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Festival di Utrecht 1996 sul cinema olandese – Sedicesima edizione

Una delle cinematografie europee più attive, quella olandese, presenta a Utrect tutta la più recente produzione proprio all'inizio della nuova stagione cinematografica in uno specifico festival, il sedicesimo, ad essa dedicato. Siamo quindi andati a verificarne lo stato di salute ed apparso buono, talvolta ottimo. Ricordando il successo ottenuto con ANTONIA di Marleen Gorris, Oscar per il miglior film straniero, lontano dagli schemi hollywoodiani e in generale dalla pochezza del cinema che siamo generalmente abituati a subire, quello che più conta è il contenuto delle storie narrate, che sempre più si avvicina al loro modo di essere. Quasi un nuovo realismo. Anzitutto è stato presentato IL VESTITO di Alex van Warmerdam, visto anche sugli schermi di Venezia e di prossima uscita pure in Italia: è un film altamente consigliato per la mano felice nel narrare la semplice storia di un vestito che passa di mano in mano e pretesto per farci divertire con le vicende comico-assurde del protagonista, lo stesso regista, letteralmente impazzito per questo amore di vestito estivo blu con foglie fantasia e naturalmente per le donne che lo indossano. Anti razzista e percorso da nuove speranze di vita famigliare è UN'ALTRA MAMMA di Paula van der Oest, un viaggio sulla strada dalla Lettonia libera ma povera al paese dove il sogno può diventare realtà per padre e figlio. La giuria ha avuto il coraggio di eleggere quale miglior film una pellicola dedicata ai ragazzi: commovente e coinvolgente, LUNGA VITA ALLA REGINA segna il debutto nel lungometraggio di Esmé Lammers e fa subito centro con una bambina che vede animarsi i pezzi della scacchiera come fosse Alice nel paese delle meraviglie. E l'attenzione verso i minori evidentemente è molto sentita, visto il successo de IL REGNO DEL SOGNO, uno spettacolo per le scuole inferiori stracolmo di ragazzini a seguire incantati le immagini a colori dei film muti di Georges Méliès accompagnate da un attore che le commentava dal vivo. Piazza pulita, miglior regista, miglior attore e miglior attrice, ha fatto BLIND DATE di Theo van Gogh, uno bravo a realizzare buoni film senza esagerare nei costi di produzione. Semplicemente un uomo e una donna che si scontrano e confrontano in mille modi, riflettendo sulla loro lunga unione. Oltre al concorso, il programma si arricchiva di molte altre sezioni, comprensive dei saggi delle scuole di cinema e di un panorama documentario interessante e per niente noioso. Sale piene e talvolta col tutto esaurito hanno testimoniato quanto stimolante e attraente sia il proprio cinema per il popolo olandese, ma forse siamo su un altro pianeta. Una discreta produzione di film a carattere musicale ha avuto la sua massima attenzione con JANNAH - THE NEW LADY IN JAZZ diretto da Hans Hjlkema su Denise Jannah sulla nuova diva del jazz, che l'anno scorso ha segnato un contratto per tre CD con l'etichetta americana Blue Note. Da quel momento la sua carriera musicale è decollata, grazie anche alla voce cristallina e alla pura intonazione che l'avvicina alle esperienze di Ella Fitzgerald, Billie Holiday e Sara Vaughan. Il documentario propone la registrazione del primo disco a New York e varie prove in studio, il tutto arricchito da molti concerti, compreso il North Sea Jazz Festival di The Hague, e abbondante musica di esaltante qualità. Bravo il regista, che in poco meno di un'ora riesce a entusiasmarci sulla carriera di una cantante peraltro in attività da quasi un ventennio. Nata a Paramaribo, Suriname, quaranta anni fa, ricordiamo che nel '91 ha vinto il concorso nazionale per cantanti jazz. Curioso invece DE WINNAARS di Paul Cohen, su quattro vincitori di competizioni internazionali di musica classica: il film non racconta di celebrità ma di quattro persone che poi ritornano a una vita normale. Più musicale è stato SAUDADE di Leender Pot, sulla forma portoghese-brasiliana che esprime sentimenti e nostalgia. E ancora LET ME HAVE IT ALL di Jeroen Berkvens che attraversa l'America alla ricerca di Sly Stone, cantante della leggendaria Sly and the family Stone e TECHNO: SPACE AND FLOW IN THE RADICAL FLAME dove Ian Kerkof si produce in un documentario sperimentale appunto sulla tecno. A coronamento del festival c'è stata una sezione per i compositori di musica da film, alla quale ha partecipato anche il nostro Nicola Piovani.

Maurizio Ferrari

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