NEVERLAND - id.     a cura di Corrado Pirovine

Regia di Marc Foster. Con Johnny Depp, Kate Winslet, Julie Christie, Radha Mitchell, Freddie Highmore, Dustin Hoffman.

Non è raro, in quel fantastico mondo che è il cinema, scovare quei film che non pretendono di essere considerati capolavori, che hanno la consapevolezza di essere al di fuori dell’insieme dei grandi film ma che, nella loro dignità, possono sicuramente essere considerati dei buoni film.
Io li chiamo “film per i quali i soldi del biglietto non sono soldi buttati”.

E’ il caso di “Neverland”, nuovo film del regista Marc Foster, salito alla ribalta dopo il suo primo vero lavoro, “Monster’s Ball”.  

Neverland “racconta” una fiaba; “racconta” nel senso che fiaba non è, ma ha la delicatezza di voler spiegare come la fiaba nasce ed i sentimenti da cui essa si sviluppa. Quella fiaba è “Peter Pan”.
James Matthew Barrie (Johnny Depp) è un commediografo di discreta fama, marito di una donna (Radha Mitchell) che si sente a ragione trascurata ma che ha coscienza della qualità dell’uomo che ha sposato. In difficoltà dopo il fiasco del suo ultimo lavoro e spinto dal suo impresario a cercare nuove idee per un nuovo spettacolo conosce in un parco di Londra la famiglia Davies, composta dalla madre, la vedova Llewlyn (Kate Winslet) e dai suoi quattro figli tra cui l’inquieto Peter (Freddie Highmore). Sarà questa famiglia a divenire centrale nel suo lavoro e nella sua vita grazie alla sua particolare abilità nel saper comprendere i delicatissimi ingranaggi della mente dei più piccoli.

A voler essere freddi e brutali Neverland è un buon film ma non può essere considerato un ottimo film proprio da un punto di vista prettamente tecnico. A peccare da un punto di vista visivo sono regia, fotografia e montaggio; le prime due per eccessiva semplicità mentre l’ultimo, più delle altre, in quanto in scene di particolare emotività (musiche coinvolgenti, movimenti di camera volteggianti) va improvvisamente e brutalmente ad interrompere il momento con dissolvenze rapide per introdurre la scena successiva; è una sensazione che si avverte nettamente e che stride con il fluire degli eventi non garantendo quella continuità che è essenziale per tenere lo spettatore con gli occhi incollati allo schermo.
Cercando invece di dar più retta al cuore, la delicatezza che il film esprime non può certo far esimere lo spettatore dal godimento di buoni sentimenti, magari un po’ forzati, magari un po’ furbescamente solleticati ma pur sempre puri e morali. L’idea di mostrare come è venuto alla luce piano piano Peter Pan nella mente di Barry è ottima ed originale e ne va fatto merito alla commedia “The Man Who Was Peter Pan” da cui la pellicola è tratta.


E’ giusto sottolineare inoltre che il film può contare su un cast d'eccezione che ha davvero reso al meglio; Depp è bravissimo nei panni di un Barry perfetto: forse grazie al suo curriculum egli è l’attore adulto più vicino al mondo fanciullesco; il suo commediografo è elegante, simpatico e molto sensibile ed appare proprio la classica persona cui viene facilissimo voler bene. La Winslet ha ormai un consolidato spessore recitativo di ottimo livello mentre Julie Christie, nei panni della perfida madre di Llewlyn, nonna dei quattro bambini, fa da contraltare femminile a quel mostro sacro che è Hoffman il quale comunque si vede piuttosto poco: appare sconcertante come sia semplice per la anziana ma bravissima Julie dipingere un personaggio odioso ed antipatico; non a caso può vantare tre nomination ed un premio Oscar nella sua lunghissima carriera. Una nota a parte la merita l’eccellente Freddie Highmore che nei panni di Peter è l’ispiratore di una favola che alla fine è dentro lo stesso Barry; il piccoletto lo rivedremo sempre accanto a Depp nell’attesissimo “Chocolate Factory” di Tim Burton.

Insomma un film che forse andrebbe visto esclusivamente con un occhio “sentimentale” lasciando da parte ogni esigenza tecnica e soffermandosi sul soggetto, sulla storia, che è nobile, che è “bella” nel significato e nell’accezione più limpida che esista. Una storia che permette a chiunque oggi, come ieri e come domani di entrare in un mondo fantastico, dove il dolore e l’agonia sono soffocati dalla gioia e dalla spensieratezza che solo l’essere essere bambini può dare.
Quel mondo fantastico, L’Isola Che Non C’E’, è accessibile a tutti… basta crederci.