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CANNES 2001 – 54ª edizione

9 – 20 maggio 2001

Questa edizione è stata caratterizzata da molti film d’autore che però trovano una distributiva a volte difficile e il ritorno in grande stile del cinema americano con diverse ottime produzioni, molti film "da festival" e meno film dall’estremo oriente. Lasciati i panni di delegato generale fino alla precedente edizione, Gilles Jacob vigilava in forma di presidente sulla cinquantaquattresima edizione del festival di Cannes, dal mercoledì 9 a domenica 20 maggio, all’insegna della trasmissione, della continuità e dell’indipendenza e con molta voglia di seguire i mutamenti del cinema mondiale. Presupposti e temi dominanti dovevano essere il dolore, famiglia, solitudine, pazzia e ricostruzione di se stessi, guerra e malinconia. Liv Ullmann, già giurata nel 1978, andava a sostituire Jodie Foster alla presidenza d’una giuria composta essenzialmente da gente di cinema, con attrici, registi (tra gli altri le mesdames Charlotte Gainsbourg e Julia Ormond e i messieurs Terry Gilliam, Mimmo Calopresti, Philippe Labro, Mathieu Kassovitz e Edward Yang) e un solo scrittore. La retrospettiva principale era incentrata sull’Età d’Oro della Commedia Americana, che combina una decisa impronta di sconvolgimento col buon gusto, con l’apertura affidata a "Monsieur Verdoux" di Charlie Chaplin. Altro tributo è stato per il nostro Vittorio De Sica, nel centenario della sua nascita, e del quale sono stati presentati "Miracolo a Milano" e "Ladri di biciclette".

I film del concorso erano diretti da una raffica di nomi importantissimi come De Oliveira, Hou Hsiao Hsien, Godard, Imamura, Sokurov, Olmi, i fratelli Coen, Moretti, arrivavano poi le ratifiche di Penn e Luhrmann, a seguire l’offerta di giovani proposte da ogni angolo del globo con un aiuto al cinema asiatico, segnatamente con tre giapponesi a concorrere per la Palma d’Oro per un totale di 22 film da 11 diversi paesi. Nella massa del grande ritorno degli americani c’era il film fuori concorso della cerimonia di apertura Moulin Rouge di Baz Luhrmann, inno alla verità, bellezza e libertà ma soprattutto dell’amore sullo sfondo del famoso teatro dove, all’inizio del 1900, una splendida bellissima Nicole Kidman interpreta la stella dell’omonimo cabaret nonché la più celebre cortigiana di Parigi con contorno di can-can e altre musiche per un superspettacolo che riconcilia col cinema. Dal concorso il Viaggio a Kandahar di Mohsen Makhmalbaf era un piccolo immaginifico film che si scontrava con la povera realtà di donne seppellite nel burka e di bambini pesantemente indottrinati visti attraverso gli occhi di una giornalista canadese che attraversa l’Afghanistan: destinato a una circuitazione di basso profilo d’essai è diventato un best seller dopo l’attacco alle Torri Gemelle. Bella carriera in giro per successivi festival anche per No man’s land di Danis Tanovic, portatore di un messaggio pacifista e senza retorica dall’interno di una trincea dove un serbo e un croato mettono in evidenza la stupidità della guerra cercando di evitare il fuoco incrociato dei rispettivi compagni e le fregole dei giornalisti televisivi, portando a casa la Palma per la miglior sceneggiatura. Taurus di Alexandr Sokurov racconta degli ultimi giorni di Lenin, ormai malato nel 1924 e nato sotto il segno, appunto, del toro. In Russia ha suscitato molte polemiche ed è comprensibile, visto che presenta un povero vecchio acciaccato all’inseguimento di nebulosi ricordi Mulholland Drive di David Lynch, segue il destino d’una apprendista attrice a Hollywood che, a seguito di un incidente stradale, deve farsi sostituire dalla sua migliore amica, con una corposa narrazione che va nel finale a perdersi in storie incrociate difficilmene seguibili. Shrek di Andrew Adamson e Victoria Jenson è un film di animazione, messo in competizione dopo anni di oblio del cartone animato, con un simpaticissimo orco verde che cerca una compagna, e infine trova la Principessa Fiona, bella di giorno e orribile grassona di notte. Roberto Succo di Céderic Kahn prende spunto dall’omonimo personaggio (interpretato da Stefano Casseti) morto a 26 anni in una prigione italiana nel 1988 e non ha ancora trovato una distribuzione per l’Italia, nonostante il tema forte del serial killer e della narrazione convincente. The Pledge-la promessa è la terza regia noir di Sean Penn ricavata dal romanzo di Friedrich Dürrenmatt. Un détective interpretato da Jack Nicholson indaga sulla morte di un bambino. Nel cast anche Benicio Del Toro, Helen Mirren, Mickey Rourke e Sam Shepard. In America non ha avuto il successo sperato eppure la storia è avvincente e l’impianto registico è ottimo, ma più di tutto è l’interpretazione controllata di Nicholson a incantare. La répétition-Replay di un amore di Catherine Corsini segue le due amiche Emmanuelle Béart e Pascale Bussières che si ritrovano dopo diversi anni di lontananza e subito nasce la gelosia, visto che una è riuscita a far l’attrice di teatro e l’altra comincia ad avvicinarla, ma poco serve cercare di contrastare un passato che le aveva solo lasciato la speranza del calcare le scene. Da una sceneggiatura piuttosto contorta nasce una regia piuttosto rallentata ed il risultato finale lascia insoddisfatti. L’uomo che non c’era di Joel Coen vede Frances Mc Dormand calata nel ruolo di una moglie, ma c’è anche un amante e un morto. L’interprete maschile è Billy Bob Thornton, abile come barbiere, cantante ma anche assassino e infine vedovo che viene condannato per un delitto non commesso. Un noir in bianco e nero ottimamente realizzato, sulla falsariga de "Il postino suona sempre due volte". La pianista di Michael Haneke riprende parecchie delle ossessioni del regista, impegnato a scrutare nelle passioni sessuali nascoste di una apparentemente irreprensibile insegnante di pianoforte, in un film per spettatori dallo stomaco forte e capaci di reggere un crescendo vorticoso di perversioni e automutilazioni psicofisiche.

