Cesare Vergati SOLDATO A VELI (ExCogita, Milano, 94 pagg., € 10,00) - Febbraio 2006

I percorsi onirici di Cesare Vergati

"A sorpresa" e "Soldato a veli", tra romanzo e poesia

Il secondo romanzo dell’eclettico scrittore milanese Cesare Vergati, Soldato a veli. Romanzo in teatro (Ex Cogita Editore), mi suscita alcune riflessioni con cui vorrei invitare alla lettura di un’opera di alta densità letteraria, non certo facile sia per stile che per propensione a un elevato grado di simbologia e di valenza metaforica di pensiero e accadimenti. La prosa sperimentale di Soldato a veli, a cavallo fra ellissi poetica e scrittura a getto continuo, appare irruvidita da bruschi passaggi di stile, iterazioni insistite e incroci metaforici che agiscono in maniera quasi disturbante all’interno della materia narrativa, magmatica e fluida, densa di richiami ed echi di altre analoghe sperimentazioni (ivi compresa la musica dodecafonica); anche se Vergati, rispetto a molte avanguardie e neoavanguardie che lo precedono, formula un andamento più critico della narrazione, apparentemente meno controllato, di modo che l’effetto straniante e di esaltazione del caos sia ben rilevato. Ugo Ronfani, nella postfazione, avverte che siamo in presenza di "un romanzo "di frontiera"", per il suo "estremismo esistenziale", e che occorre accostarvisi con un’adeguata forma mentis, se si vuole intraprendere il lento percorso visionario del soldato, attraverso una selva, alla ricerca di un "centro" da cui poter fare finalmente la guardia al mondo, o verso una agognata – ma difficile – pace interiore. Di frontiera è, però, tutto l’apparato di cui Soldato a veli è parte integrante, ossia la "Trilogia dell’eco" di cui quest’ultima opera rappresenta il secondo tempo, potremmo dire, a due anni di distanza dal primo A sorpresa. Romanzo in poesia (dello stesso editore). In questo, protagonista è una donna del nostro tempo, Alice, che vive a Parigi – una selva urbana più vicina al nostro abituale orizzonte e per questo meno inquietante del bosco attraversato dal soldato, anche se ugualmente ricca di sfumature simboliche e allegoriche – in affollata solitudine, insieme al cane Bambù. Alice è essa stessa una sorta di allegoria vivente del divenire amoroso, un laboratorio dei sentimenti, delle emozioni e attrazioni che sostanziano l’uomo in quanto essere amante e amato. Le relazioni sentimentali ed erotiche che Alice vive mettono in scena, nella loro scansione atemporale, una tensione continua alla bellezza e all’armonia vitale che la narrazione onirica e immaginifica amplifica ed esalta. Si può anche giustamente affermare che A sorpresa rappresenti un principio di autobiografia onirica, in cui i luoghi prima che reali sono topoi dell’anima e le persone più tracce di vita e di desideri che figure concrete, tratteggiate con elementi minimi e velate come da un’aura di mito: non a caso, Alice agisce, pensa, comunica come immersa in una dimensione spazio-temporale più irreale che reale, in dialogo serrato con le proprie pulsioni, con i desideri del suo corpo, proiettati all’esterno come emanazione di una volontà più divina che umana.

Soldato a veli, rispetto al primo romanzo, indica un netto cambiamento di registro: il percorso compiuto dal protagonista Bernardo diventa molto meno lieve del divagare di Alice, simile più a un complesso itinerarium mentis in cui psicologia, memoria e tensione morale si mescolano e frantumano in una tenace ricerca di sé, della propria missione esistenziale nel mondo, che non alla divagante curiositas della protagonista di A sorpresa. Lo stile si complica, la prosa si frammenta e quasi disgrega per rendere la tensione che anima il viaggio simbolico, costellato di incontri a metà fra sogno e incubo con figure della memoria (come il padre), con animali (ancora il cane, icona di "malinconia mortale", come certi levrieri di Dürer)…

 

 

La visionarietà si fa qui più marcata, in una dimensione di sonno/veglia che, a tratti, ricorda il ritmo della Vita nuova dantesca, ma anche certa prosa francese alla Genet o alla Artaud o alla Bréton. Vergati stesso parla di viaggio poetico ai confini della coscienza, in cui la "frammentazione della scrittura, che rimanda a un discorso sulla memoria, è naturalmente solo apparente, poiché nel grande fiume del romanzo le parole scorrono libere ma comunque definite da un destino comune". E il bosco che fa da cornice "è una gabbia tremenda per il Soldato, al quale impone, in modo crudele, di muoversi continuamente e freneticamente, alla ricerca impossibile di una identità" e di una meta che, fra l’altro, rappresenta un paradosso per un soldato: "un posto di guardia qualsiasi, dove non c’è alcun pericolo, alcuna minaccia, alcuna guerra, dove tutto è vuoto e nulla succede".

Attendiamo il terzo tempo che completerà la "Trilogia dell’eco", lasciando anche intendere appieno gli aspetti complessivi dell’opera, con la sua preannunciata unità di stile, di scrittura e di temi: l’ultimo "eroe" di Cesare Vergati sarà un adolescente che porta in sé, in nuce, gli archetipi dei primi due protagonisti.

Marco Beretta

(Questo testo è apparso sul mensile di Vigevano "La barriera" anno sesto n°51 febbraio 2006 alla pagina 30, quella di cultura e arti, col titolo I percorsi onirici di Cesare Vergati)

Link: www.excogita.it www.excogitaeditore.it www.excogitabook.com

 

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