Testimonianza di Franca Passoni 


La Spezia 1 Maggio 2003  

Da tempo mi ero promessa di scrivere quanto era successo a me e alla mia famiglia così colpita nell’intimo dal movimento neocatecumenale. Il mio cervello ha registrato sensazioni, parole, fatti, immagini che ora hanno urgente bisogno di una struttura e di una collocazione.

La mia storia inizia con un evento apparentemente senza importanza: l’arrivo di un nuovo parroco nella nostra parrocchia ovvero la Parrocchia della S. Famiglia della Spezia. La mia famiglia, attiva e partecipativa alla vita della Parrocchia, accolse all’epoca il nuovo parroco con grande entusiasmo anche perché tale posizione era rimasta vacante per un po’ di tempo e ciò non poteva che nuocere ad una parrocchia che, al tempo, era considerata una tra le più grandi e popolose di anime della città. Io ero iscritta all’Azione Cattolica, mia nonna Marta frequentava la S. Vincenzo, mia madre partecipava da sempre alla messa domenicale, insomma sicuramente potevamo definirci non soltanto una famiglia “cattolica in senso tradizionale” (cattolici della domenica), ma anche una famiglia praticante. Ricordo molto bene gli insegnamenti di mia madre e mia nonna che non permettevano a nessuno di noi di addormentarsi senza prima aver recitato le preghiere della sera, ricordo le novene in preparazione del Santo Natale durante il periodo dell’avvento, ricordo le celebrazioni quotidiane e il Rosario durante il mese mariano, ricordo la chiesa stipata di bambini come me che occupavano le prime panche, ricordo l’oratorio che rappresentava una valida alternativa, sul modello salesiano, alla strada sempre temibile e pericolosa nei quartieri popolari. E poi ancora ricordo le piccole suore della Sacra Famiglia e la loro operosità, il loro modo sapiente di trattarci. Poi……..poi è arrivato don Devoto e tutto è cambiato. Sono spariti i bambini dalle prime panche, il movimento dell’Azione Cattolica è stato disintegrato nella mia parrocchia, l’oratorio si è svuotato, le stesse Piccole Suore della Sacra Famiglia avevano difficoltà a fare catechismo (non erano ben viste dal Parroco) Ricordo le sue prediche che comunicavano e comunicano tuttora,  una sensazione di morte e disperazione, una visione pessimistica e tetra dell’uomo, oserei dire quasi calvinista, un continuo e martellante richiamo ai peccati a sfondo sessuale. Tutti noi uscivamo da messa con una sensazione di infelicità nuova: era così diverso. Un giorno andai a confessarmi da Don Devoto, avevo soltanto sedici anni e fu una esperienza terribile. Dapprima mi limitai ad elencare i mie peccati, poi subii un vero e proprio interrogatorio, una raffica di domande minuziose e dettagliate sulle mie esperienze sessuali, su quello che facevo e non facevo con il mio fidanzato di allora. Rimasi sconvolta anche perché di alcune cose non conoscevo l’esistenza. Fu proprio in quel periodo che iniziai per la prima volta nella mia vita ad udire il termine “neocatecumenale”. Nella mia parrocchia iniziarono ad insediarsi stabilmente le prime comunità, i primi cicli di annuncio “catechesi per adulti”. Alcune volte durante la messa domenicale intervenivano i catechisti di Pontemoli che invitavano a partecipare alle Catechesi serali. Il kerigma cadde nel vuoto per me e mia sorella Anna, profondamente disturbate dalla figura di Don Devoto così “ambigua”, ma fu accolto da mio fratello Pierluigi, il più piccolo, il più puro, soprannominato per il suo sorriso “sorriso francescano”. Al tempo aveva soltanto quindici anni e un carattere sicuramente timido e introverso. Mia madre di fronte alla garanzia parrocchiale non si oppose alla scelta di Pierluigi e permise al figlio di frequentare il “catechismo” con gioia. Proprio a questo punto si consumò il primo inganno che viene tutt’oggi perpetrato dalle comunità neocatecumenali: nessuno disse a mia madre che le catechesi per adulti a cui Pierluigi partecipava, non erano incontri di catechismo “tradizionale”, bensì il cammino neocatecumenale. E’ possibile che, ancora oggi, dato che lo statuto neocatecumenale approvato permette di entrare nel cammino all’età di tredici anni, le madri non possano decidere con coscienza per i propri figli perché continuamente ingannate sull’identità reale di questi incontri di catechismo? Possibile che ad oggi qualsiasi movimento e, quando dico qualsiasi intendo spaziare dall’ Azione Cattolica, ai focolarini, agli scout, persino se vogliamo osare, ai comitati marxisti - leninisti, permette di essere identificato e inquadrato, tranne il movimento neocatecumenale di Kiko che, ad oggi, recluta adepti celando la sua identità??   Ancora oggi quando passo davanti alla parrocchia di Romito Magra qui a La Spezia e vedo lo striscione di grandezza spropositata sopra la porta della Chiesa con scritto “CATECHESI PER ADULTI OGNI LUNEDì E GIOVEDI’ ORE 21.00” provo una stretta al cuore, perché penso alle mamme che mandano i figli a catechismo, magari con serenità e gioia perché evitano le discoteche,  non sapendo che i figli entreranno nel movimento neocatecumenale.

