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LA PALMA IN UNA STANZA

Festival di Cannes 2001

Un cubetto di formaggio grana nelle borse gli accreditati al Marché. Un impensabile escamotage organizzato dalle Film Commisson italiane. All’interno delle manifestazioni legate al Festival International du Film de Cannes, è difficile eludere la presenza sempre più corposa delle Film Commission, omai indispensabili fornitrici di location e altri servizi legati alla realizzazione dei film. Un particolare occhio va rivolto a quella della Liguria, rappresentata da Alessandra Bergero, pioniere nel settore, responsabile (si fa per dire) del blitz del grana. E il grana è il prodotto più servito nei numerosi cocktail, colazioni, cene promosse per il marketing delle pellicole. Poi viene il concorso. Aperto con la proiezione all’insegna della musica e del kitsch di "Moulin Rouge", ha visto la giuria, presieduta da Liv Ullmann, orientarsi via via verso il palmares che era già sulla bocca di tutti. Come si cambia, per non morire. Tutti cambiano, anche Moretti. Nel genere: infatti "La stanza del figlio" lo si può considerare il suo primo film completo. Nel rapportarsi: molto pacato e accondiscendente verso giornalisti, addetti ai lavori e pubblico (a parte la sparata postelettorale che poteva risparmiarci). E sullo sfondo di Insieme a te non ci sto più di Caterina Caselli la Palma d’Oro è andata all’Italia, dopo 23 anni, da quel lontano 1977, quando a vincere fu Ermanno Olmi con "L’albero degli zoccoli", lo stesso Olmi snobbato sulla Croisette, dove ha presentato l’eppur meritevole "Il mestiere delle armi", un preciso e sofisticato spaccato della bassa padana (sapientemente ricostruita altrove), teatro degli ultimi giorni di vita di Giovanni de Medici, meglio conosciuto come Giovanni dalle Bande Nere. Gli altri italiani erano Francesca Archibugi e il suo "Domani", ovvero la difficile sopravvivenza al post terremoto; Alex Infascelli alla Semaine de la Critique col film tratto da Lucarelli "Almost Bue"; Daniele Gaglianone alla Quinzaine des réalisateurs dove è passato in bianco e nero uno squarcio di memoria collettiva sulla resistenza: "I nostri anni"; Cristina Comencini ha rispolverato "La coscienza di Zeno" di Italo Svevo per "Le parole di mio padre", con Chiara Mastroianni. Senza dimenticare Martin Scorsese col bellissimo omaggio "Il mio viaggio in Italia" e "Operai, Contadini", ambientato nell’Italia della ricostruzione post bellica, della collaudata coppia Huillet/Straub.

Ma l’avvenimento è stato la proiezione fuori concorso della versione lunga di "Apocalypse Now". Presentato da Francis Coppola come copia di lavoro nel 1979, vinse la Palma d’Oro e ora è tornato a Cannes con 53 minuti in più. Maggior tempo quindi per il capitano Willard/Martin Sheen da passare con il colonnello Kurtz/Marlon Brando; ulteriori folli esternazioni del colonnello Kilgore/Robert Duvall; naturalmente ancora più tempo passato sul fiume; l’incontro inedito e sensuale tra le playmate incaricate di stimolare le truppe e i nostri navigatori nel Cuore di tenebra; persino uno sforamento in Cambogia, dove incontriamo Aurore Clément. Il tutto accompagnato da The End dei Doors, Satisfaction dei Rolling Stones, La Cavalcata delle Walkyrie di Richard Wagner, Suzie Q dei Flash Cadillac, Love me, and let me love you di Robert Duvall. E sempre fuori concorso, dopo Sofia, un altro rampollo della famiglia Coppola, Roman, ha sfornato il suo bel film, "CQ", interpretato da Franka Potente.

