-

Festival Internazionale di Cannes 1998

51° FESTIVAL DI CANNES

13 - 24 maggio 1998

 

Stando a Cannes si ha l’impressione di stare al centro della civiltà, basta respirare l’atmosfera del festival per capire di essere un passeggero sul treno del cinema mondiale. Questa è stata un’edizione dalle molte attrattive, sia per gli amanti dei generi più classici sia per chi vuole essere stimolato da nuovi linguaggi, per chi vuole essere riconfermato nelle proprie convinzioni o per chi vuole provare nuove emozioni. Si è così aperta una finestra sulla gente di strada, la famiglia, il quotidiano, tutto naturalmente all’insegna dello spettacolo.

Nel concorso la pupilla esplode con Fear and loathing in Las Vegas di Terry Gilliam, lungo elenco di tutti i modi per impasticcarsi sotto la guida di Johnny Depp nell’autostrada degli eccessi negli anni ‘70. Ne La classe de niege Claude Miller si pone inquietantemente sulla sottile linea che divide la realtà di uno studente dai suoi sogni apparentemente concreti. Festen di Thomas Vinterberg e Idioterne di Lars von Trier sono due realizzazioni della serie "Dogma", il primo su una famiglia che durante un festeggiamento in grande stile si disgrega sotto i colpi del padre incestuoso e il secondo su una comunità di citrulli che sono idioti solo quando vogliono loro.

La giuria capitanata da Martin Scorsese non si è molto scostata da una certa prevedibilità nell’assegnazione dei premi, stabilendo che L’eternità e un giorno di Theo Angelopoulos era degno d'essere considerato il miglior film, e in ogni caso ne rispetta la classicità, nobiltà e severità di una storia non fra le sue più importanti sebbene di sicuro fascino. Il premio assegnato a Roberto Benigni gli ha dato di fatto il riconoscimento più alto e l’ha proclamato trionfatore del festival, bravo a non urtare sensibilità e a stare lontano dalle note stonate. Puntuale il premio per le due interpreti del film di Eric Zonka La vie rêvée des anges, su una marginalità vissuta senza troppi problemi, e parimenti a quello di My name is Joe, abile nel disegnare una figura pienamente riconoscibile nel piccolo mondo periferico dei film di Ken Loach, in precario equilibrio fra piccoli lavoretti e la bottiglia. Apparentemente John Boorman è stato il miglior regista, secondo la definizione della giuria, che gli ha visto qualità di direzione ineccepibile, e contento deve considerarsi anche Hal Hartley, indipendente americano artefice di un film grazioso e poco più.

UN CERTAIN REGARD

La selezione ufficiale fuori concorso di "un certain regard" è un appuntamento diventato ormai irrinunciabile per tenere d’occhio la produzione di film che una volta avremmo tranquillamente etichettato "d’essai". In parte prodotto dalla Francia, Tueur à gages / Killer del kazako Darejan Omirbaev getta uno sguardo triste e inquietante sulla vita di un povero usurato che per ripianare i propri debiti deve trasformarsi in killer, salvo poi venire eliminato dal nuovo ricco locale, suo creditore e mafioso senza pietà. Stanley Tucci riconferma la sua vis comica in The impostors, sorta di imbarco clandestino alla Marx Bros. per due attori ingiustamente accusati di omicidio. Un incidente di percorso va invece considerato il deludente El evangelio de las maravillas di Arturo Ripstein, da noi conosciuto per Profundo Carmesi e autore messicano di viscerale drammaticità, qui alle prese con una storia di comunità religiosa capitanata da uno strampalato e poco convincente Francisco Rabal presente solo per motivi di pagnotta. Non convince nemmeno All the little animals dell’inglese Jeremy Thomas, produttore di Bertolucci e Cronenberg, qui alla sua opera prima ambientata nella natura incontaminata per un racconto arrangiato di orfani, patrigni e morte. L’olandese Alex van Warmerdam, dopo il successo de Il vestito, con Little Tony passa alla commedia nera di ambito contadino, con la maestrina, lui il bifolco e lei la moglie fautrice di un piano diabolico. E’ un film strutturalmente perfetto, di grande coinvolgimento e di alta credibilità. Teresa Villaverde con Os mutantes stravolge la realtà portoghese con una razza nuova di ragazze e ragazzi tenuti sotto controllo perché potrebbero fare o farsi male. In questa sezione è stato collocato anche il Teatro di guerra di Mario Martone, tormentata vicenda di un gruppo di teatranti, del loro mondo e accennato di quello di una dei tanti scenari infelici del dopoguerra jugoslavo.

