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Festival Internazionale di Cannes 1995

Cannes è la terra dove il cinema è un'industria come un'altra e si concludono gli affari e si realizzano i profitti, ma ben si è ricordata che quest'anno c'era da festeggiare il centesimo compleanno della nascita del cinema e così è stato.

Il Festival di Cannes per un paio di settimane diventa il centro del mondo cinematografico a tutti gli effetti, è lì che si coglie nettamente la sensazione che il cinema è una cosa viva, anche se poi la eco dell'avvenimento, come accade un po' per tutti i festival, negli ultimi anni si affievolisce sempre più velocemente.

Questa edizione della manifestazione cannese è stato finalmente uno dei maggiori appuntamenti dei più grandi nomi del cinema o di giovani talenti, mettendo insieme i problemi della quotidianità col gusto della spettacolarizzazione e della creatività, con qualche aggiunta di prestiti dal mondo informatico.

La giuria era presieduta da Jeanne Moreau e ha assegnato la Palma d'oro e il Gran premio della giuria a due film che si occupano della tragedia di Sarajevo. Il massimo riconoscimento è andato a UNDERGROUND del bosniaco Emir Kusturica. La direzione è molto personale e decisa per una commedia che prende il via dalla seconda guerra mondiale per arrivare ai nostri giorni. Dentro a un bunker isolato dal resto del mondo, da cui appunto il titolo, viene riprodotta in piccolo una società e i suoi riferimenti culturali. Man mano il film punta verso una vena drammatica, sempre supportata da una musica di delirante bellezza. Il sottotesto pone diversi piani di lettura, a cominciare dai comunisti messi alla berlina e i caschi blu dell'ONU a far traffico di droga.

Il Gran premio della giuria è stato vinto da Theo Anghelopulos per un film dalla partenza abbastanza noiosa ma che poi si sviluppa magnificamente con lo stesso tema, ma alla ricerca della prima pellicola girata in Jugoslavia. LO SGUARDO DI ULISSE assume i toni del viaggio su tutti i mezzi di locomozione ma è solo un pretesto con Sarajevo come meta finale e sua personale Itaca.

A seguire il Premio speciale della giuria e migliore interprete maschile a CARRINGTON di Christopher Hampton,il Premio della giuria a N'OUBLIE PAS QUE TU VAS MOURIR di Xavier Beauvois, il Premio alla regia a LA HAINE di Mathieu Kassoviz e migliore interprete femminile a Helen Mirren per LA PAZZIA DI RE GIORGIO.

D'accordo per il Gran premio tecnico a SHANGHAI TRIAD di Zhang Yimou per la fotografia, il montaggio e il suono, un po' meno per i tanti esclusi. A secco l'Italia con L'AMORE MOLESTO di Mario Martone.

Come pure il Ken Loach di TERRA E LIBERTA', un film allo stesso livello dei due primi premiati, sicuramente il più politico e poetico di Cannes. Il film affronta la guerra civile spagnola dal 1936 all'epilogo, mostrando le varie correnti di pensiero e di azione contro il franchismo. Delle idee rivoluzionarie a quelle moderate si dipana un film corale e molto emozionante.

Altra emozione politica, ma più ammorbidita, è stata procurata da RANGOON di John Boorman, con Patricia Arquette nella parte di una giovane dottoressa americana che arriva in Birmania come turista nel mezzo della repressione di stato, osteggiata da Aung Suu Kyi, leader del movimento democratico.

Da segnalare ancora, tra le grandi prove attoriali, Nigel Hawthorne, l'attore di LA PAZZIA DI RE GIORGIO, che si esibisce in un inarrivabile ventaglio di interpretazioni.

Come pure sull'interpretazione femminile si sarebbe scommesso di più su Emma Thompson, Anna Bonaiuto o Gena Rowlands.

L'apertura del festival è stata invece affidata a Jeunet e Caro, che hanno presentato LA CITE' DES ENFANTS PERDUS, un film imperniato sull'assenza di sogni in una città inventata, popolata da bambini-schiavi e da ladri. I due autori di "Delicatessen" sono ormai condannati a sorprenderci, evidentemente non sempre riuscendoci, ad ogni sequenza, ma il film offre aspetti molto interessanti sul piano dell'estetica.

Ultima segnalazione va per GIORGIA di Ulu Grosbard, non tanto per la regia quanto per l'interprete Jennifer Jason Leigh, capace di mettersi in discussione in un vasto repertorio interpretativo e altamente drammatico, nella parte di una cantante distrutta dalla droga e con un pubblico sempre più scarso.

Allegri comunque, perché il compleanno è stato festeggiato e la festa è stata degna, pronti per altri cento di questi anni.

Maurizio Ferrari

Link: www.festival-cannes.org

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