K-PAX - id. - a cura di Corrado Pirovine

Regia di Iain Softley. Con Kevin Spacey, Jeff Bridges, Mary McCormack, Alfre Woodard.

E' una produzione tedesca-americana quella che riesce ad unire nella recitazione sul grande schermo due tra i più grandi personaggi che Hollywood può vantare ai giorni nostri: Jeff Bridges e Kevin Spacey; e sono uniti in una pellicola molto particolare, caraterizzata da una storia ai limiti dell'inverosimile con il primo nel suo più classico dei ruoli ed il secondo nei panni di un personaggio talmente strano da sembrare davvero fuori dal mondo. La storia infatti narra della misteriosa comparsa di un essere che dice di chiamarsi Prot (Spacey) e di venire dal pianeta K-Pax. Internato in un reparto psichiatrico capita sotto le cure di un razionalissimo psichiatra (Bridges) il quale dapprima si dimostra scettico sul racconto di Prot ma poi comincia ad indagare ed a crederci, dopo che misteriosi avvenimenti sconvolgono la tranquillità dell'ospedale psichiatrico.

Per Ian Softley, noto soltanto per Hackers, trovarsi di fronte a due mostri sacri deve aver fatto un certo effetto visto che la regia del film è particolarmente efficace; del resto, potersi avvalere di tali presenze sceniche è già un vantaggio per un regista alle prime armi o quasi. Non convince in pieno però la sceneggiatura, la quale poggia su basi davvero interessanti producendo una storia intensa e drammatica ma risultando allo stesso tempo caratterizzata da incomprensibili "buchi" privi di alcuna spiegazione. Ottima la fotografia caratterizzata da passagi tra il caldo dorato degli ambienti chiusi e il freddo argenteo degli spazi aperti nella metropoli newyorkese e altrettanto valido il tema musicale che rimanda a motivi neanche troppo lontani già uditi in Forrest Gump. Ammirevoli le performance dei protagonisti: Spacey, quasi sempre nascosto dietro un paio di occhiali scuri che ne accentuano il mistero, è abile con i suoi sorrisi, la sua aria svampita e trasandata ed il suo consueto gesticolare mentre Bridges è assolutamente nei suoi panni migliori dovendo interpretare uno psicologo afflitto da problemi familiari e da un apparente alieno in visita sul pianeta Terra.

In definitiva K-Pax si può vedere, se non altro per gli attori, ma lascia un retrogusto di insoddisfazione, come se mancasse qualcosa, come se mancasse qualche pezzo del puzzle e dunque si dimostra vulnerabile in uno degli aspetti più cruciali di una pellicola, la sceneggiatura; ed è davvero un peccato poichè il soggetto, ovvero lo spunto di partenza, rappresenta l'elemento più interessante ed attraente del lungometraggio di Softley.