Testimonianza di Franca Passoni
La
Spezia 1 Maggio 2003
Da
tempo mi ero promessa di scrivere quanto era successo a me e alla mia famiglia
così colpita nell’intimo dal movimento neocatecumenale. Il mio cervello ha
registrato sensazioni, parole, fatti, immagini che ora hanno urgente bisogno di
una struttura e di una collocazione.
La mia storia inizia con un evento apparentemente senza importanza: l’arrivo di un nuovo parroco nella nostra parrocchia ovvero la Parrocchia della S. Famiglia della Spezia. La mia famiglia, attiva e partecipativa alla vita della Parrocchia, accolse all’epoca il nuovo parroco con grande entusiasmo anche perché tale posizione era rimasta vacante per un po’ di tempo e ciò non poteva che nuocere ad una parrocchia che, al tempo, era considerata una tra le più grandi e popolose di anime della città. Io ero iscritta all’Azione Cattolica, mia nonna Marta frequentava la S. Vincenzo, mia madre partecipava da sempre alla messa domenicale, insomma sicuramente potevamo definirci non soltanto una famiglia “cattolica in senso tradizionale” (cattolici della domenica), ma anche una famiglia praticante. Ricordo molto bene gli insegnamenti di mia madre e mia nonna che non permettevano a nessuno di noi di addormentarsi senza prima aver recitato le preghiere della sera, ricordo le novene in preparazione del Santo Natale durante il periodo dell’avvento, ricordo le celebrazioni quotidiane e il Rosario durante il mese mariano, ricordo la chiesa stipata di bambini come me che occupavano le prime panche, ricordo l’oratorio che rappresentava una valida alternativa, sul modello salesiano, alla strada sempre temibile e pericolosa nei quartieri popolari. E poi ancora ricordo le piccole suore della Sacra Famiglia e la loro operosità, il loro modo sapiente di trattarci. Poi……..poi è arrivato don Devoto e tutto è cambiato. Sono spariti i bambini dalle prime panche, il movimento dell’Azione Cattolica è stato disintegrato nella mia parrocchia, l’oratorio si è svuotato, le stesse Piccole Suore della Sacra Famiglia avevano difficoltà a fare catechismo (non erano ben viste dal Parroco) Ricordo le sue prediche che comunicavano e comunicano tuttora, una sensazione di morte e disperazione, una visione pessimistica e tetra dell’uomo, oserei dire quasi calvinista, un continuo e martellante richiamo ai peccati a sfondo sessuale. Tutti noi uscivamo da messa con una sensazione di infelicità nuova: era così diverso. Un giorno andai a confessarmi da Don Devoto, avevo soltanto sedici anni e fu una esperienza terribile. Dapprima mi limitai ad elencare i mie peccati, poi subii un vero e proprio interrogatorio, una raffica di domande minuziose e dettagliate sulle mie esperienze sessuali, su quello che facevo e non facevo con il mio fidanzato di allora. Rimasi sconvolta anche perché di alcune cose non conoscevo l’esistenza. Fu proprio in quel periodo che iniziai per la prima volta nella mia vita ad udire il termine “neocatecumenale”. Nella mia parrocchia iniziarono ad insediarsi stabilmente le prime comunità, i primi cicli di annuncio “catechesi per adulti”. Alcune volte durante la messa domenicale intervenivano i catechisti di Pontemoli che invitavano a partecipare alle Catechesi serali. Il kerigma cadde nel vuoto per me e mia sorella Anna, profondamente disturbate dalla figura di Don Devoto così “ambigua”, ma fu accolto da mio fratello Pierluigi, il più piccolo, il più puro, soprannominato per il suo sorriso “sorriso francescano”. Al tempo aveva soltanto quindici anni e un carattere sicuramente timido e introverso. Mia madre di fronte alla garanzia parrocchiale non si oppose alla scelta di Pierluigi e permise al figlio di frequentare il “catechismo” con gioia. Proprio a questo punto si consumò il primo inganno che viene tutt’oggi perpetrato dalle comunità neocatecumenali: nessuno disse a mia madre che le catechesi per adulti a cui Pierluigi partecipava, non erano incontri di catechismo “tradizionale”, bensì il cammino neocatecumenale. E’ possibile che, ancora oggi, dato che lo statuto neocatecumenale approvato permette di entrare nel cammino all’età di tredici anni, le madri non possano decidere con coscienza per i propri figli perché continuamente ingannate sull’identità reale di questi incontri di catechismo? Possibile che ad oggi qualsiasi movimento e, quando dico qualsiasi intendo spaziare dall’ Azione Cattolica, ai focolarini, agli scout, persino se vogliamo osare, ai comitati marxisti - leninisti, permette di essere identificato e inquadrato, tranne il movimento neocatecumenale di Kiko che, ad oggi, recluta adepti celando la sua identità?? Ancora oggi quando passo davanti alla parrocchia di Romito Magra qui a La Spezia e vedo lo striscione di grandezza spropositata sopra la porta della Chiesa con scritto “CATECHESI PER ADULTI OGNI LUNEDì E GIOVEDI’ ORE 21.00” provo una stretta al cuore, perché penso alle mamme che mandano i figli a catechismo, magari con serenità e gioia perché evitano le discoteche, non sapendo che i figli entreranno nel movimento neocatecumenale.
Ma
ahimè, andiamo avanti con la cronistoria perché c’è ancora molta strada.
