L'inizio della diffusione dei Calcolatori Elettronici

Come detto prima, man mano che il transistor migliorava le sue caratteristiche tecniche, esso si imponeva sempre di più come il componente fondamentale per i calcolatori. Si può far risalire al 1957 la realizzazione del primo calcolatore a transistor della storia, realizzato dai Lincoln Laboratories del MIT. Da quel momento il costo dei calcolatori e, soprattutto, la spesa per la loro manutenzione, cominciarono a decrescere rapidamente di anno in anno. Negli anni '60 comunque il costo di un calcolatore era sempre piuttosto elevato e la loro diffusione era limitata alle università o ai centri di ricerca, alle grosse industrie ed ai centri che fornivano servizi di calcolo per conto terzi. Il calcolatore era una macchina preziosa che veniva situata in locali appositi e veniva servita da esperti operatori, ai quali solamente era normalmente consentito l'accesso. Il sistema operativo del calcolatore interagiva con gli operatori tramite una telescrivente, stampando su di essa le segnalazioni di stato, di attenzione o di allarme ed acquisendo gli ordini tramite la sua tastiera. Tutti i mezzi di ingresso ed uscita del calcolatore erano situati nei pressi del calcolatore stesso e, anche questi, erano in genere serviti da operatori. I suddetti mezzi consistevano generalmente in un lettore di schede perforate per l'ingresso dei programmi e dei dati ed in una stampante veloce e, alle volte, anche in un perforatore di schede, per l'uscita dei risultati. Un utente programmatore di calcolatore normalmente doveva preparare un pacco di schede perforate contenenti le istruzioni del programma e, di seguito a queste, preparare altre schede contenenti i dati di prova. La preparazione delle schede avveniva perforandole una ad una tramite un'apposita macchina manuale con tastiera alfanumerica. L'utente programmatore si recava poi dall'operatore della macchina lettore di schede e consegnava il suo pacco di schede, ponendosi poi in attesa che questo fosse adeguatamente letto ed elaborato dal calcolatore. Al termine delle operazioni l'operatore restituiva all'utente il suo pacco di schede e contemporaneamente consegnava il tabulato di stampa delle elaborazioni che, se le schede di programma avessero contenuto istruzioni errate, poteva anche contenere solo segnalazioni di errori o risultati palesemente sbagliati. L'utente programmatore in quest'ultimo caso non poteva far altro che ricercare gli errori delle istruzioni con l'ausilio del tabulato e del ragionamento. Una volta individuati gli errori era necessario estrarre dal pacco delle schede perforate quelle contenenti le istruzioni errate, sostituirle con quelle che si ritenevano corrette e ritornare dall'operatore per ripetere la prova. Nella foto di sinistra che segue si può vadere un pacco di schede di un piccolo programma scritto in linguaggio Atlas.

Programmi complessi potevano anche essere composti da migliaia o da decine di migliaia di schede. L'evento temuto da ogni programmatore era il disgraziato caso in cui il pacco di schede veniva fatto cadere malauguratamente in terra, oppure veniva letteralmente "macinato", per un non infrequente inceppamento dell'infernale macchina lettrice di schede. In questi casi la penosissima vita del programmatore consisteva nel passare ore ed ore a rimettere in fila le schede perforate del suo programma. Un altro sistema di caricamento dei programmi consisteva nel nastro perforato, un cui esemplare può essere visto anch'esso nella foto qui di sopra a sinistra. L'utilizzo dei nastri perforati entrò in voga principalmente con l'avvento dei "minicomputer", il cui primo esemplare è stato il PDP-8 della Digital, costruito nel 1964. Nel caso dei minicomputer infatti uno degli obiettivi perseguiti era quello di ridurre i costi, pur fornendo un prodotto ancora valido ed il lettore di nastro perforato, come sostituto del lettore di schede, assicurava certamente minori costi, pur fornendo ancora un servizio adeguato. Anche il nastro perforato come supporto per i programmi presentava comunque i suoi problemi, poichè, in questo caso, si potevano ancora passare ore a recuperare nastri tranciati o irrimediabilmente ingarbugliati.

Un grosso passo avanti nei supporti dei programmi e dei dati fu fatto poi con l'avvento dei nastri magnetici e successivamente con i Floppy Disk. Il primo Floppy Disk fu introdotto dalla IBM nel 1971, era di forma quadrata di 8 pollici di lato e poteva contenere 80 kB. Nella foto di destra più in alto, in cui sono rappresentati i formati di Floppy Disk più diffusi, è ovviamente il Floppy Disk più grande. Il formato 8 pollici arrivò poi a contenere fino ad 1 MB. Il Floppy Disk di dimensioni intermedie rappresentato in foto è di 5 pollici e 1/4, fu introdotto nel 1976 e, nella sua versione più avanzata, poteva contenere fino ad 1,2 MB. Il Floppy Disk più piccolo ha il formato di 3 pollici e 1/2, fu introdotto nel 1984 e si può ritenere ancora in vita (nel 2007), sia pure marginalmente. Il formato standard ad alta densità di quest'ultimo Floppy Disk contiene 1,44 MB.

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