COME DIO COMANDA

Regia di: Gabriele Salvatores
Attori: Elio Germano, Filippo Timi, Fabio De Luigi, Angelica Leo, Vasco Mirandola, Ludovica Di Rocco, Alvaro Caleca e Alessandro Bressanello
Soggetto: dall'omonimo romanzo di Niccolò Ammaniti (Mondadori)
Sceneggiatura: Niccolò Ammaniti, Antonio Manzini e Gabriele Salvatores
Fotografia: Italo Petriccione
Scenografie: Rita Rabassini
Montaggio: Massimo Fiocchi
Musiche: Mokadelic
Produzione: Maurizio Totti
Origine: Italia 2008
Distributore: 01 Distribution
Link: www.01distribution.it www.coloradofilm.it/comediocomanda.htm http://comediocomanda.it.msn.com
Durata: 103’
Produzione: Colorado Film e Rai Cinema in collaborazione con Friuli Venezia Giulia Film Commission
Programmato dal 12 dicembre 2008

Padre e figlio sono borderline, si vogliono bene e litigano spesso. Il padre ha la croce celtica tatuata sul braccio e il figlio nel tema a scuola scrive che l’esercito italiano dovrebbe sterminare ebrei e negri che ci rubano il lavoro. A completare il terzetto c’è l’amico scemo (fino a un certo punto) Quattro Formaggi, vittima del lavoro che l’ha ridotto a schizofrenico e che ha come idolo Ramona Superstar, una fantasia erotica che ogni tanto fuoriesce dal televisore. I due sono controllati dall’assistente sociale, che avverte il padre che il tribunale dei minori non impiegherà molto a far finire il figlio in riformatorio se continuerà a comportarsi da irresponsabile e senza un lavoro fisso. Messi tutti insieme fanno la frittata, e bella grossa, una tragedia in una notte buia, tempestosa e fangosa, e con l’aggiunta di una ricerca finale di spiegazione di quanto fino ad allora accaduto, da cui il titolo.

 

 

E’ un film di grande tensione e adrenalina, dove la violenza segna e accompagna tutti i personaggi in un percorso di dolore poco richiesto e poco giustificato. Prosciugato nello stile, ridotto nel romanzo, abbreviato da quartetto a terzetto, si avvale di elementi, struttura drammaturgica e sentimenti di tragedie scespiriane. Filippo Timi è il padre, un uomo alienato, violento e combattivo, che spara tante parole contro il diverso ma poi di fatto combina poche brutte azioni, portatore di una crepa umana e lacrima finale. Il film è pieno di salti di campo e scorrettezze di montaggio, tagli a manetta e cinepresa in continuo movimento. Bella e dura è l’ambientazione, con i personaggi che si muovono in un Friuli ridotto a un colabrodo dagli scavi nelle cave. Il film è quasi un romanzo di formazione, con una sottile vena documentaristica, insudiciato, penetrante, robusto, passionale, energico e notevole, per quanto non tutto sia perfettamente incentrato, come il ruolo dell’assistente sociale non in sintonia col resto dei personaggi o la sequenza della tragedia notturna, prolungata oltre misura.

Maurizio Ferrari

Questo film si trova insieme con quelli dello stesso periodo anche nell'archivio.

 

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