Nella
mia famiglia sia io che i miei fratelli abbiamo studiato musica. La mamma
mandava tutti e tre a lezioni private successivamente, quando avevamo preparato
un esame, lo sostenevamo ad un conservatorio di stato. Io ho studiato il
pianoforte, mio fratello Pierluigi ha studiato il violino e mia sorella Anna il
canto. La chiave di volta della storia fu proprio il violino di Pierluigi. Già
perché mia mamma aveva appena acquistato un “buon violino” affinché lui
potesse “suonare meglio” ed esercitarsi. Pierluigi era entusiasta, l’aveva
scelto, aveva il suono che a lui piaceva, era bello…insomma era il suo violino
e lui stesso ne era profondamente orgoglioso. Ma un giorno venne a casa dalla
catechesi e ci comunicò senza troppe spiegazioni che non avrebbe più suonato
quel violino, anzi che l’avrebbe venduto e il ricavato l’avrebbe devoluto ai
“poveri” (cioè ai poveri della comunità neocatecumenale). Al tempo non
sapevamo che aveva appena fatto il “secondo passaggio” in comunità e che
gli avevano chiesto di staccarsi dagli idoli terreni e versare per la prima
volta la decima. Ma quali idoli aveva mio fratello???? Soltanto il suo violino
naturalmente, quel piccolo pezzo di legno che, se suonato con amore e passione,
esprime una musica meravigliosa.
Ho
riflettuto molto sul rapporto Musica e Neocatecumenali e l’ho fatto con un
minimo di cognizione di causa. La musica è espressione di stati d’animo di
vario tipo, ma soprattutto è l’espressione poetica di un uomo pieno di
sentimenti, passioni, ardore, tutti elementi decisamente incompatibili con
l’automatismo e l’omogeneizzazione degli aderenti al movimento,
all’interno del quale, fra l’altro, sono permessi solo i canti kikiani. Ma,
lasciatemelo dire…..tali canti, caratterizzati da ritmi ripetitivi ed
ossessivi volti solo a guidare gli stati emozionali collettivi, fanno proprio
pena di fronte alla celestialità del gregoriano, alla perfezione delle cantate
di Bach, alla tragicità del Requiem di Mozart, all’estasi provocata
dall’Ave Maria di Verdi. La musica è prima di tutto libertà di pensiero,
libertà di spazio. Per cui caro signor Kiko la prego di evitare di fare il
tuttologo (teologo, pittore, musicista…) perché sicuramente almeno per ciò
che riguarda la musica, la sua non mi sembra degna di menzione.
Mia
madre, di fronte alla comunicazione di mio fratello di non voler più suonare il
violino, si rese conto di essere di fronte a qualcosa di strano e di oscuro….a
poco a poco il comportamento di mio fratello era cambiato, in famiglia era
assente e sembrava ansioso di partecipare solo alle catechesi. Al tempo aveva
diciannove anni e mia madre decise di proibirgli la partecipazione al movimento
neocatecumenale. Nella nostra completa ignoranza imputammo la stranezza dei suoi
comportamenti non tanto alla validità del movimento neocatecumenale, quanto
all’ambiguità che caratterizzava il personaggio ovvero don Devoto. Mio
fratello scappò di casa e si recò ugualmente alla consueta ed eterna riunione
serale. Fu allora che decisi di partecipare di mia spontanea volontà ad una
celebrazione neocatecumenale per verificare di persona cosa facessero a porte
chiuse. Naturalmente non conoscevo nulla del movimento, dei passaggi e mi fecero
vedere ciò che faceva loro comodo,
ovverosia una messa strana e particolare con i loro canti, con una strana
disposizione della chiesa ma nulla di più. Oggi chiederei di assistere agli
scrutini, ai passaggi, alle azioni di violenza morale perpetrate dai catechisti,
che violano le coscienze.
Nella
mia famiglia si era verificato uno strappo insormontabile, tutti i giorni a
tavola erano urla e pianti, regnava la più totale incomunicabilità. Don Devoto
si era permesso di accusare mia madre dal pulpito citando “……queste
madri che impediscono ai figli di partecipare alle catechesi”. Per la
prima volta nella mia vita ho sentito parlare in modo trionfale da don Devoto di
odio evangelico ovvero “…….se tua madre ti ostacola odiala”. E
mia madre piangeva, piangeva e piangeva.
Il
seguito fu colpa mia. Fui io artefice del famoso “compromesso storico” tra
mia madre e mio fratello. Avendo saputo che anche a Pisa, città dove
frequentavamo tutti e tre l’università, c’erano le comunità
neocatecumenali, non conoscendo nulla del movimento neocatecumenale, proposi a
mia madre e a mio fratello la soluzione: lasciare la parrocchia della S.
Famiglia con quel parroco così ambiguo e frequentare la comunità
neocatecumenale di S. Nicola dove speravo non ci fossero personaggi così strani
come don Devoto. Ahimè come sono stata stupida…….avrei dovuto studiare
prima e documentarmi……ecco la mia colpa e il mio peccato.
