Gli Strumenti di Misura

Negli anni cinquanta del novecento, ossia nel corso degli anni durante i quali cominciò il mio interesse per l'elettronica, gli strumenti di misura utilizzati per il collaudo, la messa a punto o la riparazione degli apparati erano per la maggior parte di tipo analogico come, del resto, lo erano gli apparati stessi (vedi la pagina: "Cos'era l'elettronica"). Facevano infatti allora eccezione solo alcuni strumenti, come certi frequenzimetri o generatori di segnali periodici, oppure i contatori dei rilevatori di particelle utilizzati nei laboratori di fisica nucleare, che disponevano di una presentazione digitale realizzata mediante tubi a scarica in gas. Questi tubi contenevano, sovrapposti a piccola distanza l'uno dall'altro e visibili dall'esterno, dei tralicci di sottile filo metallico rappresentanti le cifre da 0 a 9. La visualizzazione di una singola cifra avveniva guidando la scarica luminosa in modo che scorresse lungo uno solo dei tralicci, lasciando gli altri tralicci non visibili. Tutto il resto della strumentazione era costituito da sistemi che convertivano in qualche modo la grandezza da misurare in una grandezza elettrica (corrente o tensione) ad essa proporzionale ed in un galvanometro di misura della suddetta grandezza elettrica, la cui scala veniva però tarata, secondo la legge di proporzionalità del caso, sulla grandezza originaria da misurare. In questo modo, oltre ovviamente a correnti e tensioni, era possibile misurare altre grandezze come resistenze, frequenze , potenze, ..ecc. Un altro problema che si cercò di affrontare immediatamente fu poi quello della portabilità degli strumenti di misura, almeno di quelli per la misura delle grandezze di base, come la tensione e la corrente. Quello rappresentato nella figura che segue, che non ho potuto datare con sicurezza, ma che si può senz'altro far risalire agli anni '30 del secolo scorso, rappresenta, per la sua conformazione, una curiosità. Esso è un egregio esempio di risoluzione del problema della portabilità delle misure di basse tensioni continue, come quelle delle batterie.

Il suddetto voltmetro può infatti essere comodamente messo in tasca, essendo stato costruito rifacendosi alla struttura di una cassa di un orologio da taschino, che è imitata anche nei dettagli, in questo caso inutili, come il dispositivo di carica della molla. La cassa, come è mostrato nelle figure che seguono, può aprirsi posteriormente con uno sportellino e, nel vano a cui in tal modo si accede, si trova un contatto elettrico a punta collegato con un filo elettrico isolato al polo positivo del voltmetro. L'altro polo del voltmetro sporge dal basso della cassa ed è costituito da un'altra punta metallica, elettricamente connessa alla cassa del voltmetro. Per fare una misura quindi un operatore deve tenere in mano il voltmetro e poggiare la punta sporgente dalla cassa sul polo negativo della sorgente di tensione sotto misura e poggiare l'altra punta, collegata con il filo elettrico isolato, sul polo positivo. Ciò vuol dire che nell'uso di questo voltmetro la mano dell'operatore viene senz'altro in contatto col polo negativo della sorgente di tensione sotto misura. Trattandosi di un voltmetro per misure di basse tensioni questo non dovrebbe portare problemi, ma ciò può non essere vero, per sorgenti di grossa potenza, nel caso che il polo negativo della sorgente sotto misura non sia connesso a massa o che l'operatore, per errore, abbia invertito le polarità del voltmetro rispetto alle polarità della sorgente. Questo strumento di misura ha quindi delle evidenti pecche dal punto di vista della sicurezza, ma ciò è dovuto senz'altro al fatto che esso dovrebbe essere stato prodotto nei primi decenni del novecento (la data esatta non sono riuscito a trovarla) e quindi in un momento in cui ancora non erano stati stabiliti standard di sicurezza adeguati.

Lo strumento rappresentato nella foto che segue è sulla falsariga del precedente ed anche esso può essere fatto risalire, come anno di costruzione, al 1930. Questo strumento è comunque di costruzione molto più professionale del precedente poichè, innanzi tutto, ha due scale di misura (rispettivamente di 12 e 120 volt in corrente continua di fondo scala) e, inoltre, ha i terminali dei due poli positivi, che permettono la selezione della scala da utilizzare e quello del polo negativo, collegato allo strumento con un filo ricoperto di cotone, convenientemente isolati dalla cassa metallica di contenimento. Ulteriori informazioni su questa tipologia di strumenti posso essere raccolte accedendo alla pagina: "Radio Voltmeters".