 

Ma ahimè, andiamo avanti con la cronistoria perché c’è ancora molta strada.

Nella mia famiglia sia io che i miei fratelli abbiamo studiato musica. La mamma mandava tutti e tre a lezioni private successivamente, quando avevamo preparato un esame, lo sostenevamo ad un conservatorio di stato. Io ho studiato il pianoforte, mio fratello Pierluigi ha studiato il violino e mia sorella Anna il canto. La chiave di volta della storia fu proprio il violino di Pierluigi. Già perché mia mamma aveva appena acquistato un “buon violino” affinché lui potesse “suonare meglio” ed esercitarsi. Pierluigi era entusiasta, l’aveva scelto, aveva il suono che a lui piaceva, era bello…insomma era il suo violino e lui stesso ne era profondamente orgoglioso. Ma un giorno venne a casa dalla catechesi e ci comunicò senza troppe spiegazioni che non avrebbe più suonato quel violino, anzi che l’avrebbe venduto e il ricavato l’avrebbe devoluto ai “poveri” (cioè ai poveri della comunità neocatecumenale). Al tempo non sapevamo che aveva appena fatto il “secondo passaggio” in comunità e che gli avevano chiesto di staccarsi dagli idoli terreni e versare per la prima volta la decima. Ma quali idoli aveva mio fratello???? Soltanto il suo violino naturalmente, quel piccolo pezzo di legno che, se suonato con amore e passione, esprime una musica meravigliosa.

Ho riflettuto molto sul rapporto Musica e Neocatecumenali e l’ho fatto con un minimo di cognizione di causa. La musica è espressione di stati d’animo di vario tipo, ma soprattutto è l’espressione poetica di un uomo pieno di sentimenti, passioni, ardore, tutti elementi decisamente incompatibili con l’automatismo e l’omogeneizzazione degli aderenti al movimento, all’interno del quale, fra l’altro, sono permessi solo i canti kikiani. Ma, lasciatemelo dire…..tali canti, caratterizzati da ritmi ripetitivi ed ossessivi volti solo a guidare gli stati emozionali collettivi, fanno proprio pena di fronte alla celestialità del gregoriano, alla perfezione delle cantate di Bach, alla tragicità del Requiem di Mozart, all’estasi provocata dall’Ave Maria di Verdi. La musica è prima di tutto libertà di pensiero, libertà di spazio. Per cui caro signor Kiko la prego di evitare di fare il tuttologo (teologo, pittore, musicista…) perché sicuramente almeno per ciò che riguarda la musica, la sua non mi sembra degna di menzione.

Mia madre, di fronte alla comunicazione di mio fratello di non voler più suonare il violino, si rese conto di essere di fronte a qualcosa di strano e di oscuro….a poco a poco il comportamento di mio fratello era cambiato, in famiglia era assente e sembrava ansioso di partecipare solo alle catechesi. Al tempo aveva diciannove anni e mia madre decise di proibirgli la partecipazione al movimento neocatecumenale. Nella nostra completa ignoranza imputammo la stranezza dei suoi comportamenti non tanto alla validità del movimento neocatecumenale, quanto all’ambiguità che caratterizzava il personaggio ovvero don Devoto. Mio fratello scappò di casa e si recò ugualmente alla consueta ed eterna riunione serale. Fu allora che decisi di partecipare di mia spontanea volontà ad una celebrazione neocatecumenale per verificare di persona cosa facessero a porte chiuse. Naturalmente non conoscevo nulla del movimento, dei passaggi e mi fecero vedere ciò che faceva  loro comodo, ovverosia una messa strana e particolare con i loro canti, con una strana disposizione della chiesa ma nulla di più. Oggi chiederei di assistere agli scrutini, ai passaggi, alle azioni di violenza morale perpetrate dai catechisti, che violano le coscienze.

 

Nella mia famiglia si era verificato uno strappo insormontabile, tutti i giorni a tavola erano urla e pianti, regnava la più totale incomunicabilità. Don Devoto si era permesso di accusare mia madre dal pulpito citando “……queste madri che impediscono ai figli di partecipare alle catechesi”. Per la prima volta nella mia vita ho sentito parlare in modo trionfale da don Devoto di odio evangelico ovvero “…….se tua madre ti ostacola odiala”. E mia madre piangeva, piangeva e piangeva.

Il seguito fu colpa mia. Fui io artefice del famoso “compromesso storico” tra mia madre e mio fratello. Avendo saputo che anche a Pisa, città dove frequentavamo tutti e tre l’università, c’erano le comunità neocatecumenali, non conoscendo nulla del movimento neocatecumenale, proposi a mia madre e a mio fratello la soluzione: lasciare la parrocchia della S. Famiglia con quel parroco così ambiguo e frequentare la comunità neocatecumenale di S. Nicola dove speravo non ci fossero personaggi così strani come don Devoto. Ahimè come sono stata stupida…….avrei dovuto studiare prima e documentarmi……ecco la mia colpa e il mio peccato.