Così
Pierluigi iniziò a frequentare la parrocchia di S. Nicola a Pisa e la sesta
comunità neocatecumenale di S. Nicola. Non si presentava quasi mai a casa,
perché gli impegni del cammino neocatecumenale sono tanti: celebrazioni del
sabato sera, convivenze, pellegrinaggi, celebrazioni pasquali e particolari. Mia
sorella Anna ed io tornavamo venerdì sera a La Spezia, lui no, perché c’era
la celebrazione del sabato sera. Si presentava stanco ed assonnato domenica a
pranzo (quando non c’era sciopero dei treni) e ripartiva lunedì se tutto
andava bene. Non bisogna infatti dimenticarsi che, spesso,
a causa delle molteplici convivenze, che si svolgevano durante i fine
settimana magari a Forte dei Marmi o a Chiavari in alberghi di lusso (anche
perché chi conosce Forte dei Marmi sa che non ci sono alberghi da
“poveracci”), mio fratello a casa non ci tornava proprio.
Con
noi non parlava mai, si sedeva a tavola e taceva come fosse sempre sulle nuvole,
per anni mia madre ha rinunciato a parlare e comunicare con suo figlio. Mai un
gesto d’affetto da parte sua, mai l’interessamento per qualcuno che non
fosse neocatecumenale.
Mio
nonno all’età di novanta anni fu investito da una macchina e portato al S.
Martino a Genova in coma. Stette in ospedale per più di un mese. Suo nipote
Pierluigi non si recò a trovarlo perché c’era una convivenza neocatecumenale
di mezzo e soltanto in seguito, dopo l’ennesimo predicozzo di mia madre, di
mala voglia si recò in ospedale. Ma la cosa che più mi addolora era ed è la
netta sensazione che a lui non importava niente di suo nonno o di noi perché
noi non eravamo neocatecumenali. Solo i neocatecumenali per lui erano persone,
gli altri soltanto bestie, animali, ma certamente non figli di Dio. Il suo
atteggiamento era crudele, distaccato e indifferente, mi derideva per i miei
sentimentalismi, dicendomi che risultavo patetica e melodrammatica. Lui dal
canto suo non ha mai manifestato un gesto di affetto ed esternato un sentimento,
soltanto freddezza, distacco e disprezzo.
La
cosa è andata avanti per anni. Noi non abbiamo mai conosciuto “loro”, i
neocatecumenali. Vedevamo mio fratello uscire spesso la sera a Pisa, sapevamo
che andava in casa di persone, ma non sapevamo con chi o dove fosse.
Ha
partecipato attivamente ai pellegrinaggi in terra Santa, all’incontro del papa
con i giovani di Parigi, è stato a Toronto, ha trascorso un mese a Madrid con
la scusa della tesi, ma in realtà anche là frequentava comunità
neocatecumenali.
A
luglio 2002 si è laureato in storia dell’arte. Ricordo il giorno della sua
laurea come un incubo. Io ed Anna eravamo agitatissime. Era la prima volta che
vedevo mio fratello vestito bene e con la cravatta.
I
famigliari e gli amici erano presenti e attendevano il turno della laurea. Poi
sono arrivati alcuni di “loro” ( i neocatecumenali) e si sono messi in
disparte. Mio fratello appena li ha visti ha sorriso ed è andato subito verso
di loro. Ricordo una signora bionda a cui mio fratello illustrava in dettaglio
la tesi. Era così serio e compito che io e Anna pensammo che fosse la
controrelatrice. Stette mezz’ora a spiegare la tesi. Anna incuriosita gli
chiese chi fosse la signora e lui rispose che non era la controrelatrice, ma
semplicemente una signora del cammino. Era incredibile! Con noi mai e poi mai
avrebbe perso così tanto tempo a spiegarci la tesi. I neocatecumenali ci
guardavano incuriositi, ma restavano in disparte. C’era una ragazza
neocatecumenale con un bimbo piccolo. Non dimentico il particolare perché mio
fratello si avvicinò al bambino e gli diede alcuni buffetti sulla
guancia……….sia io che Anna rimanemmo sconcertate. Se fosse stato mio
figlio non l’avrebbe mai fatto.
Ad
agosto annunciò a mia mamma, che in quel momento si trovava nella casa di
campagna per le vacanze estive, di voler prender parte ad alcune convivenze
vocazionali. Questo voleva dire che stava prendendo in considerazione l’idea
di entrare in seminario. L’idea non fu per noi uno shock per una serie di
ragioni. In primis nella mia famiglia ci sono state altre vocazioni, in seguito
anche perché la mia è una famiglia profondamente cattolica. Mia mamma
all’idea di un eventuale ingresso in un seminario gli disse semplicemente
“pensaci bene e poi fai quello che vuoi”. Io ed Anna commentammo soltanto
dicendogli “cerca almeno di diventare cardinale con tutta la cultura e
l’istruzione che hai ricevuto”.
Eppure
percepivamo una strana sensazione: Pierluigi parlava sempre meno. Un giorno
disse ad Anna che non sarebbe entrato in un seminario “normale”, ma in un
seminario Redentoris Mater cioè un seminario “neocatecumenale”. Così
iniziammo a navigare un po’ su internet per sapere di più di questa strana
tipologia di seminari, mai sentita nominare. Anna scaricò, dalla rete,
l’elenco dei seminari Redentoris Mater nel mondo, così scoprimmo che erano
circa quaranta soltanto due dei quali in Italia (Roma e Macerata). Iniziammo a
dire a Pierluigi di entrare in quello di Roma, perché sicuramente era più
qualificante, e poi magari mamma ne approfittava per visitare Roma quando voleva
farti visita. Ma lui taceva, taceva…..tutto era così strano e misterioso.
