TORINO FILM FESTIVAL - 27ª EDIZIONE
(13 – 21 novembre 2009)

Giunto alla 27° edizione e diretto per il primo anno da Gianni Amelio, il TORINO FILM FESTIVAL continua nel solco della tradizione il suo percorso di scoperta e riflessione critica sul cinema contemporaneo, i suoi linguaggi, i suoi autori. A muovere le scelte dei curatori è quindi ancora una volta la volontà di promuovere il "nuovo" senza perdere di vista la ricerca e l’approfondimento critico sulle tendenze e gli autori più innovativi del "passato". Ad aprire la 27° edizione del TORINO FILM FESTIVAL sarà, il 13 novembre, nella prestigiosa sede del Teatro Regio, l’anteprima internazionale di Nowhere Boy, primo lungometraggio della regista inglese Sam Taylor Wood, incentrato sugli anni giovanili di John Lennon e tratto dal libro Imagine This: Growing Up With My Brother John Lennon, scritto da Julia Baird, sorellastra di John. Nel 2010, tra l’altro, ricorrerà il trentennale della morte dell’artista inglese. Lennon, quindicenne, è diviso tra l’amore per la zia tradizionalista, che l’ha cresciuto, e la madre, appassionata di rock, che ha appena ritrovato; confuso, si rifugia nella musica, insieme all’amico Paul McCartney. Più una dichiarazione d’amore che una semplice biografia, Nowhere Boy non si limita a raccontare l’adolescenza di Lennon, ma riesce anche a trasporre sullo schermo la ricchezza di suggestioni che in quegli anni ne hanno alimentato il genio. Il tutto accompagnato da un uso sapiente della musica dell’epoca e del repertorio degli esordi di Lennon e McCartney. Tra le novità volute dal neodirettore Gianni Amelio un nuovo riconoscimento speciale, il GRAN PREMIO TORINO, che intende omaggiare quei registi che, dall’emergere delle nouvelles vagues degli anni ‘60 in poi, hanno contribuito al rinnovamento del linguaggio cinematografico. Il premio sarà assegnato nel corso della serata di chiusura del Festival a Emir Kusturica, per la qualità inventiva dei suoi film e l’assoluta originalità dello stile. Il premio sarà inoltre attribuito quest’anno anche a una società, l’American Zoetrope di Francis Ford Coppola, per il contributo al rinnovamento dell’industria cinematografica negli Stati Uniti e il prezioso ruolo di congiunzione tra cinema classico e cinema del futuro. Francis Ford Coppola sarà presente a Torino per ritirare il premio alla sua società e per l’anteprima italiana del suo ultimo film Tetro, distribuito da BIM. In omaggio ai due registi è inoltre prevista la proiezione di Rumblefish, preceduta da quella di Scarpette rosse di Powell e Pressburger, introdotte da Francis Ford Coppola e della versione di 6 ore, inedita in Italia, di Underground introdotta da Emir Kusturica.

Ulteriore novità di questa edizione è il PREMIO CULT. IL CINEMA DELLA REALTÀ. Promosso dal canale satellitare Cult del gruppo Fox Channels Italy in collaborazione con il TORINO FILM FESTIVAL, un premio per il miglior documentario internazionale, con l’obiettivo di portare all’attenzione del grande pubblico il documentario, individuato come una delle forme più attuali di cinema del reale. Il concorso è riservato a 14 lungometraggi documentari di recente produzione e inediti in Italia, in sala e in televisione, presenti in tutte le sezioni competitive e non competitive del festival, ad eccezione dello specifico concorso ITALIANA.DOC.

Nel 2009, sono stati premiati Oil City Confidential (UK) (Miglior documentario internazionale), terzo capitolo (dopo Sex Pistols: Oscenità e furore) della trilogia che Julien Temple ha dedicato alla cultura musicale inglese degli anni Settanta, e 45365 (USA) di Bill e Turner Ross (Menzione speciale).

Ricchissimo, come sempre, il programma del TORINO FILM FESTIVAL 2009 prevede la proiezione di circa 220 film suddivisi nelle varie sezioni.

TORINO 27 - CONCORSO INTERNAZIONALE LUNGOMETRAGGI. La principale sezione competitiva del festival è riservata ad autori alla prima, seconda o terza opera e proporrà una quindicina di film di nuova produzione, inediti in Italia. Come sempre incentrato sul cinema "giovane", il festival si rivolge principalmente alla ricerca e alla scoperta di talenti innovativi, che esprimono le migliori tendenze contemporanee del cinema indipendente internazionale, senza preclusioni di generi e linguaggi, aperta perciò anche ai documentari.

