All'ombra dei filosofi. Scienza e tecnologia nell'antica Elea

(Fernando La Greca)

 


Quando si parla di Elea/Velia, viene spontaneo il ricordo dei suoi grandi cittadini, i filosofi eleatici, vissuti nel VI-V sec. a.C., soprattutto Senofane, Parmenide e Zenone, e poi Melisso e Leucippo, che tanto impulso hanno dato alla filosofia ed alla civiltà.

Meno noti sono altri personaggi legati all'antica città: pochi nomi tuttavia.

Diverse fonti menzionano un tiranno Nearco, cui si oppose Zenone.

Un Aristide comandò la flotta eleate, nel 393 a.C., nella lega italiota contro Dionisio I di Siracusa (Polieno, VI, 11).

Megillo e Feristo di Elea ripopolarono dopo il 339 a.C. Agrigento, quasi deserta in seguito alle continue guerre con i Cartaginesi (Plutarco, Timol., 35).

Da Velia giunse a Roma, nel 97 a.C., la sacerdotessa Callifana, per il culto di Cerere (Cicerone, Pro Balbo, 24, 55; Valerio Massimo, I, 1, 1).

A Velia abitava e possedeva una villa nel I sec. a.C. il giurista Trebazio Testa, amico di Cicerone (Ad familiares, VII, 20).

Abbiamo menzione di una serie di medici velini dal nome Oulis, da iscrizioni sulla base di statue; Cicerone ci ricorda i medici Nicone e Sesto Fadio (Ad familiares, VII, 20); Galeno ci riporta il nome di alcuni medici italici, forse velini: Egina (VI, 159; VIII, 468; 716; 751-2 Kühn), Filistione, Empedocle, Pausania e altri (X, 5-6 Kühn).

La città diede i natali al padre del poeta latino Stazio (I sec. d.C.; Silvae, V, 3, 127).

Abbiamo infine menzione di due scrittori, un orfico, Nikia (Suida, s.v. Orfeus), e un grammatico, Palamede (Ateneo, IX, 397a; Suida, s.v. Palamèdes).

Ancora meno noti però sono gli "altri" Eleati, ovvero gli anonimi abitanti della città. Sembrerebbe quasi che dietro i "grandi" non vi sia che il nulla. Chi erano dunque i fondatori della città, concittadini di così illustri personaggi?

Strabone (VI, 1, 1) ci dice che la città era governata da "buone leggi", anche prima di Parmenide e Zenone, sicché fu capace di resistere agli attacchi dei Poseidoniati e dei Lucani, pur inferiore per numero e per territorio. Gli abitanti, per la povertà della terra, erano dediti alle attività marinare e alla salagione del pesce.

Sembra pochino. Ma qualcosa si intravede: se seppero resistere, nonostante l'inferiorità numerica, non sarà stato solo per le leggi: erano in possesso di una "tecnologia" superiore. I ritrovamenti archeologici ci mostrano tutto un sistema di fortificazioni, punti di avvistamento e controllo del territorio circostante: sulla Civitella, sulla punta Carpinina. Avevano evidentemente delle tecniche di comunicazione a distanza. La città era difesa da un lato da poderose mura, e per il resto si protendeva nel mare, difesa naturale. E sul mare, nessuno poteva tenere loro testa. Altro che semplici marinai. Erano venuti dal mare, da lontano, dalla città di Focea, in Asia Minore, nella cosiddetta "Ionia", patria delle scienze e della filosofia, fertile punto di contatto dell'ingegno greco con la sapienza degli antichi imperi orientali. Ma non erano venuti come "coloni": con loro avevano portato l'intera città.

Infatti, storicamente e giuridicamente, Elea era la continuazione di Focea: gli abitanti di Focea, come ci racconta Erodoto (I, 163-167), assediati dai Persiani, avevano lasciato in massa la città per trasferirsi in occidente (545 a.C.). Fu un evento memorabile per l'antichità. Una intera città spostò la sua sede altrove, con le sue leggi, costumi, usanze, divinità, tecnologie, ecc., ricreando anche un ambiente urbano il più possibile simile all'antica sede: un promontorio che si protende nel mare.

Molto si può dire allora di Elea, cercando le testimonianze degli antichi che ci parlano di Focea e dei Focei, come pure di Marsiglia, che fu una colonia di Focea, fondata qualche decennio prima dell'esodo in massa (verso il 600 a.C.). Anzi, secondo alcuni scrittori, alla fondazione di Elea parteciparono anche abitanti di Marsiglia (Pseudo-Scimno, v. 250); secondo altri, Velia e Marsiglia furono fondate insieme al momento dell'esodo (Ammiano Marcellino, XV, 9, 7). La zona di Elea, inoltre, da alcuni era chiamata "regione massaliota", ovvero "marsigliese", dell'Italia (Ateneo, I, 27c; Eustazio, Ad Il., II, 561; Stefano Bizantino, s.v. Troizèn).

Le mura di Focea, ci racconta Erodoto, avevano un ampio circuito, e "tutte di grosse pietre ben connesse fra loro". Ecco una conferma: sapevano costruire ottime fortificazioni.

Erano inoltre abili commercianti. Lasciata Focea, pensarono di stabilirsi sulle isole Eunusse, appartenenti agli abitanti di Chio. Ma i Chii, afferma Erodoto, si rifiutarono di vendere loro le isole, per paura che i Focei vi impiantassero un centro commerciale e li escludessero dai loro traffici. Il commercio marittimo era dunque la loro attività principale.

