Festival di Cannes 2009
62a edizione 13-24 maggio

I film di questa edizione sono stati tra i più memorabili e seducenti come non se ne vedevano da molto tempo, in un grande confronto tra i migliori registi e che affrontavano i temi più svariati, momenti di vita, ossessioni, paure, rievocazione della Storia, relazioni con gli altri anche affettive, violenze. Il 62mo Festival di Cannes è stato aperto per la prima volta nella storia del festival da un film americano d’animazione in 3D, Up, diretto da Pete Docter (e Bob Peterson), prodotto da John Lasseter per Disney & Pixar e incentrato su un percorso di formazione con un settantottenne che intraprende un viaggio con la sua casa come cesto di un aerostato e mille palloncini come mongolfiera, e rumoroso ragazzino inquieto al seguito come imprevisto e forzata convivenza. La chiusura è stata affidata al discusso Coco Chanel & Igor Stravinsky del francese Jan Kounen con Mads Mikkelsen e Anna Mouglalis e il clandestino e burrascoso rapporto con il compositore Stravinsky, tra eleganza e creatività della moda francese. La sessantaduesima edizione del Festival ha compiuto 70 anni, con la prima edizione inaugurata il primo settembre 1939 dal più giovane dei fratelli Lumière e bruscamente interrotta da Hitler con l’invasione della Polonia.

