L'avvento del Transistor

L'elettronica di consumo a valvole, oltre ad essere instabile, delicata e costosa, aveva il grosso handicap di essere difficilmente alimentabile a batterie e, quindi, di non permettere la realizzazione di apparecchi portatili. Nel 1947, sfruttando principi fisici già intravisti negli anni precedenti, era stato comunque inventato il dispositivo che avrebbe scalzato la valvola nel giro di pochi anni. Questo dispositivo era il "transistor" che, in pratica, non era altro che una valvola, del tipo triodo, che invece di operarare nel vuoto, operava allo stato solido. In altre parole nel transistor le cariche elettriche del flusso di corrente da regolare e quelle del flusso regolante si spostano all'interno di un cristallo di un materiale semiconduttore (come germanio, silicio, arseniuro di gallio, ..), mentre nella valvola esse sono costituite da elettroni che si spostano nel vuoto. I vantaggi del transistor rispetto alla valvola sono numerosi. Il transistor è infatti di dimensioni molto più contenute, non ha bisogno di un filamento da riscaldare al calor rosso per generare gli elettroni da regolare e non ha bisogno di alte tensioni per accelerare gli elettroni nel vuoto. Il transistor, inoltre, ha una stabilità di funzionamento molto più spinta e una vita operativa praticamente infinita. Nell'immagine che segue sono rappresentati alcuni transistor, sia di bassa che di media-alta potenza, risalenti agli anni '60.

Il transistor comunque all'inizio non ebbe vita facile. Per prima cosa la tecnologia con cui era stato inventato, ossia la tecnologia a punte di contatto, non lo rendeva affatto affidabile, come invece divenne in seguito dopo l'avvento della tecnologia a giunzioni. Il transistor inoltre poteva operare inizialmente solo a frequenze piuttosto basse, per cui gli erano precluse applicazioni in cui erano necessari rapidi tempi di commutazione o, il che è la stessa cosa, una frequenza di taglio elevata. Il problema della frequenza era comunque un problema dovuto principalmente alle dimensioni del cristallo di semiconduttore utilizzato nel transistor. Man mano che si sviluppavano tecnologie per produrre transistor con cristalli sempre più piccoli si aveva un incremento della frequenza operativa che, rapidamente, si avvicinò a quella delle valvole. Già a metà degli anni '50 la frequenza operativa dei transistor era comunque sufficiente per permetterne l'utilizzazione nel campo dei ricevitori radio domestici, tanto che, nel 1954, vide la luce il primo ricevitore radio a transistor, che fu l'americano Regency TR-1 della Texas Instrument. Da quel momento si risolse quindi il problema della portabilità poichè i transistor necessitavano di un solo tipo di alimentazione a basso voltaggio, facilmente realizzabile a pile e, consumando poco, permettevano autonomie dell'ordine delle centinaia di ore. Di contro le radio portatili a valvole, faticosamente realizzate in quegli stessi anni ricorrendo a valvole miniaturizzate speciali, necessitavano di due batterie, una a bassa tensione per i filamenti e l'altra di almeno di 90 volt di tensione per l'anodica e potevano permettersi autonomie di solo una decina o poco più di ore.

Ovviamente le caratteristiche di piccole dimensioni, bassi consumi, lunga vita operativa e facilità di alimentazione a basso voltaggio, facevano del transistor il componente ideale per la realizzazione dei calcolatori elettronici. L'unico problema era quello dei tempi di commutazione che, comunque, si andava continuamente a ridurre grazie ai progressi delle tecnologie costruttive. Ciò permise quindi, quasi immediatamente, l'abbandono delle valvole per la costruzione di calcolatori, che divennero alla fina degli anni '50 tutti solamente a transistor. Per quel che riguarda le operazioni di calcolo personali la prima realizzazione fu il calcolatore da tavolo della hp, modello 9100, del 1968. Per poter arrivare alla realizzazione di calcolatori così portatili e leggeri da poter sostituire i regoli calcolatori era però necessario un ulteriore passo. Questo passo consisteva nella realizzazione dei circuiti integrati in grado di raccogliere, in spazi limitatissimi, le centinaia di transistor necessari alla realizzazione delle unità di calcolo. Questo passo venne fatto alla fine degli anni '60 (il primo calcolatore realmente "hand held" fu lo Sharp EL-8 del 1971) e portò alla realizzazione di calcolatori come quelli rappresentati qui di seguito.

