al centralismo amministrativo e alla sperequazione esistente a livello di diocesi e parrocchie;

- votazione del budget diocesano da parte del consiglio pastorale (trasparenza e corresponsabilità).

2. Belgio

Si lamenta una pressoché totale segretezza e mancanza di trasparenza in materia di finanze ecclesiastiche.

Mentre i due partiti cattolici sono favorevoli al mantenimento dello status quo, altri partiti politici vorrebbero introdurre una nuova formula: un'imposta attribuita da ogni contribuente al culto, all'associazione caritativa o all'organismo non governativo di sua scelta.

3. Francia

Certe associazioni cattoliche sono sospettate di fungere da copertura per permettere alla Chiesa cattolica di ricevere le sovvenzioni pubbliche, che sono vietate dalla legge.

La gestione dei beni è ancora in gran parte nelle mani dei vescovi e dei parroci. Poche diocesi pubblicano bilanci e resoconti dettagliati. DLE chiede da anni una maggior trasparenza e partecipazione dei laici.

4. Germania

Si lamenta la necessità di dover dichiarare formalmente la propria uscita dalla chiesa ("scomunicarsi da se stessi") per non pagare la tassa del culto, con la conseguente esclusione dalla ricezione dei sacramenti e dalla partecipazione agli organi laicali della chiesa. Si chiede di poter dare il proprio contributo alla chiesa anche al di fuori del sistema statale della tassa per il culto.

Le elezioni ai consigli diocesani e parrocchiali sono solo formalmente democratiche. Infatti, si può votare solo nella propria comunità di residenza, per cui se ci si trasferisce altrove si perde il proprio diritto.

La chiesa e soprattutto la Caritas tendono a discriminare e licenziare i lavoratori e le lavoratrici non graditi: separati risposati, omosessuali, sostenitori di una legislazione liberale in materia di aborto, ecc.

5. Inghilterra e Galles

Si lamenta una scarsa trasparenza in materia di entrate e spese sia nelle parrocchie che a livello diocesano. L'informazione dipende spesso da ciò che il vescovo o il parroco, unici responsabili di fronte alla legge, vogliono rivelare. Il potere finanziario del vescovo è assoluto e i sacerdoti, a livello di parrocchia, si considerano suoi esecutori.

Si chiede un sistema di informazione e controllo interno sulle spese. La Chiesa cattolica è unica quanto a emarginazione dei propri membri.

6. Italia

Si lamenta un trattamento di favore nei riguardi della Chiesa cattolica.

Si chiede un maggiore coinvolgimento della comunità nell'amministrazione dei fondi e una maggiore trasparenza a tutti i livelli.

Tranne la Chiesa cattolica, le altre confessioni cristiane hanno dibattuto a lungo se accettare o meno il finanziamento pubblico secondo la formula dell'otto per mille. La votazione a favore, quando è avvenuta, è stata sempre di stretta misura. L'Unione delle comunità battiste ha deciso di rifiutare il finanziamento. Varie associazioni di base (Comunità di base, Noi siamo chiesa, ecc.) propongono di abolire l'attuale forma di finanziamento basata sulla spartizione dell'otto per mille, lasciando solo la forma delle detrazioni fiscali ed equiparando le istituzioni religiose a tutte le altre organizzazioni che già ne fruiscono o potrebbero fruirne in avvenire.

7. Paesi Bassi

Si lamenta l'assenza di democrazia nella Chiesa cattolica, non tanto a livello di gestione delle risorse finanziarie, ma in generale.

8. Scozia

Si lamenta una scarsa informazione sulle operazioni finanziarie delle chiese e sulla gestione dei fondi. Le informazioni sono sommarie e quasi sempre finalizzate a stimolare una maggiore generosità dei fedeli. I mezzi economici sono gelosamente custoditi da vescovi e parroci.

Ma il problema della scarsa trasparenza circa l'uso dei fondi e la mancanza di controllo da parte dei fedeli sono sintomi di un disagio più profondo. Nonostante il concilio Vaticano II, il Codice di diritto canonico continua a considerare la chiesa come un'organizzazione gerarchica mondiale, che ha il proprio capo a Roma e i propri funzionari (vescovi, in subordine preti) sparsi in tutto il mondo. In tal modo si tende ad attribuire un potere assoluto al vescovo e, in subordine, al parroco.

9. Svizzera

Si lamenta il non riconoscimento delle altre associazioni religiose e si richiede il diritto di votare ed essere votati anche per tutti i membri della chiesa (non solo per i cittadini svizzeri).

N.B. I resoconti dei vari paesi non tengono conto delle risorse finanziarie e dei beni immobili degli ordini e delle congregazioni religiose. Alcune risposte accennano alla necessità di esplorare anche questo capitolo, che sembra molto importante in termini quatitativi.