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ACCORDI E DISACCORDI

Regia di: Woody Allen

Attori: Sean Penn, Samantha Morton, Anthony LaPaglia, Uma Thurman, Brian Markison e John Waters

Titolo originale: Sweet and Lowdown

Origine: USA 1999

Durata: 95’

UN BULLO, DUE PUPE E UNA CHITARRA

L'abitudinario Woody Allen sforna un film all'anno (frequenza sfalsata in Italia dalla distribuzione), ha ormai superato la trentina (nel senso delle pellicole) e ha ancora voglia di giocare con le storie, raccontando a modo suo la musica che predilige: il jazz. Lo fa con "Sweet and Lowdown", presentato alla Mostra di Venezia '99, trasportandoci ancora una volta indietro nel tempo, nell'America fine Anni 30, dove circolano, come da copione, bulli, pupe e chitarre. La chitarra è quella di Emmet Ray (Sean Penn), jazzista geniale, che infiamma taverne e cabaret da Chicago a Detroit, conquistando il favore di gangster, il cuore delle ragazze e il fondo della bottiglia. Il motivo maggiore che lo spinge ad annegare nell'alcol è che, a dispetto della fama raggiunta e della sua spavalderia, sa che non sarà mai il più grande chitarrista jazz, che resterà un passo dietro Jean-Baptiste Reinhardt, in arte Django. Ma è realmente esistito, Emmet Ray, o è una delle solite invenzioni di Woody, uno di quei personaggi alla Zelig, presentato nel corso del film come reale dallo stesso Allen e da altri esperti: critici di jazz, vecchi amici di Emmet che giurano di averlo conosciuto, raccontando di lui con dovizia di aneddoti personali? Woody dice di aver attinto diversi aneddoti dalla biografia di Django, altro tipo abbastanza eccentrico. In questo gioco il regista è maestro e comunque l'autenticità del personaggio passa in secondo piano rispetto alla descrizione biografica che ne fa Allen.

Così vediamo questo serpente mordersi la coda, correndo dietro alle sottane, attaccandosi alla bottiglia, sedendosi ai tavoli da poker per cancellare dalla mente la dipendenza verso l'amato/odiato belga Reinhardt, senza accorgersi di frenare così la sua creatività e quindi la possibilità di essere all'altezza del numero uno Django. Si presenta ebbro in scena, cerca di stupire il pubblico con scenografie bizzarre, tipo un'enorme mezza luna sospesa a mezz'aria su cui dovrebbe sedere, che oscilla pericolosamente fino a farlo precipitare. Si vanta di non temere Django, di essere pronto al confronto, ma quando viene a sapere che il famoso chitarrista è tra il pubblico a uno dei suoi spettacoli, scappa come un coniglio. Gioca a poker, ma la sua insicurezza lo spinge a barare, rischiando pericolose ritorsioni. E' spavaldo e sbruffone anche con le ragazze. Per sedurle, le porta nelle discariche a fare il tiro a segno con la pistola contro i topi. L'incontro con Hattie, una giovane muta, interpretata da Samantha Morton, cambia la sua vita. E' una cosa bella, pura, che contrasta col mondo in cui solitamente si aggira Emmet. Lei si esprime mimando, tra occhi sgranati e sorrisi, a gesti, ricordando in modo più aggraziato i giochi scenici di Harpo Marx. Inizialmente per lui è la solita gallinella da sgranocchiare e poi buttare, preferendo a lei l'ambigua e sensuale Blanche (Uma Thurman). E' quando rimane solo e in odor di guai, che si ricorda di Hattie, ma ormai è troppo tardi.

Dovrebbe essere un film divertente, è lo è in parte, ma è anche malinconico nel presentare la tristezza e la fragilità di un musicista che non riesce a realizzarsi a fondo, che prosegue lentamente verso l'autodistruzione, che ha perso l'unica cosa bella che gli è capitata nella vita, la muta Hattie, e non ha avuto il coraggio di affrontare il confronto che forse avrebbe dato una svolta alla sua carriera, quello con il temuto numero uno, il grande Django Reinhardt.

La colonna sonora non poteva essere che una miscellanea dei migliori jazzisti d'epoca. Primo fra tutti il grande Django Reinhardt con "When Day Is Done", "Liebestraum N° 3" di Franz Liszt e "Mystery Pacific". Si prosegue poi con "Indiana" da Red Nichols; "Caravan" di Duke Ellington dall'orchestra di Bunny Berigan; "After You've Gone" da Joe Venuti e Eddie Lang; "Viper Mad" da Sidney Bechet; "Neverthless" da Ambrose e la sua orchestra; "Since My Best Gal Turned Me Down" da Bix Beiderbecke. Unico assente (giustificato poiché inesistente) il chitarrista jazz Emmet Ray.

Marcello Moriondo

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