Il concorso ufficiale

I Il concorso ha visto una larga maggioranza dei premiati tra gli europei, e con Hollywood in poco persistente rappresentanza causa sciopero degli sceneggiatori dell’anno passato (l’aveva detto prima anche il direttore artistico e delegato generale Thierry Frémaux, ricordando anche che bisogna incoraggiare l’attitudine dei fervori creativi del cinema indipendente) ma anche in crisi di fantasia e ispirazioni artistiche, ma con una buona presenza di asiatici, lasciando fuori l’America Latina, Russia, India e paesi dell’Est Europa. Tutto ciò in un anno che vedeva l’industria dello spettacolo pagare pegno alla recessione. La giuria era presieduta da Isabelle Huppert, attrice presente al festival ben 25 volte e pronta nei giudizi a non usare la diplomazia e a non far sconti a nessuno. La Palma d’Oro (comparsa per la prima volta nel 1955 riprendendo il simbolo araldico della città di Cannes) è stata assegnata all’austriaco Michael Haneke per Il nastro bianco, disincantato e non ideologico sorvolo sulla genesi del nazismo. Ampiamente previsto il secondo premio della kermesse con l’intenso e rigoroso dramma carcerario, storia inquieta e scomoda di un giovane maghrebino analfabeta e della sua iniziazione e ascesa, Un prophete/Il profeta del francese Jacques Audiard. Migliore attrice è stata la francese Charlotte Gainsbourg per il film più problematico e annunciato come film scandalo per i sei minuti iniziali di sesso esplicito, l’Antichrist del danese Lars von Trier e quello del miglior attore all’austriaco Christoph Waltz per il suo incarico di poliglotta colonnello nazista in Inglorious Basterds-Bastardi senza gloria di Quentin Tarantino. Conquistato anche il Premio Eccezionale della giuria e un premio speciale alla carriera al regista francese Alain Resnais con Les herbes folles/Gli amori folli per un legame amoroso partito dal ritrovamento di un portafoglio.La competizione era la risultante di 20 titoli di molti registi famosi o addirittura già conquistatori della Palma d’oro, come Jane Campion con Bright Star sulla vita e l’amore tormentato del poeta morto prematuramente John Keats e le sue vicissitudini romantico amorose con Fanny Browne, Ken Loach, altro vincitore qui con l’apologo Looking for Eric-Il mio amico Eric, con la leggenda del calcio francese Éric Cantona alla sua prima prova importante come attore e l’amore per il gioco e la partecipazione alle tribolazioni della vita di un postino. Poi Lars Von Trier con il psicologico dai risvolti horror Antichrist, protagonisti Willem Defoe e Charlotte Gainsbourg, tornato in concorso nove anni dopo la Palma d’oro per Dancer in the Dark e Quentin Tarantino, da sempre coccolato da Cannes e in questo momento alle prese col dramma epico, visto a modo suo, della Seconda Guerra Mondiale in Inglourious Basterds/Bastardi senza gloria. E via con altri bei nomi di sicura garanzia, come Michael Haneke con Susanne Lothar già interprete in Funny Games, Alain Resnais, Jacques Audiard, il palestinese Elia Suleiman, sul dramma per la creazione dello stato di Israele e l’immigrazione forzata dei residenti con The Time That Remains, ispirato alle lettere scritte nel 1948 dalla madre al padre, Andrea Arnold, che vince ex aequo il premio della giuria, regista inglese che non disdegna le scene difficili in Fish Tank, un dramma su un rapporto moderno con l’educazione sentimentale di una grintosa quindicenne espulsa da scuola e con la madre che si accompagna con un nuovo amante, Pedro Almodóvar, altra presenza frequente con Los abrazos rotos/Gli abbracci spezzati tra citazioni e contaminazioni per una passione esclusiva che si tramuta in follia con Penelope Cruz e le pene dell’amore. Marco Bellocchio era l’unico a difendere i colori italiani con Vincere, nome propizio per un premio sulla prima moglie di Mussolini, che non vinceva niente ma che dava perfettamente il senso, anche attualizzabile, del pessimismo esistenziale. L’argentino Gaspar Noé arrivava con una produzione francese interpretata in lingua inglese e girata in Giappone, l’onirico Soudain le vide/Enter The Void interpretato dal piccolo trafficante di droga Nathaniel Brown e sua sorella spogliarellista Paz de la Huerta in una Tokyo tra spaccio e ferimenti e gang rivali. Ma non è stato il solo film a intersecare le ricognizioni interculturali tra Asia ed Europa, con la Francia su tutte. Nome relativamente nuovo è stato quello di Isabelle Coixet con Map Of The Sounds Of Tokyo con un killer che lavora a contratto col commerciante di vini Sergi Lopez destinato alla morte. Johnnie To si aggirava nei paraggi della Vengeance con la storia di violenza stilizzata della star del rock Johnny Hallyday, un ex assassino ed ora cuoco che arriva a Hong Kong, luogo natio del regista, per vendicare la figlia e tutta la di lei famiglia trucidata. Park Chan-wook,che vince ex aequo l’altro premio della giuria, mette quasi in concorso per la prima volta una storia surreale di vampiri, preti, omicidi e sangue nel dramma grottesco Thirst, anche con l’attore francese Eriq Ebouaney. Il filippino Brillante Mendoza per Kinatay vinceva il premio per la regia con una disturbante storia sordida di droga non pagata e la protagonista finita squartata. Tsai Ming-liang da Taiwan trasferiva Face/Visages in Francia con una storia in parte commedia e in parte metacinema di un film nel film che sarà un disastro totale, con una Salomé girata al Louvre da un regista cinese e il meglio del parco attori francese con Laetitia Casta, Fanny Ardant, Jean-Pierre Léaud, Jeanne Moreau, Nathalie Baye e Mathieu Amalric. Presente anche Ang Lee con Taking Woodstok/Motel Woodstock per rivivere i retroscena del massimo evento rock e quel periodo musicale grazie alle memorie di Elliot Tiber con un film che si sarebbe detto presente al Festival di Venezia, essendo il regista presidente della giuria della Mostra.

Il fuori concorso

Da segnalare anche l’interessante programma fuori concorso con i film dello spagnolo Alejandro Amenábar con la produzione indipendente e di grande budget Agorà, dramma storico con l’amore di uno schiavo per una Rachel Weisz di grande talento e bellezza che veste credibilmente i panni del filosofo Hypatia di Alessandria d’Egitto nel Quarto secolo. Terry Gilliam di grande e stravagante immaginazione dove si vende l’anima al diavolo e si gioca con gli specchi magici in The imaginarium of Doctor Parnassus-Parnassus-L’uomo che voleva ingannare il diavolo, con Heath Ledger nella sua ultima interpretazione supportato da Johnny Depp, Jude Law, Colin Farrell e Christopher Plummer. Robert Guédiguian si occupava di resistenza con l’intenso e sofferto L’armée du crime. Si aggiungevano in più le proiezioni di mezzanotte di Sam Raimi, un vero horror che prende le mosse dagli anni ’50 Drag Me to Hell, dove una mite dipendente di un istituto di credito che si scontra con cattiveria contro una vecchiaccia a cui aveva dovuto negare una proroga, e la francese Marina de Van sovrappone cambiamenti misteriosi e metamorfosi tra Sophie Marceau e Monica Bellucci e in Ne te retourne pas. Michel Gondry incanta col documentario in stile surreale L’epine dans le Coeur su una vecchia zia insegnante, Zhao Liang con Petition si fa produrre dalla gloriosa INA francese e si occupa con una testimonianza unica della Cina odierna e di chi promuove petizioni contro abusi e ingiustizie delle autorità. Souleymane Cissé con Min Ye si divide tra famiglia, amanti, adulteri e poligamia.

