Nel
panorama del cinema europeo, il finlandese Aki Kaurismaki si è
ormai conquistato un posto di assoluto rilievo e di forte
originalità. A partire dagli anni '80 si è costruito uno stile
che ha saputo superare i confini geografici del proprio Paese e
diventare aperto, cosmopolita, universale (cfr. "Nuvole in
viaggio"). Territorio marginale la Finlandia, fuori dalla
grande opinione pubblica, quasi dimenticato. Che significato può
avere perdere la memoria di qualcosa, di sé, della vita?
Kaurismaki se lo chiede (e ce lo chiede) in questa storia
condotta sui consueti moduli della leggerezza, della lievità,
della volontà di non eccedere, di stemperare in uno scontroso
umorismo i temi ardui e difficili della ricerca delle giuste
motivazioni esistenziali. Stringe il cuore, e convince,
l'affetto con cui l'autore si mette dalla parte di un poveraccio
indifeso, un uomo senza nome né identità, prototipo di tutti
gli 'ultimi' che, sotto qualunque latitudine, affollano le
strade delle città, 'bastonati' (fisicamente ma anche
moralmente) dagli eventi della vita quotidiana,
dall'impossibilità di risollevarsi senza l'aiuto di qualcuno.
Ancora una volta Kaurismaki riesce a coniugare un'asciutta
cronaca di taglio realistico con accenti più alti, squarci
lirici e richiami al "cielo di Nostro Signore" in una
prospettiva di fiducia e di speranza. Una favola a lieto fine
che invita ad una maggiore comprensione e all'accoglienza verso
l'altro. Il film, dal punto di vista pastorale, é da valutare
come accettabile, problematico e molto adatto a dibattiti.
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