Un
giorno disse che sarebbe andato lontano, molto lontano. Io ed Anna iniziammo a
preoccuparci per i nostri genitori. Devo precisare che i miei genitori sono
piuttosto anziani e non sono abituati a viaggiare, pertanto sono un po’
“inesperti” del mondo e per loro, già il seminario Redentoris Mater di Roma
rappresentava una distanza insormontabile. Mia mamma all’età di quasi
settanta anni non ha mai visto Roma.
Finalmente
dopo un teatrino di insistenze pietose mio fratello ci comunicò la sua
destinazione: il seminario Redentoris Mater di Sydney.
Non
ci sono parole per descrivere la disperazione di mia madre di fronte a questa
notizia. Ovviamente chiedemmo molteplici spiegazioni a nostro fratello ma fu
come rimbalzare contro un muro di gomma.
Io
non potevo crederci e continuavo a dirgli “ma perché non vai più vicino???
Se hai veramente la vocazione un posto vale un altro; fallo almeno per tua
madre”. Quando lo guardavo vedevo che lui non provava niente, anzi era
infastidito dal nostro dolore e dalla nostra disperazione.
Nel
frattempo mia mamma gli disse di non presentarsi a casa durante il fine
settimana, ma di starsene a Pisa (nella casa da studente pagata dai miei
genitori) e di pensare e riflettere.
Io
ed Anna eravamo sconvolte: ma come poteva pensare di infliggere gratuitamente un
tale dolore ai nostri genitori? Come potevano loro così anziani sopportare 24
ore di aereo per vederlo, oppure affrontare l’ostacolo dell’inglese per
chiamarlo al telefono, o ancora 12 ore di fuso orario??
Ma che senso aveva tutto ciò?? Dovevo fare qualcosa.
Iniziai
a fare delle ricerche. E il mio primo strumento di partenza fu Internet. Tramite
la rete ebbi modo di conoscere le testimonianze di Augusto Faustini (la tela del
Ragno- Plagio psicologico nel cammino neocatecumenale) e di molte altre famiglie
distrutte da questo virus che si insinua nella chiesa. Più studiavo e leggevo e
più fatti, accadimenti e comportamenti che fino ad allora risultavano strani ed
inspiegabili trovarono una giusta collocazione ed a poco a poco il puzzle
prendeva forma e corpo. Per prima cosa studiai a memoria lo statuto da poco
approvato, articolo per articolo, quindi lessi alcune parti dei testi scritti da
Padre Enrico Zoffoli e rimasi sconvolta.
Ma
ciò non era sufficiente: la mia formazione scolastica mi suggeriva di
verificare di persona. Così decisi di cercare i potenti catechisti di mio
fratello e di parlare con loro per vedere se fosse almeno possibile cambiare la
destinazione frutto a quanto pare di uno strano sorteggio. Mio fratello si
rifiutava di darmi il numero di telefono e i nomi dei catechisti.
L’unica
possibilità era quella di andare di persona in S. Nicola il sabato sera e
parlare con loro. Fu una tragedia. Io ero molto arrabbiata, ma ho imparato a mie
spese ed amaramente che non esiste la benché minima possibilità di dialogo con
il movimento neocatecumenale.
Giunsi
alle nove meno un quarto sul retro della Chiesa di S. Nicola e intravidi la luce
accesa. Bussai e si presentò alla porta un signore alto con la camicia blu.
Chiesi di entrare, ma il signore mi rispose che c’era l’Eucarestia, che il
prete non mi conosceva e che quindi non potevo entrare. Mi chiuse la porta in
faccia. Eppure lo statuto Neocatecumenale dice chiaramente che l’Eucarestia è
aperta a tutti i fedeli….. amaramente pensai, meno male che il Vangelo dice
“Bussate e vi sarà aperto”.
Nel
frattempo arrivò mio fratello e con lui ebbi la possibilità di assistere alla
messa generale del sabato sera con tutte le comunità presenti. La celebrazione
era diversa da quello tradizionali, ricordo alcuni particolari come il fatto che
nessuno si inginocchiava all’Offertorio oppure la presenza del pane (non ostia
ma pane vero e proprio con le sue bricioline) e del vino che venivano
distribuiti il primo tramite vassoio,
il secondo tramite una serie di panciuti calici fatti passare tra le persone.
Tutti mi guardavano e la mia presenza era visibilmente sgradita. Io dal canto
mio ero furente.
Alzai
lo sguardo e vidi per la prima volta la Madonna di Kiko con il bambino e con le
strane scritte, era la stessa immagine che Don Devoto aveva fatto riprodurre su
una vetrata della nuova chiesa della Sacra Famiglia ristrutturata. Mi vennero i
brividi.
Al
termine della Messa mio fratello mi presentò all’equipe dei catechisti (sei
in tutto). Iniziai chiedendo loro come mai, in qualità
di catechisti, non avevano pensato di telefonare o far visita alla mia
famiglia in un momento così delicato. Infatti devo dire che uno dei particolari
che a tutt’oggi ancora mi colpisce è proprio quello del totale silenzio da
parte del movimento neocatecumenale nei confronti della famiglia.
