Nanni
Moretti pensava da molto tempo a questa storia. "Mi portavo dentro questo personaggio
- ha detto alla conferenza stampa- e attraverso di lui volevo verificare la mia sensazione
che il dolore divide, più che unire, le persone che si vogliono bene". Su una
famiglia (padre, madre, due figli adolescenti) tranquilla, appagata, soddisfatta cala la
sventura di un evento tanto più tragico perché più inatteso: la morte accidentale del
figlio diciassettenne in una domenica destinata allo svago e al divertimento fa emergere
una realtà fino a quel momento messa da parte ed ora crudamente verificata sulla propria
pelle. Il dolore entra nella vita quotidiana dei tre che sono rimasti: ma non é presenza
momentanea, é invece quel dolore forte, profondo, costante che non ha fine perché non
sai da dove arriva e non capisci dove può portarti. Psicanalista di professione, abituato
quindi ad essere al servizio di uomini e donne sui quali il male di vivere assume le forme
più impensate, Giovanni diventa un padre, e un uomo, indifeso e vulnerabile, incapace di
capire e di reagire. Il dolore, che nella moglie é pianto irrefrenabile e nella figlia
rabbia inconsulta, si siede vicino a loro e a poco a poco li fa scontrare, entrare in
conflitto. I chiodi che sigillano la bara di Andrea chiudono tutto, Giovanni non vede
oltre. Ma poco dopo si scaglia adirato contro le parole evangeliche ascoltate dal
sacerdote alla messa che la figlia ha voluto far celebrare. E l'imprevisto apparire di una
ragazzina amica del figlio apre inattesi spiragli di cambiamento. "Nel finale - dice
Moretti- si ritrova forse una unità di intenti, ma in sospensione, senza certezza".
Lucido, raggelato, costruito sui contrappunti dell'alternanza tra la calma dei luoghi (la
casa calda e ordinata, la città raccolta) e il disordine interiore, il film diventa il
resoconto spiazzante di un'angoscia e insieme il tentativo di superarla. Dal proprio
passato di cineasta Moretti tira fuori e fa diventare protagonista quell'inquieto
rapportarsi con l'esistenza che, meno evidente nei titoli precedenti, lo aveva fatto
definire egoista, egocentrico, irritante. Oggi Moretti non si tira indietro, affronta a
viso aperto i problemi più difficili, pone domande di senso, non trova risposte ma resta
in ascolto. Dal punto di vista pastorale, siamo di fronte ad un'opera matura, coinvolgente
e stimolante, ad un cinema che nel suo stesso 'farsi' é terreno di misura dell'uomo con
se stesso, con le proprie capacità, con la possibilità di conoscere il proprio destino.
Film accettabile, dunque, sicuramente problematico e molto adatto a dibattiti. |