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PIANISTA (The pianist) |
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Genere:Drammatico
Regia: Roman Polanski
Interpreti: Adrien Brody (Wladyslaw
Szpilman), Thomas Kretschmann (ufficiale tedesco), Frank
Finlay (il padre), Emilia Fox (Dorota), Maureen Lipman, Ed
Stoppard, Julia Rayner, Jessica Kate Meyer. |
Nazionalità:Francia/Polonia/Germania/Gran
Bretagna
Distribuzione: 01 Distribution
Anno di uscita: 2002
Orig.: Francia/Polonia/Germania/Gran Bretagna
(2002)
Sogg.: tratto dal libro di Wladyslaw Szpilman
Scenegg.: Ronald Harwood
Fotogr.(Panoramica/a colori): Pawel Edelman
Mus.: Wojciech Kilar
Montagg.: Hervé De Luze
Dur.: 148'
Produz.: Roman Polanski, Robert Benmussa, Alain
Sarde.
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Raccomandabile/problematico/dibattiti****
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Guerra;
Male; Razzismo; Storia; |
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Varsavia,
1939. Quando i giornali pubblicano la notizia che in
città sarà creata una zona delimitata, il ghetto, per
i cittadini di religione ebraica, anche la famiglia
Szpilman sul momento non avverte la drammaticità di ciò
che si sta preparando. Dal 31 ottobre 1940, con la
costruzione del muro e il trasferimento delle persone,
la situazione rapidamente precipita. Alcuni ebrei
collaborano con i nazisti e cercano di reclutarne altri.
Wladyslaw Szpilman era pianista alla radio di Varsavia
ed ora riesce solo a suonare il pianoforte in un
ristorante. Quando il fratello viene arrestato,
Wladyslaw riesce a farlo liberare ma si prende i suoi
rimproveri per averlo aiutato. Nell'agosto 1942, durante
i trasferimenti ai campi di sterminio, la famiglia
Szpilman é in fila insieme agli altri. Al momento di
salire sul treno, Wladyslaw viene invitato a restare, e
si salva. Dapprima fa il muratore ed assiste ad orribili
esecuzioni, poi riesce ad uscire dal ghetto e a trovare
rifugio in una casa vuota. Nel maggio 1943 i
rastrellamenti nella città devastata si intensificano.
Scoperto, Wladyslaw scappa, e trova l'aiuto giusto per
nascondersi in un nuovo appartamento. Qui resta a lungo
solo e malato. Nell'agosto 1944 fugge di nuovo e si
aggira per i palazzi abbandonati in cerca di qualcosa da
mangiare. In uno di questi si trova di fronte un
ufficiale tedesco che, saputo della sua qualifica, lo fa
suonare e poi lo lascia lì, offrendogli del cibo. Pochi
giorni dopo arriva l'esercito sovietico. L'ufficiale
tedesco ora prigioniero chiede di riferire a Wladyslaw
di aiutarlo. Finita la guerra, Wladyslaw riprende il
concerto da dove lo aveva interrotto nel 1939.
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I
titoli di coda informano che Wladyslaw Szpilman ha poi
continuato la propria attività ed è morto nel 2000
all'età di ottanta anni, mentre l'ufficiale tedesco è
scomparso in un campo di prigionia sovietico. Tali
notizie ci dicono dunque che il protagonista è
autentico e che il libro da lui stesso scritto é una
testimonianza diretta, dall'interno, dell'orrore
dell'olocausto. Scegliendo questo testo come base per la
scrittura del copione, Polanski (nato nel 1933) ha
fortemente voluto che l'incontro con l'avvenimento che
ha segnato la propria infanzia (la madre é morta in
campo di concentramento) avvenisse non nelle forme della
Storia conosciuta dei nomi famosi e delle battaglie ma
in quelle della piccola storia quotidiana. Così,
delineato nella prima parte il quadro generale di un a
tragedia talmente cupa da cogliere tutti impreparati,
nella seconda il protagonista é solo, con se stesso e
con la musica, emblema dell'uomo in tutte le epoche
offeso e indifeso, maltrattato ma non rassegnato.
Sottili sfumature psicologiche segnano il volto di
Wladyslaw, specchio angosciato di una paura che aveva
attanagliato tutti i polacchi, di un dolore che scuoteva
l'animna perché finalizzato ad annullare le coscienze.
Collocando in campi lunghi, da lontano, gli scontri a
fuoco e i bombardamenti, Polanski pedina l'umanità e la
disumanità degli uomini, non ha paura di mostrare
alcuni ebrei collaborazionisti e altri affaristi senza
scrupoli, riesce ad essere equilibrato e minuzioso, a
cadenzare i battiti del cuore per l'indicibile sgomento
di fronte a situazioni di abissale efferatezza. E'
l'idea del male assoluto che Polanski ha ben presente e
che vuole superare con un racconto/confessione che ha il
tono del documento lirico/drammatico, e con il richiamo
alla sacralità dell'individuo e alla musica vista come
la messa in ordine di un disordine in apparenza
irrecuperabile. Come una luce in fondo altunnel del
buio. Dal punto di vista pastorale, la pulizia della
realizzazione e la lucidità di uno sguardo che non
chiede vendetta ma dice alto che la pietà e la memoria
non devono scomparire fa valutare il film di Polanski
come raccomandabile, sicuramente problematico e da
affidare anche a dibattiti.
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il
film è da utilizzare in programmazione ordinaria, e da
proporre largamente in molte circostanze, scolastiche e
di studio, a fianco di altri titoli che oggi e in futuro
rendono possibile riflettere e non dimenticare.
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