Un certain regard

In questa preziosa sezione arrivano film talvolta preceduti dal clamore di proiezioni nei festival del proprio paese. La giuria era capitanata da Paolo Sorrentino, aggiudicando il Gran Premio a Kynodontas/Dogtooth di Yorgos Lanthimos, basato su padre, madre, tre figli e pulsioni sessuali. La Camera d’or, premio alla migliore opera prima delle sezioni Concorso ufficiale, Un Certain Regard, Settimana della Critica e Quinzaine des Réalisateurs, è stata vinta a sorpresa da Samson and Dalilah di Warwick Thornton, assente l’uomo bianco, atto di nascita del cinema aborigeno, storia di due ragazzi che si innamorano nel bel mezzo del deserto e precedentemente presentato al festival di Adelaide. Sbalorditivo anche Lee Daniels con la storia di formazione della obesa sedicenne di colore Precious che finalmente impara a leggere e a scrivere, già vincitore del Sundance. Buona risonanza mediatica ha avuto anche Bahman Ghobadi col sotterraneo Kasi az gorbehaye irani khabar nadareh/Nobody Knows About The Persian Cats, docufiction tutta musica hip-hop vietata, fuga dall’Iran e disperata ricerca di un passaporto. Tales from the golden age è il risultato discontinuo e collettivo di cinque registi, Cristian Mungu su tutti per una raccolta di leggende urbane della Romania sotto regime, Alain Cavalier prosegue la sua indagine personale con l’intimistico e autobiografico Irene. Politist, adjectiv di Corneliu Poromboiu vinceva il premio Fipresci con un poliziotto che trova ingiusta una legge che gli impone un arresto. Mia Hansen-Love descrive in Le père de mes enfants il trauma di una perdita famigliare, appunto quella dei padre dei miei bambini, quelli di Chiara Caselli.

Quinzaine des réalisateurs

Apriva la sezione Tetro di Francis Ford Coppola, dramma familiare su uno scrittore, con lo stesso nome del titolo, immigrato italiano e interpretato da Vincent Gallo. Il premio Art Cinema Award e il premio SACD sono stati vinti entrambi da J’ai tué ma mère di Xavier Dolan su un ragazzo in perenne conflitto con la madre e sulla poca comprensione reciproca. I premi Fipresci della critica internazionale è stato condiviso da Amreeka di Cherien Dabis, su una palestinese che perde il suo ottimismo quando emigra negli Usa. Infine il premio Label Europa Cinemas è stato vinto dal film italo-austriaco La pivellina/non è ancora domani di Tizza Covi e Rainer Frimmel, con un artista da circo che raccoglie una bimba abbandonata in un parco alla periferia di Roma. Non male anche Yuki & Nina di Hippolyte Girardot e Nobuhiro Suwa su due ragazzine che fanno di tutto per evitare la separazione fra il padre francese e la madre che vuole tornare in Giappone. Dopo due decenni Denis Villeneuve ricorda con stile robusto in Polytecnique la strage del 1989 all’École Polytecnique di Montréal per mano di un misogino studente psicopatico. Tratto da una storia vera, I love you Philip Morris di Glenn Ficarra e John Requa rievoca con fare grottesco e divertito l’amore carcerario di Jim Carrey e Ewan McGregor. Coppia maschile anche al centro di Humpday di Lynn Shelton, con due amici e una gara di porno amatoriali dopo essersi persi di vista per dieci anni. Leggero e divertito il trambusto in La famille Wolberg di Axelle Ropert con l’onnipresente sindaco ebreo di una cittadina francese.

