C'é un
argomento che ritorna costante nei (finora) tre film di Muccino ed è per lui una specie
di ossessione: quello dei bilanci da preparare, dei giudizi da dare su se stessi, delle
conclusioni da trarre su quello che si è realizzato. Al pari di "Ecco fatto" e
di "Come te nessuno mai", anche qui un gruppo di personaggi si mescola, si
confonde, si evidenzia: le singole individualità vanno a costituire il quadro più
generale, a disegnare l'affresco generazionale. I trentenni, soprattutto: attraversano la
loro crisi (come l'hanno attraversata quelli dei decenni precedenti), ma i punti di
riferimento non esistono più. Non c'é ribellione ad un sistema, non ci sono ideologie da
inseguire, non ci sono sistemi sociali da imitare. C'è invece, ed è forte, la paura del
vuoto, della solitudine, del non sapere 'cosa fare'. Alla fine sono i rapporti
sentimentali a dettare i tempi della giornata, a condizionare lo sviluppo di emozioni e
reazioni. Intorno al nucleo principale (il rapporto Carlo/Giulia), il copione sviluppa
come in cerchi concentrici tutte le altre situazioni. E Muccino ha mano sicuramente felice
sia nello scrivere dialoghi svelti ed efficaci sia nel dirigere alla maniera delle
commedie italiane di un tempo: senza pause, senza tempi morti, con una saggia direzione
degli attori. Così dai trentenni il quadro si allarga ai loro genitori (quindi il
'prima') e ai 18enni (quindi il 'dopo'). Traspare amarezza dalle vicende, e certo Muccino
ha più dubbi che sicurezze sull'amore, sulla famiglia, sulla durata degli equilibri: e li
mette in campo, li denuncia, li offre allo spettatore. Si resta coinvolti e si è indotti
a riflettere. Per questo, dal punto di vista pastorale, il film è da valutare
sostanzialmente come accettabile, esprimendo qualche riserva per alcuni passaggi meno
controllati, ma sottolineandone il convincente tono realistico. |