Il 16 maggio, un simposio internazionale sul tema della trasmissione di passione e amore per il cinema ha unito registi e critici: al termine della giornata, Martin Scorsese ha presentato il suo film sulla storia del cinema italiano Il mio viaggio in Italia, esemplificato da alcuni dei più grandi film e registi e da una autobiografia.

Un certain regard. Quella che viene considerata la Selezione Ufficiale non competitiva è stata inaugurata da Abel Ferrara con R-Xmas-Il nostro natale, un film su una coppia di latini immigrati a New York, dediti allo spaccio e col marito successivamente vittima di un rapimento e la mogli che lascia riaffiorare tutto il suo carattere forte; opera minore del nostro ma con tutti i temi del nostro bene in evidenza. La chiusura è stata affidata a Francesca Comencini con Le parole di mio padre, liberamente tratto da un paio di episodi de "La coscienza di Zeno", dove si rielabora la morte del padre di Giovanni Malfenti in un film maturo e di discreto approfondimento psicologico. Storytelling di Todd Solondz ha la provocazione di due storie ambientate in ambito universitario dove la celebrità si confonde col sesso e con i gruppi razziali. A completare il quadro The Anniversary party di (e con) Jennifer Jason Leigh e Alan Cumming, dove una sera per una festa per il sesto anniversario di matrimonio una coppia invita qualcuno della cerchia degli amici: Gwyneth Paltrow, Kevin Kline, Phœbe Cates, Jennifer Beals, Lisa Kudrow e Parker Posey fanno a gara per sviscerare ogni minimo difetto del matrimonio, degli anni passati e degli amici, compresi gli assenti.

La Quinzaine des Réalisateurs. Un paio di film italiani andavano ad arricchire questa già ricca sezione con Operai e contadini di Danièle Huillet e Jean-Marie Straub all’indomani della Seconda Guerra Mondiale con un gruppo che costituisce una comunità primitiva per contrastare fame e violenza, ma soprattutto I nostri anni di Daniele Gaglianone, un bellissimo film in bianco e nero sulla Resistenza mescolata al nostro vivere attuale. Il cambio della direzione di questa sezione è stato all’insegna dei nuovi autori e delle opere prime: da seguire l’esordio nella regia di Ethan Hawke con Chelsea Walls, pareti di un hotel che videro nomi prestigiosi, da Mark Twain a Jimi Hendrix; l’apertura con Martha, Martha di Sandrine Veysset e la chiusura con Queenie in Love di Amos Kollek, quello di "Fast Food, Fast Women", alle prese con una ventiquattrenne che preferisce i problemi dell’East Village alla lussuosa dimora paterna di Westchester. Uno dei film piùincisivi di questa sezione è stato il belga Pauline & Paulette di Lieven Debrauwer su tre vecchie sorelle che devono badare alla quarta che ragiona come una bambina, indagando sui sentimenti e sulla solitudine .

La semaine de la critique, che quest’anno festeggiava la quarantesima edizione, si segnalava per la partecipazione dell’italianissimo Almost Blue di Alex Infascelli nel suo lungometraggio d’esordio che segue le orme del genere giallo ed è ambientato a Bologna con un serial killer tallonato dalla polizia. Destinato a far discutere sopra ogni altro è stato Le pornographe di Bertrand Bonello con Jean-Pierre Lèaud, l’icona di Truffaut, nella parte di un vecchio regista di film hard core che aveva scelto quel genere come risposta politica al perbenismo e che ora è ritornato a dirigere solo per pagare i debiti. Se l’anno precedente ci si era da più parti lamentati per la mancanza di pellicole italiane di rilievo, questa volta è andata più che bene, infatti Nanni Moretti s’è portato a casa la Palma d’oro per il miglior film con La stanza del figlio. Per il resto a parte i nomi dei registi, la manifestazione si è confermata luogo principe del cinema, facendo inaugurare la kermesse da Nicole Kidman dal suo film d’apertura e proseguendo con il consueto andirivieni di star e pubblico.

La stanza del figlio

Link: www.festival-cannes.org

PALMARES

Palma d’oro: La stanza del figlio di Nanni Moretti

Gran premio della giuria: La pianista di Michael Haneke

Miglior regia ex aequo: L’uomo che non c’era di Joel Coen e Mulholland Drive di David Lynch

Miglior attrice: Isabelle Hupper per La pianista

Miglior attore: Benoit Magimel per La pianista

Camera d’or: Atanarjuat – The fast runner di Zacharias Kunuk

Miglior sceneggiatura: No man’s land di Danis Tanovic

Premio speciale: Daddy’s girl di Irvin Allen

Contributo tecnico: Tu Duu-Chih per Millennium mambo di Hou Hsiao-Hsien e Et là-bas quelle heure est-il? di Tsai Ming-liang

Palma d’oro corto: Bean Cake di David Greenspan

Premio alla carriera: Melanie Griffith

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