Semaine de la critique

La Settimana della Critica ha visto temi importanti nelle otto pellicole d’esordio di registi provenienti da ogni continente, dedicandosi a belligeranza, globalizzazione, libertà e chimere. La SIC ha assegnato il Grand Prix al francese Adieu Gary di Nassim Amaouche con Jean-Pierre Bacri su un gruppo di persone che ritornano a vivere nel paese natio, un villaggio spopolato ormai prossimo al simulacro. Ancora solitudine per una intera famiglia nel fiammingo Lost persons area di Caroline Strubbe. Apriva la sezione Rien de personnel di Mathias Gokalp con Pierre Darroussin e Denis Podalydès in una società farmaceutica e un gioco di ruolo. Più aperta alle suggestioni di altri continenti, la sezione annoverava anche l’uruguayano Mal dia para pescar di Alvaro Brechner sugli incontri di wrestling meno professionali (con un wrestler che attraversa l’America del sud per combattere in incontri minori nelle città meno conosciute) ma di grande umanità, ispirandosi a un racconto di Juan Carlos Onetti. Huacho del cileno Alejandro Fernandez Almendras si occupava della scoperta della globalizzazione. L’iracheno Whisper with de wind di Sharam Alidi si inerpicava sulle montagne del Kurdistan per raccontare le difficoltà di un postino. Da segnalare anche l’appassionato Altiplano del fiammingo Peter Brosens a chiudere il concorso con due donne marcate dalla guerra e che affrontano il potere in memoria dei propri uomini.

Mercato

Sul versante Marché du Film del Festival di Cannes le cifre accreditate testimoniano rispetto al dato precedente un calo del 7% tra i partecipanti, per un totale di 9.907 in opposizione ai 10.709 del 2008. I buyer sono scesi del 9%, quantificati in 1.587, per contro si sono accresciute le Film Commission con il +13%, attestandosi a 375 membri, e i Film Fund con il +15%, attestandosi a 127. Hanno preso parte il 5% in meno di società, 3.959 contro le antecedenti 4.173. Sul fronte italiano c’erano il 13% in meno di partecipanti, quindi 385 contro i 441, comprensivi di 151 società e 60 buyers. Il Mercato ha programmato 1.476 proiezioni con 1.390 film. Gli stand si sono sminuiti del 12%, attestandosi su 381 contro i precedenti 433. L’impressione è stata che i compratori sapessero esattamente su quali film puntare, che tipo, che genere e quanto spendere, con i perditempo segati via. Dalla sua Cannes ha il vantaggio di essere il più grande contenitore di immaginario collettivo e di essere linea guida e polo di attrazione dei bisogni collettivi e magari ci sarà un risalire della crisi economica nei mesi, con il successivo American Film Market che probabilmente non vedrà una marea di nuovi film ma soltanto pellicole di un certo spessore e con un aggiustamento dei prezzi con molti buyers che proveranno a rinegoziare i contratti o a rimandare i pagamenti. Intanto lo stesso i buyers si sono concentrati soprattutto sui film in concorso, che hanno portato loro una ventata di fiducia grazie al loro alto livello, e ai b-movies. Altra manovra più gettonata ultimamente per le case di produzione è quella di incentivare le produzioni locali o di ricercare soluzioni di finanziamento più flessibili e diversificate. Evidentemente la recessione globale, e in seconda battuta anche il modificarsi delle modalità di fruizione del prodotto filmico, hanno avuto come ripercussione prevista una contrazione negli incontri e nei contratti del Marché. D’altra parte ci si aspettava così poco dal Mercato che alla fine il risultato non è stato poi cosi spiacevole, con un percorso che andava dalle prevendite, sorprendentemente vivaci, e un inizio di mercato all’insegna di grandi annunci di acquisti, al prodotto finito in una atmosfera vagamente dimessa e al finale dove le aspettative si erano ridotte. Soprattutto le vendite a pacchetto, quello del film importante che viene venduto soltanto se accompagnato da altri titoli minori, non ha dato i risultati sperati, aggiungendo qualche proposta di acquisto soltanto verso la fine del festival, laddove si spera di strappare un prezzo di acquisto più contenuto. Non ha influito positivamente anche il cambiamento di certe realtà, ad esempio con le televisioni in chiaro di Russia e Corea del Sud che non comprano più. Meno soldi a disposizione hanno significato acquisti più mirati, talvolta addirittura soffocati e con la stesura definitiva dei contratti procrastinati dei mesi, per quanto un certo abbassamento dei listini ha favorito le compere. Del resto ormai i prezzi sono generalmente scesi, al pari dei soldi investiti, e i progetti si stanno indirizzando sulla buona qualità, lasciando più frequentemente invenduti i prodotti di scarso pregio e invece continuando a essere venduti quei progetti con gli elementi giusti e con altrettanto adeguato budget.