Nel 2009, La bocca del lupo di Pietro Marcello ha vinto come Miglior film: la giuria, presieduta dallo sceneggiatore Sandro Petraglia (e composta da Anna Biller, Rui Nogueira, Maya Sansa e Gyorgy Szomjas) per la prima volta nella storia del festival ha premiato un italiano, e nella motivazione del Fipresci si legge "è fiera di presentare il proprio premio ad un film sulla vita ai margini economici e sociali, a metà fra il documentario e la finzione cinematografica, fra il reportage e il melodramma. Oltre a raccontare quella che è senza dubbio la più grande storia d'amore del festival, questo film poetico, che contrappone immagini d'archivio a immagini girate oggi nella città di Genova, è anche un invito a riflettere sul rapporto che esiste fra Storia pubblica e storia privata".

 

 

 

Crackie di Sherry White (Canada) e Guy and Madeleine on a Park Bench di Damien Chazelle (USA) hanno ottenuto ex aequo il Premio speciale della giuria, Catalina Saavedra in La nana di Sebastián Silva (Cile) il Premio per la migliore attrice, Robert Duvall e Bill Murray il Premio per il miglior attore per le loro interpretazioni in Get Low di Aaron Schneider (USA). Medalia de onoare di Calin Netzer ha vinto il Premio del pubblico "Achille Valdata" e il Premio Invito alla Scuola Holden per la migliore sceneggiatura ad opera di Tudor Voican, "per la rappresentazione amara della tragedia di un buon uomo ridicolo, che vive una vecchiaia triste nella speranza di una redenzione impossibile".

FESTA MOBILE. Festa mobile è un viaggio, che intende proporre al pubblico del festival, attraverso i film più interessanti del 2009, le mode nascenti e le anteprime più curiose, le novità più stimolanti e i lavori recenti di quegli autori che sono stati importanti per la storia del festival e per la storia del cinema indipendente in generale.

Tra gli altri, nel 2009 sono stati presentati in questa sezione Fantastic Mr. Fox di Wes Anderson, Nowhere Boy di Sam Taylor Wood, Le Donk & Scor-Zay-Zee di Shane Meadows, No ma fille, tu n’iras pas danser di Christophe Honoré, Pontypool di Bruce McDonald, Le Refuge di François Ozon, Welcome di Philippe Lioret, Neil Young Trunk Show di Jonathan Demme, The Shock Doctrine di Mat Whitecross e Michael Winterbottom, O’er the Land di Deborah Stratman, Carne viva di Jean-Charles Hue, Maniquerville di Pierre Creton.