Così Pierluigi iniziò a frequentare la parrocchia di S. Nicola a Pisa e la sesta comunità neocatecumenale di S. Nicola. Non si presentava quasi mai a casa, perché gli impegni del cammino neocatecumenale sono tanti: celebrazioni del sabato sera, convivenze, pellegrinaggi, celebrazioni pasquali e particolari. Mia sorella Anna ed io tornavamo venerdì sera a La Spezia, lui no, perché c’era la celebrazione del sabato sera. Si presentava stanco ed assonnato domenica a pranzo (quando non c’era sciopero dei treni) e ripartiva lunedì se tutto andava bene. Non bisogna infatti dimenticarsi che, spesso,  a causa delle molteplici convivenze, che si svolgevano durante i fine settimana magari a Forte dei Marmi o a Chiavari in alberghi di lusso (anche perché chi conosce Forte dei Marmi sa che non ci sono alberghi da “poveracci”), mio fratello a casa non ci tornava proprio.

Con noi non parlava mai, si sedeva a tavola e taceva come fosse sempre sulle nuvole, per anni mia madre ha rinunciato a parlare e comunicare con suo figlio. Mai un gesto d’affetto da parte sua, mai l’interessamento per qualcuno che non fosse neocatecumenale.

Mio nonno all’età di novanta anni fu investito da una macchina e portato al S. Martino a Genova in coma. Stette in ospedale per più di un mese. Suo nipote Pierluigi non si recò a trovarlo perché c’era una convivenza neocatecumenale di mezzo e soltanto in seguito, dopo l’ennesimo predicozzo di mia madre, di mala voglia si recò in ospedale. Ma la cosa che più mi addolora era ed è la netta sensazione che a lui non importava niente di suo nonno o di noi perché noi non eravamo neocatecumenali. Solo i neocatecumenali per lui erano persone, gli altri soltanto bestie, animali, ma certamente non figli di Dio. Il suo atteggiamento era crudele, distaccato e indifferente, mi derideva per i miei sentimentalismi, dicendomi che risultavo patetica e melodrammatica. Lui dal canto suo non ha mai manifestato un gesto di affetto ed esternato un sentimento, soltanto freddezza, distacco e disprezzo.

La cosa è andata avanti per anni. Noi non abbiamo mai conosciuto “loro”, i neocatecumenali. Vedevamo mio fratello uscire spesso la sera a Pisa, sapevamo che andava in casa di persone, ma non sapevamo con chi o dove fosse.

Ha partecipato attivamente ai pellegrinaggi in terra Santa, all’incontro del papa con i giovani di Parigi, è stato a Toronto, ha trascorso un mese a Madrid con la scusa della tesi, ma in realtà anche là frequentava comunità neocatecumenali.

A luglio 2002 si è laureato in storia dell’arte. Ricordo il giorno della sua laurea come un incubo. Io ed Anna eravamo agitatissime. Era la prima volta che vedevo mio fratello vestito bene e con la cravatta.

I famigliari e gli amici erano presenti e attendevano il turno della laurea. Poi sono arrivati alcuni di “loro” ( i neocatecumenali) e si sono messi in disparte. Mio fratello appena li ha visti ha sorriso ed è andato subito verso di loro. Ricordo una signora bionda a cui mio fratello illustrava in dettaglio la tesi. Era così serio e compito che io e Anna pensammo che fosse la controrelatrice. Stette mezz’ora a spiegare la tesi. Anna incuriosita gli chiese chi fosse la signora e lui rispose che non era la controrelatrice, ma semplicemente una signora del cammino. Era incredibile! Con noi mai e poi mai avrebbe perso così tanto tempo a spiegarci la tesi. I neocatecumenali ci guardavano incuriositi, ma restavano in disparte. C’era una ragazza neocatecumenale con un bimbo piccolo. Non dimentico il particolare perché mio fratello si avvicinò al bambino e gli diede alcuni buffetti sulla guancia……….sia io che Anna rimanemmo sconcertate. Se fosse stato mio figlio non l’avrebbe mai fatto.

Ad agosto annunciò a mia mamma, che in quel momento si trovava nella casa di campagna per le vacanze estive, di voler prender parte ad alcune convivenze vocazionali. Questo voleva dire che stava prendendo in considerazione l’idea di entrare in seminario. L’idea non fu per noi uno shock per una serie di ragioni. In primis nella mia famiglia ci sono state altre vocazioni, in seguito anche perché la mia è una famiglia profondamente cattolica. Mia mamma all’idea di un eventuale ingresso in un seminario gli disse semplicemente “pensaci bene e poi fai quello che vuoi”. Io ed Anna commentammo soltanto dicendogli “cerca almeno di diventare cardinale con tutta la cultura e l’istruzione che hai ricevuto”.

Eppure percepivamo una strana sensazione: Pierluigi parlava sempre meno. Un giorno disse ad Anna che non sarebbe entrato in un seminario “normale”, ma in un seminario Redentoris Mater cioè un seminario “neocatecumenale”. Così iniziammo a navigare un po’ su internet per sapere di più di questa strana tipologia di seminari, mai sentita nominare. Anna scaricò, dalla rete, l’elenco dei seminari Redentoris Mater nel mondo, così scoprimmo che erano circa quaranta soltanto due dei quali in Italia (Roma e Macerata). Iniziammo a dire a Pierluigi di entrare in quello di Roma, perché sicuramente era più qualificante, e poi magari mamma ne approfittava per visitare Roma quando voleva farti visita. Ma lui taceva, taceva…..tutto era così strano e misterioso.