Lo strumento rappresentato nella figura seguente è invece stato acquistato negli anni '50 ed è un "voltamperometro", ossia uno strumento in grado di misurare sia tensioni che correnti. Essendo di tipo ferromagnetico, esso può misurare sia correnti continue che alternate e, considerando che le scale della misura della corrente sono tarate in Ampere (non in milli-Ampere), si deduce che esso è più adatto ad applicazioni elettrotecniche piuttosto che elettroniche. Si può inoltre notare dalla foto che tutti i terminali dello strumento, a cui collegare i fili elettrici da portare in corrispondenza dei punti di misura, sono, questa volta, accuratamente isolati e che, inoltre, la cassa dello strumento è di materiale isolante, in modo da non porre, in nessun modo, in stato di pericolo l'utente dello strumento.

Lo strumento principe per le misure in campo elettronico era comunque rappresentato da quello che in Italia veniva chiamato "Tester", ossia uno strumento estremamente versatile avente un galvanometro come dispositivo di presentazione delle misure e che, mediante la rotazione opportuni commutatori, permetteva di selezionare sia la possibilità di misurare alcune fondamentali grandezze elettriche (principalmente tensione, corrente e resistenza) sia il valore di fondo scala con cui si voleva effettuare la misura. Questo tipo di strumento si è mantenuto praticamente inalterato fino ai nostri giorni con l'unica differenza che ora il galvanometro per la presentazione delle misure è stato sostituito da un dispositivo digitale a cristalli liquidi. Nella foto sotto visibile è rappresentato uno dei migliori tester degli anni '50, ossia il tester di costruzione inglese AvoMeter modello 8. In particolare l'anno di costruzione di questo strumento può essere ricavato dalle ultime tre cifre del numero di serie che, in questo caso sono 556 e quindi indicano il Maggio 1956.

Questo strumento è considerato il mitico tester del "Signal Corp" dell’esercito inglese durante la seconda guerra mondiale. Tutti i gruppi di "radio maintenance" hanno usato questo tester che ha continuato ad essere, per molti anni, la marca di riferimento per l’elettronica inglese. E' da notare che il nome Avo deriva dalle iniziali delle unità di misura delle grandezze che questo strumento permette principalmente di misurare, ossia Ampere per la corrente, Volt per la tensione ed Ohm per la resistenza. Le specifiche di base sono le seguenti:

Misure di tensione in corrente continua nelle scale in Volt: 1, 10, 100, 400 e 1000.

Misure di tensione in corrente alternata nelle scale in Volt: 10, 100, 400 e 1000.

Misure di corrente in corrente continua nelle scale in Ampere: 0.002, 0.01, 0.1, 1.0 e 10.

Misure di corrente in corrente alternata nelle scale in Ampere: 0.01, 0.1, 1.0 e 10.

Misure di resistenza nelle scale in Ohm: 10k, 100k e 1MOhm

Misure di potenza indB.

Batterie di alimentazione: una batteria da 1.5 Volt e due batterie da 4.5 Volt.

Maggiori dettagli sull'AvoMeter, compreso il manuale di istruzioni e lo schema elettrico, possono essere ricavati dal sito: "AVO Model 8 MkII".

Quando poi alla fine degli anni '50 iniziò anche in Italia l'era della televisione, gli strumenti come quelli sopra descritti risultarono non più sufficienti, poichè, per verificare la funzionalità di un televisore, non bastava più la misura delle tensioni di alimentazione delle valvole o la determinazione della continuità o non continuità dei circuiti ad esse collegati, ma era necessario andare a stabilire la correttezza, sia come tempi di durata che come livelli di tensione dei punti caratteristici, delle forme d'onda dei segnali generati internamente e, tali forme d'onda, non erano più solo ad andamento sinusoidale, come poteva accadere in una radio o in un amplificatore per grammofono e, quindi, misurabili con un appropriato voltmetro, ma con gli andamenti più diversi, come andamenti impulsivi, triangolari, rettangolari, ..ecc. Lo strumento principe per la misura delle durate delle forme d'onda non sinusoidali e per la misura dei livelli di tensione dei relativi punti caratteristici è, ovviamente, l'oscillografo, che, con un appropriato sistema di sincronizzazione, permette infatti di visualizzare la forma di un segnale periodico di qualsiasi andamento. Un esempio di oscillografo è quello rappresentato nella foto che segue:

L'oscillografo in questione è il Philips modello GM 5600, prodotto nel 1964. Questo oscillografo è ancora uno strumento a valvole, realizzato con dieci tubi ECF80 del tipo triodo-pentodo. Esso permette la visualizzazione di segnali nella banda passante che va dalla corrente continua fino a 5 MHz ed è quindi uno strumento di buon livello per quegli anni e per tutti gli utilizzi in campo televisivo. La realizzazione a valvole era dovuta al fatto che i transistor nel 1964 non raggiungevano ancora, a costi contenuti, le prestazioni necessarie e, in particolare, i tipi di transistor disponibili non consentivano di realizzare le alte impedenze di ingresso necessarie per non introdurre errori di misura nel momento in cui l'oscillografo veniva collegato ai circuiti da controllare.

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