Il calcolatore rappresentato a sinistra è il Casio Mini CM-602 del 1973, che, avendo le dimensioni in millimetri pari a 153x81x37, non può ancora essere considerato veramente di tipo tascabile. Altro problema ancora non superato da questo calcolatore consisteva nel fatto che il display delle cifre è costituito dai Vacuum Fluorescent Tube (VFT), ossia da tubi a vuoto in cui i segmenti che permettono la costruzione delle cifre si illuminano con scariche di gas fluorescente nel vuoto. Questo sistema per la rappresentazione delle cifre è ovviamente dispendioso in termini di consumi, tanto che la durata delle batterie del CM-602 era dell'ordine delle 10-12 ore. Il calcolatore rappresentato a destra è il Sinclair Cambridge type 3, introdotto nell'estate del 1973, di dimensioni ridotte (50x111x28 mm), tanto da essere facilmente tascabile e di consumi ridotti poichè dotato di un display a LED. Esso rappresenta il vero inizio del tramonto dei regoli calcolatori. Il desiderio di avere calcolatori facilmente portabili ed indipendenti dall'alimentazione di rete si estese negli anni '70 anche ai calcolatori che permettevano la presentazione dei dati di ingresso e dei risultati mediante la stampa su carta. Per fare ciò, come si vede nella fotografia del calcolatore Canon P3-D sotto riportata, si realizzarono mini stampanti che potevano essere incorporate nei calcolatori rendendoli facilmente spostabili, anche se, ovviamente, non tascabili. Le stampanti come quelle del calcolatore sotto riportato operano ad impatto depositando sul rullo di carta, del tipo utilizzato nei registratori di cassa, l'inchiostro prelevato da un piccolo tampone opportunamente imbevuto. Per non asciugare rapidamente il tampone inchiostrato e non consumare inutilmente carta (ma anche batterie!) nel calcolatore P3-D è stata predisposta la possibilità di disinserire la funzione di stampa, quando questa non risulta indispensabile e di presentare quindi dati e risultati solo mediante il tradizionale display a VFD, comunque sempre attivo. Se si vogliono ottenere maggiori informazioni sul mondo e sulla storia dei calcolatori personali, da tavolo o portatili, è consigliabile accedere al sito: "Vintage Calculators Web Museum".

L'avvento del transistor ebbe poi un altro grosso impatto su un altro mondo, ossia sul mondo degli orologi, e, in particolare, su quello degli orologi da polso. Solo dopo l'avvento del transistor fu infatti possibile realizzare un orologio elettrico che, rispetto agli orologi meccanici con meccanismo di oscillazione a pendolo o a bilancere, assicurasse un'altissima precisione e stabilità sulla base di un oscillatore controllato elettronicamente. Per realizzare un orologio elettrico è infatti necessario disporre di un elemento attivo, ossia di un elemento che, opportunamente alimentato (ad esempio da una batteria), sia in grado di produrre in uscita un segnale amplificato rispetto a quello applicato in ingresso: se in un elemento di questo tipo si richiude, attraverso una rete di reazione, l'uscita del segnale sull'ingresso, si innescano delle oscillazioni che possono essere prodotte di una specifica determinata frequenza realizzando la rete di reazione con un circuito che risuoni a quella frequenza. Prima del transistor il solo elemento attivo conosciuto era la valvola. Ovviamente la valvola non permetteva la realizzazione di orologi da polso, ma fu comunque utilizzata per realizzare orologi campione dotati di caratteristiche di precisione e stabilità irraggiungibili per gli orologi meccanici. Queste doti di precisione e stabilità furono anche ottenute utilizzando come circuiti risonanti i risonatori a quarzo. Questi ultimi sfruttano la proprietà dei quarzi di alterarsi dimensionalmente se ad essi si applica una differenza di potenziale. Applicando ad un quarzo un potenziale alternato, esso vibrerà meccanicamente alla frequenza del segnale applicato, comportandosi come un circuito risonante, poichè presenterà la minima impedenza quando la frequenza del segnale applicato corrisponderà alla sua frequenza di risonanza meccanica. Un circuito oscillatore a valvola controllato da un quarzo permette quindi la generazione di un segnale elettrico alternato ad una frequenza che risulta determinata unicamente dalle dimensioni del quarzo e quindi stabile nel tempo. Se con questo segnale si alimenta un motore che, ad ogni ciclo del segnale, percorre sempre lo stesso angolo (stepping motor), si ottiene un mezzo per rappresentare l'ora attuale. In questo caso infatti, attraverso opportuni ingranaggi di riduzione, il motore può muovere su un quadrante di orologio, con la grande precisione e stabilità del segnale alternato che lo alimenta, le sfere dei secondi, dei minuti e delle ore.

