I primi ricordi

I miei primi ricordi hanno poco a che fare con quello che sarà l'argomento principale di questa presentazione, ma hanno una certa importanza per far capire l'ambiente in cui sono cresciuto e le difficoltà di quel momento per un bambino e, successivamente, per un adolescente che voleva coltivare interessi particolari ed allora pochissimo diffusi.

Nel mio caso, ma penso che quello che dico sia vero per tutti, i miei primi ricordi sono costituiti da alcune immagini, vivide e dettagliate, ma scorrelate da un qualsiasi fatto che possa legarle per costruire un racconto di qualcosa di coerente e di vissuto. Cosa rappresentassero quelle immagini, come si raccordassero tra loro e si riferissero ad un fatto importante effettivamente accaduto nella mia prima infanzia, lo ho poi ricostruito sulla base di racconti successivamente ripetuti dai miei genitori e da altri personaggi allora presenti. La prima immagine è quella di me e mio fratello, in un giorno estivo assolato, sul vialetto che dalla nostra vecchia casa in campagna conduce alla comunale che congiunge Palestrina a Gallicano e da qui si collega alla Prenestina in direzione di Roma. Qualcosa sta passando sulla comunale, evento eccezionale per quei tempi e quei momenti ed ha attirato la nostra attenzione e noi stiamo correndo per andare a vedere. Sembra sia una colonna di mezzi militari. Un'altra immagine è sempre nello stesso luogo, ma si è levato un gran polverone, mio fratello è disteso per terra dopo una caduta di pancia e mia madre dalla casa urla disperata di correrre e tornare da lei. Ancora un'altra immagine è poi quella di un gruppo di persone, tutti abitanti della zona, tranne una signora bionda che non conosco, raggruppate in un piccolo anfratto situato nella zona scoscesa che conduce alla valle che si trova andando dalla casetta in direzione opposta a quella che conduce alla comunale, dopo aver superato le vigne che la circondano. Le persone sono in attesa di qualcosa e parlottano preoccupate tra loro. C'è infine nella mia memoria un'immagine di notte. Mia madre mi sta conducendo a letto alla luce di una flebile candela, ma c'è qualcosa che mi impedisce di distendermi. Sul letto a tastoni sento come se ci fosse della terra e lo dico a mia madre. Non è terra comunque, come si accorge poi mia madre, ma calcinacci staccatisi dalla parete e dal soffitto.

Quello che era successo era stato, come poi ho ricostruito, una conseguenza degli eventi scatenatisi nei giorni successivi all'otto Settembre del 1943. Quella che si muoveva sulla comunale era infatti una colonna di mezzi tedeschi che si dirigeve verso Roma per contribuire a conseguirne il controllo. Io e mio fratello, rispettivamente di tre e sette anni, costretti in campagna come misura per sfuggire ai bombardamenti, correvamo a vedere senza nulla sapere di quello che stava succedendo, nè nulla sapeva mia madre che, da sola, essendo mio padre a Roma a lavorare, non aveva notizie di sorta, non disponendo in quel luogo nè di corrente elettrica nè tantomeno di una radio. La colonna di mezzi tedeschi, dopo aver superato l'accesso alla nostra casa, aveva però trovato lungo la comunale un intoppo. In quella zona infatti erano state requisiti dall'esercito italiano alcuni casolari in cui erano state distaccate, sempre per ragioni di sicurezza, delle attività amministrative. Alcuni carabinieri che in quei casolari svolgevano un servizio di sorveglianza avevano ricevuto l'assurdo ordine di non far passare nessuno in direzione di Roma e quindi, diligentemente, avevano organizzato un posto di blocco. I tedeschi della colonna militare non avevano creduto che quei due o tre carabinieri, da soli, avessero la capacità di poterli fermare ed avevano immediatamente sospettato di essere caduti in una imboscata. Senza porre indugi quindi erano passati alla reazione, sparando a mitraglia, dapprima sui poveri carabinieri e poi su tutte le poche abitazioni dei dintorni. Ai primi botti la corsa del sottoscritto e di mio fratello si era subito invertita nella direzione di casa, ma mio fratello, che mi aveva superato nell'andata verso la comunale e che quindi al ritorno mi seguiva, nell'agitazione del momento e mentre ci passavano le pallottole sopra la testa, era inciampato rovinosamente strusciando di pancia sul terreno. Nulla era successo però e, rialzatosi mio fratello prontamente, avevamo potuto raggiungere la madre urlante e scapicollarci con lei e altri della zona verso la valle per cercare un posto più sicuro. Assieme a noi si era anche aggregata una signora, probabilmente anche lei una militare, che faceva parte della colonna e che era stata fatta scendere al momento dell'inizio dell'azione. Si venne a sapere poi che questa signora, la bionda della mia immagine, operava come interprete per i tedeschi. Non ho mai saputo a che ora del giorno siano successi i suddetti fatti, ma so comunque che siamo rientrati in casa solo a notte fatta. Nella stanza da letto le pallottole dei tedeschi erano passate per la finestra spalancata, senza intaccarla minimamente ed avevano sforacchiato soffitto e pareti inondando i letti di calcinacci.

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