LADY VENDETTA
Presentato in concorso al Festival di Venezia 2005

Regia di: PARK Chan-wook
Attori: con Lee Young-ae, Choi Min-sik, Kwon Yea-Young, Kim Si-hu e Nam Ii-woo
Titolo originale: Chin-jeol-han Geum-ja-ssi
Titolo internazionale: Sympathy for Lady Vengeance
Origine: Corea del Sud
Distributore: Lucky Red
Link: www.geum-ja.co.kr www.luckyred.it
Durata: 112’
Programmato dal 5 gennaio 2005

Fermare la violenza e ricominciare

Sympathy for Lady Vengeance è tutto in quella bilia che rotola sul pavimento e che, per circostanze superficialmente inconoscibili, s’incanala lungo una fuga delle piastrelle, per poi fermarsi in un determinato punto. Fermarsi in un punto piuttosto che in un altro può sembrare una differenza di poco conto; ma è proprio questa differenza che distingue ciò che è riconosciuto come violenza da ciò che accade senza suscitare clamore: sono le circostanze che spintonano la persona a compiere un atto moralmente e giuridicamente illecito. Come una parola pronunciata in una certa realtà, in Old boy, era diventata il primo atto di un’escalation di vendette, parola che pronunciata in un’altra realtà sarebbe magari andata perduta senza circondarsi di significati offensivi; così il futuro di una bilia può cambiare in base al punto preciso in cui essa smette di rotolare o anche in relazione al pavimento su cui rotola, pavimento che determina il suo cammino lungo le fughe e le piastrelle.

La vita di Lee Geum-Ja (Lee Young-Ae) è scandita da eventi cruciali, porzioni di superficie su cui la bilia finisce per sostare aspettando di ricominciare a rotolare: resta in cinta di un coetaneo quando ha solo diciannove anni. La gravidanza inaspettata la porta a chiedere alloggio ed aiuto ad un suo insegnante, il signor Baek (Choi Min-sik). Questi la accoglie.

Finora, due eventi collegati: l’inaspettata gravidanza e l’alloggio dal signor Baek.

Si può facilmente concepire il primo evento, la gravidanza, come conseguenza di una fanciullesca relazione amorosa con un coetaneo. A sua volta, questa relazione amorosa è l’effetto della catena di eventi, incrociati e lineari, che costituivano la vita di Lee Geum-Ja, a partire dalla sua nascita.

Ogni passo, ogni centimetro che la bilia percorre, è figlio dei propri passi e di quelli compiuti da altre persone. Ogni evento è una piccola porzione di un cespuglio di eventi, che lo determinano e che, in piccola percentuale, vengono determinati da esso. Come in Old boy le inoffensive e dimenticate parole pronunciare da Oh Dae-Su si rivelarono un seme di violenza; così in Sympathy for Lady Vengeance il seme della violenza risiede in eventi fuori dal film, prima che la narrazione venga immortalata da Park Chan-wook. È importante evidenziare come tale violenza non venga seminata coscientemente; ma si determinerà come violenza solo in rapporto al disegno risultante dai tanti eventi incastonati nel tempo, come tessere di un puzzle. Rivisitando gli eventi passati si può capire come la violenza fosse già presente in essi, seppur invisibile; e che diverse condizioni esterne e differenti scelte individuali avrebbero potuto neutralizzare la violenza contenuta in quegli eventi: se Lee Geum-Ja avesse chiesto aiuto ad un’altra persona invece che al signor Baek, probabilmente non ci sarebbe stata violenza; oppure ci sarebbe stata una violenza diversa, che avrebbe coinvolto altre persone.

Il signor Baek insegnava inglese in istituti privati di ricche famiglie. Quest’impiego gli offriva la possibilità di accedere ad un’altra occupazione, sinistra e malavitosa, che rimanda a Sympathy for Mr. Vengeance: rapire bambini per chiedere un riscatto ai benestanti genitori. Lee Geum-Ja diventa complice dei rapimenti. Quando il signor Baek uccide uno di questi bambini, la ragazza, ricattata dall’uomo che le aveva rapito la figlia appena nata, è costretta a costituirsi e ad assumersi la colpa dell’omicidio. Così Lee Geum-Ja accetta di scontare tredici anni carcere.

"La prigione è un posto ideale per imparare a pregare. Per me è stato così, perché qui non possiamo fingere. Noi sappiamo di essere tutti impostori". In questi anni di carcere, Lee Geum-Ja cerca di espiare. Aiuta il prossimo, le altre carcerate, con sentimento e dedizione. Sembra un angelo.