Un giorno disse che sarebbe andato lontano, molto lontano. Io ed Anna iniziammo a preoccuparci per i nostri genitori. Devo precisare che i miei genitori sono piuttosto anziani e non sono abituati a viaggiare, pertanto sono un po’ “inesperti” del mondo e per loro, già il seminario Redentoris Mater di Roma rappresentava una distanza insormontabile. Mia mamma all’età di quasi settanta anni non ha mai visto Roma.

Finalmente dopo un teatrino di insistenze pietose mio fratello ci comunicò la sua destinazione: il seminario Redentoris Mater di Sydney.

Non ci sono parole per descrivere la disperazione di mia madre di fronte a questa notizia. Ovviamente chiedemmo molteplici spiegazioni a nostro fratello ma fu come rimbalzare contro un muro di gomma.

Io non potevo crederci e continuavo a dirgli “ma perché non vai più vicino??? Se hai veramente la vocazione un posto vale un altro; fallo almeno per tua madre”. Quando lo guardavo vedevo che lui non provava niente, anzi era infastidito dal nostro dolore e dalla nostra disperazione.

Nel frattempo mia mamma gli disse di non presentarsi a casa durante il fine settimana, ma di starsene a Pisa (nella casa da studente pagata dai miei genitori) e di pensare e riflettere.

Io ed Anna eravamo sconvolte: ma come poteva pensare di infliggere gratuitamente un tale dolore ai nostri genitori? Come potevano loro così anziani sopportare 24 ore di aereo per vederlo, oppure affrontare l’ostacolo dell’inglese per chiamarlo al telefono, o ancora 12 ore di fuso orario??  Ma che senso aveva tutto ciò?? Dovevo fare qualcosa.

Iniziai a fare delle ricerche. E il mio primo strumento di partenza fu Internet. Tramite la rete ebbi modo di conoscere le testimonianze di Augusto Faustini (la tela del Ragno- Plagio psicologico nel cammino neocatecumenale) e di molte altre famiglie distrutte da questo virus che si insinua nella chiesa. Più studiavo e leggevo e più fatti, accadimenti e comportamenti che fino ad allora risultavano strani ed inspiegabili trovarono una giusta collocazione ed a poco a poco il puzzle prendeva forma e corpo. Per prima cosa studiai a memoria lo statuto da poco approvato, articolo per articolo, quindi lessi alcune parti dei testi scritti da Padre Enrico Zoffoli e rimasi sconvolta.

Ma ciò non era sufficiente: la mia formazione scolastica mi suggeriva di verificare di persona. Così decisi di cercare i potenti catechisti di mio fratello e di parlare con loro per vedere se fosse almeno possibile cambiare la destinazione frutto a quanto pare di uno strano sorteggio. Mio fratello si rifiutava di darmi il numero di telefono e i nomi dei catechisti.

L’unica possibilità era quella di andare di persona in S. Nicola il sabato sera e parlare con loro. Fu una tragedia. Io ero molto arrabbiata, ma ho imparato a mie spese ed amaramente che non esiste la benché minima possibilità di dialogo con il movimento neocatecumenale.

Giunsi alle nove meno un quarto sul retro della Chiesa di S. Nicola e intravidi la luce accesa. Bussai e si presentò alla porta un signore alto con la camicia blu. Chiesi di entrare, ma il signore mi rispose che c’era l’Eucarestia, che il prete non mi conosceva e che quindi non potevo entrare. Mi chiuse la porta in faccia. Eppure lo statuto Neocatecumenale dice chiaramente che l’Eucarestia è aperta a tutti i fedeli….. amaramente pensai, meno male che il Vangelo dice “Bussate e vi sarà aperto”.

Nel frattempo arrivò mio fratello e con lui ebbi la possibilità di assistere alla messa generale del sabato sera con tutte le comunità presenti. La celebrazione era diversa da quello tradizionali, ricordo alcuni particolari come il fatto che nessuno si inginocchiava all’Offertorio oppure la presenza del pane (non ostia ma pane vero e proprio con le sue bricioline) e del vino che venivano distribuiti il primo tramite  vassoio, il secondo tramite una serie di panciuti calici fatti passare tra le persone. Tutti mi guardavano e la mia presenza era visibilmente sgradita. Io dal canto mio ero furente.

Alzai lo sguardo e vidi per la prima volta la Madonna di Kiko con il bambino e con le strane scritte, era la stessa immagine che Don Devoto aveva fatto riprodurre su una vetrata della nuova chiesa della Sacra Famiglia ristrutturata. Mi vennero i brividi.

Al termine della Messa mio fratello mi presentò all’equipe dei catechisti (sei in tutto). Iniziai chiedendo loro come mai, in qualità  di catechisti, non avevano pensato di telefonare o far visita alla mia famiglia in un momento così delicato. Infatti devo dire che uno dei particolari che a tutt’oggi ancora mi colpisce è proprio quello del totale silenzio da parte del movimento neocatecumenale nei confronti della famiglia.