Nel caso del primo orologio elettrico da polso apparso sul mercato, ossia nel caso del tipo di orologio denominato "Accutron" della Bulova, non venne però utilizzato il circuito di oscillatore a quarzo ora descritto, ma venne utilizzata una soluzione elettro-meccanica del tutto particolare. La soluzione elettro-meccanica adottata dall'Accutron era sostanzialmente dovuta al fatto che, al momento della sua progettazione, non esistevano risonatori a quarzo adatti ad essere installati su orologi da polso. Quelli utilizzati per gli orologi campione a valvole erano infatti, per assicurare la risonanza meccanica alle basse frequenze necessaria al pilotaggio dello stepping motor, a forma di parallelepipedo con i lati maggiori dell'ordine di parecchi millimetri. Per poter utilizzare un quarzo in un orolologio da polso dovevano quindi essere compiuti degli studi per stabilirne la forma più adatta per miniaturizzarlo, mantenendo nel contempo le necessarie caratteristiche di risonatore piezoelettrico alle basse frequenze. Nel caso dell'Accutron si attuò un sistema che permetteva di generare elettricamente, direttamente, oscillazioni meccaniche stabili, senza passare, come si fa negli orologi a quarzo, dapprima per la generazione di una oscillazione elettrica stabile da utilizzare poi per il pilotaggio di uno stepping motor. Il meccanismo dell'Accutron si basa infatti su un oscillatore elettronico, realizzato con un transistor, in cui la bobina del circuito risonante eccita la vibrazione meccanica di un minuscolo diapason, realizzato in materiale ferromagnetico, mediante il suo campo magnetico oscillante. L'oscillatore elettronico è progettato per ottenere che le oscillazioni del campo magnetico della bobina siano le più prossime posssibili alla frequenza di risonanza meccanica del diapason, ma, ovviamente, anche per scostamenti sostanziali di frequenza del campo magnetico, il diapason oscillerà sempre, prevalentemente, sulla sua frequenza di risonanza meccanica, stabilita dalla sua forma e dalle proprietà elastiche del materiale con cui è realizzato. Realizzata in questo modo una stabile oscillazione meccanica del diapason, la trasformazione di questa oscillazione nel movimento delle sfere dell'orologio viene ottenuta nell' Accutron, mediante un meccanismo di piccole leve che, mosse dalla vibrazione del diapason, fanno avanzare una ruota dentata, la quale, ad ogni singola vibrazione del diapason, ruota di un preciso e costante arco di angolo. La rotazione di questa ruota dentata, attraverso opportuni altri ingranaggi riduttori, viene poi sfruttata per muovere le sfere dei secondi, dei minuti e delle ore. Maggiori dettagli sul funzionamento dell'Accutron possono essere ottenute accedendo al sito: "The Accutron Watch Page". Il meccanismo Accutron fu prodotto dalla Bulova dal 1960 al 1977 e fu anche utilizzato su altre marche di orologi. Le foto che seguono si riferiscono al meccanismo Accutron 214, montato sul modello "Spaceview".

