Festival di Cannes 2006
59a edizione 17-28 maggio

Il festival di Cannes è in testa alla collocazione festivaliera internazionale ed è come una sirena piena di fascino dove c'è sempre modo di pescare a piene mani quel genere di film che più appaga, considerando anche che il livello generale del concorso è stato notevole. E’ stata un’edizione molto vivace e caratterizzata da sperimentazione e voglia di divertirsi, abbinando film di finzione con quelli documentari, tra revisione e contaminazione dei generi e riflessione sul futuro sociale, collegando fumetto, pittura e arte. In particolare tra i film in concorso molti sono stati i riferimenti all’eroismo quotidiano e ai contenuti politici, con molti nomi affermati e apprezzati. Il film d’apertura è stato quel Codice da Vinci di Ron Howard dal quale ci si aspettava grande spettacolo, in un Louvre turistico e immerso nell’avventura, thriller e mistero religioso, prima di una distribuzione mondiale destinata a polverizzare ogni record d’incasso. Al suo fianco l’ugualmente fantasmagorico capitolo finale di X-Men, l’ultimo paragrafo della serie dei supereroi emarginati e mutanti a prendere una risoluzione decisiva. Non sono mancati i film scandalo, come quello annunciato di John Cameron Mitchell, su un gruppo di newyorkesi che si ritrovano allo Shortbus, club e laboratorio sentimental-sessuale. L’11 settembre è stato ricordato da una ventina di minuti di World Trade Center di Oliver Stone e dal dramma del volo United 93, sul quarto aereo di linea dirottato ricostruito da Paul Greengrass. Trai titoli della sezione "Classics" hanno trovato spazio gli omaggi a McLaren, Duras, Jodorowsky, Ford e a Mastroianni con Marcello la dolce vita. Vincent Cassel è stato il "maestro di cerimonia" di quella festa della fratellanza e affiatamento della 59ª edizione del Festival di Cannes, dando il via alla kermesse e salutando con disinvolta semplicità Wong Kar-wai, il presidente di una distinta giuria e con l'idea che i film devono dare un senso di compassione, speranza e senso di solidarietà.

Il concorso

La giuria che a sorpresa ha assegnato all’unanimità la Palma d’oro a un film europeo di soprusi e battaglie e rivoluzioni, quel The wind that shakes the barley/Il vento che accarezza l'erbadi Ken Loach di innocenti soldati repubblicani, film partigiano e fortemente impegnato sulla guerra di indipendenza condotta dall’Irlanda contro l’avversaria Inghilterra negli anni ’20, una guerra civile di amici di un tempo e che adesso si uccidono in un film di grande dolore e passione.

 

Il vento che accarezza l'erba

 

Indifferente a tutti i pronostici, la giuria ha lasciato a secco Il caimano di Nanni Moretti, alla sua quarta partecipazione transalpina, e gli italiani (dismessa l’ostilità francese, piaciuti anche nelle altre sezioni e coperti da eco mediatica, per un totale di quattro bei titoli che ci hanno reso protagonisti e non semplici comprimari), il bravissimo Gérard Depardieu cantante spiegazzato di vecchie canzoni di cassetta di balera di Quand j’étais chanteur e la rievocazione musicale, affettuosa e disillusa, di Xavier Giannoli e l’apprezzata diciannovenne tormentata regina di Francia Marie Antoinette di Sofia Coppola, vittima designata e idealista caparbia in un mondo di invidia, gelosie, seduzioni e complotti. A propositi di oltralpe, da inseguire i percorsi di finezze e pusillanimità, in un’osservazione virile sulle determinazioni della vita in Selon Charlie di Nicole Garcia, il simpatico dono Lucas Belvaux, prosatore delle afflizioni terroristiche nel thriller socio-politico La raison du plus faible, e il Gran Premio a Flanders di Bruno Dumont al suo meglio per il suo spiazzante gruppo stralunato di contadini trasformati in soldati crudeli per un sofferto consuntivo in un Paese da pacificare. Il miglior regista è stato Alejandro Gonzales Iñarritu per Babel, con quattro dolorose storie che s’intersecano, s’inseguono su diversi piani non cronologici, sui contrasti tra nord e sud del mondo, intrisi da mancanza di comunicazione o speranza di redenzione.

 

Babel

 

Molti avrebbero scommesso di più su Pedro Almodovar, che sarebbe stato quindi risarcito a posteriori per il suo operato, mentre con Volver si occupa di una storia nostalgica di ritorni, mischiando noir e commedia, riflettendo sui valori legati alla morte, dalle sue radici nella natia La Mancha. La pellicola ha visto premiate la sceneggiatura e tutte le sue attrici. La favola di formazione e crescita sta tutta nella fantasia de Il labirinto del Fauno di Guillermo del Toro, dove nella Spagna franchista le fughe impossibili dalla realtà devono combattere contro tormenti e angherie personali con una bambina che capirà la sua natura per intercessione di un fauno. Poesia e rock and roll nel ritorno di Aki Kaurismäki con Les Lumières du Faubourg/Le luci della sera, terza parte di una trilogia, commedia beffarda e strana sull’abbaglio dell’amore, la redenzione adeguata e l’indipendenza della volontà, non senza un aiutino da parte dell’alcol.