I catechisti erano molto disturbati dalla mia presenza. Ne ricordo in particolare due , Giovanni e Paola perché avevano seguito mia sorella e suo marito durante la preparazione al matrimonio in S. Nicola. Fu proprio Paola a dirmi che né io né mia madre amavamo Pierluigi. Ma chi era costei e con quale autorità si permetteva di giudicare la mia famiglia, la mia vita, mia madre? E dov’è il cristianesimo in tutto questo? Rimasi allibita, ma purtroppo la questione non finì: Giovanni mi chiese se ero sposata, io risposi di no. Mi chiese se fossi felice ed io risposi di si. “Bene –mi disse- allora tu sei indemoniata e devi andare da un esorcista a farti liberare”.

A parte la gravità della situazione se si pensa che queste parole sono uscite dalla bocca di un catechista che opera all’interno di una chiesa, la cosa che mi fece più male fu il ghigno malefico di mio fratello che aveva ascoltato tutto e che non disse niente. Non mi sarà certo facile perdonarlo per il suo silenzio di fronte ad una cosa così grave.

In sostanza da quello scontro imparai un postulato fondamentale: il dialogo con i  neocatecumenali è praticamente impossibile. E’ in effetti impossibile parlare e confrontarsi con chi si ritiene un “giusto” ovvero l’”unto del Signore” e disprezza chi ha opinioni diverse. Il cristianesimo a mio avviso è una religione di tolleranza e rispetto. Quindi non c’è cristianesimo nel movimento neocatecumenale.

Rimasi molto turbata dalle parole del catechista Giovanni, ma non volevo arrendermi pertanto iniziai a bussare a mille porte chiedendo aiuto. A La Spezia mi recai da Don P.M. attualmente vicario di sua Eccellenza Mons. Bassano Staffieri. Andai da lui con un pacco di documenti relativi al cammino Neocatecumenale chiedendogli la sua opinione e soprattutto di avere un incontro con il vescovo. Lasciai la documentazione sopra l’inginocchiatoio e lui promise che ci avrebbe dato un occhiata. Alcuni giorni dopo tornai da lui e potei osservare che la documentazione era ancora lì nello stesso punto in cui l’avevo lasciata. Allora capii, che la mia presenza era sgradita. Ebbi modo di ascoltare le sue parole, tutte volte a minimizzare la situazione, a gettare acqua sul fuoco con un certo timore. Lasciai la chiesa con la strana e spiacevole sensazione di avere incontrato un sacerdote a cui non importava niente se non la carriera politica all’interno della gerarchia ecclesiastica. Indubbiamente i miei discorsi erano pericolosi e lo disturbavano nonostante non avesse risposte alle mie domande.

Nel mese di settembre 2002 io, mia madre e mia sorella Anna chiedemmo udienza al  Vescovo Mons. Bassano Staffieri ed in questa sede Sua eccellenza sottolineò la ricchezza in termini di denaro delle comunità neocatecumenali e ci raccontò come nella precedente diocesi di Carpi all’interno della quale esercitava, ben tre ragazzi si fossero “alzati davanti a Kiko”. Ora i genitori abbienti i cui figli sarebbero dovuti partire per i Redentoris Mater si erano rivolti a lui affinché provasse a dissuaderli…..  Continuava a ripetere “sa signora è molto difficile”. Citò anche le laute “offerte” che le comunità neocatecumenali elargivano ai sacerdoti…..naturalmente destinate ai poveri della parrocchia.

A questo punto si potrebbe fare una disquisizione sulla definizione “offerta”. L’offerta deve avere la caratteristica di “una tantum” altrimenti se si trasforma in una offerta fissa puntuale magari fatta all’interno di ciascun mese nello stesso giorno…..diventa una sorta di “stipendio”.

Mia madre, incartapecorita ebbe un guizzo di coraggio di fronte a Sua Eccellenza e gli disse che “Gesù era stato tradito e venduto per 30 denari e loro lo rivendevano oggi”. Lo disse piangendo con le lacrime agli occhi, con la disperazione nel cuore. Il vescovo, da buon politico rispose nell’unico modo in cui poteva rispondere: ovverosia con lo sguardo di commiserazione che si rivolge ad una persona instabile di mente. In sintesi ci consigliò di rivolgerci a sua Eccellenza l’Arcivescovo di Pisa Plotti, in quanto il fatto era avvenuto all’interno della diocesi di Pisa. Fu drammatico. Mia mamma tornò a casa dandosi della stupida perché non aveva tirato fuori un assegno da almeno dieci milioni. Non ci aveva pensato.

Quel venerdì quando mio fratello tornò  da Pisa, erano passati circa dieci giorni da quando ci aveva comunicato la sua destinazione al seminario di Sydney per gennaio 2003, ci comunicò semplicemente che il lunedì successivo si sarebbe recato nel seminario Redentoris Mater di Lugano in attesa di partire per l’Australia, in modo tale da non perdere tempo ed affrontare subito il primo semestre di studi.

Mia madre iniziò con calma, con i suoi gesti lenti e penosi a preparare la valigia.

Eppure io non volevo arrendermi e chiamai domenica, il giorno prima della sua partenza, don Mario il parroco di S. Nicola a Pisa, chiedendo spiegazioni. Perché Lugano? Da dove era uscito fuori? E Perché questa fretta??