QUINZAINE DES REALIZATEURS

Parallela al festival corre la "quindicina dei realizzatori", dal numero dei film presentati. Giunta alla trentesima edizione, riconferma la sua vocazione di considerare tutti i film come appartenenti alla stessa repubblica del cinema, indipendentemente dai nomi impegnati e dai soldi investiti. La serata d’apertura ha presentato La parola amore esiste di Mimmo Calopresti, tributo all’amore e dimostrazione che basta crederci e prima o poi quello arriva. Quello che più ricorda lo stile di Altman, per le storie parallele che si ricongiungono solo nel finale, è stato Happyness di Todd Slondoz, indipendente americano impegnato con una famiglia dalle tre figlie attratte in modo strano dal sesso e con la scoperta che in New Jersey c’è del marcio (pedofilo). Le nain rouge di Yvan Le Moine descrive appunto di uno che la natura non ha fatto crescere, da dipendente scrupoloso ma dedito a sollazzare Anita Ekberg a clown nel circo alla ricerca di un impiego più gratificante. Tutta la bile e la collera che viene versata dall’insoddisfatto rende il fascino del ripugnante. Mostri anche, e quanti!, in Pro ourodov i lioudiei (Di mostri e uomini) di Alexeï Balabanov. L’autore è lo stesso di quel famoso (per chi frequenta minimamente i festival) Brat, film tra i più visti in Russia. Qui è intento a catalogare in color seppia le perversioni più popolari a San Pietroburgo alla fine del secolo scorso, con la cinepresa che riprende la cieca mentre viene sodomizzata, due fratelli siamesi con uno alcolizzato e l’altro no, e altre amenità dello stesso genere. E’ un catalogo di strazianti patimenti ma anche di profonda umanità, degno di ripetere lo stesso successo del precedente. L’attore del Brat di cui sopra si è ripresentato nei panni di un ambizioso moscovita che cerca di sopravvivere in una Russia che lascia spazio solo agli svelti. Se il cinema riproduce la realtà, questo è un campionario ideale, col giovane armato di videocamera che vuole rivendere filmati unici alle televisioni occidentali e col politico voltafaccia che spera di trarre vantaggio da interviste esclusive. Proveniente dal documentarismo, Mark Levin in Slam descrive le brutali carceri americane attraverso un ragazzo detenuto per possesso illegale di droga e vince il premio Camera d’or per la Miglior Opera Prima. Ma il miglior film della rassegna risulta West Beyrouth del libanese Ziad Doueri, ambientato nel 1975 ai tempi del primo giorno ufficiale della guerra civile libanese; la città divisa in due permette comunque l’amicizia di due ragazzi musulmani con una ragazza cristiana. La gioventù che ignora la tragedia e le pazzie della pubertà sono assai divertenti e non minano la compattezza narrativa del film.

SEMAINE INTERNATIONALE DE LA CRITIQUE

Vengono qui raggruppate le esperienze produttive più belle, avanzate o stupefacenti, con l’intendimento di dare comunque notizia di certe vitalità internazionali, e quanto abbiano la vista lunga i selezionatori di questa sezione lo dimostra il fatto che l’anno scorso avevano messo in programma anche Karacter di Mike van Diem, vincitore poi dell’Oscar come migliore film straniero. A parte De poolse bruid di Karim Traïda, di cui viene dato conto nella nota dal festival di Rotterdam, l’antologia comprendeva altri sei titoli di sicuro interesse. El brazo tonto de la ley è la prima esperienza nel lungometraggio da parte di Santiago Segura, impegnato in una commedia irresistibile che lo vede protagonista come ex-poliziotto, alcolizzato, fanatico dell’Atletico Madrid e in perenne lotta contro la malavita notturna. Una mostra di perversioni sessuali e psicologiche viene esibita dal francese François Ozon in Sitcom, su una famiglia apparentemente molto convenzionale. Il titolo tradisce le intenzioni di commedia, ancorché farneticante, ed è difficile resistere a tutte le provocazioni che il regista colleziona. Memory and desire è la passione amorosa di un giovane giapponese per la giapponesina di altra estrazione sociale da parte della neozelandese Niki Caro. E’ un film di toccante emozione, costruito su una storia semplice ma narrata con tocco magico.

Tra i cortometraggi il più decontratto è stato Loddrett, Vannrett del norvegese Erland Øverby su due vecchi, lui e lei, che abitano in due appartamenti contigui e ripetono gli stessi gesti fino a che la signora pensa che sia giunto il momento di abbandonare le parole crociate per qualcosa di più piccante. Il più schizzato invece è stato Milk di Andrea Arnold con due ragazzi che neanche si conoscono ma trovano subito un’intesa durante una rapina portata alle estreme conseguenze.