I
catechisti erano molto disturbati dalla mia presenza. Ne ricordo in particolare
due , Giovanni e Paola perché avevano seguito mia sorella e suo marito durante
la preparazione al matrimonio in S. Nicola. Fu proprio Paola a dirmi che né io
né mia madre amavamo Pierluigi. Ma chi era costei e con quale autorità si
permetteva di giudicare la mia famiglia, la mia vita, mia madre? E dov’è il
cristianesimo in tutto questo? Rimasi allibita, ma purtroppo la questione non
finì: Giovanni mi chiese se ero sposata, io risposi di no. Mi chiese se fossi
felice ed io risposi di si. “Bene –mi disse- allora tu sei indemoniata e
devi andare da un esorcista a farti liberare”.
A
parte la gravità della situazione se si pensa che queste parole sono uscite
dalla bocca di un catechista che opera all’interno di una chiesa, la cosa che
mi fece più male fu il ghigno malefico di mio fratello che aveva ascoltato
tutto e che non disse niente. Non mi sarà certo facile perdonarlo per il suo
silenzio di fronte ad una cosa così grave.
In
sostanza da quello scontro imparai un postulato fondamentale: il dialogo con i
neocatecumenali è praticamente impossibile. E’ in effetti impossibile
parlare e confrontarsi con chi si ritiene un “giusto” ovvero l’”unto del
Signore” e disprezza chi ha opinioni diverse. Il cristianesimo a mio avviso è
una religione di tolleranza e rispetto. Quindi non c’è cristianesimo nel
movimento neocatecumenale.
Rimasi
molto turbata dalle parole del catechista Giovanni, ma non volevo arrendermi
pertanto iniziai a bussare a mille porte chiedendo aiuto. A La Spezia mi recai
da Don P.M. attualmente vicario di sua Eccellenza Mons. Bassano Staffieri. Andai
da lui con un pacco di documenti relativi al cammino Neocatecumenale
chiedendogli la sua opinione e soprattutto di avere un incontro con il vescovo.
Lasciai la documentazione sopra l’inginocchiatoio e lui promise che ci avrebbe
dato un occhiata. Alcuni giorni dopo tornai da lui e potei osservare che la
documentazione era ancora lì nello stesso punto in cui l’avevo lasciata.
Allora capii, che la mia presenza era sgradita. Ebbi modo di ascoltare le sue
parole, tutte volte a minimizzare la situazione, a gettare acqua sul fuoco con
un certo timore. Lasciai la chiesa con la strana e spiacevole sensazione di
avere incontrato un sacerdote a cui non importava niente se non la carriera
politica all’interno della gerarchia ecclesiastica. Indubbiamente i miei
discorsi erano pericolosi e lo disturbavano nonostante non avesse risposte alle
mie domande.
Nel
mese di settembre 2002 io, mia madre e mia sorella Anna chiedemmo udienza al
Vescovo Mons. Bassano Staffieri ed in questa sede Sua eccellenza
sottolineò la ricchezza in termini di denaro delle comunità neocatecumenali e
ci raccontò come nella precedente diocesi di Carpi all’interno della quale
esercitava, ben tre ragazzi si fossero “alzati davanti a Kiko”. Ora i
genitori abbienti i cui figli sarebbero dovuti partire per i Redentoris Mater si
erano rivolti a lui affinché provasse a dissuaderli…..
Continuava a ripetere “sa signora è molto difficile”. Citò anche le
laute “offerte” che le comunità neocatecumenali elargivano ai
sacerdoti…..naturalmente destinate ai poveri della parrocchia.
A
questo punto si potrebbe fare una disquisizione sulla definizione “offerta”.
L’offerta deve avere la caratteristica di “una tantum” altrimenti se si
trasforma in una offerta fissa puntuale magari fatta all’interno di ciascun
mese nello stesso giorno…..diventa una sorta di “stipendio”.
Mia
madre, incartapecorita ebbe un guizzo di coraggio di fronte a Sua Eccellenza e
gli disse che “Gesù era stato tradito e venduto per 30 denari e loro lo
rivendevano oggi”. Lo disse piangendo con le lacrime agli occhi, con la
disperazione nel cuore. Il vescovo, da buon politico rispose nell’unico modo
in cui poteva rispondere: ovverosia con lo sguardo di commiserazione che si
rivolge ad una persona instabile di mente. In sintesi ci consigliò di
rivolgerci a sua Eccellenza l’Arcivescovo di Pisa Plotti, in quanto il fatto
era avvenuto all’interno della diocesi di Pisa. Fu drammatico. Mia mamma tornò
a casa dandosi della stupida perché non aveva tirato fuori un assegno da almeno
dieci milioni. Non ci aveva pensato.
Quel
venerdì quando mio fratello tornò da
Pisa, erano passati circa dieci giorni da quando ci aveva comunicato la sua
destinazione al seminario di Sydney per gennaio 2003, ci comunicò semplicemente
che il lunedì successivo si sarebbe recato nel seminario Redentoris Mater di
Lugano in attesa di partire per l’Australia, in modo tale da non perdere tempo
ed affrontare subito il primo semestre di studi.
Mia
madre iniziò con calma, con i suoi gesti lenti e penosi a preparare la valigia.
Eppure
io non volevo arrendermi e chiamai domenica, il giorno prima della sua partenza,
don Mario il parroco di S. Nicola a Pisa, chiedendo spiegazioni. Perché Lugano?
Da dove era uscito fuori? E Perché questa fretta??