RAPPORTO CONFIDENZIALE. La sezione Rapporto confidenziale è stata dedicata ad un giovane regista danese che in una decina d’anni è diventato argomento di dedizione clandestina. Nicolas Winding Refn si divide tra Copenaghen, Danimarca, dove è nato nel 1970, e New York, dove passa l’adolescenza e dove frequenta la American Academy of Dramatic Arts. Lo espellono e torna in patria, supera l’esame di ammissione alla Danske Filmskole ma non la frequenta perché nel frattempo riceve una proposta alla quale si può solo accettare: un produttore vede il cortometraggio d’esordio su un canale televisivo neanche tanto importante e gli propone di trasformarlo in un lungometraggio dal buon stanziamento. L’esordio nel lungometraggio a ventisei anni è incredibilmente un grande successo di pubblico e di critica e si chiama Pusher. Lo spacciatore in questione fa coppia con un suo compare. Comprano roba, la vendono, la rivendono, hanno debiti, hanno crediti. Nell’ambiente girano pistole, fucili, accordi. E pericolo. Vivono pericolosamente e si ha sempre l’impressione che verranno sparati da un momento all’altro. Hanno pure una vita affettiva, con fidanzate che vedono sporadicamente, talmente sono occupati con lo spaccio. O presi dalla polizia. Con una colonna sonora molto ritmata, il regista descrive un ambiente dove sono tutti amici, fino alla prossima volta. Cadenzato secondo i giorni di una settimana, il film ha una tensione in crescendo ed è sempre più violento, spostando infine l’attenzione su uno solo dei due, al quale fa mancare i soldi, fa ricevere fregature e lo porta ad un finale dalla sfortuna più totale per un vicolo cieco senza apparente uscita. Con Bleeder sposta il tiro in maniera più sperimentale per un umbratile resoconto di estraniazione e mortificazione, col protagonista che reagisce in modo autodistruttivo alla notizia che la fidanzata è rimasta incinta. Presenta il film alla Mostra del cinema di Venezia nel 1999 e prende quindi lo slancio per sbilanciarsi in una produzione americana. Fear X è interpretato da uno frastornato John Turturro che lavora come guardia giurata e che deve scoprire da solo chi ha assassinato la moglie proprio nel suo centro commerciale. Il film appare oltretutto lontano dal corpo principale delle opere del regista, che presenta lo sviluppo delle indagini in maniera sopita e senza gli accenti ritmici dei film che più lo caratterizzano, oltretutto concludendo con il protagonista che finisce cornuto e mazziato per aver voluto provare a scontrarsi con una realtà più grande di lui e con il killer riconosciuto ma non punito. La pellicola viene presentata in anteprima al Sundance Film Festival nel 2003 ma l’incubo con atmosfere misteriose in debito con David Lynch non basta ad evitargli il disastro finanziario. Dichiara bancarotta per 5,5 milioni di corone danesi e per ritornare in attivo economico tra il 2004 e il 2005 dirige Pusher II e Pusher III, sviluppando i personaggi secondari del suo primo successo, sempre all’insegna di losers che cercano disperatamente di sfuggire ad una violenza nervosa e che sembra non riescano a scrollarsi di dosso. Con Bronson del 2009 dirige per la prima volta su commissione fornendo comunque ancora una volta un segno di regia riconoscibile e rendendo claustrofobica la prigione come mai c’era riuscito nessuno. Il film riguarda il prigioniero più violento e famoso del Regno Unito. E’ basato su una storia vera, trascorsa 34 anni in prigione, dei quali 30 in isolamento, riguardante tale Michael Peterson. Charlie Bronson è il suo nome d’arte, alter ego e nome simbolo di violenze senza compromessi, disposto a farsi picchiare da sei guardie carcerarie alla volta, pur di menarne un paio. Anche il trasferimento in manicomio non è foriero di bellezze, tramortendolo con una terapia farmaceutica d’urto. Torna libero e passa ai combattimenti clandestini, magari anche contro due avversari alla volta. Il film è percorso da una vena sarcastica e malinconica per l’uomo senza ambizioni e senza un futuro che non sia fuori dalla prigione. Del resto al personaggio piace troppo la rissa coi secondini per stare alla larga dal sole a scacchi, insomma è un puro nelle sue azioni nichilistiche. Non si tratta nel modo più assoluto di una biografia, quanto piuttosto un tributo grottesco all’Arancia Meccanica di Stanley Kubrick, dove lo spettatore viene preso per il bavero e ritorto come un guanto, altro che commedia leggera made in Hollywood! Infine Valhalla Rising, saga vichinga con soldi inglesi e danesi su un guerriero con un occhio solo, cattivissimo, arrabbiatissimo, odio allo stato puro, tenuto prigioniero con due bastoni al collo, tipo taciturno. Tra montagne di un verde rigoglioso, scene di un rosso acceso e puro, dove regnano paure ancestrali, discorsi di bisogni primari, clan in lotta, cristiani contro politeisti per andare a fare le crociate in Terra Santa. Anche al guerriero One-Eye offrono fama e gloria a Gerusalemme. Con gli altri uomini timorati finisce quindi sulla barca benedetta, presto impantanata in una nebbia fittissima, ormai nave immobile come i suoi passeggeri senza acqua e senza viveri. Sul bordo del fiume il nemico è invisibile e gli uomini finiscono implacabilmente decimati. Il film inizialmente doveva essere un prodotto fantascientifico ambientato nel passato e vagamente ricorda La guerra del fuoco, con il protagonista che gli basta un’ascia per mietere vite e che si muove come un samurai silenzioso e guercio, smettendo di essere invincibile soltanto dopo aver deciso di sacrificare la propria vita, con il colore rosso che gli ricorda il sangue delle battaglie. Molte sono le scene al rallentatore, in un racconto dal tempo dilatato e infinito e dallo spazio saturo di tinte fosche, nebbia e paesaggi allucinati. (Maurizio Ferrari)

ITALIANA.DOC. Un concorso di lungometraggi documentari italiani inediti, realizzati in pellicola o in video. Una sezione della quale il TFF va particolarmente fiero: infatti, in questi anni, il festival ha contribuito a far conoscere una nuova ondata di cineasti e ad avvicinare la nostra produzione agli standard raggiunti in altri paesi.

Nel 2009 i vincitori sono stati Valentina Postika in attesa di partire di Caterina Carone (Miglior documentario), Corde di Marcello Sannino e The Cambodian Room - Situations with Antoine D’Agata di Tommaso Lusena e Giuseppe Schillaci (Premio speciale della giuria, ex aequo).

FIGLI E AMANTI. Una nuova "sezione" fortemente voluta dal neodirettore Gianni Amelio: a sei importanti registi italiani, che rappresentano generazioni, tendenze, linee espressive e tematiche diverse, viene chiesto di scegliere un film del passato che è stato fondamentale per la nascita della loro ispirazione e della loro voglia di diventare cineasti. Dopo la proiezione del film scelto, ognuno di loro racconterà al pubblico del festival il legame che ha con questa opera e con il suo autore.