Alle ore 15.00 della stessa domenica tutta la famiglia si presentò alla porta del convento agostiniano di S. Nicola per ottenere delle risposte, tranne mio padre che era andato ad aiutare mio fratello a prendere le sue ultime cose nella casa da studente.

Iniziai chiedendo come mai nessuno avesse pensato al fatto che in questi mesi mio fratello avrebbe potuto recuperare un buon rapporto con la famiglia prima di partire per il seminario Redentoris Mater di Sydney nel mese di gennaio. Don Mario rispose che in effetti avevano pensato a questa opportunità, ma dubitavano che la cosa fosse possibile. Così ci disse che era stata vagliata l’ipotesi di affidare temporaneamente mio fratello ad una famiglia neocatecumenale di Roma. Successivamente  il rettore del seminario Redentoris Mater di Lugano gli aveva offerto una soluzione alla cosa dicendo che c’era posto presso di loro. Io non potevo credere alle mie orecchie: “affidare mio fratello ad un'altra famiglia?!?!” Ma noi non siamo dei mostri! Avrei voluto gridare in quel momento, poi ho pensato a cosa doveva provare mia madre….non potevo neanche lontanamente immaginare.

Il giorno successivo due persone sconosciute sono arrivate da Pisa al casello autostradale di S. Stefano Magra e mio padre ha “consegnato loro” suo figlio. “Loro” lo hanno portato a Lugano.

Mio fratello partì per il seminario Redentoris Mater di Lugano senza lasciarci inizialmente un indirizzo o un recapito telefonico, e i primi due giorni ebbe la brillante idea di non chiamare casa neppure per avvisare dell’arrivo. Così mia mamma, come tutte le mamme passò la notte insonne temendo che fosse accaduto un incidente. Provavamo a telefonare al cellulare ma era sempre spento. Naturalmente le persone che accompagnarono mio fratello in seminario non pensarono minimamente di avvisarci. Non era certo di loro competenza.

Riguardo ai neocatecumenali una cosa che stupisce è la codificazione e la linea di demarcazione netta e precisa circa i loro comportamenti. I catechisti in tutta Italia dicono e fanno le stesse cose, nulla più né nulla meno. Per cui se non rientra nei compiti dei catechisti avere un contatto con le famiglie dei seminaristi, a loro non verrà mai in mente di averlo, anzi si meraviglieranno che qualcuno possa avanzare certe pretese. Considerato il fatto che mio fratello avrà per tutta la durata della sua vita un rapporto particolare con la sua comunità di origine che pagherà i suoi spostamenti e i suoi viaggi in giro per il mondo, quantomeno mi sembrerebbe normale poter vedere i loro volti.

Soltanto dopo due giorni dal suo arrivo a Lugano mio fratello chiamò dicendo che andava tutto bene e lasciò il numero del seminario a mia madre aggiungendo che non era permesso il cellulare in seminario e che era stato costretto a consegnarlo all’entrata.

Da allora lui personalmente ha chiamato tre o forse quattro volte, costringendo sempre mia mamma a cercarlo in seminario circa una volta alla settimana per assistere al solito rito di freddezza e di menefreghismo con risposte a monosillabi del tipo “si-no” a fronte di domande.

Mi recai anche da Don Devoto parroco della S. Famiglia che, ovviamente, aveva accolto la partenza di mio fratello come un trionfo personale. Nel suo delirio di onnipotenza continuava a millantare l’odio evangelico. Nonostante la porta della chiesa della Sacra Famiglia sia distante soltanto cinquanta metri dalla mia porta di casa non abbiamo mai ricevuto né lettere, né telefonate, né tanto meno visite. Noi, in quanto non neocatecumenali siamo carne da macello.  

Nel mese di novembre scrissi una lettera all’arcivescovo Plotti su suggerimento di Mons. Bassano Staffieri chiedendogli di occuparsi della questione neocatecumenale di S. Nicola e di mio fratello. Alcuni giorni dopo mi recai in Piazza dell’Arcivescovado presso la curia dell’Arcidiocesi di Pisa nel giorno di mercoledì fissato per il ricevimento dei privati.

Ebbi modo soltanto di parlare con il vicario in quanto l’Arcivescovo si trovava ad una riunione della Conferenza Episcopale Italiana. Il vicario mi disse che l’arcivescovo aveva ricevuto la mia lettera e gli aveva accennato ad una situazione difficile a causa di un seminarista della Spezia. Tuttavia aggiunse che il vescovo era stato informato della vicenda e della partenza di mio fratello per il seminario Redentoris Mater di Lugano tramite la mia lettera. Questo smentisce chiaramente ciò che affermava don Mario parroco di S. Nicola che millantava una chiara conoscenza dell’Arcivescovo Plotti dell’intera situazione. Don Mario mi diceva “vieni con me dall’arcivescovo Plotti, ti accompagno io stesso, è a conoscenza di ogni cosa”.

E invece non era vero niente.

Devo comunque dire che neppure l’Arcivescovo Plotti ha degnato la mia famiglia di attenzione: mai una telefonata o un contatto, anzi …..un mio caro amico, frequentatore della parrocchia di S. Nicola in qualità di cristiano della domenica, mi ha raccontato che in occasione di una visita di Plotti in parrocchia, l’Arcivescovo si è esibito in un penoso e svilente atteggiamento reverenziale nei confronti delle comunità neocatecumenali presenti in S. Nicola. Devo desumere che le offerte siano molto consistenti.