CINEMAS EN FRANCE

I motivi ispiratori della Quinzaine des réalizateurs per il prodotto estero sono gli stessi che informano questa sezione per il prodotto interno. Il Cantique de la racaille di Vincent Ravalee ha uno schema macchinoso per i tanti elementi messi in gioco, basta con gli ubriaconi e i piccoli trucchi di riciclaggio e largo agli affari, ai grandi ristoranti e al denaro facile. Poi lui la ama e tutto sembrerebbe filare liscio, finché la paranoia ha il sopravvento. Film capace di tenersi lontano dall’ovvietà e dalla facilità, ha un costrutto pretenzioso e per essere un’opera prima lascia vedere grandi speranze per il futuro. Chacun pour soi di Bruno Bontzolakis è il cantore di quel disagio giovanile ampiamente portato sullo schermo dal cinema francese ma con altri protagonisti, ambienti e modi di rappresentazione. E’ imperniato su due giovani reclute che neanche l’esercito vuole per mancanza di diploma, la paura di ripresentarsi alle rispettive famiglie, un campeggio con due ragazze che gli rovinano l’amicizia e il portafoglio sempre vuoto. Che altro chiedere alla vita? La tragica vicenda viene rappresentata in maniera distaccata, da lontano e quasi con atteggiamento da entomologo si osservano i protagonisti, persone normali che non vengono giudicate. Disparus di Gilles Bourdos si propone di ricordare i tanti militanti anonimi che hanno fatto la Storia, quella ingiusta e senza morale. In un’atmosfera paranoica, divisa tra il 1938 e il 1989, veniamo informati della militanza di un trotzkista tradito dal suo migliore amico, che porterà il suo rimorso fino alla caduta del muro di Berlino: la vicenda, che allude a tanti scheletri nell’armadio, è attraversata da greve tensione, carne e sangue. Laisse un peu d’amour di Zaïda Ghorab-Volta è invece un commosso ritratto ancora una volta di storia marginale, con una madre, sartina licenziata, che riprende finalmente il dialogo con le due figlie, lungamente interrotto dal lavoro. Un racconto intimo, solare, affettuoso e tutto al femminile, regista e protagoniste, dove i rimandi ad una sottostante violenza (fatta di rapporti burocratici e di tentati suicidi) sono più efficaci di quella evidente. Tombale e pazzo a suo modo è infine L’arriere pays di Jacques Nolot, con la famiglia e tutto il paese natale dell’attorucolo che partecipa alla lenta agonia che precede la morte della madre. Tra maldicenze e ricordi, ricompone un periodo della sua vita che credeva di avere definitivamente abbandonato e forse capisce meglio se stesso.

IL MERCATO

L’importanza valore del festival di Cannes sin misura anche sul fronte del mercato, con le 274 anteprime mondiali dei 583 film in 1086 proiezioni disposte su 25 sale. In testa gli americani, che da soli coprono un quinto dell’intero emporio. Tra le proposte più interessanti dall’Olanda arriva Tropic of emerald di Orlow Seunke, ambientato in Indonesia con un coltivatore di gomma e una indoeuropea che si innamorano nel periodo di passaggio a stato indipendente, Siberia di Robert Jan Westdijk su due amici che per si sfidano per una donna, dopo averne passate una carrettata, andando a minare la loro amicizia e Fl 19.99 di Mart Dominicus, come dire £ 20.000 per una notte in un albergo lussuoso dove varie coppie passano la prima notte di nozze in varie situazioni. Jeanne et le garçon formidable di Olivier Ducastel e Jacques Martineau è la storia di una coppia innamorata con doloroso finale annesso per la morte da Aids da parte di lui, con tutti i tragici conflitti che si scatenano in questi casi. Da evitare infine Let’s talk about sex di Troy Beyer su tre donne che vanno in giro ad intervistare altre donne per un talk show incentrato sul sesso. Girato in video, col sonoro pieno di rumori di fondo, è solo un’interminabile chiacchierata senza esito.

Maurizio Ferrari

Link: www.festival-cannes.org

I premiati

Palma d’oro: L’eternità e un giorno di Theo Angelopoulos

Gran premio della giuria: La vita è bella di Roberto Benigni

Miglior attore: Peter Mullian per My name is Joe

Miglior attrice: ex aequo Elodie Bouchez e Nathasha Reigner per La vie rêvée des anges

Premio speciale della giuria: ex aequo a Festen di Thomas Vinterberg e La classe de niege di Claude Miller

Miglior regia: John Boorman per The general

Miglior sceneggiatura: Hal Hartley per Henry Fool

Premio della tecnica: assegnato dal Cst a Vittorio Storaro per la fotografia di Tango di Carlos Saura

Camera d’oro: Slam di Mark Levin

Palma d’oro per il cortometraggio: Intervieù di Xavier Giannoli

home mail

-

-