 

Le luci della sera

 

Il cinese Summer Palace di Lou Ye tratta della recente storia sociale della Cina dove le passioni proibite si ritrovano durante le lotte studentesche, con gli studenti che fanno sesso, ascoltano musica rock e fumano. Infine molto apprezzati sono stati Southland tales di Richard Kelly, raccolta caotica di complotti e fantascienza a ridosso della fine del mondo quando le scorte di energia sono finite e salgono paure sopite, e Red Road di Andrea Arnold, unico debutto nella competizione ufficiale, su un’operatrice che videosorveglia una piccola parte di Glasgow, per una considerazione sulla negligenza e la rivalsa in mezzo a casermoni di edilizia popolare e squallore.

Un certain regard

La tourneuse de pages di Denis Dercourt è la giovane appassionata di piano Mélanie per un thriller tutto di emozioni, ben diverso dall’ungherese Taxidermia di Gyorgi Palfi, tre generazioni col nonno alla ricerca dell’amore fisico, sesso a volontà, masturbazioni liberatorie, il padre campione delle gare dell’ingozzarsi e figlio che procede all’autoimbalsamazione, incredibile ma vero. A Scanner Darkly di Richard Linklater prende spunto dal romanzo di Dick per un film di animazione che con tecnica rotoscopica rende conto di un’avventura basata su schizofrenie e depressioni, trasfigurando il giallo in una meditazione sul distacco visionario e inaspettato con la propria identità. Ten Canoes di Rolf De Heer è un viaggio nella cultura e tradizione aborigena, nasce col contributo della comunità dei Ramingining e svicola le barriere storiche e linguistiche tra finzione e documento in una operazione antropologica più che poetica. Stupendamente soggettivo lo sguardo trasognato dei registi di Paris je t’aime, antologia di speranze deluse, rendez-vous falliti, adocchiamenti partecipi, richiami, ammirazioni, in un tripudio architettonico in venti episodi compendiati in cinque minuti per ornare entusiasmi e suggestioni in un cammino passionale. A rappresentarci Marco Bellocchio: con Il regista di matrimoni mette in scena l’attrazione indomabile delle immagini, le storie particolari, la dichiarazione d’amore verso il cinema. Il risultato è incostante e grottesco, tuttavia richiede partecipazione, interpretazione e una visione attiva.

 

Il regista di matrimoni

 

Quinzaine des réalisateurs

Oltre ai plausi di Kim Rossi Stuart per Anche libero va bene, dove copre il doppio ruolo di attore e regista, nella sua opera prima carica di tensione, vagamente neorealista e intensa, in un drammatico confronto tra un padre e due figli. Molto buono è stato anche il riscontro per Princess, cartone animato danese e Azur e Asmar di Michel Ocelot, altro cartone di origine francese. Piccantino e con scene di alta sensualità invece Les anges exterminateurs di Jean-Claude Brisseau, storia di un regista che cerca di far affiorare i fantasmi erotici di aspiranti attrici.

Il mercato

Il mercato punta tutto al business e gode di una presenza qualificata di professionisti del settore. Il 47° Marché du Film è stata la maxiconvention a partecipazione internazionale di operatori del settore che hanno realizzato un gran numero di contratti firmati. E’ stata superata la barriera psicologica dei 10000 professionali, registrati da 91 paesi, che hanno determinato una crescita media del 6%. Grande è stata la presenza dell’Asia, soprattutto Giappone, India e Cina, mentre in Europa la Germania ha acquistato più di tutti. Quasi mille i film, 766 dei quali premieres, proiettati nelle 30 sale del Mercato. Tra i film in concorso il più acquistato è stato Red Road di Andrea Arnold, film di cui nessuno si fidava di comprare a scatola chiusa.

 

Red Road

 

La tourneuse de pages di Denis Dercourt aveva una distribuzione solo francese e alla fine è diventato il film più venduto in assoluto. Un successone anche il cartone animato danese Princess, apripista per moltissimi cartoon. Guardando al futuro molti operatori si sono impegnati sul progetto a venire My Blueberry Nights di Wong Kar-wai nel suo primo film in lingua inglese, road-movie con la famosa cantante Norah Jones al suo debutto cinematografico, affiancata da Natalie Portman e Jude Law.

Maurizio Ferrari

I premi

Palma d’oro a The wind that shakes the barley di Ken Loach.
Premio per la Regia a Alejandro Gonzales Iñarritu per Babel.
Grand Prix a Flanders di Bruno Dumont.
Premio speciale della Giuria a Primiera Nieve di Pablo Aguero.
Premio della giuria a Red Road di Andrea Arnold.
Premio per il miglior attore al cast di Indigènes di Rachid Bouchareb (Jamel Debbouze, Samy Nacéri, Roschdy Zem, Sami Bouajila, Bernard Blancan).
Premio per la migliore attrice al cast femminile di Volver di Pedro Almodovar (Penélope Cruz, Carmen Maura, Lola Dueñas, Blanca Portillo, Yohana Cobo, Chus Lampreave).
Premio per la Sceneggiatura a Pedro Almodovar per Volver.
Palma d’oro per il cortometraggio a Sniffer di Bobbie Peers
Camera d’Or a 12:08 a l’est de Boucarest di Corneliu Poromboiu.

Link: www.festival-cannes.org

 

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