Alle
ore 15.00 della stessa domenica tutta la famiglia si presentò alla porta del
convento agostiniano di S. Nicola per ottenere delle risposte, tranne mio padre
che era andato ad aiutare mio fratello a prendere le sue ultime cose nella casa
da studente.
Iniziai
chiedendo come mai nessuno avesse pensato al fatto che in questi mesi mio
fratello avrebbe potuto recuperare un buon rapporto con la famiglia prima di
partire per il seminario Redentoris Mater di Sydney nel mese di gennaio. Don
Mario rispose che in effetti avevano pensato a questa opportunità, ma
dubitavano che la cosa fosse possibile. Così ci disse che era stata vagliata
l’ipotesi di affidare temporaneamente mio fratello ad una famiglia
neocatecumenale di Roma. Successivamente il rettore del seminario Redentoris Mater di Lugano gli aveva
offerto una soluzione alla cosa dicendo che c’era posto presso di loro. Io non
potevo credere alle mie orecchie: “affidare mio fratello ad un'altra
famiglia?!?!” Ma noi non siamo dei mostri! Avrei voluto gridare in quel
momento, poi ho pensato a cosa doveva provare mia madre….non potevo neanche
lontanamente immaginare.
Il
giorno successivo due persone sconosciute sono arrivate da Pisa al casello
autostradale di S. Stefano Magra e mio padre ha “consegnato loro” suo
figlio. “Loro” lo hanno portato a Lugano.
Mio
fratello partì per il seminario Redentoris Mater di Lugano senza lasciarci
inizialmente un indirizzo o un recapito telefonico, e i primi due giorni ebbe la
brillante idea di non chiamare casa neppure per avvisare dell’arrivo. Così
mia mamma, come tutte le mamme passò la notte insonne temendo che fosse
accaduto un incidente. Provavamo a telefonare al cellulare ma era sempre spento.
Naturalmente le persone che accompagnarono mio fratello in seminario non
pensarono minimamente di avvisarci. Non era certo di loro competenza.
Riguardo
ai neocatecumenali una cosa che stupisce è la codificazione e la linea di
demarcazione netta e precisa circa i loro comportamenti. I catechisti in tutta
Italia dicono e fanno le stesse cose, nulla più né nulla meno. Per cui se non
rientra nei compiti dei catechisti avere un contatto con le famiglie dei
seminaristi, a loro non verrà mai in mente di averlo, anzi si meraviglieranno
che qualcuno possa avanzare certe pretese. Considerato il fatto che mio fratello
avrà per tutta la durata della sua vita un rapporto particolare con la sua
comunità di origine che pagherà i suoi spostamenti e i suoi viaggi in giro per
il mondo, quantomeno mi sembrerebbe normale poter vedere i loro volti.
Soltanto
dopo due giorni dal suo arrivo a Lugano mio fratello chiamò dicendo che andava
tutto bene e lasciò il numero del seminario a mia madre aggiungendo che non era
permesso il cellulare in seminario e che era stato costretto a consegnarlo
all’entrata.
Da
allora lui personalmente ha chiamato tre o forse quattro volte, costringendo
sempre mia mamma a cercarlo in seminario circa una volta alla settimana per
assistere al solito rito di freddezza e di menefreghismo con risposte a
monosillabi del tipo “si-no” a fronte di domande.
Mi
recai anche da Don Devoto parroco della S. Famiglia che, ovviamente, aveva
accolto la partenza di mio fratello come un trionfo personale. Nel suo delirio
di onnipotenza continuava a millantare l’odio evangelico. Nonostante la porta
della chiesa della Sacra Famiglia sia distante soltanto cinquanta metri dalla
mia porta di casa non abbiamo mai ricevuto né lettere, né telefonate, né
tanto meno visite. Noi, in quanto non neocatecumenali siamo carne da macello.
Nel
mese di novembre scrissi una lettera all’arcivescovo Plotti su suggerimento di
Mons. Bassano Staffieri chiedendogli di occuparsi della questione
neocatecumenale di S. Nicola e di mio fratello. Alcuni giorni dopo mi recai in
Piazza dell’Arcivescovado presso la curia dell’Arcidiocesi di Pisa nel
giorno di mercoledì fissato per il ricevimento dei privati.
Ebbi
modo soltanto di parlare con il vicario in quanto l’Arcivescovo si trovava ad
una riunione della Conferenza Episcopale Italiana. Il vicario mi disse che
l’arcivescovo aveva ricevuto la mia lettera e gli aveva accennato ad una
situazione difficile a causa di un seminarista della Spezia. Tuttavia aggiunse
che il vescovo era stato informato della vicenda e della partenza di mio
fratello per il seminario Redentoris Mater di Lugano tramite la mia lettera.
Questo smentisce chiaramente ciò che affermava don Mario parroco di S. Nicola
che millantava una chiara conoscenza dell’Arcivescovo Plotti dell’intera
situazione. Don Mario mi diceva “vieni con me dall’arcivescovo Plotti, ti
accompagno io stesso, è a conoscenza di ogni cosa”.
E invece non era vero niente.
Devo
comunque dire che neppure l’Arcivescovo Plotti ha degnato la mia famiglia di
attenzione: mai una telefonata o un contatto, anzi …..un mio caro amico,
frequentatore della parrocchia di S. Nicola in qualità di cristiano della
domenica, mi ha raccontato che in occasione di una visita di Plotti in
parrocchia, l’Arcivescovo si è esibito in un penoso e svilente atteggiamento
reverenziale nei confronti delle comunità neocatecumenali presenti in S.