Sono invece Angelo Badalamenti e i lamenti di Rebekah Del Rio ad accompagnare David Lynch, tornato, dopo "Una storia vera" (Premio alla regia), al cinema visionario e delirante, portandosi dietro, per l’occasione, oltre a Badalamenti, diversi personaggi già coinvolti in "Twin Peaks". Abel Ferrara ha dipinto un Natale newyorkese in "R-Xmas", dove una coppia, portoricana lei, dominicano lui, pagano lo scotto del coinvolgimento nel traffico di droga. Ethan Hawke ha debuttato alla regia con "Chelsea Walls" (Quinzaine), interpretato dalla moglie Uma Thurman, così come Jennifer Jason Leigh ha scelto per la sua prima regia, "The Anniversary Party", Parker Posey, Gwyneth Paltrow, Kevin Kline, Jennifer Beals, mentre un altro attore, Sean Penn, ha riunito Jack Nicholson, Benicio Del Toro e Vanessa Redgrave in "The Pledge" dove un ispettore alla soglia della pensione mette in discussione un passato mediocre mentre affronta un caso di stupro ai danni di una bambina. Sempre bravissimi fratelli Coen con "The Man Who Wasn’t There" (altro premio ex-aequo alla regia), un noir in bianco e nero tratto da James M. Cain, girato a Santa Rosa, dove Hitchcock ha girato "L’ombra del dubbio" e dove il protagonista si chiama Crane, come Janet Leigh in "Psyco". Jean -Luc Godard torna con le sue lucide citazioni e il disprezzo verso il declino culturale (soprattutto made in Usa) raccontando l’amore attraverso tre coppie in "Eloge de l’amour". Michel Piccoli è lo straordinario interprete di "Ritorno a casa" del maestro portoghese Manoel De Oliveira, già in programmazione in Italia. Béatrice Dalle e Vincent Gallo "incarnano" invece la coppia maledetta dell’intenso ma truce "Trouble every day" di Claire Denis. E truce è la vicenda (reale) di "Roberto Succo " di Cédric Kahn, l’assassino italiano che, dopo aver ucciso i genitori, è fuggito in Francia dove ha proseguito lungo il suo sentiero omicida. La follia è la componente che attraversa "La pianiste" (Gran Premio della Giuria) di Michael Haneke, che ha fruttato ai due protagonisti, Isabelle Huppert e Benoit Magimel il Premio per la miglior interpretazione. "La bella e la bestia" potrebbe essere il riassunto sbrigativo del film di Hal Hartley prodotto da Coppola "No Such Thing", girato in una fantasmagorica Islanda. E un’altra "bestia" è protagonista di "Human Nature" di Michel Gondry che ci riporta alla mente "La donna scimmia" di Marco Ferreri, con in sottofondo Me and Bobby McGee interpretato da Tim Robbins, Hair Everywhere e Here with You da Patricia Arquette, Fais dodo da Miranda Otto. Un grande Sergio Castellitto è l’interprete di "Va savoir" di Jacques Rivette, un omaggio al teatro italiano e alla recitazione pura, sullo sfondo la ricerca di un manoscritto inedito di Goldoni mentre si rappresenta a Parigi "Come tu mi vuoi" di Pirandello. Dopo gli ultimi giorni di Hitler ecco che Alexandre Sokourov mette in scena l’agonia di Lenin in "Taurus". Per la prima volta in concorso un film d’animazione: "Shrek", la favola dell’Orco buono, la fanciulla e il classico drago, con pezzi interpretati da Eddie Murphy, Herb Albert (Whipped Cream), Antonio Carlos Jobim (Meditation), Joan Jett (Bad reputation), John Cale (Hallelujah di Cohen). Intanto al mercato promuovevano la ragazza virtuale di "Final Fantasy", "Lara Croft" e "Il signore degli anelli" ma, soprattutto "Jazz Seen" di Julian Benedikt, che ripercorre velocemente la vita di prestigiosi personaggi quali Chet Baker, Steve Mcqueen, Marlene Dietrich e Jerry Mulligan, con testimonianze di Bacharach, Frankenheimer, Dennis Hopper, Newton, Taschen, Bailey e molti altri. Il Festival si è chiuso alla grande con le proiezioni di quattro film che sicuramente faranno parlare di loro, "Millenium Mambo" di Hou Hsiao-Hsien, "De l’eau tiède sous un pont rouge" di Shoei Imamura, "Avalon" di Malgorzata Foremniak e "Les ames fortes" di Raul Ruiz.

Da non dimenticare "Kandahar" Di Mohsen Makhmalbaf, "ABC Africa" di Abbas Kiarostami, il deludente "La répétition" di Catherine Corsini, "Made in Usa" o della pena di morte, di Sòlveig Anspach, l’intenso "Et là-bas, quelle heure est-il?" di Tsai Ming-Liang già regista di "The Hole", il Wayne Wang che parla di sesso in "The Center of the World", Jacques Doillon che fa dibattere la figlia (sua e di Jane Birkin) Lou di sesso ed esistenzialismo adolescenziale in "Carrément a l’ouest".

A Cannes, parallelamente c’era il festival del cinema hard, il 10° ’Hot d’Or, con tanto di irruzione della polizia nell’albergo dove avvenivano le proiezioni. A vincere, un italiano, esperto del genere, Mario Salieri, con una hard biografia di Onassis. L’Hot d’Or per la migliore starlette francese è andato a Clara Morgane.

Marcello Moriondo

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