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Fahrenheit 9/11

Palma d’oro per il miglior film al Festival di Cannes 2004

Regia di: Michael Moore
Con Michael Moore, George W. Bush, Tony Blair, Saddam Hussein, Osama bin Laden e Lila Lipscomb
Titolo originale: Fahrenheit 9/11
Origine: USA 2004
Distributore: Bim
Link: www.bimfilm.com www.studiocanal.com www.wildbunch.biz www.miramax.com www.lionsgatefilms.com www.fahrenheit911.com
Durata: 115’
Programmato dal 27 agosto 2004

"Fahrenheit 9/11" assume la forma di un documentario soprattutto per raccontare agli americani come il loro presidente gestisca la politica e navighi in acque torbide. Il film si apre con Bush che carpisce voti nel 2000 mentre il suo avversario Al Gore già festeggia la vittoria. Dopo i titoli di testa, buio: si sente solo il sonoro e i fragori degli aerei che si schiantano contro le Torri Gemelle. A questo seguono pesanti insinuazioni su come Bush ha protetto la famiglia bin Laden dopo gli attentati alle Twin Towers. Ci sono le confessioni di uomini dell’FBI e della CIA, si spiega con l’aiuto di uno psicologo quanto sia stata esagerata la campagna contro il terrorismo. Si mostrano quali operazioni economiche esistevano con gli sceicchi sauditi e i bin Laden. Si seguono i marines che vanno nelle zone più economicamente depresse degli States a pescare i prossimi soldati tra i ragazzi per strada, carne da cannone arruolata con la circonvenzione della povera gente. Sono due ore di repertorio televisivo e di Moore che si avvicina ai politici di Washington per domandare loro come mai a combattere con ci mandano i loro figli e che va a indagare su tutto con un montaggio molto sagace, combattivo e feroce. Identico nella struttura del precedente BOWLING A COLUMBINE, cioè un indagare contro i soliti noti, l’operazione di cambiamento riguarda invece il lavoro di ricerca sui documenti e testimonianze di democratici e repubblicani, dirigenti, madri e combattenti. Si indaga sulla fornitura di armi ai talebani e i collegamenti economici tra Bush e la famiglia di bin Laden. Si scopre un infiltrato tra un gruppo di pacifisti e si punta il dito contro il Patriot Act, limitativo delle libertà individuali e pronto già da tempo, ma fatto passare alla prima occasione buona e votato dal Senato senza leggerlo. Sul finire si arriva a Saddam Hussein, che non ha legami con Osama bin Laden, per giustificare la guerra in Iraq. A questo punto il racconto umoristico lascia spazio alla paura e alla disperazione dei soldati, anche col pianto inconsolabile di Lila Lipscomb, la madre di un soldato ucciso in guerra e fino ad allora convinta sostenitrice di Bush. Qui Moore mette in guardia soprattutto contro le manipolazioni, in un’atmosfera di paura per legittimare un attacco contro l’Iraq accusato senza prove di preparare armi letali.

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E’ un film e un documentario, nel senso che unisce immagini, testimonianze e inchiesta giornalistica con il ritmo di un sapiente montaggio, un commento ridicolizzante dell’attualità e una ironia provocatoria e massacratrice; mette addosso angoscia e agitazione, ma ci si sente protetti se contro i potenti c’è un rompiballe con le ciabatte e il pancione a contrastarli. Il film è stato presentato al Festival di Cannes dove ogni proiezione ha avuto applausi a scena aperta e standing ovation e dove ha vinto la Palma d’oro, ma il presidente della giuria Quentin Tarantino ha fatto capire che il premio è stato assegnato "per motivi che niente hanno a che fare con la politica" ma per motivi di validità artistica dell’opera.

Maurizio Ferrari

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