Il modello Spaceview ha i riferimenti delle ore impressi sul vetro di copertura e, in questo modo, si è ottenuta la possibilità di eliminare il quadrante e di rendere quindi completamente visibile il sottostante meccanismo Accutron. Nella foto di sinistra si possono infatti vedere, nella parte alta dell'orologio, le bobine di eccitazione del diapason, mentre sulla destra è visibile il circuito oscillatore con il relativo transistor. Nella foto di destra è visibile la cassa dell'orologio con, ben evidente, l'alloggiamento della batteria, il cui coperchio è percoso dal taglio mediante il quale, facendo leva con una moneta inserita in esso, se ne ottiene lo svitamento. La chiavetta che si vede accanto all'alloggiamento della batteria, posta, nella foto, in posizione alzata, permette poi la rimessa dell'ora. Questo modo di rimettere l'ora era stato studiato per eliminare del tutto la coroncina, ovviamente presente e necessaria su tutti gli orologi meccanici, in modo da esaltare la novità della soluzione elettro-meccanica e quindi la conseguente assenza del meccanismo di ricarica della molla. Il meccanismo Accutron fu poi abbandonato quando iniziarono ad apparire gli orologi a quarzo basati su principi meccanici molto meno elaborati e quindi meno costosi. Accutron fu però il precursore assoluto degli orologi da polso elettrici perchè, tra l'altro, indicò quale doveva essere la forma per realizzare i risonatori a quarzo sufficientemente miniaturizzati da potersi inserire in un meccanismo di dimensioni ridotte: questa forma era ovviamente quella del diapason.

Il primo orologio a quarzo introdotto sul mercato fu il giapponese Seiko 35SQ Astron del 1969. Questo orologio era di tipo analogico, come del resto il Bulova Accutron, poichè si basava sulla tecnica dello stepping motor sopra descritta. Solo nel 1972 la HMW (in precedenza nota come Hamilton Watch Company) di Lancaster, Pensylvania, cominciò a vendere l'orologio Pulsar, che era, definitivamente, il primo orologio da polso completamente elettronico. Nel caso del Pulsar infatti la presentazione dell'ora era fatta numericamente con l'utilizzo di un display a LED. Essendo però il display a LED un dispositivo di presentazione abbastanza dispendioso in termini di consumi, la presentazione dell'ora avveniva nel Pulsar solo a comando, dietro la pressione di un tasto. Il display a LED del Pulsar fu inizialmente molto popolare, ma il fatto di dover premere un pulsante per leggere l'ora fu presto ritenuto molto fastidioso, per cui il mercato fu immediatamente conquistato quando apparve il display a cristalli liquidi, che, per i suoi bassi consumi, permetteva la presentazione continua dell'ora. Uno schermo a cristalli liquidi, o Liquid Crystal Display (LCD), è uno schermo sottile e leggero senza nessuna parte mobile. Esso è composto da un liquido intrappolato in numerose celle di forma tale da riprodurre i segmenti normalmente utilizzati per la presentazione delle cifre nei display digitali. Ogni cella è provvista di contatti elettrici con i quali poter applicare un campo elettrico al liquido che contiene. Le celle stesse sono contenute all'interno di due schermi polarizzatori a polarizzazione incrociata, ossia lungo assi perpendicolari tra loro. Senza l'applicazione di un campo elettrico i cristalli liquidi ruotano di 90° la polarizzazione della luce che arriva dopo aver superato il primo dei polarizzatori, permettendole perciò di passare anche attraverso l'altro. In queste condizioni la luce può quindi passare attraverso l'intera struttura, e, a parte una piccola quantità di luce assorbita dai polarizzatori, lo schermo risulta perciò trasparente. Quando il campo elettrico viene attivato le molecole del liquido si allineano parallelamente al campo elettrico, limitando la rotazione della luce entrante. Se il valore del campo elettrico è sufficiente, le molecole sono completamente allineate col campo e la luce che vi passa attraverso non subisce rotazioni. La luce quindi risulta con polarizzazione ruotata di 90° rispetto alla polarizzazione del secondo polarizzatore e perciò viene del tutto bloccata . Il segmento di conseguenza apparirà non illuminato. Poichè il dispositivo LCD, piuttosto che emettere luce, la riflette, presenta in modo naturale un consumo di energia piuttosto basso. Malgrado ciò inizialmente anche il display LCD presentava consumi incompatibili con la funzione del display di orologio. Dopo un periodo di intensi studi e sperimentazioni si riuscì comunque a produrre il display LCD con consumi irrisori ed esso divenne quindi, alla fine degli anni '70, il display definitivo di tutti i dispositivi alimentati a batteria, compresi gli orologi. Maggiori dettagli sulla storia degli orologi a quarzo possono essere appresi accedendo al sito: "The Quartz Watch"

