”Hanno proprio torto coloro che pensano
che siete una Chiesa parallela?”
di Luigi Bommarito, arcivescovo di Catania
Ai fratelli e alle sorelle delle Comunità neocatecumenali della Chiesa che è in Catania. Per conoscenza ai presbiteri dell'arcidiocesi.
Carissimi nel Signore Gesù,
lungo il mio servizio episcopale svolto per circa quattordici anni nella santa
Chiesa di Dio che è in Catania, non ho mai cessato di ringraziare il Signore
per la ricchezza, la varietà e la vivacità pastorale incontrate non solo nelle
comunità parrocchiali e nella vita religiosa, ma anche nelle associazioni, nei
movimenti e nelle varie aggregazioni ecclesiali di cui è ricca la nostra
diocesi catanese.
In sintonia con il santo padre Giovanni Paolo II e con l'episcopato italiano,
reputo un grande "dono di Dio", una vera e propria "ondata di
grazia" le varie forme di aggregazione di fedeli, da quelle più antiche a
quelle più recenti, che nella loro molteplicità sono segni "della
ricchezza e della versatilità delle risorse che lo Spirito del Signore Gesù
alimenta nel tessuto ecclesiale" (“Christifideles laici”, n. 29; Ev
11/1720), tanto da essere accolte con gratitudine e responsabilmente
valorizzate, come sottolinea nell'Introduzione la nota pastorale della Cei “Le
aggregazioni laicali nella Chiesa” (29.4.1993; Ecei 5/1547).
In verità in questo prezioso contesto di grazia, come pastore di tutto il
gregge affidatomi da Dio, quando mi è stato possibile, sono stato gioiosamente
presente per incoraggiare, benedire, stimolare e promuovere, ma
contemporaneamente – come era ed è mio preciso dovere – anche per
correggere quegli aspetti che, a volte, nelle loro espressioni si sono
manifestati in maniera piuttosto "problematica", ora per difetto ora
per eccesso.
È stato ed è anche il caso delle comunità neocatecumenali che ho seguito con
stima, affetto e – come tutti sapete – con alcune perplessità. Ho avuto
modo di discuterne con responsabili del Cammino dentro e fuori la nostra
diocesi.
Posso confermare che le mie perplessità di tipo teologico-pastorale che sto per
comunicarvi hanno incontrato dappertutto – a partire da molti miei confratelli
vescovi – una perfetta consonanza, sia sul piano delle idee come su quello
delle esperienze concrete vissute con una certa sofferenza nell'ambito di molte
Chiese locali italiane e non solo italiane.
Mi sono chiesto tante volte, e nel contempo sento di chiedere anche a voi, se
non sia opportuno far luce e dare precise risposte a delle richieste di
chiarimento che fino a oggi purtroppo sono rimaste inevase, col rischio che si
possano continuare a fomentare ancora di più perplessità e insofferenze varie
in mezzo al popolo di Dio. Credo opportuno, pertanto, elencare alcuni aspetti
del vostro Cammino che mi sembrano bisognosi di necessarie, pertinenti e urgenti
chiarificazioni.
Se non l'ho fatto prima – mai però ho nascosto le mie perplessità anche se
unite a sentimenti di ammirazione – è perché ho atteso l'approvazione del
Cammino da parte del santo padre. Ritardando ancora tale approvazione, vi
confido le ragioni che, da sempre, cioè da quando, a Monreale, da sacerdote ho
frequentato la catechesi del Cammino, mi hanno lasciato perplesso.
1. Si nota che in molte comunità neocatecumenali al presbitero viene di
solito riconosciuta o quasi "concessa" solo la dimensione cultuale e
funzionale dell'ordine sacro, mortificandolo se non addirittura privandolo della
sua connaturale dimensione giurisdizionale che – come ben sappiamo – è
parte integrante e costitutiva dell'ordine stesso. Spesso, infatti, è il
catechista che si appropria indebitamente della potestà giurisdizionale propria
del sacerdozio ministeriale.
Ci si chiede: quale consonanza c'è con la “Lumen Gentium”, la quale precisa
che i sacerdoti "nelle singole comunità locali di fedeli rendono, per così
dire, presente il vescovo, (...) santificano e governano la porzione di gregge
del Signore loro affidata" (n. 28; Ev 1/355)?
Un presbitero, a me carissimo, mi ha confidato che dopo oltre 20 anni non ha
chiaro ancora il suo ruolo di presbitero nell'équipe dei catechisti.