L’organizzazione neocatecumenale è prima di tutto una organizzazione laica che si edifica su una struttura verticistica la cui sintesi ed acme è rappresentata dalla trilogia Kiko, Carmen e don Mario Pezzi, poco più sotto ci sono i catechisti nazionali e regionali e i responsabili delle comunità. I presbiteri e i vescovi ritengono di contare, ma in realtà non è così.

Ne posso dare una prova.

Lessi sulla testimonianza di Augusto Faustini “ La tela del Ragno-Plagio Psicologico nel cammino neocatecumenale” un nome preciso, indicato come persona laica molto potente, ovvero quello dell’avvocato Franco Voltaggio, un supercatechista, così decisi di contattarlo. Parlai con la moglie dell’avvocato che devo dire fu veramente gentile con me e si offerse di illustrare a Kiko la questione di mio fratello chiedendogli un trasferimento di destinazione. Chiesi alla signora di darmi anche i nomi dei responsabili di comunità di S. Nicola. Poco tempo dopo in una successiva telefonata mi comunicò, da Roma, che il responsabile della comunità di S. Nicola era il Sig Alessandro Guidotti e non il povero don Mario che continuava ad attribuirsi il titolo di unico responsabile in S. Nicola. Il giorno quattro gennaio 2003 telefonarono a casa di mia madre i catechisti regionali chiedendo di parlare con Pierluigi che nel frattempo si trovava in vacanza a casa e gli comunicarono che almeno fino a giugno non sarebbe più partito per l’Australia. La giustificazione era una questione di praticità visto che aveva iniziato l’anno accademico a Lugano presso l’Università di Teologia. Potere dei supercatechisti.

Il seminario redentoris Mater di Lugano è posto sotto la direzione del Vescovo di Lugano, ma quanto potere effettivo ha il vescovo nella decisione degli spostamenti tra un seminario e l’altro ovvero tra una diocesi e l’altra e magari tra un continente e l’altro? Nessuno, gli spostamenti vengono unicamente comunicati al vescovo che ne prende atto, anche perché sono decisi da un potere laico. Al Vescovo vengono destinate le famose Offerte che lo rendono felice ed ha inoltre la possibilità di gloriarsi delle numerose vocazioni che affollano i suoi seminari. Fa riflettere il fatto che nel seminario Redentoris Mater di Lugano ci sia soltanto un ragazzo di Lugano mentre tutti gli altri provengano da altri stati e da altri continenti. Tutto è frutto di un sorteggio che sfida la legge della frequenza e la statistica. Tutto ciò comporta e verte sul distacco dalla famiglia, elemento caratterizzante che implica un più facile controllo e dunque una dipendenza psicologica dal cammino neocatecumenale degli adepti più forte.

Il nome completo del seminario è quello di seminario diocesano missionario Redentoris Mater di Lugano. Diocesano significa che è posto formalmente sotto la direzione del vescovo della diocesi. Più complesso e curioso è l’aggettivo missionario. I futuri presbiteri avranno il compito di essere itineranti e diffondere non il cristianesimo bensì il movimento neocatecumenale di Kiko. Potranno essere missionari anche a Milano e a Roma o in qualsiasi altro posto dove non è ancora presente il movimento neocatecumenale. Risponderanno ai laici del cammino e quindi ai dirigenti che potranno spostarli per il mondo secondo le necessità.

Quale sarà il futuro di mio fratello??? Dovrà diffondere il cammino neocatecumenale, ovvero si circonderà di catechisti, avvierà il kerigma in qualche parrocchia, adescherà persone ignare che saranno ingannate dalla sua presenza in quanto riterranno di trovarsi di fronte ad un sacerdote “normale” ed entreranno nel movimento. Non ci sarà spazio per altri movimenti all’interno della sua parrocchia (no ai focolarini, ricostruttori, scout, rinnovamento dello spirito ecc). Le persone facenti parte del cammino inizieranno, a partire dal secondo passaggio, a versare la decima nel sacco nero dell’immondizia, tale decima confluirà nelle casse del cammino e verrà usata per sostenere i Redentoris Mater (che sforneranno i nuovi presbiteri compiacenti per il cammino), per i catechisti itineranti e per la Domus Galileae. Non dimentichiamoci poi delle offerte verso i sacerdoti e i vescovi non totalmente convinti della bontà del cammino neocatecumenale. Tante mamme come la mia piangeranno a causa del male prodotto da mio fratello. Tante famiglie verranno distrutte e lo malediranno.

Il giorno 7 Dicembre 2002 si è celebrato presso la parrocchia S. Giuseppe in Monza (Milano) il matrimonio di mia cugina. Mio fratello si trovava da circa 3 mesi nel seminario Redentoris Mater di Lugano e mia madre attendeva con impazienza quel giorno per poter vedere suo figlio. Sembrava certa la sua partecipazione al matrimonio, addirittura Pierluigi avrebbe dovuto raggiungere Monza con una macchina messa a disposizione dal Seminario stesso, distante soltanto una settantina di km.

