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Presentato in concorso al Festival di Venezia 2007

Regia di: Nikita Mikhalkov [Michalkov] [Mihalkov]
Attori: Nikita Mikhalkov, Sergej Makovetskij, Aleksei Petrenko, Sergej Garmaš [Garmash], Valentin Gaft, Jurij Stojanov, Michail Efremov, Sergej Gazarov, Aleksandr Adabaš’jan[Adabashjan], Victor Veržbitskij [Verzhbitskij], Aleksei Gorbunov, Roman Madjanov e Sergej Arzibašev [Artsybashev]
Sceneggiatura: Nikita Mikhalkov, Vladimir Moiseenko e Aleksandr Novotoskij-Vlasov
Fotografia: Vladislav Opel’janc [Opeljants]
Musiche: Eduard Artemev
Produttori: Nikita Mikhalkov e Leonid Vereščagin [Vereschagin]
Titolo originale: 12 razgnevannyh muzhchin
Origine: Russia 2007
Distributore: 01 Distribution
Link: www.01distribution.it
Durata: 153’
Produzione: Three T Production
Programmato dal 27 giugno 2008

Oggigiorno non si apostrofano più gli sconosciuti con "compagni" ma con "signori". Questo è l’inizio del riunirsi della giuria, a porte molto chiuse, sul decidere o meno della colpevolezza di un ragazzo, un figlio ceceno adottivo accusato di aver ucciso il padre adottante, ma soprattutto ex ufficiale russo. Hanno tutti fretta quei dodici giurati, ognuno più preoccupato degli impegni che lo attende nei successivi due o tre giorni, piuttosto che della sorte a vita dell’accusato, cioè l’ergastolo. Quindi tutti d’accordo sull’accusa di colpevolezza, suffragata dalle prove evidenti. Ma. Tutti d’accordo meno uno, uno che se lo si guarda distrattamente sembra una nullità, un poveraccio che però non è molto convinto da quelle prove che più che altro sembrano delle supposizioni di prove create ad arte a danno di una vittima sacrificale indifesa, visto che il ragazzo è povero, parla solo ceceno e l’avvocato difensore assegnatogli d’ufficio durante il processo sembrava poco interessato al suo lavoro. I dodici uomini arrabbiati (come nel titolo originale) che si accaniscono in questo dibattimento sono chiusi in una palestra scolastica, sistemazione provvisoria delle aule di tribunale e tenuta insieme alla meno peggio, non come quella bella funzionale e a norma di legge che un giurato ha fatto costruire a sue spese nel suo paesello, un becchino che ha finanziato opere di bene spennando i parenti dei morti nel cimitero moscovita dove lavora. E come questo, anche gli altri giurati non sono precisamente tutti integerrimi, figli di una Russia che sopravvive a se stessa come può, con l’arte di arrangiarsi diventata di necessità virtù.

 

 

Naturalmente il processo è solo uno spunto per una più ampia ricognizione politica, dove non tutte le allusioni alla realtà russa sono pienamente comprensibili, dalla cultura zarista alle trasformazioni economiche di Putin passando per la strage di Beslan del 2004, ma dove comunque si può godere del grande effetto spettacolare, sebbene figlio di un luogo chiuso e di estrazione teatrale come non poteva che esserlo, dato lo spunto iniziale del film "La parola ai giurati" di Sidney Lumet del 1957. Il confronto che sfocia nel litigio, o viceversa, riguarda la Cecenia, gli ebrei, il modo di vedere il mondo post-comunista, i fatti privati o il rimorso di coscienza. E’ un film che parte da lontano, affondando nel passato di generazioni e di etnie diverse, di costumi e culture differenti e mai omologabili, ma solo per riaffermare l’unità del popolo slavo e la necessità di avere una giustizia non fatta solo di fredda razionalità ma anche di etica e rispetto. E allora il film diventa anche universale, dove il chiudersi a riccio del singolo che ha paura dello straniero non porta alla verità. A raccogliere i cambi di voto degli altri giurati lo stesso Mikhalkov, che si ritaglia il ruolo di dubbioso capotavola, lasciando agli altri interpreti lo spazio per lunghi monologhi, a volte più stemperati del necessario.

Maurizio Ferrari

Questo film si trova insieme con quelli dello stesso periodo anche nell’archivio.

 

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