Nicola. Devo desumere che le offerte siano molto consistenti.
L’organizzazione
neocatecumenale è prima di tutto una organizzazione laica che si edifica su una
struttura verticistica la cui sintesi ed acme è rappresentata dalla trilogia
Kiko, Carmen e don Mario Pezzi, poco più sotto ci sono i catechisti nazionali e
regionali e i responsabili delle comunità. I presbiteri e i vescovi ritengono
di contare, ma in realtà non è così.
Ne
posso dare una prova.
Lessi sulla testimonianza di Augusto Faustini “ La tela del Ragno-Plagio Psicologico nel cammino neocatecumenale” un nome preciso, indicato come persona laica molto potente, ovvero quello dell’avvocato Franco Voltaggio, un supercatechista, così decisi di contattarlo. Parlai con la moglie dell’avvocato che devo dire fu veramente gentile con me e si offerse di illustrare a Kiko la questione di mio fratello chiedendogli un trasferimento di destinazione. Chiesi alla signora di darmi anche i nomi dei responsabili di comunità di S. Nicola. Poco tempo dopo in una successiva telefonata mi comunicò, da Roma, che il responsabile della comunità di S. Nicola era il Sig Alessandro Guidotti e non il povero don Mario che continuava ad attribuirsi il titolo di unico responsabile in S. Nicola. Il giorno quattro gennaio 2003 telefonarono a casa di mia madre i catechisti regionali chiedendo di parlare con Pierluigi che nel frattempo si trovava in vacanza a casa e gli comunicarono che almeno fino a giugno non sarebbe più partito per l’Australia. La giustificazione era una questione di praticità visto che aveva iniziato l’anno accademico a Lugano presso l’Università di Teologia. Potere dei supercatechisti.
Il
seminario redentoris Mater di Lugano è posto sotto la direzione del Vescovo di
Lugano, ma quanto potere effettivo ha il vescovo nella decisione degli
spostamenti tra un seminario e l’altro ovvero tra una diocesi e l’altra e
magari tra un continente e l’altro? Nessuno, gli spostamenti vengono
unicamente comunicati al vescovo che ne prende atto, anche perché sono decisi
da un potere laico. Al Vescovo vengono destinate le famose Offerte che lo
rendono felice ed ha inoltre la possibilità di gloriarsi delle numerose
vocazioni che affollano i suoi seminari. Fa riflettere il fatto che nel
seminario Redentoris Mater di Lugano ci sia soltanto un ragazzo di Lugano mentre
tutti gli altri provengano da altri stati e da altri continenti. Tutto è frutto
di un sorteggio che sfida la legge della frequenza e la statistica. Tutto ciò
comporta e verte sul distacco dalla famiglia, elemento caratterizzante che
implica un più facile controllo e dunque una dipendenza psicologica dal cammino
neocatecumenale degli adepti più forte.
Il
nome completo del seminario è quello di seminario diocesano missionario Redentoris
Mater di Lugano. Diocesano significa che è posto formalmente sotto
la direzione del vescovo della diocesi. Più complesso e curioso è
l’aggettivo missionario. I futuri presbiteri avranno il compito di
essere itineranti e diffondere non il cristianesimo bensì il movimento
neocatecumenale di Kiko. Potranno essere missionari anche a Milano e a Roma o in
qualsiasi altro posto dove non è ancora presente il movimento neocatecumenale.
Risponderanno ai laici del cammino e quindi ai dirigenti che potranno spostarli
per il mondo secondo le necessità.
Quale
sarà il futuro di mio fratello??? Dovrà diffondere il cammino neocatecumenale,
ovvero si circonderà di catechisti, avvierà il kerigma in qualche parrocchia,
adescherà persone ignare che saranno ingannate dalla sua presenza in quanto
riterranno di trovarsi di fronte ad un sacerdote “normale” ed entreranno nel
movimento. Non ci sarà spazio per altri movimenti all’interno della sua
parrocchia (no ai focolarini, ricostruttori, scout, rinnovamento dello spirito
ecc). Le persone facenti parte del cammino inizieranno, a partire dal secondo
passaggio, a versare la decima nel sacco nero dell’immondizia, tale decima
confluirà nelle casse del cammino e verrà usata per sostenere i Redentoris
Mater (che sforneranno i nuovi presbiteri compiacenti per il cammino), per i
catechisti itineranti e per la Domus Galileae. Non dimentichiamoci poi delle
offerte verso i sacerdoti e i vescovi non totalmente convinti della bontà del
cammino neocatecumenale. Tante mamme come la mia piangeranno a causa del male
prodotto da mio fratello. Tante famiglie verranno distrutte e lo malediranno.
Il
giorno 7 Dicembre 2002 si è celebrato presso la parrocchia S. Giuseppe in Monza
(Milano) il matrimonio di mia cugina. Mio fratello si trovava da circa 3 mesi
nel seminario Redentoris Mater di Lugano e mia madre attendeva con impazienza
quel giorno per poter vedere suo figlio. Sembrava certa la sua partecipazione al
matrimonio, addirittura Pierluigi avrebbe dovuto raggiungere Monza con una
macchina messa a disposizione dal Seminario stesso, distante soltanto una
settantina di km.
