INTERVISTA A GAETANO LIGUORI

35 anni di carriera non sembrano aver scalfito l’entusiasmo e la grinta di Gaetano Liguori, uno dei massimi esponenti della musica jazz nostrana. E’ iperattivo. Ha suonato a Pioltello per Giuliana Sgrena, in giugno lo vediamo al Festival di Mantova, dove ha istituito una commissione selezionatrice di jazz, con quattro gruppi in concorso, oltre ad esibirsi personalmente. Questa estate del 2005 lo ritroveremo all’Idroscalo, dal 23 giugno fino a settembre, dove organizza i giovedì jazz. Tra gli altri è prevista la presenza di Jimmy Owens. Trova inoltre il tempo per fare jazz a Stromboli in luglio. Una forza della natura.

Come scegli i tuoi musicisti?

Questi sono tutti pezzi miei, è la mia musica, non posso cambiare musicista all’ultimo momento, ho sempre bisogno di musicisti che conoscono i miei pezzi. E’ per quello che durano tanto tempo. Il batterista, Massimo Pintori, suona con me da quasi 15 anni. Io sono uno che non cambia spesso i musicisti, soprattutto se incontro qualcuno con cui mi trovo bene. In 35 anni di carriera ne ho cambiati pochi. C’è stato il primo batterista, Filippo Monico, poi mio padre, poi Pintore. Lo stesso vale per il contrabbasso. Il titolare ufficiale è Luca Garlaschelli, che ha inciso con me anche Il Comandante. Ora però è in tournée con Moni Ovadia. Da 2 anni mi accompagna un giovane, Davide Tedesco, che è stato mio allievo al Conservatorio. Non potendo impegnare musicisti a tempo pieno, ne ho un paio che sono sempre pronti a lavorare con me. Davide adesso ha 24 anni, è giovanissimo. E’ laureato in contrabbasso e soprattutto, oltre a essere bravo, ha un bell’entusiasmo. Quando fai concerti per tanti anni, ti può capitare la serata in cui sei un po’ allentato, lui no, ci da’ sempre dentro.

Ho sentito che hai ancora in scaletta lo stesso pezzo che suonasti il 14 giugno del 1979, all’Arena di Milano, il giorno dopo la morte di Demetrio Stratos.

Si’, è la Ballata per Franceschi, la Tarantella dei Vibrioni, la suonai con Tullio De Piscopo. Fu un avvenimento perché non dovevamo suonare insieme, invece ci trovammo sul palco e partì il concerto. Al momento non ci aspettavamo una cosa di quella portata. Io ero anche nell’organizzazione, come Movimento. Demetrio con me aveva inciso la Cantata Rossa per Tall El Zaatar, eravamo molto amici, frequentavamo lo stesso circuito alternativo, come si diceva allora. E’ stata una brutta perdita perché aveva fatto un sacco di cose. E’ triste, quando un musicista così muore giovane. Scomparso prematuramente è Massimo Urbani, che ha fatto con me un paio di dischi. E’ gente che farebbe ancora altre cose. I musicisti creativi dovrebbero avere il tempo biologico per potersi esprimere.

 

 

Tu, per esprimerti, attingi molto dalla realtà che ti circonda e dai personaggi che l’attraversano, da Roberto Franceschi a Che Guevara.

Tutti i miei titoli, dal primo che era Cile libero, Cile rosso a Nicaragua, a L’Eritrea, ho sempre cercato fonte d’ispirazione nelle problematiche sociali che mi toccavano. Non a caso ho fatto tanti dischi per 35 anni. Ho viaggiato moltissimo in zone estreme. Questi luoghi mi hanno stimolato a rinnovare la mia musica, che non è mai intimista. Forse questo è il mio limite e il mio pregio. Ho in ogni modo dedicato dei pezzi a qualche donna. La serietà e la coerenza pagano, tant’è che adesso ho gente che mi segue da 30 anni e giovani che rimangono impressionati, ho un vero pubblico, tenendo presente chenon sono appoggiato né dalla tv né dagli apparati discografici. L’ultimo cd, Il Comandante, fatto con il Manifesto, ha venduto più di 5000 copie, che per essere un disco jazz è tantissimo. E’ vero anche che il prezzo è politico, 8 euro, ma è venduto solo nel circuito delle librerie.

Hai lavorato anche per il cinema?

Si’, sia per il cinema sia per il teatro, soprattutto intorno agli ’80. Poi nei ’90 mi sono ributtato sul jazz, che e’ la musica che mi ha fatto conoscere e che sento di più. Ho fatto una cosa grossa legata alla Resistenza in Duomo, il 21 aprile. Salmodia della speranza di David Maria Turoldo. C’erano in scena Moni Ovadia e Maddalena Crippa, e io dal vivo con le musiche. Per la prima volta il jazz e’ entrato in Duomo, si è accennata pure Bella ciao.

Marcello Moriondo

 

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