ITALIANA CORTI. Il cortometraggio ha lingua, tempi e ritmi assolutamente autonomi, per questo il TFF ha deciso di riservargli uno spazio competitivo specifico, all’interno del quale verranno selezionati i migliori esemplari della produzione italiana recente e inedita.

Nel 2009 sono stati premiati Notturno stenopeico di Carlo Michele Schirinzi (Miglior cortometraggio) e Riviera91 di Gabriele di Munzio (Premio speciale della giuria).

SPAZIO TORINO. Il concorso presenta i migliori cortometraggi realizzati da cineasti nati o residenti in Piemonte, un’area geografica da sempre caratterizzata da un’intensa attività cinematografica.

Nel 2009, è stato premiato Ali di cera di Hedy Krissane.

ONDE. Si propone come il punto di incontro privilegiato tra prove d'autore, tendenze di ricerca, esplorazioni di linguaggi, formati, modalità espressive, per orientarsi tra arditi sperimentalismi e pulsioni narrative, percorsi di autori consolidati e giovani filmmaker in cerca della propria identità.

Anche quest’anno il TORINO FILM FESTIVAL propone due importanti retrospettive rispettivamente a Nagisa Oshima e Nicholas Ray:

RACCONTI CRUDELI DELLA GIOVINEZZA: IL CINEMA DI NAGISA OSHIMA. La retrospettiva dedicata a Nagisa Oshima comprende tutti i suoi lungometraggi e un’ampia selezione delle sue regie televisive, dai telefilm e i documentari degli anni ‘60 e ‘70 (come Un esercito imperiale dimenticato, Un piccolo viaggio avventuroso, La vita di Mao) alla sua recente storia del cinema giapponese (Nagisa Oshima 100 Years of Japanese Cinema). Oshima, maestro rigoroso e inquietante della "nouvelle vague" giapponese, all’inizio degli anni ‘70 aveva già firmato diciannove film. È stato il regista della giovinezza, del tormento, della protesta, il poeta politico severo che ha raccontato i movimenti studenteschi degli anni ‘60, le contraddizioni della società giapponese, temi della modernità quali il sesso, il delitto, la fantasia, la politica. Oshima ha assimilato e superato la lezione del cinema classico giapponese, fino al capolavoro del 1972, La cerimonia. Divenne celebre in Europa con un film il cui radicale erotismo fece "scandalo" (Ecco l’impero dei sensi, 1977), ed è stato grazie al suo distributore francese che ha potuto dirigere i suoi film più recenti, Furyo (1983, con David Bowie e Ryüichi Sakamoto) e Max, mon amour (1986, con Charlotte Rampling). Il suo ultimo lungometraggio, del 1999, è Gohatto, con Takeshi "Beat" Kitano. Charlotte Rampling sarà a Torino in occasione della proiezione di Max Mon amour. A cura di Stefano Francia di Celle.

NICHOLAS RAY: UN RIBELLE SENZA CAUSA. Nicholas Ray: un autore fondamentale nel passaggio dal cinema classico alla Hollywood del disincanto. Verranno presentati tutti i film diretti da Ray, dal 1946 al 1973, l’anno di We Can’t Go Home Again, realizzato con gli allievi del college dove insegnava cinema. Inoltre, insieme a Nick’s Movie (firmato con il regista-discepolo Wim Wenders), verrà presentata una selezione dei film che Ray ha sceneggiato e interpretato. Nicholas Ray era colto, politicizzato, appassionato di teatro, letteratura e musica popolare, aveva studiato architettura con Frank Lloyd Wright ed era amico di Elia Kazan e di Joseph Losey. Come loro, raccontava un’America dilaniata dalle contraddizioni, percorsa da giovani in cerca di identità (da Gioventù bruciata a La donna del bandito), da donne capaci di combattere per un’idea morale (dalla sua prima moglie Gloria Grahame, alla Crawford di Johnny Guitar alla Cyd Charisse di Il dominatore di Chicago), da fuggiaschi, pazzi idealisti, perdenti. Innamorato dei generi, del cinemascope e del technicolor, Ray con i suoi gangster film, i suoi western, i suoi drammi familiari cominciò a corrodere i miti creati dal cinema americano precedente e a raccontare un’America sottosopra, barbara e decadente. A cura di Emanuela Martini.

TORINO FILM FESTIVAL:
PROIEZIONI
:
Ambrosio Cinecafè c.so Vittorio Emanuele II, 52
Multisala Greenwich Village via Po, 30
Multisala Cinema Massimo via Verdi, 18
Cinema Nazionale via Pomba, 7
Link: www.torinofilmfest.org.

 

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