2. Lungo l'iter catechetico del Cammino viene rigidamente e pesantemente
sviluppata la situazione della nullità dell'uomo anche se battezzato e quindi
l'incapacità dello stesso cristiano di aprirsi – senza l'apporto della
comunità neocatecumenale – alla grazia redentiva di Cristo, come se l'evento
storico della risurrezione non avesse risolto e provocato i benefici
dell'alleanza di tutti e di ciascuno con Dio. In altre parole: come se la virtù
teologale della speranza – virtù infusa dallo Spirito in ciascun battezzato
col battesimo – rimasta impoverita e defenestrata, non avesse più nessuna
voce in capitolo. Ma la fede cristiana corredata dalla preghiera e dai
sacramenti non è già in se stessa portatrice di luce, di pace, di forza, di
gioia, di vittoria sul male? A cosa si riduce il cristianesimo se viene a
mancare la teologia della speranza?
3. Con molti vescovi di mia conoscenza – di cui accludo interventi e
testimonianze che fanno molto pensare – faccio osservare che va provocando
confusione, malumori e disagi pastorali il fatto che ancora da parte delle
comunità neocatecumenali si continua a celebrare in forma riservata e privata
l'eucaristia del sabato sera e addirittura la veglia della Pasqua del Signore,
evento strepitoso dell'amore di Dio teso per natura sua a radunare insieme tutto
il popolo di Dio in un'unica grande famiglia.
Si divide il popolo di Dio in due, come blocchi composti in classi e categorie
diverse, l'uno di serie A e 1'altro di serie B, come fossero cioè schieramenti
separati e contrapposti, incapaci di riconoscersi tutti fratelli. Hanno proprio
torto coloro che pensano che le comunità neocatecumenali costituiscono una
Chiesa parallela?
Non dobbiamo accogliere in un'unica comunità anche i più poveri e i più
deboli, i meno catechisticamente preparati che spesso, senza volerlo né
saperlo, sono ritenuti fuori del recinto o forse sono rimasti "fuori"
per colpa di noi stessi che ci riteniamo i più vicini, più praticanti e
osservanti?
Qualcuno può pensare: ma il sacramento non agisce proficuamente già ex opere
operato? Perché allora dare tanta importanza solamente alla partecipazione del
gruppo dei più qualificati? Forse che l'ex opere operantis (inteso anche come
azione di comunità di prescelti) per merito della sua modalità di
"cammino", e solo perché diversa da altri "cammini", riesca
a rendere più meritevole ed efficace il sacramento?
4. Sappiamo da san Paolo che lo Spirito affida i suoi carismi ai singoli
battezzati – e di conseguenza anche ai singoli gruppi ecclesiali – per il
bene comune (cf. 1 Cor 12, 7), per esempio per il bene comune dell'intero popolo
di Dio presente in ogni parrocchia. La comunità neocatecumenale, come pure
qualche altro movimento ecclesiale, impongono invece esattamente il percorso
inverso, comportandosi in modo tale da strumentalizzare il bene comune per
garantire il loro proprio carisma, assolutizzando le loro scelte e imponendo il
loro metodo come fosse insuperabile, unico rispetto a tutti gli altri e, per
qualcuno addirittura, l'unico salvifico.
5. Di conseguenza, non di rado capita di constatare che nelle parrocchie
ove sono presenti in maniera consistente le comunità neocatecumenali, non
sempre è facile la convivenza né tanto meno la collaborazione con le altre
realtà ecclesiali operanti in loco.
Con coloro che mi hanno accompagnato, durante la visita pastorale, in una
parrocchia, ne abbiamo fatto amara constatazione.
Penso che una maggiore sintonizzazione con il piano e gli indirizzi pastorali
del pastore della diocesi potrebbe ridimensionare la presunta convinzione che il
proprio metodo sia il più perfetto fino ad avere la precedenza su tutti gli
altri, come se avesse l 'imprimatur dello Spirito.
6. Sappiamo dal Vangelo che il messaggio di Gesù procede dolcemente sul
versante libero e liberante del "Si vis..." (se vuoi...) e si
evidenzia fino a svilupparsi chiaramente e amichevolmente su di un piano di
amore la cui espressione emblematica è la parabola del figliol prodigo: un
padre che attende il figlio perduto, gli va incontro, lo abbraccia, lo perdona
per lo sbaglio commesso, lo riveste, gli mette l'anello al dito, fa festa, lo
scusa persino di fronte al fratello maggiore che non la pensa come lui!...
