Il tribunale dell'Inquisizione fu creato nel basso Medioevo per castigare l'eresia e gli altri delitti contro la fede cristiana (apostasia, falsi miracoli, profanazione dell'eucarestia, stregoneria, superstizione). La sua storia va articolata in due distinti momenti: quello medievale e quello moderno, ossia posteriore alla Riforma protestante. Tribunali del genere sorsero nel sec. XII, solo eccezionalmente nell'XI, in più luoghi dell'Occidente europeo. Nel sec. XIII l'impetuoso svilupparsi in Italia settentrionale e nella Francia meridionale di moti neo-manichei di rivolta religioso-politico-sociale (Catari, Albigesi, Valdesi, ecc.), che predicavano l'impeccabilità dei perfetti, la sicura dannazione dei ricchi, l'illegittimità di ogni autorità religiosa e politica, la peccaminosità del matrimonio, ecc., indusse papa Innocenzo III a inviare sul posto speciali giudici-legati, col compito di "inquisire" (indagare), predicare e, in caso disperato, consegnare gli eretici alle autorità civili. Fra il 1220 e il 1227 l'imperatore di Germania Federico II assunse l'iniziativa della lotta contro l'eresia, decretando che ogni eretico, riconosciuto tale dal vescovo della propria diocesi, sarebbe stato arso vivo dall'autorità secolare (1224). Oltre ai Catari, praticamente scomparsi all'inizio del sec. XIV, vennero sottoposti ai rigori dell'Inquisizione i Valdesi, i francescani dissidenti, gli Ebrei convertiti che continuavano a praticare il loro culto in segreto, i templari, gli hussiti e i satanisti dei sec. XV e XVI. Famoso, nella Firenze dell'ultimo Quattrocento, il processo contro Savonarola, legato anch'esso a circostanze politiche e locali. La procedura inquisitoriale stabiliva un previo "tempo di grazia" (da 15 giorni a un mese), nel quale l'eretico spontaneamente denunciatosi avrebbe avuto lievi pene (preghiere, opere pie, pellegrinaggi), anche "segrete", se la colpa non fosse stata pubblica. Trascorso il termine, il tribunale procedeva, citando l'indiziato o chiedendo alle autorità civili di operarne l'arresto; di regola due testimoni "onorevoli" (quasi mai messi a confronto con l'accusato) erano sufficienti per una condanna; in qualche caso veniva ammessa l'assistenza di un avvocato noto al tribunale come non sospetto d'eresia. Il regime penitenziario durava a volte degli anni e la pratica della tortura, per estorcere la confessione, era ammessa salvo mutilazione e pericolo di morte. La sentenza (previo consenso del vescovo) veniva letta durante un pubblico "sermone generale" e poteva essere l'assoluzione, preceduta da abiura, la detenzione parziale o perpetua e la morte sul rogo. L'esecuzione di quest'ultima era affidata al "braccio secolare". La prigionia perpetua e il rogo comportavano la confisca dei beni. La condanna al rogo poteva essere inflitta anche post mortem (veniva bruciato il cadavere). Prima della sentenza, il reo poteva appellarsi al papa, che di fatto intervenne in più casi, anche destituendo giudici troppo severi.

Un nuovo capitolo nella storia dell'Inquisizione si apre con la cosiddetta Inquisizione romana, nell'età della Controriforma. Dapprima essa si limitò a perseguire i libri "eretici", pubblicandone vari "Indici"; ma Pio IV accrebbe le competenze dell'Inquisizione. Con la costituzione Immensa (1588) Sisto V le diede il primo posto fra le Congregazioni Romane. Le repressioni violente e spesso cruente avevano già portato persino alla persecuzione di prelati cattolici. Particolare risonanza ebbero poi anche i processi contro intellettuali, come Giordano Bruno e Galilei. Conseguito in tal modo il controllo della vita religiosa e spirituale in Italia, la funzione dell'Inquisizione romana venne restringendosi un po' alla volta alla cura di questioni di vita interna della Chiesa, sino a che, nel 1908, scomparve; più tardi anche l'Indice venne meno.

 

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