Il giorno 5 Dicembre 2002 mio fratello telefonò a mio padre dicendo che il rettore del seminario Redentoris Mater di Lugano, Don Mario Trulio gli ordinava di non prendere parte al matrimonio; contestualmente contattò telefonicamente mia cugina Simona scusandosi per la sua assenza, e dicendo che il Rettore del Seminario gli aveva “consigliato” di non partecipare alla celebrazione in quanto sarebbe stato mandato a casa per le imminenti festività natalizie.
Per
mia madre fu un dolore grandissimo: ne soffrì immensamente.
Decisi
quindi di contattare Don Mario Trulio per chiedere almeno spiegazioni. Che cosa
c’era di male nel prender parte ad un matrimonio per una giornata e nel fare
felice una mamma?
La
conversazione tra me e il rettore del Seminario Redentoris Mater di Lugano fu
molto dura. Mi disse chiaramente che non era abituato a discutere le sue
decisioni con nessuno, in quanto lui stesso, nella guida dei suoi Seminaristi
era interprete della volontà di Dio. Cercai di insistere sulla partecipazione
di mio fratello al matrimonio, soprattutto viste le condizioni di salute di mia
madre. Ebbene le sue parole furono durissime: ribattè che di mia madre non gli
importava niente e poi era stanco di sentire le lamentele di tutte “queste
madri”. Già proprio così…”queste madri che poi non muoiono mai: vediamo
quando e se morirà”.
Ero
raggelata, scandalizzata, disgustata. Il rettore minacciò di “non farcelo più
vedere se avessimo continuato con questo atteggiamento ostile e polemico”.
Disse soltanto “…….sa ci sono seminaristi che non vanno a casa per anni e
anni!” Al termine della conversazione mi “liquidò” passandomi una terza
persona al telefono che doveva confermarmi la fretta di don Mario e dirmi che il
rettore non aveva più tempo da perdere con me.
Ahimè
non ho registrato la conversazione, spetterà agli altri credere alle mie
parole.
Questa
è la mia storia, la storia della mia famiglia buttata in tutta fretta sulla
carta, perché non si può far finta di niente.
Io
penso che per mio fratello sia molto difficile uscire con le sue sole forze da
questa setta maledetta che si è insinuata in seno alla Chiesa con la
compiacenza di molte persone potenti. Tuttavia la testimonianza della mia
famiglia si unirà al coro ormai numeroso di coloro che hanno rilevato
comportamenti e fatti inspiegabili in amici, conoscenti, e cari che partecipano
al movimento neocatecumenale di Kiko
Mi
sono domandata più volte come sia possibile che questo movimento si sia
divulgato in così poco tempo (è nato da circa 30 anni in Spagna) in senso orizzontale,
estendendo il suo potere in moltissimi stati, e in senso verticale ovvero
andando a ricoprire, con i suoi uomini, posizioni di maggior potere.
Indubbiamente
il fatto è riconducibile principalmente alla crisi della “parrocchia” e
della Religione, ma non solo.
Il
movimento Neocatecumenale si avvale di alcune peculiarità che sono proprie
delle sette e che io stessa ho potuto constatare giorno per giorno nel
comportamento di mio fratello:
Chi
appartiene al movimento neocatecumenale tende a rompere tutti i rapporti
preesistenti con chiunque non sia neocatecumenale
e concentra la propria affettività sui membri della comunità.
Così
mio fratello, per anni è rimasto in uno stato di totale fastidio e indifferenza
nei confronti delle vicende e dei problemi famigliari.
Solo
gli adepti del cammino neocatecumenale sono nella verità e si salveranno, solo
i neocatecumenali sono veri “cristiani”. Colpevole è chi non aderisce al
movimento, ma soprattutto chi lo abbandona. I neocatecumenali sono guidati
direttamente da Dio (Kiko). Mio fratello, come tutti i neocatecumenali si
lasciava spesso sfuggire parole di derisione contro i Cristiani della domenica,
contro gli altri movimenti come gli Scout o l’Azione Cattolica. Questo è
l’atteggiamento proprio di chi si ritiene “giusto”. Furbescamente
non sono così stupidi da fare ammissioni di questo tipo in pubblico. Ma chi ha
convissuto con loro per 11 anni riesce a percepire queste sfumature.
Chi
aderisce al movimento lo fa tramite una scelta volontaria ovvero in risposta al
Kerigma. L’ingresso assume la valenza di una vera e propria conversione e
l’adepto si identifica totalmente con il movimento.
Mio
fratello chiamava “fratello o sorella” gli altri membri del cammino (ad
esempio sorella di comunità), ma non ha mai chiamato “sorella” Anna oppure
me medesima. Solo all’interno della comunità si realizza la famiglia.
I neocatecumenali mantengono il più assoluto rispetto e la più assoluta obbedienza verso gli ordini dei catechisti, dei capi comunità e di Kiko posizionato al massimo vertice della complessa organizzazione. Il capo della Chiesa è il Papa, il capo del movimento neocatecumenale è Kiko “vita natural durante” (Art. 34 dello Statuto del cammino neocatecumenale”). Ecco dunque realizzarsi la Chiesa nella Chiesa di cui parlava nella sua lettera aperta all’Arcidiocesi di Catania l’Arcivescovo Luigi Bommarito.