Il Cammino neocatecumenale a volte sembra invece camminare sul versante
intransigente del "tu devi", sul filo di un imperativo categorico di
kantiana memoria, col rischio molto facile di cadere in una sorta di
fondamentalismo integralista destinato, come purtroppo accade, a fomentare
divisioni e separatismi vari, creando inevitabilmente piccoli ghetti o
pericolose chiesuole nell'ambito della stessa Chiesa di Dio nata invece per
essere un'unica grande famiglia del Padre.
7. Non vorrei parlare degli scrutini che, spesso, scarnificano le
coscienze con domande che nessun confessore farebbe. Ma come ciò può essere
permesso a un laico, sia pure catechista?
Non vorrei parlare neppure delle confessioni pubbliche... Ma chi può
autorizzare uno stile che la Chiesa, nella sua saggezza e materna prudenza, ha
abolito da secoli?
8. Ho letto con attenzione e interesse la lettera che recentemente (Roma,
5 aprile 2001) il santo padre ha rivolto al cardinale Francis Stafford,
presidente del Pontificio consiglio per i laici: una lettera molto significativa
e oltremodo importante. Il sommo pontefice chiede un giudizio definitivo sul
Cammino neocatecumenale proponendo un attento e accurato discernimento da parte
dello stesso Consiglio pontificio alla luce degli indirizzi teologico-pastorali
del magistero.
In realtà, non essendoci stata fino ad ora – dopo decenni di presenza delle
vostre comunità in vari paesi del mondo – una vera e ufficiale approvazione
dello statuto alla luce delle norme emanate dalla Santa Sede e dalla Cei, i
giudizi sulla bontà del vostro Cammino non sono sempre concordi perché di
fatto variano da diocesi a diocesi e da parrocchia a parrocchia, in base a
comportamenti ed esperienze locali. Vi si chiede pertanto molta riflessione
prima di continuare il cammino in maniera sicura e definitiva. La sottomissione
al giudizio della Chiesa è il biglietto di presentazione più credibile, valido
e decisivo.
Carissimi, come vedete – lo dicevo già all'inizio – le parole che vi
scrivo. invocano semplicemente chiarezza su alcuni punti rimasti ancora in zona
d'ombra e di conseguenza attendono adeguati cambiamenti di prassi pastorale, per
i1 bene delle nostre comunità parrocchiali.
Sono certo che l'amore che vi lega all'ascolto della Parola, all'eucaristia, al
servizio della carità e al giudizio della Chiesa, riuscirà a modificare ciò
che è modificabile e a correggere ciò che è opportuno e urgente correggere,
allo scopo di vivere serenamente, insieme con tutti i fedeli delle nostre
parrocchie, quell'unità e quella comunione che fu e che è il grande anelito di
Gesù: "Come tu, Padre, sei in me e io in te, siano anch'essi in noi una
cosa sola" (Gv 17,21).
Posso attestare comunque di vedere, senza ombra di dubbio – nel vostro
"Cammino", nelle vostre comunità, come in ciascuno di voi – la
presenza vivificante dello Spirito di Gesù che vi ha portati e vi porta a
compiere opere pastorali degne di ammirazione, perché realizzate con sacrifici
di tempo, di affetti, di denaro e di gesti di zelo missionario anche fuori il
nostro paese. Adesso occorre però riesaminare i passi compiuti e rivedere e
verificare – alla luce della ecclesiologia conciliare, del Catechismo della
Chiesa cattolica, degli orientamenti del piano pastorale dell'Episcopato
italiano e del piano pastorale del proprio pastore – quanto le nostre comunità
parrocchiali attendono dal carisma che vi è stato affidato dal Signore e che
speriamo venga riconosciuto quanto prima dallo Spirito attraverso l'approvazione
dello statuto da anni presentato alla Santa Sede.
Il Signore Gesù e la Vergine santa benedicano e assistano il vostro Cammino
perché sia illuminato dalla Scrittura santa da voi meditata e perché viva in
stretta comunione col vescovo, con i parroci e con tutte le realtà ecclesiali
che lo Spirito suscita per il cammino di santità di tutto il popolo di Dio.
Con larga cordiale benedizione anche per l'Avvento e per il Natale del Signore
nostro Gesù, vostro
Luigi Bommarito arcivescovo
Avvento 2001
approfondimenti sul sito http://www.geocities.com/Athens/Delphi/6919/ita_index.htm |