I Focei, racconta sempre Erodoto, erano stati i primi Greci ad avventurarsi in lunghe navigazioni, esplorando le terre intorno al mar Adriatico e al mar Tirreno, ed inoltre la Spagna, fin oltre lo stretto di Gibilterra, a Tartesso, città presso il delta del fiume Guadalquivir, zona ricca di miniere d'argento, rame e stagno. In queste loro navigazioni non usavano navi da trasporto, ma navi da guerra, veloci e di forma slanciata, chiamate "pentecontere".

Si traduce di solito la parola come "nave a cinquanta remi", ma non se ne conosce la struttura. Forse il numero dei remi aveva solo un valore simbolico, come i "cavalli" per le automobili odierne. Certo è che si trattava di navi con numeroso equipaggio, in grado di navigare anche in assenza di vento, e di affrontare lunghe traversate. Su queste navi potevano stivare relativamente piccole quantità di metalli, ricavandone un grande guadagno, e contemporaneamente navigando con una certa sicurezza in regioni ostili. A sostegno della loro attività commerciale, vi era dunque tutta una attività di ricerca, esplorazione, descrizione di nuovi territori e delle risorse disponibili. Senza dimenticare l'attività di cantieristica navale, di tecniche di navigazione e di combattimento sul mare.

A tal proposito, sempre Erodoto (VI, 17), ci parla di un certo Dionisio Foceo, comandante della flotta ionica, opposta a quella degli invasori Persiani. E' lui, un cittadino di Focea, ad addestrare le navi ioniche al combattimento contro i Persiani. Quando la partita fu persa, dopo il 494 a.C., costituì una base sulle coste della Sicilia, e si mise a fare il pirata, contro Fenici, Etruschi e Cartaginesi, mai però contro altri Greci.

Abbiamo anche una testimonianza di Giustino (XLIII, 3, 5): i Focei, al tempo del re Tarquinio Prisco, giunti alla foce del Tevere, strinsero amicizia con i Romani; in seguito fondarono Marsiglia. Esercitavano soprattutto attività connesse al mare: la pesca, il commercio, ed anche la pirateria.

Per quanto riguarda le tecniche di navigazione, Strabone ci dice che Marsiglia era nota fin dai tempi più antichi per la costruzione di strumenti utili alla navigazione (IV, 1, 5), e che colà veniva osservato con particolare attenzione il segreto sulle arti meccaniche (XIV, 2, 5). Ci racconta poi il caso di Pitea di Marsiglia, un navigatore che si spinse, nel III sec. a.C., fin nell'Atlantico del Nord, scoprendo luoghi dove l'oceano è ghiacciato e dove il giorno dura sei mesi (I, 4, 2-3; II, 4, 1).

E' probabile quindi che gli antichi (e i Focei in particolare) non navigassero, come si è sempre creduto, solo sottocosta: questo tipo di navigazione fu tipico del medioevo. Essi invece erano in grado di affrontare navigazioni in mare aperto, grazie a conoscenze scientifiche che comprendevano, almeno nel III sec. a.C., se non prima, la geometria, la trigonometria sferica, la cartografia e l'uso dell'astrolabio, antico strumento per fare il punto a mezzo delle stelle. Avevano quindi un sistema di coordinate geografiche, delle carte nautiche attendibili e un sistema per rilevare il posizionamento della nave.

Fantasie? Non dimentichiamo che nelle scuole filosofiche della Magna Grecia circolò l'idea della sfericità della terra, e che proprio ad Elea, nella scuola di Parmenide, fu elaborata una teoria che, sulla base della presupposta sfericità del pianeta, suddivideva la superficie della terra in zone climatiche, in strisce parallele. Parmenide non solo adottò tale divisione in zone, ma determinò i luoghi abitati al di sotto delle due zone temperate (I presocratici, Parmenide, Vita e dottrina, framm. 44). Sembrerebbe quindi che abbia preparato delle cartografie con i luoghi abitati della terra, collegati a linee parallele che ne costituivano le coordinate. Non è azzardato immaginare un uso pratico di tali conoscenze nella navigazione, forse preesistente allo stesso Parmenide.

Tutto questo potrebbe spiegare il successo di commercianti e navigatori Focei, Marsigliesi ed Eleati: andavano in giro su navi da guerra, dotati di conoscenze e di tecnologie formidabili. Certamente non dovevano essere gli unici fra i Greci, ma, spesso, si tende a passare sotto silenzio le conoscenze scientifiche e le tecnologie degli antichi. Come se un Parmenide potesse nascere dal nulla...

Bibliografia

FERNANDO LA GRECA, Fonti latine per la storia della Lucania tirrenica, Acciaroli (SA), Centro di Promozione Culturale per il Cilento, 1994.

AA.VV., Velia e i Focei in Occidente, Napoli, Macchiaroli, 1966

AA.VV., Nuovi studi su Velia, Napoli, Macchiaroli, 1970

AA.VV., I Focei dall'Anatolia all'Oceano, Napoli, Macchiaroli, 1982

AA.VV., La scuola eleatica, Napoli, Macchiaroli, 1988.

LUCIO RUSSO, La rivoluzione dimenticata. Il pensiero scientifico greco e la scienza moderna, Milano, Feltrinelli, 1996.


Tratto da: Cilento ieri, oggi, domani, Periodico di cultura politica e turismo, anno III, n. 10, genn./febbr. 1997, pp. 22-23.



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