SOFFIO-BREATH Regia di: Kim Ki-duk Si comincia da un carcere dove un uomo condannato a morte prova a suicidarsi. L'unico effetto positivo che ottiene è quello di impressionare una donna (in crisi col marito) mentre stava seguendo il notiziario in televisione. Decide quindi di andare a fargli visita in carcere, sostenendo di essere stata una vecchia fiamma del carcerato. In prigione abbiamo il secondo tentativo di suicidio del condannato a morte. Il direttore della prigione deve aver cominciato a benvolerle, infatti, sempre impartendo ordini col radiocontrollo, le permette di vederlo la prima volta che si presenta alla prigione chiedendo di vederlo, e la seconda volta le permette addirittura di abbellire con fiori una stanza adibita a parlatorio. Il marito non vede di buon occhio il seguire alla televisione le vicende di suicidio, arrivate ormai al terzo tentativo, e il proseguire nelle visite, arrivate a momenti di intensa intimità. Il marito è un po' geloso, e a ragion veduta, visto che la moglie sta evidentemente chiudendo col passato e non si dà pace finché non passa a pesanti vie di fatto sadomasochistiche col detenuto. |
Lo stile del regista c'è tutto, dai ritmi lenti ai silenzi alle ripetizioni delle situazioni in scene pressoché uguali ad altre viste in momenti precedenti. Molto del cinema di Kim Ki-Duk si ritrova qui, a cominciare dalle atmosfere, dai simboli e dallo stile, in un accumulo di gelosia e di malinconia, con una disperata ricerca di amore, peraltro negata dalle reciproche incomprensioni, rimorsi ed espiazioni. Eppure esiste molta attrazione sulle immagini presentate, quasi in una visione dal buco della serratura, dove i sentimenti si presentano gridando. Maurizio Ferrari Questo film si trova insieme con quelli dello stesso periodo nell’archivio. |
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