Il giorno 5 Dicembre 2002 mio fratello telefonò a mio padre dicendo che il rettore del seminario Redentoris Mater di Lugano, Don Mario Trulio gli ordinava di non prendere parte al matrimonio; contestualmente contattò telefonicamente mia cugina Simona scusandosi per la sua assenza, e dicendo che il Rettore del Seminario gli aveva “consigliato” di non partecipare alla celebrazione in quanto sarebbe stato mandato a casa per le imminenti festività natalizie.

Per mia madre fu un dolore grandissimo: ne soffrì immensamente.

Decisi quindi di contattare Don Mario Trulio per chiedere almeno spiegazioni. Che cosa c’era di male nel prender parte ad un matrimonio per una giornata e nel fare felice una mamma?

La conversazione tra me e il rettore del Seminario Redentoris Mater di Lugano fu molto dura. Mi disse chiaramente che non era abituato a discutere le sue decisioni con nessuno, in quanto lui stesso, nella guida dei suoi Seminaristi era interprete della volontà di Dio. Cercai di insistere sulla partecipazione di mio fratello al matrimonio, soprattutto viste le condizioni di salute di mia madre. Ebbene le sue parole furono durissime: ribattè che di mia madre non gli importava niente e poi era stanco di sentire le lamentele di tutte “queste madri”. Già proprio così…”queste madri che poi non muoiono mai: vediamo quando e se morirà”.

Ero raggelata, scandalizzata, disgustata. Il rettore minacciò di “non farcelo più vedere se avessimo continuato con questo atteggiamento ostile e polemico”. Disse soltanto “…….sa ci sono seminaristi che non vanno a casa per anni e anni!” Al termine della conversazione mi “liquidò” passandomi una terza persona al telefono che doveva confermarmi la fretta di don Mario e dirmi che il rettore non aveva più tempo da perdere con me.

Ahimè non ho registrato la conversazione, spetterà agli altri credere alle mie parole.

Questa è la mia storia, la storia della mia famiglia buttata in tutta fretta sulla carta, perché non si può far finta di niente.

Io penso che per mio fratello sia molto difficile uscire con le sue sole forze da questa setta maledetta che si è insinuata in seno alla Chiesa con la compiacenza di molte persone potenti. Tuttavia la testimonianza della mia famiglia si unirà al coro ormai numeroso di coloro che hanno rilevato comportamenti e fatti inspiegabili in amici, conoscenti, e cari che partecipano al movimento neocatecumenale di Kiko

Mi sono domandata più volte come sia possibile che questo movimento si sia divulgato in così poco tempo (è nato da circa 30 anni in Spagna) in senso orizzontale, estendendo il suo potere in moltissimi stati, e in senso verticale ovvero andando a ricoprire, con i suoi uomini, posizioni di maggior potere.

Indubbiamente il fatto è riconducibile principalmente alla crisi della “parrocchia” e della Religione, ma non solo.

Il movimento Neocatecumenale si avvale di alcune peculiarità che sono proprie delle sette e che io stessa ho potuto constatare giorno per giorno nel comportamento di mio fratello:  

1 Separazione con il mondo circostante e la famiglia

Chi appartiene al movimento neocatecumenale tende a rompere tutti i rapporti preesistenti con chiunque non sia neocatecumenale  e concentra la propria affettività sui membri della comunità.

Così mio fratello, per anni è rimasto in uno stato di totale fastidio e indifferenza nei confronti delle vicende e dei problemi famigliari.

2 Esclusivismo

Solo gli adepti del cammino neocatecumenale sono nella verità e si salveranno, solo i neocatecumenali sono veri “cristiani”. Colpevole è chi non aderisce al movimento, ma soprattutto chi lo abbandona. I neocatecumenali sono guidati direttamente da Dio (Kiko). Mio fratello, come tutti i neocatecumenali si lasciava spesso sfuggire parole di derisione contro i Cristiani della domenica, contro gli altri movimenti come gli Scout o l’Azione Cattolica. Questo è   l’atteggiamento proprio di chi si ritiene “giusto”. Furbescamente non sono così stupidi da fare ammissioni di questo tipo in pubblico. Ma chi ha convissuto con loro per 11 anni riesce a percepire queste sfumature.

3 Volontarietà

Chi aderisce al movimento lo fa tramite una scelta volontaria ovvero in risposta al Kerigma. L’ingresso assume la valenza di una vera e propria conversione e l’adepto si identifica totalmente con il movimento.

Mio fratello chiamava “fratello o sorella” gli altri membri del cammino (ad esempio sorella di comunità), ma non ha mai chiamato “sorella” Anna oppure me medesima. Solo all’interno della comunità si realizza la famiglia.

4 Obbedienza al capo

I neocatecumenali mantengono il più assoluto rispetto e la più assoluta obbedienza verso gli ordini dei catechisti, dei capi comunità e di Kiko posizionato al massimo vertice della complessa organizzazione. Il capo della Chiesa è il Papa, il capo del movimento neocatecumenale è Kiko “vita natural durante” (Art. 34 dello Statuto del cammino neocatecumenale”). Ecco dunque realizzarsi la Chiesa nella Chiesa di cui parlava nella sua lettera aperta all’Arcidiocesi di Catania l’Arcivescovo Luigi Bommarito.