Eventi

L’Anica si è fatta promotrice del workshop "The new Italian tax credit law", nuova legge sugli incentivi fiscali europei. Nella sezione Cannes Classics e con il supporto di Roma & Lazio Film Commission è stato presentato il documentario di Claudio Bondì Pietro Germi: il bravo, il bello e il cattivo, ricordato come regista neo-realista, premiato con Oscar per la sceneggiatura di Divorzio all’italiana e iniziatore della commedia all’italiana. E’ stato fatto conoscere il progetto "Atelier Farnese", che sarà il primo laboratorio italo-francese di scrittura cinematografica sostenuto da istituzioni di ambedue le nazioni, come il Ministero per i Beni e le Attività Culturali e il Centre National de la Cinematographie. Per uno scambio mondiale di conoscenze tra i professionisti del cinema è stato proposto il portale W.O.K., ovvero World of Cinema Circle, www.worldofcinemacircle.com. Dopo le precedenti edizioni con Martin Scorsese, Quentin Tarantino, Nanni Moretti e Wong Kar-wai, la lezione di cinema ha visto in cattedra i fratelli Dardenne, autodidatti che da un inizio traballante hanno poi saputo trovare uno stile proprio con La promesse, presentato alla Quinzaine nel 1996. Hanno ricordato che bisogna lasciar da parte la tecnica, concentrarsi sugli attori, per una storia senza interposizioni psicologiche. Arrivando a quelle conflittualità drammatiche che hanno loro permesso di vincere la Palma d’Oro nel 1999 per Rosetta e nel 2005 per L’enfant e di condividere il premio per la miglior sceneggiatura nel 2008 per Il matrimonio di Lorna. La quinta edizione del Atelier de la Cinéfondation, aiuto ai registi per finanziare o completare i propri film, ha visto 15 filmmakers e i loro progetti (compreso il nostro Andrea Serge, al secondo film con Shun Li e il poeta) incontrare i professionali dell’industria filmica.

Le date del prossimo Festival di Cannes sono dal 12 al 23 maggio 2010.

Maurizio Ferrari

I premi

Palma d’oro a Il nastro bianco di Michael Haneke.
Premio per la Regia a Brillante Mendoza per Kinatay.
Grand Prix della giuria a Un profeta di Jacques Audiard.
Premio della giuria ex aequo a Fish Tank di Andrea Arnold e a Thirst di Park Chan-wook.
Premio per il miglior attore a Christoph Waltz per Inglourious Basterds di Quentin Tarantino.
Premio per la migliore attrice a Charlotte Gainsbourg per Antichrist di Lars von Trier.
Premio Eccezionale della giuria e Premio speciale alla carriera a Alain Resnais per Les herbes folles. a Alain Resnais.
Premio per la Sceneggiatura a Spring Fever di Ye Lou.
Camera d’Or a Samson and Dalilah di Warwick Thornton.
Premio Un Certain Regard a Kynodontas di Yorgos Lanthimos.
Grand Prix Semaine de la Critique a Adieu Gary di Nassim Amaouche.
Premio Art Cinema Award e il premio SACD della Quinzaine des Réalisateurs
a J’ai tué ma mère di Xavier Dolan
Premio Label Europa Cinemas della Quinzaine des Réalisateurs a La pivellina di Tizza Covi e Rainer Frimmel
Premi Fipresci
a Il nastro bianco di Michael Haneke, a Politist, adjectiv di Corneliu Poromboiu e ad Amreeka di Cherien Dabis.

Link: www.festival-cannes.org

 

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