Alla fine degli anni '70, ma principalmente nel corso degli anni '80, le aziende di produzione degli orologi a quarzo si resero conto che in questi orologi era stato incorporato sia un dispositivo di elaborazione, necessario per la conversione degli impulsi dell'oscillatore a quarzo in comandi per la presentazione delle cifre sul display e sia il display LCD, che era in grado di presentare ben più che soltanto il dato relativo al tempo attuale. In altre parole ci si rese conto che, avendo incorporato nell'orologio un dispositivo di elaborazione programmabile ed un display utilizzabile per presentazioni generiche, si poteva arricchire l'orologio con altre funzioni, anche del tutto indipendenti dal concetto di misura del tempo. Si scatenò allora la corsa ad incorporare negli orologi a quarzo le funzioni più diverse come, ad esempio: la misura delle pulsazioni cardiache, la temperatura ambientale, un dispositivo di telecomando per i televisori, videogiochi di vari tipi, ..ecc. Nel sito: "The Casio Vintage Watch" sono presentati tutti i modelli di orologi Casio che, a partire dagli anni '70 hanno incorporato le funzioni più diverse e più strane come, ad esempio, l'orologio rappresentato nella foto che segue:

L'orologio sopra rappresentato è il modello Casio C-801 del 1980 che, come si vede facilmente, incorpora,oltre a numerose altre funzioni, anche un calcolatore. Non si può dire che l'uso di un tale calcolatore, così miniaturizzato, permetta un'agile gestione dei conti, ma la sua funzionalità è perfetta e, con un pò di esercizio, esso può costituire un valido rimpiazzo quando non siano disponibili altri dispositivi di calcolo. Questo calcolatore integrato in un orologio da polso conclude in definitiva il discorso sulla portabilità dei dispositivi da calcolo iniziato tanto tempo fa con i regoli calcolatori, descritti nella pagina Tra Meccanica ed Elettronica.

Nel corso degli anni 80 gli orologi elettronici a quarzo, soprattutto giapponesi, conobbero una enorme diffusione, tanto che si pensò che gli orologi con motore meccanico controllato dal bilancere fossero ormai destinati al tramonto. Avvenne però un fatto abbastanza ovvio, ma dalle conseguenze che non furono immediatamente comprese: la intrinseca semplicità degli orologi a quarzo comportò la possibilità di produrli in quantità enormi, mantenendone alta la qualità, ma comportò ovviamente anche il crollo del loro prezzo. Dopo pochi anni dalla loro introduzione era possibile acquistare per poche migliaia di lire un orologio estremamente preciso, di sicuro funzionamento e magari con qualche funzione particolare in più ed avente il solo handicap di dovergli sostituire la batteria esaurita con una nuova all'incirca ogni anno. Di contro gli orologi meccanici a bilancere di alta qualità, anche se mai in grado di competere in precisione con i migliori orologi a quarzo, non potevano che mantenere alti prezzi. Questo fatto fece scattare un fenomeno a tutta prima non prevedibile: il possesso di un orologio meccanico a bilancere di alta qualità e, magari, con un disegno di livello artistico e impreziosito con oro e pietre preziose, divenne uno status symbol e, tuttora, nessun orologio a quarzo ha mai raggiunto il livello di prestigio dei migliori orologi meccanici a bilancere.

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