Ma, cosa deve espiare? Un crimine che non ha commesso? "In questo mondo non esiste nessuno che sia perfetto". Lee Geum-Ja irradia luminosità nel carcere e riversa amore sulle altre donne. Come una santa, si prende a carico i mali del mondo, nella speranza di renderlo, se non perfetto, un pochino migliore. In prigione, cambia anche il suo aspetto: sembra essere la Madonna. Una Madonna senza bambino. Senza bambina. Questo è il suo cammino. Si purifica l’anima aiutando concretamente le compagne di prigionia.

 

 

Uscita dal carcere, dopo tredici anni, è accolta da un orchestra capitana dal pastore della sua chiesa, che le porge una torta di tofu. "Mangiare del tofu così bianco aiuta a restare puri e a non cadere più nel peccato". Lee Geum-Ja, fuori di prigione, non brilla più come una santa, come una Madonna. Dalle sue mani, la torta scivola a terra. L’orchestra smette di suonare. Qualcosa è cambiato. La donna è diversa. Rifiuta questa purificazione di copertura, questa purificazione fittizia. Vuole giustizia. Desidera la perfezione. In carcere ha architettato un piano di vendetta verso quell’uomo che le ha sporcato la vita e che le ha tolto la figlia. Dopo aver subito un torto, dopo essere diventata creditrice verso la vita, è necessario far pagare il debito a colui che ha compiuto l’oltraggio. È giunto il momento della vendetta, così da poter tornare ad una situazione di normalità. Di giustizia.

Il finale del film rappresenta la vendetta di Lee Geum-Ja. È una vendetta molto particolare, non privata: dopo aver scoperto, con la collaborazione dell’ispettore di polizia, che il signor Baek ha ucciso anche altri bambini; la donna decide di radunare i genitori delle vittime, così da organizzare un evento che prende sempre più le forme di un rito, di un sacrificio.

Se ad una violenza si risponde con un’altra violenza, gli spargimenti di sangue continueranno ad esserci, perché ci saranno ulteriori risposte violente, vendette che porteranno l’escalation a non trovare una fine.

Da quando è uscita dalla prigione Lee Geum-Ja è sempre truccata con un ombretto rosso sangue come una santa macchiata di omicidi. Missionaria pronta a rispondere ai colpi e non più disposta a porgere l’altra guancia. Dopo l’espiazione, c’è la fase della vendetta e della risposta violenta. Questa seconda fase, però, prende una direzione tale da sintetizzarsi in una terza fase.

Non è più una vendetta ma è una violenza riconosciuta da una comunità, dai genitori delle giovani vittime. Uccidere il signor Baek non ha più il significato di una vendetta privata. Diventa una violenza di tutti ma di nessuno, e contro qualcuno la cui morte, all’interno di questo campione di società, non porterà ad ulteriori violenze. Non ci saranno più vendette.

La morte del signor Baek placa l’escalation della violenza, già vista in Sympathy for Mr. Vengeance; è una morte causata da una violenza buona, la violenza dei genitori e di Lee Geum-Ja, contro un individuo che aveva fatto uso di una violenza malvagia, andando ad infrangere la quiete della comunità. Il signor Baek morirà sotto i colpi di tutti i genitori dei bambini uccisi.

Lee Geum-Ja, all’inizio di Sympathy for Lady Vengeance, aveva rifiutato la torta di tofu nel nome di una giustizia assoluta e non piegandosi alla giustizia di copertura. "Tutte le persone possono fare degli sbagli, ma se commetti un peccato devi espiare". L’espiazione può essere un buon inizio, ma non è sufficiente. Alla fine dell’opera, la donna immerge il proprio viso in una torta di tofu, accettando una purificazione di facciata. Il bianco del tofu cancella il rosso dell’ombretto. Quel bianco, purezza materiale, non cancella il passato. È solo una maschera per proseguire; ma va bene così. In questo mondo, la giustizia assoluta è qualcosa di impossibile perché la violenza è parte integrante della realtà (Old boy) e degli esseri umani (Sympathy for Mr. Vengeance). Perseguire questa meta non porta a risultati pratici e concreti. Rispondere alla singola violenza con la vendetta, comporta l’escalation della violenza, fenomeno in grado di dissolvere una comunità.

La violenza attuata dalla comunità è un sacrificio che non viene, come avveniva nelle tribù primitive, tributato ad una divinità; ma è un compromesso per appagare, seppur parzialmente e non in modo assoluto, tutte le persone coinvolte dai fatti.

Così, se la bilia rotolando, determina, si determina e viene determinata; ad un certo punto è inevitabile fermare questa bilia, e ricominciare a farla rotolare, cancellando il suo percorso passato, tingendola di bianco ed annullando i suoi debiti. Ma anche i suoi crediti.

Giordano Bernacchini

 

 

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